Sul potere di iniziativa d’ufficio del Commissario per gli usi civici

L’autrice affronta la questione della (p)e(r)sistenza o meno, in capo al Commissario per gli usi civici, del potere di esercitare d’ufficio la giurisdizione. In particolare, dopo aver ripercorso le principali tappe del dibattito sviluppatosi sul punto tra Corte costituzionale e Corte di cassazione, ci si interroga sull’attualità delle argomentazioni svolte dalla Consulta a favore del riconoscimento dei poteri d’impulso del Commissario, alla luce delle novità legislative e delle più recenti pronunce costituzionali in materia, e sul conseguente problema della compatibilità dell’iniziativa d’ufficio con i principi costituzionali sul processo

Di Roberta Tarantino -
Sommario: 1. Premessa. – 2. Le contrapposte posizioni della Corte di cassazione e della Corte costituzionale. – 3. L’attualità delle argomentazioni addotte dalla Consulta a favore dei poteri d’impulso del Commissario e il persistente problema della compatibilità con il principio di terzietà e imparzialità del giudice.  1.Premessa. – Gli usi civici rappresentano una materia estremamente complessa e articolata[1]. La legge 16 giugno 1927, n. 1766 ha istituito la figura del Commissario regionale[2] attribuendo a tale organo specializzato[3], in particolare, il compito di procedere «all’accertamento, alla valutazione, ed alla liquidazione» dei diritti di uso civico, nonch. . .