Rinnovazione della notifica nulla dell’atto di citazione e interruzione della prescrizione

Di Riccardo Coletta -

Sommario: 1. Rilievi introduttivi. – 2. Le questioni interpretative oggetto di dibattito nella giurisprudenza di legittimità. – 3. (Segue) L’intervento di Cass. civ. n. 13070/2018 ed il richiamo alle Sezioni Unite in materia di inesistenza e nullità della notificazione. – 4. (Segue) La portata non risolutiva di Cass. civ., sez. un., n. 14917/2016 ed il perdurante contrasto interpretativo. Definitiva enucleazione delle questioni controverse. – 5. La giurisprudenza sulla portata dell’art. 291 c.p.c. in relazione all’interruzione della prescrizione. Osservazioni critiche sull’orientamento che consente l’interruzione sin dalla notificazione invalida. – 6. Difficoltà di ricavare la soluzione da un concetto di «rinnovazione» a cui consegue una generale retrodatazione degli effetti al primo atto invalido. – 7. La dottrina, pressoché unanime, per l’interruzione ex tunc della prescrizione a seguito di rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. – 8. (Segue) Osservazioni critiche in ordine alla decisività dell’argomento storico. Inconvenienti e, in ogni caso, difficoltà di una soluzione che si fondi sulla ricerca del significato «ontologico» dei concetti di «prescrizione» e «decadenza» – 9. Argomenti sistematici in favore dell’interruzione ex nunc della prescrizione a seguito di rinnovazione ex art. 291 c.p.c.: la domanda giudiziale interrompe la prescrizione allorché contenga l’affermazione del diritto e la porti alla conoscenza della controparte. – 10. (Segue) Confronto con il regime degli effetti della rinnovazione della citazione invalida ex art. 164, comma 2 e 5, c.p.c. e conferma della soluzione restrittiva per l’art. 291 c.p.c. – 11. (Segue) Preferibilità della soluzione anche sul piano dell’opportunità. – 12. Principio della c.d. scissione soggettiva degli effetti della notificazione e limitata incidenza sul problema. – 13. L’effetto interruttivo c.d. permanente in caso di notificazione invalida che, tuttavia, non abbia impedito alla citazione di valere come atto di costituzione in mora. Aspetti problematici dell’indirizzo favorevole. – 14. Rilievi conclusivi e sintesi dei risultati.

1. Una risalente questione interpretativa agita i rapporti fra processo ed interruzione della prescrizione[1].

In particolare, una recente ordinanza interlocutoria ha disposto la trasmissione degli atti ex art. 374, comma 2, c.p.c. alla Prima Presidente, affinché le Sezioni Unite intervengano a chiarire se: «il corso della prescrizione possa, o meno, essere interrotto da un atto che, pur integrando astrattamente ‘esercizio del diritto’, non sia giunto a conoscenza di colui contro il quale il diritto va, per l’appunto, esercitato»[2].

La formulazione tanto ampia e generale del quesito, peraltro, adombra una questione più specifica – a cui se ne collega una seconda – che si scorge allorché si proceda all’analisi dei precedenti richiamati dall’ordinanza interlocutoria a motivo del contrasto.

Precisamente, ci si domanda se a fronte di una notificazione nulla dell’atto introduttivo del giudizio e della sua successiva rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., gli effetti interruttivi c.d. istantaneo (art. 2943 c.c.) e permanente (art. 2945, comma 2, c.c.)[3] della prescrizione si producano ex tunc, ossia a far data dalla notifica nulla, oppure ex nunc, cioè dal momento della rinnovazione[4].

Su un piano parzialmente connesso, peraltro, si discute attualmente anche la possibilità che, prodottosi l’effetto interruttivo istantaneo nonostante la nullità della notifica della citazione (come può accadere, ad es., quando la nullità si ascrive all’art. 11, r.d. 20 ottobre 1933, n. 1611)[5], venga riconosciuta l’interruzione della prescrizione sino al passaggio in giudicato della decisione che, per l’appunto, dichiara l’invalidità della notifica; in tal caso, evidentemente, prescindendosi dall’avvenuta rinnovazione ex art. 291 c.p.c. o da altre sanatorie.

Le disomogenee soluzioni offerte a tal riguardo segnano, dunque, l’apertura di un contrasto interpretativo la cui complessità, oltre ad essere quella propria delle questioni a cavallo fra diritto sostanziale e processo, viene acuita dalle difficoltà ricostruttive che, in radice, investono lo stesso istituto della prescrizione[6].

La trattazione ex professo di questo secondo ordine di problemi esula dalle possibilità del presente lavoro, che, più limitatamente, si propone di offrire un contributo alle problematiche oggi al cospetto del supremo organo nomofilattico.

2. Occorre innanzitutto prendere posizione sull’attualità del contrasto esegetico.

La questione merita di essere puntualizzata, giacché le sezioni della Corte non appaiono concordi neppure su questo preliminare aspetto[7]. A tal fine, sembra opportuno ripercorrere l’evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali in materia.

Secondo un primo indirizzo, in caso di nullità della notificazione dell’atto di citazione, l’eventuale rinnovazione ex art. 291 c.p.c. non consente l’interruzione della prescrizione con efficacia retroattiva, ossia a far data dalla notificazione invalida, ma solo dal momento della sanatoria medesima[8].

Un secondo gruppo di decisioni, invece, consente l’interruzione della prescrizione sin dal momento della notificazione invalida.

Alcune fra queste, espressive di un orientamento più risalente, si pongono apertamente in contrasto con il primo degli orientamenti richiamati e affermano che, in caso di rinnovazione ex art. 291 c.p.c., l’effetto interruttivo della prescrizione retroagisce al giorno della notificazione nulla[9].

Altre, richiamate dall’ordinanza interlocutoria a motivo del contrasto, differiscono dal primo dei citati orientamenti in maniera più sfumata, avendo ad oggetto un problema diverso, la cui soluzione, tuttavia, è parzialmente implicata dall’interpretazione che si vuole dare all’art. 291 c.p.c.

Per comprendere tali decisioni, occorre premettere brevi cenni in ordine alla peculiarità delle fattispecie concrete che sono intervenute a regolare. In tali casi, in particolare, la nullità della notificazione si deve all’inosservanza dell’art. 11 r.d. n. 1611/1933, avendo l’attore trasmesso la citazione non alla competente Avvocatura di Stato ma alla sede legale dell’amministrazione, sicché, l’atto introduttivo, da un lato, ha consentito l’interruzione istantanea della citazione, in via stragiudiziale, e dall’altro, non ha impedito alla parte sostanziale del rapporto una certa forma di conoscenza in ordine alla pendenza del processo.

Ebbene, secondo tali pronunce, alla domanda giudiziale deve riconoscersi l’efficacia interruttiva di cui all’art. 2945, comma 2, c.c. sin dal momento della notificazione della citazione, e ciò anche in caso di notifica affetta da nullità, laddove le parti – nei modi sopra descritti – siano venute a conoscenza del giudizio. Prosegue il principio: «nel caso di nullità» a differenza del caso di «inesistenza della notificazione (…) si instaura pur sempre un rapporto processuale potenzialmente idoneo a concludersi anche con una pronuncia di merito nell’ipotesi di rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.»[10].

Sin qui, il principio non sembrerebbe differire da quello poco sopra citato, giacché la Cassazione pare semplicemente conferire alla rinnovazione ex art. 291 c.p.c. l’effetto di interrompere ex tunc, dalla prima notifica invalida, il corso della prescrizione.

Sennonché, ad una lettura più approfondita delle decisioni ci si accorge che per la Corte, ai fini della produzione dell’effetto interruttivo permanente, si possa prescindere totalmente dalla rinnovazione di cui all’art. 291 c.p.c. o da altre sanatorie processuali, laddove, nonostante la nullità della notificazione, la citazione sia valsa come atto di costituzione in mora ed abbia così interrotto la prescrizione in modo istantaneo e in via stragiudiziale (artt. 2943, comma 4, e 1219 c.c.).

La conferma che per questo orientamento sia sufficiente la mera possibilità di una rinnovazione – senza cioè che se ne dia effettivamente luogo – si ricava dalla circostanza che, nei descritti casi, l’effetto interruttivo permanente viene fatto correre dal momento della notificazione invalida dell’atto introduttivo sino al passaggio in giudicato della decisione che, per l’appunto, ne dichiara la nullità. Ciò in quanto, per questo orientamento, l’unica eccezione prevista dall’art. 2945 c.c. all’efficacia interruttivo-sospensiva è data dal caso della pronuncia di estinzione del giudizio; in tutte le altre ipotesi, inclusa quella del provvedimento che dichiara la nullità della notificazione, il suddetto effetto può egualmente verificarsi[11].

A critica di questi orientamenti, interviene successivamente la Prima Sezione civile che, da un lato, ribadisce che la rinnovazione di cui all’art. 291 c.p.c. consente di interrompere la prescrizione solo ex nunc, dal momento della nuova notifica; dall’altro, sancisce che nel particolare caso in cui la citazione invalidamente notificata abbia interrotto la prescrizione nella veste di atto stragiudiziale, si può riconoscere il solo effetto interruttivo istantaneo, occorrendo, invece, per quello permanente, una sanatoria della notifica conseguita ex art 291 c.p.c. o mediante la costituzione spontanea del convenuto. Invero, opina questa decisione, la mera conoscenza di fatto della pendenza del giudizio, dovuta alle suddette particolari circostanze, non è fungibile con la conoscenza legale idonea a sanare la nullità della notificazione[12].

3. In questo stato di cose, si pronuncia nuovamente la Corte[13], che in un caso sostanzialmente analogo, interviene a rinsaldare l’orientamento delle decisioni del 1997 e del 2001[14], contro quello espresso nel 2013[15].

Peraltro, oltre a dare atto dei diversi precedenti, la decisione ritiene pure che il contrasto debba ritenersi superato in base ai principi ricavabili dalle Sezioni Unite del 20 luglio 2016, n. 14917, in tema di distinzione fra nullità ed inesistenza della notifica[16].

Mediante la loro applicazione, sostiene la Corte, si deve concludere in primo luogo che la notificazione nulla, al contrario di quella inesistente, può essere sanata retroattivamente ai sensi dell’art. 291 c.p.c., e ciò anche ai fini dell’interruzione della prescrizione.

In secondo luogo, poiché le citate Sezioni Unite individuano lo scopo della notificazione nel «provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità»[17], si deve anche concludere che, quando una notificazione invalida non impedisce alle parti la conoscenza del giudizio, si verifica l’effetto interruttivo di cui all’art. 2945, comma 2, c.c. sin dalla data della notificazione invalida, a prescindere dalla sua sanatoria ex art. 291 c.p.c.

4. Sulle opzioni interpretative preferibili si tornerà nel prosieguo.

Peraltro, preme sin d’ora segnalare come non appaia del tutto persuasiva l’idea, affacciata dall’ultimo precedente citato, secondo cui ogni contrasto interpretativo possa trovare soluzione in Cass. civ., sez. un., n. 14916/2016.

L’analisi sin qui svolta consente innanzitutto di richiamare, enucleandole definitivamente, le questioni attualmente controverse, mostrando come dalla soluzione della prima dipenda, in parte, anche la seconda.

Quanto alla prima, più risalente, ci si chiede se in caso di notificazione nulla e di successiva rinnovazione ex art. 291 c.p.c. l’effetto interruttivo istantaneo e, conseguentemente, quello permanente, si producono dalla data della notifica invalida o dal momento della nuova notificazione.

La seconda, relativamente nuova, riguarda la possibilità che l’effetto interruttivo permanente proprio della domanda giudiziale possa correre retroattivamente anche quando la nullità della notificazione non abbia impedito alla citazione di valere come atto di costituzione in mora, e ciò a prescindere dalla rinnovazione o da sanatorie della notifica.

Rispetto al primo tema, occorre segnalare che nessun punto delle Sezioni Unite prende posizione sulla portata, retroattiva o meno, dell’art. 291 c.p.c. con specifico riferimento all’interruzione della prescrizione estintiva[18].

In merito al secondo problema – come si vedrà meglio[19] – riteniamo che dal citato intervento nomofilattico, per ciò che qui rileva, sia possibile ricavare il principio per cui la notificazione inesistente non ammette sanatoria, al contrario di quella affetta da nullità. Peraltro, l’adesione a tale indirizzo impone pur sempre che la suddetta nullità venga sanata.

E se così è, ai nostri fini, rimane ancora da risolvere il problema relativo al «se» e al «come» la notificazione invalida e non sanata dell’atto introduttivo del giudizio possa consentire l’effetto interruttivo permanente della prescrizione (art. 2945, comma 2, c.c.) quando le parti abbiano avuto «conoscenza» della pendenza del giudizio.

A tal riguardo, occorrerà invero comprendere se la «conoscenza» del processo conseguita (dalla parte sostanziale del rapporto) nonostante la nullità della notificazione (per avere l’attore violato la norma che, ai fini processuali, gli impone di trasmettere l’atto ad un soggetto diverso)[20], integri la stessa «conoscenza legale» di una notificazione valida[21] (sanando allora la nullità), oppure se vi sia bisogno, anche nel descritto caso, di una rinnovazione ex art. 291 c.p.c.

Va da sé che laddove si optasse per questa seconda soluzione, occorrerà aver risolto a monte la questione fondamentale relativa alla portata dell’art. 291 c.p.c., onde comprendere se l’interruzione giudiziale istantanea (e poi quella permanente) retroagisca alla prima notifica invalida o decorra da quella rinnovata.

D’altro canto, che almeno il contrasto su quest’ultimo aspetto sia vivo, è confermato dalla pubblicazione di recenti decisioni in disaccordo con il precedente, negli intenti salvifico, di Cass. civ. 13070/2018[22].

In modo condivisibile, dunque, la recente ordinanza interlocutoria non ritiene superate le divergenze interpretative attorno alle questioni sopra analizzate ed opta per la rimessione alle Sezioni Unite[23].

5. Mostrate le implicazioni, almeno parziali, fra le questioni esegetiche ad oggi in cerca di soluzione, riteniamo opportuno muovere da quella relativa alla portata da assegnare all’art. 291 c.p.c.

Procederemo dapprima con gli argomenti emersi in giurisprudenza, riservando a un secondo momento l’analisi della dottrina.

A tal riguardo, l’orientamento, per il vero maggioritario, esclude che la rinnovazione della notificazione interrompa la prescrizione sin dalla prima notifica invalida e ciò principalmente per due ragioni.

Da un lato, si afferma che l’art. 2943 c.c., nello stabilire che «la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio», ha inteso ricollegare l’effetto interruttivo ad un atto recettizio, il quale, proprio perché tale, si perfeziona quando viene portato a conoscenza del destinatario. Sulla base di questo principio, si afferma che la rinnovazione della notificazione nulla dell’atto di citazione non può ritenersi idonea a interrompere la prescrizione dalla data della notificazione invalida, poiché è solo con la nuova notifica che l’atto interruttivo – per l’appunto, di natura recettizia – viene introdotto nella sfera giuridica del destinatario.

Dall’altro lato, l’art. 291 c.p.c., nell’affermare che la rinnovazione della notifica «impedisce ogni decadenza» ha inteso riferirsi solo a quest’ultima e non anche alla prescrizione, istituto diverso per finalità, disciplina e presupposti[24].

Di contro, l’orientamento che estende gli effetti retroattivi della rinnovazione anche alla prescrizione nega che il citato articolo utilizzi rigidamente il termine «decadenza». A ciò si aggiunge che «nella sanatoria della notificazione sarebbe logicamente implicita l’efficacia di questa come atto interruttivo della prescrizione»[25].

Su questo aspetto possiamo svolgere alcune osservazioni.

L’argomento, invero, non appare determinante nella soluzione del problema poiché, se è vero che la rinnovazione della notifica consente di interrompere la prescrizione estintiva (e dunque, parafrasando le parole della citata decisione, è implicito che la sanatoria della notifica permette anche la sanatoria degli effetti interruttivi della dichiarazione[26] ivi trasmessa) questa circostanza nulla ci dice sul momento in cui tale effetto si produce e, in specie, se retroagisce o meno alla data della notifica invalida.

La soluzione sul punto, crediamo, andrebbe ricercata innanzitutto nella lettura dell’art. 291 c.p.c.[27].

A tale norma, tuttavia, si attribuisce generalmente efficacia sanante retroattiva proprio in forza della locuzione «la rinnovazione impedisce ogni decadenza»[28]; ma così facendo, l’argomento speso dall’orientamento in analisi, oltre a mostrare una certa circolarità, sembra solo spostare il problema in avanti, dovendosi ancora dimostrare che la norma intende riferirsi anche all’istituto della prescrizione.

6. Prima di procedere con l’analisi della dottrina, sembra opportuno indugiare su un aspetto preliminare.

In particolare, si avverte l’esigenza di mettere in luce le difficoltà che si incontrerebbero laddove si volesse ricavare la soluzione al nostro problema opinando che la retrodatazione degli effetti al momento dell’atto invalido – e dunque, per noi, anche dell’effetto interruttivo della prescrizione – sia insita nel concetto stesso di rinnovazione[29].

A tal riguardo, la dottrina appare divisa fra chi, in mancanza di una disposizione generale che prevede la retrodatazione degli effetti al momento dell’atto nullo, ritiene che la rinnovazione produca i propri solo ex nunc[30] e chi, invece, premesso che l’atto rinnovante prende il posto di quello rinnovato, fa retroagire gli effetti al momento in cui è stato compiuto quest’ultimo[31].

All’apparenza, sembrerebbe che specialmente dall’adozione della seconda delle citate visioni possa derivare la conferma dell’orientamento che, nell’art. 291 c.p.c., ammette l’interruzione della prescrizione sin dalla notificazione invalida.

Tale soluzione, peraltro, non è così ovvia.

Invero, anche a voler affermare un rapporto biunivoco fra rinnovazione e retrodatazione, bisognerebbe poi dimostrare che ciò vale in generale per tutti gli effetti dell’atto, incluso, ai fini del nostro problema, quello interruttivo della prescrizione[32].

Tuttavia, rispetto a tale profilo si può osservare che fra la dottrina che ha sostenuto il principio generale della retrodatazione degli effetti, v’è poi chi ha precisato che la rinnovazione lascerebbe salvi i diritti di natura sostanziale nel frattempo acquisiti dalla controparte[33].

Tutti questi discorsi, peraltro, si devono pure confrontare con l’impostazione secondo cui è innanzitutto la legge a specificare di volta in volta gli effetti, retroattivi o meno, da attribuire alla rinnovazione[34].

Laddove si seguisse questa impostazione, dunque, occorrerebbe prima di tutto analizzare l’enunciato dell’art. 291 c.p.c. e, solo in mancanza di indicazioni chiare, ricercare la soluzione nel sistema in cui la norma è inserita.

7.Veniamo ora all’analisi della dottrina.

Come si è anticipato, che l’art. 291 c.p.c. stabilisca un rimedio che agisce ex tunc è affermazione abituale[35], salvo poi gli autori discutere se questa forma di rinnovazione impedisca le sole decadenze o anche la prescrizione estintiva.

Ebbene, secondo l’opinione largamente prevalente la disposizione va intesa nel senso che in caso di rinnovazione – beninteso, a condizione che l’atto rinnovante sia valido – l’effetto interruttivo della prescrizione retroagisce al momento della notificazione viziata[36].

L’argomento principale è di carattere storico-evolutivo.

Si afferma cioè che l’art. 291 c.p.c. non sarebbe altro che la riedizione dell’art. 145 del Codice di rito del 1865, il quale – in luogo dell’attuale formula «impedisce ogni decadenza» – sanciva più alacremente che in caso di nullità della notificazione, la citazione rimaneva «efficace ad impedire ogni decadenza di diritto o di termini» purché fosse «rinnovata nel nuovo termine da stabilirsi nella sentenza che ne pronuncia la nullità».

Poiché, dunque, in base al previgente dato normativo era pacifica l’opinione che la disposizione consentisse di interrompere la prescrizione sin dalla notificazione viziata[37], la dottrina, con l’avvento del nuovo codice, ha finito col ritenere che l’art. 291 c.p.c. dovesse ereditare il proprio significato dal suo vecchio avo, nonostante la diversa formulazione letterale[38].

A rafforzare l’idea che la disposizione in commento non volesse rompere col passato, la dottrina aggiunge che la ratio della norma è quella di evitare ripercussioni negative in capo all’attore, colpito da una nullità ascrivibile ad un errore imputabile non a lui[39], ma all’ufficiale giudiziario[40]. In tale ottica, sarebbe inefficiente un meccanismo sanante che non rimediasse ad ogni conseguenza negativa nel frattempo intercorsa e non agisse proprio «dove sarebbe più utile renderlo operante»[41], ossia sull’interruzione della prescrizione.

Infine, si afferma che l’art. 291 c.p.c. riserva alla rinnovazione lo stesso trattamento della costituzione del convenuto, la quale sana la nullità ex tunc[42].

L’unica posizione ad oggi contraria[43], a quanto consta, si deve a Salvatore Satta, il quale in concise battute afferma che la norma impedisce il verificarsi delle sole decadenze, mentre per quanto riguarda «gli effetti sostanziali della domanda[44] (…) questi non potrebbero essere determinati dalla citazione la cui notificazione sia nulla, ma decorrerebbero dalla citazione rinnovata»[45].

8. Ciò premesso, pur con la cautela che impone il sostenere una posizione diversa da quella assunta da un così ampio numero di autorevoli studiosi, ci proponiamo di segnalare alcuni aspetti che potrebbero far propendere per la soluzione opposta.

Occorre innanzitutto muovere dall’osservazione per cui il dato dell’evoluzione storica della norma appare fungibile – e forse con maggiore coerenza – a sostenere una soluzione differente da quella ricavata in dottrina. Invero, non sembra potersi prescindere dal fatto che l’attuale art. 291 c.p.c. presenti una diversa e più ridotta formulazione letterale rispetto al suo abrogato omologo.

Se l’art. 145 c.p.c. del 1865 in modo esplicito intendeva «impedire ogni decadenza di diritto o di termini», mentre l’attuale art. 291 c.p.c. limita gli effetti della rinnovazione all’impedimento di «ogni decadenza», l’analisi diacronica sembrerebbe piuttosto suggerire la soluzione restrittiva, non dovendosi – almeno di regola – attribuire alla legge «altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole» (art. 12 disp. prel. c.c.).

Laddove si seguisse questa linea, di conseguenza, sembrerebbe incerta anche la possibilità di trasferire sull’art. 291 c.p.c. un’interpretazione, sia pur consolidata, che tuttavia è propria di una disposizione non più in vigore e dal diverso tenore letterale[46].

Muovendo da questa impostazione, la soluzione al problema sembrerebbe ruotare tutta attorno al significato che si volesse attribuire all’espressione «ogni decadenza».

Come si è detto, al consolidato indirizzo dottrinale che la intende in senso ampio, includendovi la prescrizione estintiva, si contrappone la giurisprudenza maggioritaria che vi vede un riferimento alla sola decadenza, stante la diversità dei due istituti in quanto a finalità, disciplina e presupposti[47].

Un’interpretazione strettamente letterale, dunque, chiuderebbe la partita.

E pur tuttavia, poste le generali difficoltà che la dottrina (in specie civilistica) riscontra nel delineare gli esatti confini della prescrizione e della decadenza, nonché nell’individuare criteri idonei a giustificare l’ascrizione di un termine[48] all’una o all’altra categoria [49] – difficoltà che, lo precisiamo, non incrinano l’idea comunemente accolta per cui almeno la disciplina positiva li riconosca come istituti differenti[50] – appare inverosimile la possibilità che una qualunque ricostruzione sulla portata dell’art. 291 c.p.c. che aspiri ad essere generalmente condivisa possa passare per una dimostrazione sub specie aeternitatis del significato ontologico dell’una e dell’altra figura[51].

A tal riguardo, in assenza di altri indici sistematici o argomenti che riposino, eventualmente, anche sul piano dell’opportunità, l’accezione da attribuire al sintagma «ogni decadenza» nella nostra disposizione potrebbe infine rivelarsi, sia consentita l’espressione, una scelta di fede.

9. Muovendoci lungo la menzionata direttrice sistematica, appare innanzitutto utile considerare la ragione per cui l’ordinamento attribuisce alla notificazione della domanda giudiziale efficacia interruttiva della prescrizione.

Con generale riferimento agli atti interruttivi, è stato osservato che questi non sono altro che «forme di reazione» alla lesione dell’interesse che dà luogo al decorso della prescrizione[52]. E poiché le forme di reazione possono essere molte, la selezione di quelle rilevanti risiede necessariamente in una scelta di diritto positivo[53].

Ciò premesso, e tornando alla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, l’osservazione del combinato disposto degli artt. 2943 e 2945 c.c. ha permesso alla dottrina di dimostrare che «la domanda giudiziale viene considerata ai fini della prescrizione in primo luogo come atto di affermazione del diritto»[54].

In estrema sintesi, si comincia con l’escludere che il processo incida sulla prescrizione in quanto serve a realizzare o a porre i presupposti per la soddisfazione del diritto o, ancora, ad eliminare l’incertezza sulla sua esistenza o inesistenza. Invero, l’interruzione della prescrizione – quantomeno con effetto istantaneo – si conserva anche in caso di estinzione del giudizio (art. 2945, comma 3, c.c.) e di sua definizione in rito (art. 2945, comma 2, c.c.)[55]. Se si considera poi che la suddetta interruzione si verifica pure in caso di incompetenza del giudice (art. 2943, comma 3, c.c.), nonché in via stragiudiziale attraverso ogni atto che valga a costituire in mora il debitore (art. 2943, comma 4 e 1219 c.c.)[56], si conclude che, per l’ordinamento, la condizione sufficiente e necessaria per interrompere la prescrizione è che vi sia un’affermazione del diritto nei confronti di chi lo ha violato[57].

E da tale elemento, si noti bene, generalmente si ricava pure la natura recettizia degli atti interruttivi[58].

Le indicazioni fornite dal dato positivo, dunque, dimostrano che ai fini dell’interruzione della prescrizione l’ordinamento guarda alla domanda giudiziale non come atto di esercizio dell’azione, volto a provocare l’avvio del giudizio, ma come atto contenete l’affermazione del diritto[59] che porta alla conoscenza legale[60] della controparte la sua intenzione di farlo valere[61].

E, seppure questo aspetto non sia sempre sottolineato in dottrina, è evidente che la suddetta operazione non può che avvenire per mezzo della «notificazione»[62] della domanda, tanto da essere questa citata, per l’appunto, dall’art. 2943, comma 1, c.c.[63]

Torniamo al nostro problema.

Se, come visto, ai fini della prescrizione ciò che conta non è la rilevanza processuale della domanda giudiziale, ma la condizione che venga formalmente portata alla conoscenza della controparte[64] l’affermazione del diritto ivi contenuta[65], riesce forse più agevole ritenere – in mancanza di una chiara volontà di legge – che anche nell’ipotesi di cui all’art. 291 c.p.c. è solo dal momento della nuova notificazione valida che si produce l’interruzione della prescrizione[66].

Invero, è solo la nuova notifica non viziata a porre la controparte nella condizione di conoscere la suddetta affermazione del diritto.

Alla luce di quanto osservato, pertanto, sembra più corretto escludere che, attraverso la rinnovazione, l’interruzione della prescrizione si verifichi sin dalla notificazione invalida. In assenza di un’espressa indicazione da parte dell’art. 291 c.p.c., invero, la soluzione restrittiva appare più sicura poiché ancorata ai principi generali ricavabili dagli artt. 2943 e 2945 c.c.

10.Un ulteriore argomento sistematico parrebbe confermare la posizione raggiunta.

In proposito, sembrano venire in aiuto le regole relative al momento di produzione dell’effetto interruttivo della prescrizione in caso di sanatoria dei vizi di nullità della citazione ex art. 164 c.p.c.

A tal riguardo, è noto che la disposizione distingue fra i vizi attenti alla vocatio e quelli relativi alla editio actionis[67].

Nel primo caso, la rinnovazione della citazione e la costituzione del convenuto consentono la produzione degli effetti sostanziali e processuali della domanda[68] «sin dal momento della prima notificazione» (art. 164, comma 2 e 3, c.p.c.). Ciò accade perché se la citazione è completa sotto il profilo della editio actionis, l’errore che cade sui soli elementi di cui all’art. 163, comma 3, n. 1, 2 e 7, c.p.c., da un lato, non toglie rilievo alla domanda giudiziale come atto di esercizio dell’azione[69], dall’altro, il diritto ivi affermato viene portato alla conoscenza formale della controparte e può prodursi, fra gli effetti sostanziali, anche quello interruttivo della prescrizione[70].

La situazione cambia, come altresì noto, quando il vizio incide su elementi della citazione che non consentono l’individuazione del diritto. E così, nonostante la rinnovazione della citazione o l’integrazione della domanda «restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti»[71] (art. 164, comma 5, c.p.c.). Ciò, con evidenza, in quanto nella prima citazione la mancata affermazione del diritto: da un lato, non consente l’individuazione del potere esercitato; dall’altro, non premette neppure di interrompere la prescrizione[72], giacché il convenuto, pur ricevendo formalmente l’atto, non può prima della sua rinnovazione o integrazione conoscere formalmente quale situazione sostanziale l’attore intende far valere[73].

Ebbene, il richiamo alla disciplina delle sanatorie ex art. 164 c.p.c. – oltre a rappresentare, a nostro avviso, un felice banco di prova per la teoria secondo cui la domanda giudiziale interrompe la prescrizione allorché contenga la affermazione del diritto e la porti alla conoscenza legale della controparte[74] – sembra fornire un argomento a fortiori per la tesi restrittiva sull’art. 291 c.p.c.

Ricapitolando, mentre nei casi contemplati dall’art. 164 c.p.c. siamo in presenza di una citazione che, pur se viziata, è stata regolarmente notificata alla controparte, al contrario nell’art. 291 c.p.c. abbiamo una citazione valida nelle sue diverse componenti interne, ma notificata irregolarmente e dunque non ricevuta dal convenuto.

Ciò premesso, se per espressa volontà di legge, la rinnovazione o l’integrazione ex art. 164, comma 5, c.p.c. permettono di interrompere la prescrizione solo ex nunc perché la prima citazione invalida, pur avendo raggiunto il destinatario, non ha consentito a quest’ultimo di conoscere il diritto su cui verte la domanda[75], sarebbe contraddittorio affermare che l’effetto interruttivo della prescrizione possa prodursi ex tunc nel caso regolato dall’art. 291 c.p.c., in cui – sia pure per una ragione diversa (i.e. l’invalidità della notificazione) – l’atto di citazione neppure giunge alla conoscenza del destinatario ed è a questi parimenti impedita la conoscenza del diritto affermato nella domanda.

E come si è visto, la conclusione sembrerebbe netta poiché, da un lato, l’art. 291 c.p.c. tace sul punto e, dall’altro, appare difficile sostenere che la rinnovazione consenta automaticamente la retrodatazione di tutti gli effetti al momento dell’atto viziato[76].

La soluzione, d’altro canto, crediamo che si rafforzi se si tiene presente che, per lettura costante dell’art. 164, comma 2 e 3, c.p.c., quando i vizi attengono alla sola vocatio, gli effetti sostanziali della domanda sono fatti salvi «sin dalla prima notificazione» proprio perché l’atto giunge alla controparte e gli permette, nonostante i suddetti vizi, di individuare la situazione sostanziale affermata dall’attore.

Si potrebbe obiettare a questa ricostruzione che nelle ultime disposizioni citate la salvezza degli effetti dipende dalla rinnovazione.

È tuttavia noto che la più attenta dottrina abbia ritenuto capzioso l’art. 164, comma 2 e 3, c.p.c. sul punto, poiché in tali casi gli effetti della domanda (fra cui, per ciò che a noi interessa, l’interruzione della prescrizione), in termini tecnici, non retroagiscono alla prima notificazione per grazia della rinnovazione, ma «sono salvi» giacché si sono immediatamente prodotti con la prima notifica, in conseguenza della corretta formulazione della editio actionis[77]. Constatazione che appare ulteriormente confermata dal fatto che, quando i vizi riguardano la sola vocatio, l’effetto interruttivo della prescrizione si conserva anche laddove non si dia luogo a rinnovazione della citazione[78].

L’insieme di tutti questi rilievi, dunque, conferma a nostro avviso che l’interruzione della prescrizione non è di per sé un postulato della citazione, ma un effetto che si verifica ogniqualvolta sia in essa contenuta l’affermazione del dritto e, soprattutto, a condizione che la controparte venga formalmente messa a conoscenza di tale affermazione.

Tali osservazioni, peraltro, farebbero cadere anche l’argomento per cui l’art. 291 c.p.c. va letto in senso ampio poiché il primo comma della disposizione equipara la rinnovazione alla costituzione del convenuto[79].

Ai fini dell’interruzione della prescrizione, invero, i due scenari non sembrano assimilabili. Nel contesto sistematico che si è provato a tratteggiare, l’effetto interruttivo nel secondo caso può aversi laddove la nullità della notificazione non impedisce al convenuto di avere contezza della citazione e di difendersi (art. 156, comma 3, c.p.c.)[80]. In tal caso, dunque, è il fatto stesso della sua costituzione ad offrire la prova che questi ha avuto conoscenza dell’atto e dell’affermazione del diritto ivi contenuta[81]. Prova che, al contrario, manca quando il convenuto non si costituisce e si deve dare luogo alla rinnovazione[82].

In conclusione, e in sintesi, sembra possibile ipotizzare la seguente ricostruzione dell’art. 291 c.p.c.

Da un lato, si prevede che la rinnovazione impedisce ogni decadenza in senso stretto. Ciò si deve primariamente ad una volontà di legge, anche se – ma formuliamo qui il pensiero in chiave dubitativa – la scelta parrebbe coerente con l’idea che la compiuta affermazione del diritto nella citazione consente l’estrinsecazione del potere esercitato[83] e, dunque, la sua conservazione a seguito di rinnovazione[84].

Tuttavia, occorre interpretare la disposizione secondo il suo tenore letterale, ossia come riferita alle sole decadenze (sostanziali e processuali), giacché nell’art. 291 c.p.c. il vizio cade proprio sul procedimento che conduce l’atto di citazione, e la domanda che esso contiene, alla conoscenza c.d. legale del destinatario. E così, quegli effetti che dipendono da tale ultima circostanza, quali, per l’appunto, l’interruzione della prescrizione, potranno ragionevolmente prodursi solo con la nuova e valida notifica: la sola in grado manifestare l’affermazione del diritto nei confronti della controparte[85].

11.Conviene ora valutare la soluzione anche sul piano dell’opportunità. Sotto questo profilo, si è detto, in dottrina ha prevalso la lettura più lasca dell’art. 291 c.p.c. in quanto la nullità della notificazione non sarebbe generalmente imputabile all’attore ma all’ufficiale giudiziario.

Premessa la dubitabilità di tale affermazione, giacché potrebbero ben darsi casi in cui l’errore dipende dalle indicazioni erronee fornite dalla parte, l’argomento non sembra comunque dirimente.

In primo luogo, tale circostanza non pare sufficiente a scaricare interamente sul convenuto il rischio della nullità della notifica, tenuto conto dell’interesse, altrettanto rilevante, che l’ordinamento riconosce alla controparte del rapporto sostanziale di vedersi liberato dai suoi doveri una volta maturata la prescrizione. Notoriamente i termini di quest’ultima sono molto ampi e, pertanto, anche alla luce del principio di c.d. «autoresponsabilità» a cui si fa generalmente appello in materia, sembrerebbe più congruo porre a carico dell’attore, che per lunghi anni ha trascurato di esercitare il suo diritto[86], il rischio che il procedimento di notificazione incorra in invalidità, sia pure non direttamente a lui imputabili.

Tenuto conto dell’esigenza di bilanciare gli interessi in gioco, l’avveramento del “caso fortuito” che ha determinato la nullità della notificazione non sembrerebbe cioè dover giovare alla parte che abbia atteso l’ultimo momento utile per notificare la domanda giudiziale, posto, peraltro, che questi avrebbe potuto – laddove possibile – compire atti interruttivi in via stragiudiziale[87].

In secondo luogo, laddove la nullità della notificazione dipenda dal fatto dell’ufficiale giudiziario, a riequilibrare ulteriormente gli interessi delle parti poterebbe venire in aiuto l’art. 162, comma 2, c.p.c.

La norma, di cui in passato si è faticato a trovare un ambito applicativo[88], consentirebbe al giudice, su istanza dell’attore che si è visto maturare il termine di prescrizione, di condannare l’ufficiale giudiziario «al risarcimento dei danni causati dalla nullità», quando vi abbia dato causa con dolo o colpa grave (art. 60, n. 2, c.p.c.). In tale ipotesi, come è chiaro, sarebbe opportuno che si tenesse debitamente conto del concorso delle diverse colpe ossia, quelle dell’attore, attivatosi troppo a ridosso del maturare del termine, senza prefigurarsi i possibili incidenti tecnici con i relativi tempi per porvi rimedio, e quelle dell’ufficiale giudiziario.

L’applicazione della norma, dunque, parrebbe restituire una certa armonia al sistema. Se la rinnovazione ex art. 291 c.p.c. non ha potuto impedire la prescrizione maturata fra la prima notifica invalida e la seconda, sollevata la relativa eccezione, la decisione finale dichiarerà il rigetto nel merito della domanda. Dall’altro lato, se la nullità della prima notificazione è stata causata dall’ufficiale giudiziario con dolo o colpa grave, si riconoscerà all’attore un risarcimento del danno – derivante dal compimento della prescrizione – dall’entità variabile, rapportato alla natura delle circostanze e, soprattutto, alla misura della propria inerzia colpevole.

12. Occorre chiarire un ultimo aspetto prima di procedere oltre; segnatamente, quello dell’incidenza del principio della c.d. scissione soggettiva degli effetti della notificazione sul problema ci occupa.

A tal riguardo, non sembra che la regola desti particolari problemi alla nostra soluzione in merito alla portata dell’art. 291 c.p.c.[89]

In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che la regola della scissione si applica con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali. Tuttavia, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale (ad esempio, nell’azione revocatoria ex artt. 2901 c.c.), sicché rispetto a questi ultimi la prescrizione si interrompe al momento dell’esercizio del diritto, ossia dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario[90].

Peraltro, secondo questo stesso indirizzo, seppure la regola consenta in taluni casi di retrodatare l’interruzione della prescrizione al giorno della consegna della citazione all’ufficiale giudiziario, ciò non fa comunque venire meno la natura recettizia degli atti interruttivi, tanto che la conservazione del suddetto effetto è poi condizionata al perfezionamento del porcedimento di notificazione[91].

Sicché, seppure con riferimento a talune fattispecie, l’anticipazione del dies a quo dell’interruzione della prescrizione e la conseguente maggior tutela del notificante, da un lato, non sconfessano la recettizietà degli atti interruttivi, dall’altro, confermano che una notificazione invalida non permette il consolidamento di quell’effetto, lasciando a tal fine impregiudicata la necessità di una rinnovazione ex art. 291 c.p.c., laddove il convenuto non si costituisca.

13. Passiamo dunque alla seconda delle problematiche enucleate.

Su questa ci limiteremo a sintetiche osservazioni, anche tenuto conto delle diverse possibili trame che si sviluppano a seconda di come verranno risolte le questioni via via implicate nella scala che porta alla soluzione finale del problema.

Ciò premesso, ricapitoliamo la questione.

Si ricorderà, a tale riguardo, che la particolarità del problema si deve alla peculiarità dei casi coinvolti, nei quali, stante l’inosservanza dell’art. 11 r.d. n. 1611/1933, la notificazione è processualmente invalida poiché indirizzata direttamente alla sede dell’amministrazione dello Stato.

In tali casi, posto che la notifica affetta da nullità non ha impedito alla citazione di valere come dichiarazione di costituzione in mora, il contrasto verte sulla possibilità che tale atto, oltre a consentire la produzione dell’effetto interruttivo istantaneo stragiudiziale (e la soluzione affermativa sul punto è pacifica[92]), permetta anche di far correre l’interruzione della prescrizione sino alla data del passaggio in giudicato della decisione (art. 2945, comma 2, c.c.). Il tutto, anche a prescindere dalla concreta rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c. o da sanatoria altrimenti conseguita.

Come si è già rilevato[93], a nostro avviso, le Sezioni Unite chiamate a risolvere il problema dovranno preliminarmente confrontarsi con la possibilità che la notificazione ricevuta dalla sola parte sostanziale del rapporto, quando la legge a fini processuali impone di trasmetterla ad un soggetto diverso, consenta di ritenere raggiunta una conoscenza c.d. legale della pendenza del processo, fungibile con quella che si sarebbe avuta in caso di notificazione correttamente indirizzata.

Si è qui al cospetto di una pregiudiziale fondamentale, nonché di fronte ad un bivio, poiché, come anticipato, la soluzione che si vuole dare a tale quesito apre a differenti scenari, i quali, a loro volta, pongono una serie di questioni dubbie da cui si deve passare per giungere alla soluzione.

Ebbene, laddove si risolvesse positivamente il quesito sopra richiamato, saremmo portati a ritenere che la nullità, pur verificatasi, non possa essere pronunciata per raggiungimento dello scopo (art. 156, comma 3, c.p.c.)[94].

Peraltro, tale soluzione appare difficilmente prospettabile.

Da un lato, laddove – come suggerito da Cass. 13070/2018[95] – si seguissero gli insegnamenti di Cass. civ., sez. un., n. 14917/2016, appare dubbio che una notificazione indirizzata ad un soggetto diverso da quello prescritto dalla legge possa escludere la configurazione di una nullità processuale.

A tal riguardo, nell’indicare gli «elementi costitutivi» necessari del procedimento di notificazione, la Corte richiama: a) l’attività di trasmissione; b) la fase di consegna, intesa come raggiungimento «di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtù dei quali la stessa debba considerarsi, ex lege, eseguita», restando esclusi i casi in cui l’atto venga puramente restituito al mittente, sì da dover reputare la notifica omessa[96].

Ma tali requisiti, è noto, sono dalla decisione individuati «ai fini della riconoscibilità dell’atto come notificazione», ossia per distinguere i casi di inesistenza da quelli di nullità. Peraltro, quando quest’ultima si configura, rimane comunque necessaria la sua sanatoria che, alternativamente, potrà conseguirsi con la costituzione del convenuto o, in mancanza, con la rinnovazione ex art. 291 c.p.c., salvo che la parte non vi abbia già spontaneamente provveduto[97].

D’altro canto, e più specificamente, la giurisprudenza appare costante nell’affermare che la notificazione effettuata in violazione dell’art. 11, r.d. 1611/1933 dia luogo ad un’ipotesi di nullità, astrattamente sanabile, ma che poi in concreto deve essere sanata[98].

Nondimeno, le difficoltà permarrebbero anche laddove si provasse a ragionare sulla possibilità che una conoscenza di mero fatto della pendenza del processo configuri una sanatoria per raggiungimento dello scopo.

A tal proposito, infatti, la dottrina generalmente conclude che lo scopo della notificazione è quello della conoscenza c.d. legale dell’atto da parte del destinatario, che non è fungibile con una conoscenza pratica aliunde conseguita[99], sicché una trasmissione di fatto dell’atto notificato[100], anche se consente una sua conoscenza materiale, sarebbe intrinsecamente inidonea al raggiungimento dello scopo[101].

Altri aspetti problematici, poi, si collocano nel novero questioni che andranno affrontate laddove la Corte, al contrario, riterrà che nelle fattispecie descritte la notifica sia affetta da nullità.

In tal caso, bisognerà comprendere se sia sempre necessaria la sanatoria della notificazione invalida ex art. 291 c.p.c. (o per costituzione del convenuto), o se, come sostenuto dal recente indirizzo[102], anche la decisione che dà atto della nullità della notificazione possa ritenersi una fra quelle idonee a sospendere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2945 c.c., sino al suo passaggio in giudicato.

Ebbene, nel primo caso, come si è provato a dimostrare nel corso di questo lavoro, la rinnovazione della notifica invalida ex art. 291 c.p.c. consentirebbe di interrompere la prescrizione solo ex nunc. Si aprirebbe così uno scenario in cui la prescrizione è stata interrotta una prima volta, con effetto istantaneo e stragiudiziale, attraverso la citazione-costituzione in mora, ed una seconda volta, con effetto istantaneo giudiziale a seguito della rinnovazione, sicché da questo secondo momento potrebbe decorrere anche l’interruzione c.d. permanente ex art. 2945, comma 2, c.c.

Incerta, invece, appare la possibilità che in mancanza di sanatorie possa riconoscersi effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione anche alle decisioni che dichiarano la nullità della notificazione.

A tal riguardo, le pronunce che hanno ammesso tale possibilità argomentano che, da un lato, l’unica eccezione alla regola è quella della decisione che dichiara l’estinzione del giudizio e, dall’altro, che la notificazione nulla, al contrario di quella inesistente, consente pur sempre l’instaurazione di «un rapporto processuale»[103].

Quanto al primo aspetto, possiamo osservare che, nel sistema attuale, laddove il giudice rilevi la nullità della notificazione e disponga l’ordine di rinnovazione ex art. 291 c.p.c., la sua mancata ottemperanza conduce alla cancellazione della causa dal ruolo e all’estinzione del giudizio (artt. 291, comma 3, e 307, comma 3, c.p.c.)[104]. Sicché, la decisione finale ricadrebbe nel campo dell’art. 2945, comma 3, c.c., con efficacia interruttiva solo istantanea laddove questa, stante la peculiarità dei casi, si sia prodotta nonostante l’invalidità della notifica.

Quanto al secondo argomento, si può rilevare che per la risalente dottrina, quando la notificazione dell’atto introduttivo è invalida, il «rapporto processuale» si costituisce solo a seguito della nuova notifica[105].

Per altro verso, laddove si confermasse l’idea che la domanda interrompe la prescrizione quando l’affermazione del diritto ivi contenuta è portata alla conoscenza legale della controparte, non si comprenderebbe come riconoscere gli effetti interruttivi della prescrizione in un procedimento celebrato in assenza non legittima di contraddittorio.

14. Giungiamo ora ad alcune considerazioni di sintesi, nonché ad un riepilogo dei risultati raggiunti.

Il contrasto che la Suprema Corte è chiamata a dirimere appare di particolare interesse, non soltanto sotto il profilo applicativo, ma anche in quanto offre l’occasione di tornare a meditare sulla portata dell’art. 291 c.p.c. e attorno orientamento dottrinale prevalente ad esso relativo.

A tal riguardo, si è provato a mostrare che la rinnovazione della notificazione invalida dell’atto di citazione è in grado di interrompere il corso della prescrizione solo ex nunc.

Premessa la difficoltà di ricavare la soluzione in base all’idea che la rinnovazione implichi una generale retrodatazione degli effetti al momento dell’atto invalido[106], si sono dapprima mostrati i dubbi sulla tenuta di un’interpretazione ampia della disposizione, fondata sui suoi precedenti storici[107]. Posti, peraltro, i limiti di una soluzione interamente costruita sulla lettura della locuzione «ogni decadenza»[108], si è dunque optato per un tentativo di ricostruzione sistematica[109], muovendo dai risultati degli studi che, nell’indagare i rapporti fra processo ed interruzione della prescrizione (in specie, con riguardo agli artt. 2943 e 2945 c.c.), hanno dimostrato che, ai fini dell’interruzione della prescrizione, l’ordinamento guarda alla domanda introduttiva non nella veste di atto di esercizio dell’azione, ma quale atto di affermazione del diritto[110], che ne mostra la vitalità.

Questi aspetti, unitamente agli ulteriori argomenti che si traggono dal confronto con il doppio regime effettuale previsto dall’art. 164, comma 2, 3 e 5, c.p.c.[111], crediamo dimostrino che per l’ordinamento la prescrizione si interrompe allorché la suddetta affermazione del diritto venga anche portata alla conoscenza legale della controparte. Qualora tale aspetto risultasse confermato, pertanto, sembrerebbe arduo sostenere, a fronte di un art. 291 c.p.c. non esplicito sul punto, che l’effetto interruttivo della prescrizione possa correre dalla prima notificazione invalida, giacché è solo la seconda che, a seguito di rinnovazione, consente di portare l’atto, e ciò che esso contiene, alla conoscenza del convenuto.

Quanto al secondo problema rimesso alle Sezioni Unite, data la peculiarità delle fattispecie coinvolte, sia consentito qui rinviare alle osservazioni svolte nel testo[112].

Venendo alle conclusioni, un’ultima considerazione appare possibile.

È noto che di recente siano sorte incertezze sull’individuazione del momento interruttivo della prescrizione nei processi da avviare con ricorso (i.e. dal suo deposito[113] o dalla sua notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’udienza)[114]. A tale riguardo, non riteniamo di avanzare proposte ricostruttive in questa sede, tenuto conto della complessità e varietà dei problemi implicati. Il contrasto ad quem, peraltro, tange incidentalmente i temi qui trattati, in specie, laddove si è discusso sotto quale profilo l’ordinamento guardi alla domanda giudiziale ai fini dell’interruzione della prescrizione.

Tenuto contro di ciò, pertanto, sarebbe auspicabile che la Suprema Corte, nell’intervenire sull’uno o l’altro dei problemi, fornisse una trattazione volta delineare i punti cardinali del rapporto fra interruzione della prescrizione e processo, da cui l’interprete possa muovere per una più sicura risoluzione dei problemi, anche futuri ed eventuali, connessi in materia.

[1] Sul tema generale, per tutti, R. Oriani, Processo di cognizione ed interruzione della prescrizione, Napoli 1977.

[2] Cass. civ. 10 febbraio 2025, n. 3334, in www.cortedicassazione.it., nonché segnalata in G. Pirotta, Osservatorio sulla cassazione civile, in Riv. dir. proc. 2025, in corso di pubblicazione.

[3] Anche definito «interruttivo-sospensivo», secondo la locuzione già utilizzata da V. Andrioli, Sulla interruzione sospensione della prescrizione del diritto controverso, in Riv. dir. proc. 1964, 618 ss. per riferirsi all’interruzione protratta sino al momento del passaggio in giudicato della decisione (art. 2945, comma 2, c.c.), distinto dal c.d. effetto interruttivo-istantaneo (art. 2943 c.c.). Su queste nozioni istituzionali, per tutti, C. Mandrioli, A. Carratta, Diritto processuale civile, II, 26a ed., Torino 2019, 21 ss.

[4] Come si vedrà, a fronte di soluzioni giurisprudenziali più o meno ripartite nell’uno o nell’altro senso (cfr., infra, § 5), la dottrina largamente prevalente appare orientata per la salvezza ex tunc degli effetti interruttivi della prescrizione (cfr., infra, § 7).

[5] Come si dirà (cfr., infra, § 2 e nota 11), la citata disposizione stabilisce che la citazione in giudizio delle amministrazioni pubbliche venga notificata non alla sede di quest’ultime ma presso la competente Avvocatura di Stato. In tali casi, poiché l’ordinamento impone all’attore di indirizzare la notifica presso un soggetto diverso dalla controparte sostanziale del rapporto, si verifica il particolare fenomeno per cui la citazione, pur se invalidamente notificata, conserva la sua efficacia in quanto atto di costituzione in mora, con conseguente effetto interruttivo istantaneo della prescrizione (artt. 2943, comma 4 e 1219 c.c.).

[6] A tal riguardo, è costante in dottrina il rilievo delle incertezze che, pressoché a tutti i livelli, gravano l’istituto in parola. Del fenomeno prescrizionale, in specie, si richiamano come incerte «la natura (…), il suo fondamento (…), l’operatività (…), l’oggetto e, per finire, l’effetto» (così, G. Travaglino, Le stagioni della prescrizione estintiva, in Questione giustizia 2017, 1, 51 ss. che sottolinea l’incoerenza di tali dubbi in relazione a «un istituto nato per dispensar certezze»). In tema, anche per ulteriori indicazioni bibliografiche: F. Carnelutti, Appunti sulla prescrizione, in Riv. dir. proc. civ. 1933, I, 32 ss.; Id., Tutela dei diritti, in Riv. dir. proc. civ. 1943, I, 10 s.; F. Messineo, Variazioni sul concetto di «rinunzia alla prescrizione» (art. 2937, comma 1, c.c.), in Riv. trim. dir. proc. civ. 1957, 505 ss., che significativamente discute di «tormentoso rompicapo»; F. Vassalli, Motivi e caratteri della codificazione civile, in Studi giuridici, III, 2, Milano 1960, 627; B. Troisi, La prescrizione come procedimento, Camerino-Napoli 1980, 12; G. Panza, Contributo allo studio della prescrizione, Napoli 1984; E. Minervini, La prescrizione ed i «terzi», Napoli 1994; di recente, S. Monticelli, Inerzia e attività nell’esercizio del diritto, Torino 2024, 5 ss. Lungi dall’esaurire il loro rilievo sul piano delle ricostruzioni teoriche, le difficoltà interpretative si ripercuotono ed investono copiose la prassi giurisprudenziale. Per una rassegna delle questioni attualmente controverse, con relativi riferimenti giurisprudenziali, cfr.: S. Monticelli, Inerzia e attività, cit., passim; S. Patti, La prescrizione e la decadenza. Principi e linee evolutive, Milano 2024.

[7] La stessa Cass. civ. 10 febbraio 2025, n. 3334, cit., nell’optare per la rimessione alle Sezioni Unite, riferisce di non condividere la valutazione della precedente Cass. civ. 25 maggio 2018, n. 13070, secondo cui il contrasto in parola sarebbe stato risolto da Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14917, in Riv. dir. proc. 2016, 1647 ss., con nota di F. Auletta, R. Poli, Il lento addio dei giudici all’«inesistenza» degli atti processuali.

[8] Fra le decisioni citate dall’ordinanza di interlocutoria troviamo: Cass. civ. 16 maggio 2013, n. 11985; Cass. civ. 3 dicembre 2012, n. 21595; Cass. civ. 7 luglio 2006, n. 15489; Cass. civ. 14 agosto 1997, n. 7617, in Giust. civ. 1998, I, 1108 ss.; Cass. civ. 30 marzo 1995, n. 3795, in Giust. civ. 1996, I, 819 ss.; Cass. civ. 26 agosto 1986, n. 5212. Sono altresì espressione di questo indirizzo: Cass. civ. 30 marzo 1995, n. 3795; Cass. civ. 13 marzo 1973, n. 706, in Giur. it. 1975, I, 1, 1166 s. con nota critica di A. Attardi, Rinnovazione della notificazione nulla e prescrizione. Per questa soluzione nella giurisprudenza di merito, cfr.: Trib. Roma 17 aprile 2012, n. 7641 in banca dati Dejure; App. Genova 18 giugno 2007, n. 765; Trib. Bari 29 maggio 2008, n. 1361, entrambe in banca dati One Legale.

[9] In questo modo: Cass. civ. 26 giugno 1973, n. 1836, in Giust. civ. Rep. 1973, voce Notificazione civile, n. 35; Cass. civ. 22 ottobre 1971, n. 2981, in Giur. it. Mass. 1971, 1593 ss.; Cass. civ. 10 aprile 1970, n. 999, in Foro it. Rep. 1970, voce Prescrizione in materia civile, n. 56; Cass. civ. 28 maggio 1954, n. 1729 in Giur. it. Mass., 1954, 390. Come vedremo meglio tra breve, lo stesso principio è stato fatto proprio, di recente, da Cass. civ. 25 maggio 2018, n. 13070. Peraltro, secondo R. Caponi, Interruzione della prescrizione con la consegna della citazione all’ufficiale giudiziario (e retroattività della sanatoria), in Foro it. 2005, I, 1279, l’indirizzo in parola sarebbe indirettamente confermato anche da Corte Cost. 26 novembre 2002, n. 447, in Foro it. 2003, I, 13 ss.

[10] Così, Cass. civ. 23 maggio 1997, n. 4630; Cass. civ. 28 novembre 2001, n. 15075; nonché di recente, Cass. civ. 25 maggio 2018, n. 13070.

[11] A miglior chiarimento delle fattispecie concrete, specifichiamo che in tali casi (per i riferimenti, cfr. la nota che precede), stante la mancata costituzione in giudizio da parte dell’amministrazione e il difetto di rinnovazione ex art. 291 c.p.c., il primo grado si chiude con una declaratoria della nullità della notifica per violazione dell’art. 11 r.d. 1611/1933. Avviato il nuovo processo, l’amministrazione pubblica si costituisce eccependo la prescrizione nel frattempo maturata. La controparte, a sua volta, replica l’avvenuta interruzione ex art. 2945, comma 2, c.c. dal giorno della notificazione invalida sino al passaggio in giudicato della sentenza declaratoria della nullità.

[12] In questo modo, Cass. civ. 16 maggio 2013, n. 11985, per la quale, il principio secondo cui la notificazione nulla non preclude l’instaurazione di «un rapporto processuale potenzialmente idoneo a concludersi anche con una pronuncia di merito nell’ipotesi di rinnovazione ex art. 291 c.p.c.» (secondo la tesi di Cass. civ. n. 4630/1997 e delle successive analoghe) vale «sempre che la sentenza stessa sia pronunciata nel contraddittorio tra le parti o nella contumacia legittimamente dichiarata del convenuto», rilevando come «conoscenza», necessariamente, «quella garantita dalle regole del processo».

[13] Cass. civ. 25 maggio 2018, n. 13070.

[14] Ossia, Cass. civ. n. 4630/1997 e Cass. civ n. 15075/2001.

[15] Cass. civ. n. 11985/2013.

[16] In particolare, riferito lo «iato profondo che intercorre tra nullità ed inesistenza della notifica», la decisione di Cass. n. 13070/2018 richiama l’attenzione sui principi espressi da Cass. civ., sez. un., n. 14916/2016, cit., i quali risulterebbero dirimenti anche «in relazione a tutti gli argomenti (…) fondanti la pronuncia del 2013 e le precedenti che hanno interpretativamente inserito nel meccanismo di cui agli artt. 2943 e 2945 c.c. una eccezione per l’ipotesi di notifica nulla».

[17] Così, ancora Cass. civ. n. 13070/2018, nel richiamare Cass. civ., sez. un., n. 14916/2016, cit.

[18] Invero, nell’unico punto di Cass. civ., sez. un., n. 14916/2016, cit., in cui viene menzionato l’art. 291 c.p.c. (ossia il punto 2.5. della motivazione), la decisione si limita a richiamare, in maniera generale, il suo contenuto testuale. Si afferma, invero, che tanto la rinnovazione conseguita ex art. 291 c.p.c., quanto quella dovuta ad un’attivazione spontanea della parte, «sanano con effetto retroattivo il vizio della notificazione» e che ciò «è previsto espressamente nel citato art. 291 (‘la rinnovazione impedisce ogni decadenza’)». Poiché i riferimenti alla disposizione si esauriscono qui, limitandosi ad una mera ricognizione del suo contenuto letterale, non sembra che si possa argomentare una presa di posizione da parte della Corte attorno alla possibilità che l’effetto retroattivo della sanatoria ex art. 291 c.p.c. si estenda o meno anche all’interruzione della prescrizione. In nessun punto, invero, le Sezioni Unite procedono ad un’analisi del significato da offrire alla locuzione «ogni decadenza», né soppesano gli argomenti dei diversi precedenti in materia. Per altro verso, che la pronuncia rimanga agnostica alla prima delle nostre questioni controverse sembra confermato dalla fattispecie concreta che la occasiona (cfr., anche, l’ordinanza di rimessione Cass. civ. 30 marzo 2015, n. 6427, in Riv. dir. proc. 2015, 1100 ss. con nota di R. Poli, Rimessa alle sezioni unite la distinzione tra nullità ed inesistenza della notificazione) che, lungi dal riguardare la prescrizione estintiva, ruota attorno alla decadenza dal potere di impugnazione. Come noto, in questa sede, si discuteva se la notificazione del ricorso per cassazione nel domicilio eletto per il primo grado di giudizio, quando in appello ne sia stato fissato uno diverso e presso un nuovo difensore, desse luogo ad una nullità sanabile, anche con rinnovazione, ovvero a un’inesistenza insanabile.

[19] Cfr., infra, § 13.

[20] Per l’analisi delle fattispecie, cfr., retro, note 5 e 11.

[21] Come pare sostenere Cass. civ. n. 13070/2018 nel punto in cui afferma rispetto alla notificazione: «il pervenimento nella sfera di conoscibilità legale è il conseguimento dello scopo».

[22] Cfr.: Cass. civ. 11 agosto 2020, n. 16872; Cass. civ. 12 luglio 2018, n. 18485. Si segnala, peraltro, che già Cass. civ. 18 febbraio 2015, n. 3276 in Foro it. 2015, I, 1586 ss., dovendo occuparsi di una diversa questione, tuttavia implicata dal problema che ci occupa, dava conto delle divergenze ermeneutiche attorno all’art. 291 c.p.c. e rimetteva la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite; richiesta che, a quanto consta, è rimasta disattesa.

[23] Appare sintomatico, a nostro avviso, che Cass. civ. n. 3334/2025, cit., nel domandare la rimessione alle Sezioni Unite, abbia formulato un quesito particolarmente ampio (da noi richiamato, retro, § 1), che possa cioè tenere conto di entrambe le questioni controverse da noi segnalate.

[24] Per questi argomenti, v. la giurisprudenza citata retro in nota 8.

[25] Così, in particolare, la risalente Cass civ. 10 aprile 1970, n. 999, cit. e negli stessi termini le decisioni citate retro, in nota 9. L’argomento sembra ripreso anche da Cass. civ. n. 13070/2018 nel punto in cui afferma: «se (…) quel che rileva ai fini dell’interruzione di permanente durata della prescrizione mediante la fattispecie di cui al combinato disposto dell’art. 2943 c.c., comma 1 e art. 2945 c.c. è il rispetto (…) delle regole processuali, è illogico pretendere che il legislatore, nel disciplinare un istituto processuale come quello dell’art. 291 c.p.c., sia obbligato a riferirsi espressamente alla interruzione o alla sospensione della prescrizione, istituto sostanziale». Se ben si comprende il punto, la decisione intende affermare che, poiché sono processuali le regole che disciplinano l’interruzione permanente della prescrizione e si tratta, nello specifico, di regole sulla notificazione dell’atto introduttivo (art. 2934 e 2945 c.c.), allora è illogico che la disposizione che prevede la sanatoria della notificazione dello stesso atto introduttivo debba anche riferirsi a suoi specifici effetti sostanziali, quali appunto l’interruzione della prescrizione. Per questo intervento, in altri termini, sarebbe sufficiente affermare che l’art. 291 c.p.c. si occupa di sanare la notificazione dell’atto introduttivo per farne conseguire tutti gli effetti. Oltre a quando si argomenta nel testo, il punto non sembra decisivo poiché le norme processuali – specie quelle che prevedono ipotesi di rinnovazione degli atti viziati da nullità – ben possono occuparsi di regolare, oltre agli effetti processuali, anche quelli sostanziali connessi, e così dettare una disciplina volta a stabilire sia quali fra i possibili effetti si verificano, sia il momento della loro produzione.

[26] Utilizziamo qui il termine «dichiarazione» nel senso fatto proprio da G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano 1959, 260 ss., per rimarcare l’autonomia della notificazione, quale strumento di trasmissione, dal suo oggetto.

[27] Oltre che, in mancanza di dati certi da esso desumibili, fra le indicazioni generali fornite dal sistema. Per questo rilievo di metodo, v. infra, nota 34.

[28] Così, specialmente G. Conso, Prospettive per un inquadramento delle nullità processuali civili, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1965, 137 spec. nota 74, secondo cui «che si tratti di una sanatoria operante ex tunc lo si rileva (…) dall’epilogo dell’art. 291, comma 1» il quale, per l’appunto, dispone che la rinnovazione «impedisce ogni decadenza». In ogni caso, che la rinnovazione prevista dalla disposizione in parola sani la nullità con effetti ex tunc è considerazione generalmente condivisa in dottrina, salvo poi gli autori esprimere opinioni diverse sull’estensione della regola anche alla prescrizione (cfr., infra, § 7).

[29] Ancora, ad es., G. Conso, Prospettive, cit., 137 spec. nota 74, secondo cui l’operatività ex tunc della rinnovazione ex art. 291 c.p.c. si ricaverebbe anche «dalla normale fisionomia del fenomeno delle sanatorie». Contra, e sempre con specifico riguardo all’art. 291 c.p.c., C. Punzi, La notificazione degli atti nel processo civile, Milano 1959, 237. Sul punto, cfr. anche le considerazioni che seguono nel testo e nelle note.

[30] Così, N. Picardi, Irretroattività̀ degli effetti nell’ipotesi di rinnovazione dell’atto processuale nullo, in Giur. it. 1961, I, 390 s. (ora anche in Aa. Vv., Studi in onore di Emilio Betti, V, Milano 1962, p. 443 ss.) che, in ossequio all’impostazione prevalente nella dottrina civilistica con riguardo agli atti di natura sostanziale (L. Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli 1948, 325; F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, I, Milano 1952, 598; D. Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, I, Torino 1958, 489) opera una critica alla teoria, sino a quel momento prevalente, della retrodatazione degli effetti al momento dell’atto nullo. Più nello specifico, fra l’altro, rileva «l’art. 162 c.p.c., prevedendo in generale la rinnovazione dell’atto nullo, non accenna minimamente ad una retroattività degli effetti»; R. Oriani, Nullità degli atti processuali (diritto processuale civile), in Enc. giur., XXI, Roma 1990, 18; V. Denti, Nullità degli atti processuali civili, in Noviss. dig. it., XI, Torino 1968, 481; G. Martinetto, Della nullità degli atti, in Commentario al codice di procedura civile, diretto da E. Allorio, I, 2, Torino 1973, 1653; L. Montesano, G. Arieta, Diritto processuale civile, I, Torino 1999, 389.

[31] E.T. Liebman, Manuale di diritto processuale civile, I, 2a ed., Milano 1957, 226; S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano 1959, 551; E. Grasso, Nullità degli atti processuali per incompetenza del procuratore e regime delle spese, in Riv. dir. civ., 1961, II, 327 e nota 41; G.A. Micheli, Corso di diritto processuale civile, I, Milano 1959-1960, 287. In tal senso anche C. Besso, in C. Besso, M. Lupano, Degli atti processuali, in Commentario del codice di procedura civile a cura di S. Chiarloni, Bologna 2016, sub art. 162, 826 s.

[32] Più di recente, si veda la dottrina che, sceverando fra le diverse tipologie di vizi dell’atto, ha ricavato precipue soluzioni in ordine al momento di produzione dei singoli effetti, distinguendo anche a seconda della loro diversa tipologia: A. Proto Pisani, Violazione di norme processuali, sanatoria «ex nunc» o «ex tunc» e rimessione in termini, in Foro it. 1992, I, 1725; Id., Note sulle sanatorie retroattive nel processo civile, in Foro it. 2011, I, 313 ss., secondo cui, in mancanza di una disciplina espressa sul carattere retroattivo della rinnovazione, occorre fare riferimento ai principi generali in tema di nullità, in base ai quali, ove il difetto del requisito di forma-contenuto (ossia quello funzionale all’esercizio di un potere processuale della controparte nel segmento successivo all’atto nullo, o all’esercizio di un potere-dovere del giudice) consente comunque l’individuazione del potere processuale esercitato, le sanatorie, compresa la rinnovazione, producono effetti ex tunc; sulla stessa direttrice, R. Poli, Invalidità ed equipollenza degli atti processuali, Torino 2012, 246 ss. e passim, nonché Id., L’invalidità degli atti processuali, in Riv. dir. proc. 2015, 369 s., secondo cui, quando il vizio attiene alla domanda, per inesistenza o mancanza di certezza del potere esercitato, la rinnovazione opera sempre ex nunc rispetto agli effetti della domanda, «ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione» (art. 164, comma 5, c.p.c.). Quando invece la nullità attiene al procedimento, per esercizio illegittimo del potere esercitato, la rinnovazione opera ex nunc rispetto al vizio del procedimento, rimuovendo l’impedimento alla decidibilità della causa nel merito, ma consente la produzione degli effetti della domanda sin dal momento della prima notificazione (art. 164, comma 2, c.p.c.). Invero, tali ultimi effetti si considerano prodotti, anche se provvisoriamente, sin dal primo atto e la rinnovazione opera sottraendo loro il carattere di provvisorietà che derivava dalla presenza del vizio del procedimento, sanabile ma ancora non sanato.

[33] In particolare, C. Furno, Nullità e rinnovazione degli atti processuali, in Aa. Vv., Studi in onore di Enrico Redenti, I, Milano 1951, 440 s.: «sembra corretto ritenere che il giudice possa, nella sua discrezionalità disporre la rinnovazione degli atti processuali di cui abbia pronunciato la nullità per inosservanza di forma, anche nel caso che i termini perentori siano scaduti, a condizione però che l’atto poi dichiarato nullo sia stato tempestivamente compiuto e che nel frattempo non siano stati acquisiti dalla parte, che ha provocato la pronuncia di nullità, diritti di natura sostanziale tali, da rendere non più possibile o ammissibile la rinnovazione»; la sostanza resta invariata in B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione nel processo di cognizione, Milano 1981, 78 ss., 81 s. che, pur sostenendo il principio generale della retrodatazione degli effetti dell’atto, osserva poi: «affermare che la rinnovazione non impedisce il consolidarsi di situazioni determinate da maturate preclusioni non significa escludere la retrodatabilità processuale dei suoi effetti, o, se così di vuol dire, la sua efficacia ex tunc (…) ma sta a dire che se l’imperfezione dell’atto ha consentito l’insorgere di diritti quesiti, lo strumento non può comunque apportarvi sanatoria».

[34] Così già F. Carnelutti, Istituzioni del processo civile italiano, I, 5a ed., Roma 1956, 343 s. per il quale, posto che in caso «rettificazione» (si legga rinnovazione) «la efficacia può essere diversa secondo che essa operi con o senza retroattività», occorre tal fine prendere in esame, caso per caso, le norme. In termini consimili, A. Proto Pisani, Violazione di norme processuali, cit., p. 1725, che, pur offrendo una propria soluzione al problema degli effetti della rinnovazione (cfr. retro, nota 32), ne condiziona l’operatività alla mancanza di norme espresse a tal riguardo.

[35] In questo senso, unitamente agli studi citati in nota 36, v.: E.T. Liebman, Manuale, cit., 244; S. Satta, Commentario, cit., II, 374; G. Giannozzi, La contumacia nel processo civile, Milano 1963, 273 ss.; G. Martinetto, Notificazione (Diritto processuale civile), in Noviss. dig. it., XI, Torino 1976, 402. Per la soluzione opposta, cfr.: N. Picardi, Irretroattività̀ degli effetti, cit., 392 s., secondo cui l’art. 291 c.p.c. non ha a che vedere con la retroattività di tutti o solo alcuni degli effetti, ma configura un’ipotesi di rimessione in termini; C. Punzi, La notificazione, cit., 237 s.

[36] E. Fazzalari, Notificazione dell’atto di appello presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado invece che alla residenza dichiarata o al domicilio eletto all’atto di notificazione della sentenza: nullità e sanatoria, in Giur. compl. cass. civ. 1945, I, 256; V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1957, 294; Id., Appunti di diritto processuale civile. Processi di cognizione e di esecuzione forzata, Napoli 1964, 25; C. Furno, Nullità e rinnovazione, cit., 443 s., 448, che parla di una «rimessione in termini a tutti gli effetti»; E. Redenti, Diritto processuale civile, II, Milano 1957, 163; Id., Atti processuali civili, in Enc. dir., IV, Milano 1959, 128; C. Punzi, La notificazione, cit., 239, il quale, pur negando che la rinnovazione in parola determini la sanatoria della notificazione ex tunc, ritiene in ogni caso salve l’interruzione della prescrizione e l’impedimento della decadenza in senso stretto; G.A. Micheli, Corso, cit., II, 20; M.T. Zanzucchi, C. Vocino, Diritto processuale civile, II, Milano 1962, 17, 132; G. Conso, Prospettive, cit., 136 s.; G. Tarzia, Il litisconsorzio facoltativo nel processo di primo grado, Milano 1972, 246; G. Martinetto, Della nullità degli atti, cit., 1653; G. Deiana, Problemi di politica legislativa in tema di interruzione della prescrizione, in Aa. Vv., Studi in onore di Paolo Greco, I, Padova 1965, 324 ss., 348; R. Vaccarella, Inattività delle parti ed estinzione del processo di cognizione, Napoli 1975, 99 s.; R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 307 ss.; B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 317 ss., 342 ss.; G. Balena, Notificazione e comunicazione, in Dig. disc. priv. sez. civ., XII, Torino 1995, 275 s.; R. Caponi, Interruzione della prescrizione, cit., 1278 ss.; A. Proto Pisani, Note sulle sanatorie retroattive, cit., 316; F. Ferrari, in Commentario del codice di procedura civile diretto da L.P Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, III, 2, Torino 2012, sub art. 291, 434 s.; C. Delle Donne, Del procedimento in contumacia, in Commentario del codice di procedura civile a cura di S. Chiarloni, Bologna 2018, sub art. 291, 213 spec. nota 81; M. Lupano, La notificazione tra conoscenza legale e conoscenza effettiva, Milano 2018, 107.

[37] Con riguardo all’art. 145 del previgente codice di rito: G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli 1933, 144 s.; E. Betti, Diritto processuale civile italiano, Roma 1936, 218; L. Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile italiano, II, 5a ed., Torino 1933, 192; F. Carnelutti, Notificazione della citazione di appello da parte di ufficiale giudiziario incompetente, in Riv. dir. proc. civ. 1934, II, 115 ss.

[38] Cfr.: R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 307, 312, secondo cui il dato normativo «ripercorre chiaramente e volutamente degli schemi riguardo ai quali l’interpretazione della dottrina e della giurisprudenza era stata univoca: il termine ‘decadenza’ sia nell’art. 145 c.p.c. 1865 sia nell’art. 291 c.p.c. risulta usato in senso atecnico, come comprensivo quantomeno delle fattispecie estintive del diritto e dell’azione collegate al decorso del tempo»; B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 343, che, tuttavia, ammette che solo la previgente formula sottolinei in modo pregnante l’applicabilità ad entrambi gli istituti.

[39] C. Furno, Nullità e rinnovazione, cit., 443 s., 448; R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 310, 312; B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 344, 346; F. Amato, Notificazione dell’impugnazione eseguita in luogo diverso da quello prescritto dalla legge: nullità e sanatoria, in Giur. it. 1970, IV, 203 ss.

[40] Ed invero, v’è stato chi (E. Redenti, Struttura della citazione e delle notificazioni, in Giur. it. 1949, I, 649 s.) ha tratto da questa premessa che la soluzione in parola non fosse applicabile allorché la nullità della notificazione dipendesse da erronee indicazioni o istruzioni fornite dalla parte all’ufficiale giudiziario.

[41] B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 345.

[42] R. Vaccarella, Inattività delle parti, 100; B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 345.

[43] Oltre a quella già menzionata di N. Picardi, Irretroattività̀ degli effetti, cit., 389 ss., su cui supra note 30 e 35, il quale, in radice, esclude che l’art. 291 c.p.c. abbia a che vedere con la retroattività o meno degli effetti dell’atto.

[44] Sempre in S. Satta, Commentario, cit., I, 337, si legge che tra gli effetti sostanziali della domanda v’è proprio «l’interruzione della prescrizione (art. 2943 c.c.)».

[45] S. Satta, Commentario, cit., II, 375.

[46] Peraltro, la non assoluta corrispondenza della disciplina della prescrizione nel Codice civile attuale e in quello abrogato sembrerebbe mettere in guardia dall’operare piani parallelismi in materia. Sul punto cfr., A. Auricchio, Appunti sulla prescrizione, Napoli 1971, 12, 94 e passim, il quale ricorda che, ad esempio, se in entrambi i sistemi normativi l’incompetenza del giudice adito non esclude l’efficacia interruttiva (rispettivamente, odierno art. 2943, comma 3, c.c., e art. 2125 Codice 1865), al contrario, in quello attuale non sembra riprodotto l’art. 2128, n. 2 e 4, Codice 1865, a mente del quale «si ha come non interrotta la prescrizione (…) se l’attore recede dalla domanda» e «se la domanda è rigettata».

[47] Per la giurisprudenza in tal senso, v., retro, nota 8.

[48] Da intendersi qui come lasso di tempo previsto dalla legge, entro cui compiere una certa attività (ad es. otto giorni dalla scoperta del vizio della cosa compravenduta ex art. 1495 c.c.).

[49] Per una panoramica delle diverse teorie, anche per gli ulteriori riferimenti, v.: P. Trimarchi, Prescrizione e decadenza, in Jus 1956, p. 218 ss.; A. Romano, Note in tema di decadenza, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1964, 171 ss.; B. Grasso, Sulla distinzione fra prescrizione e decadenza, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1970, 866 ss.; G. Panza, Decadenza nel diritto civile, in Dig. disc. priv. sez. civ., V, Torino 1989, 132 ss.; R. Caponi, Gli impedimenti all’esercizio dei diritti nella disciplina della decadenza, in Riv. dir. civ. 1997, I, 54 ss.; A.M. Garofalo, Gli incerti confini di prescrizione e decadenza, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2023, 1101 ss.; S. Patti, La prescrizione e la decadenza, cit., 279 ss.

[50] Per questa idea, nonché per indicazioni sulle differenze poste dalle norme, v.: M. Bianca, Diritto civile, VII, Milano 2012, 691 ss.; S. Patti, La prescrizione e la decadenza, cit., 286 ss.; A.M. Garofalo, Gli incerti confini di prescrizione e decadenza, cit., 1104-1106, ove ulteriori riferimenti.

[51] A conferma delle difficoltà che incontrerebbe tale dimostrazione, cfr. gli studi citati retro, note 6 e 49.

[52] F. Carnelutti, Appunti sulla prescrizione, cit., 43.

[53] F. Carnelutti, Appunti sulla prescrizione, cit., 43.

[54] R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 183.

[55] Per il riconoscimento dell’effetto interruttivo c.d. permanente ex art. 2945, comma 2, c.c. anche nei processi non definiti con sentenza di merito e per l’analisi delle relative ipotesi, v. R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 165 ss., 227 ss. e passim.

[56] A tal riguardo, è consolidata in giurisprudenza l’interpretazione che estende l’effetto interruttivo di cui all’art. 2934, comma 3, c.c., a tutti gli atti di intimazione all’adempimento (v. ad esempio: R. Nicolò, Istituzioni di diritto privato, Milano 1962, 73; F. Roselli, in P. Vitucci, F. Roselli, La prescrizione, II, in Commentario al codice civile diretto da P. Schlesinger, Milano 1999, sub art. 2943 c.c., 56 ss., 76 ss.). Regola che, come noto, trova deroga nei diritti potestativi, per i quali la prescrizione si interrompe solo attraverso la notificazione della domanda giudiziale: Cass. civ. 27 aprile 2016, n. 8417.

[57] F. Carnelutti, Appunti sulla prescrizione, cit., 45, che perviene alla medesima conclusione nella vigenza del Codice di rito del 1865; R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 182 ss.; A. Auricchio, Appunti sulla prescrizione, cit. 103 e passim.

[58] G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, cit., 46 s., secondo cui hanno natura recettizia tutte quelle dichiarazioni che afferiscono alla categoria delle c.d. «partecipazioni di esigenza, ossia quelle dichiarazioni con cui il soggetto esprime la volontà, e meglio l’esigenza, che altri compia o si astenga dal compiere una determinata attività» fra cui rientrano «le intimazioni (atti con cui si sollecita dal terzo l’adempimento di un obbligo): es., diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.), atto di costituzione in mora (art. 1219 c.c.)». E la ragione più profonda della natura recettizia di tali atti – si noti che per l’autore la recezione assurge a «condizione di rilevanza giuridica esterna dell’atto» ossia «segna il momento del tempo nel quale l’atto, come tale, acquista rilevanza giuridica rispetto a terzi» (cfr., Id., op. cit., 179 ss., 182) – sta nel fatto che «esigere da qualcuno non si può senza richiedere, e richiedere non si può solitariamente: una partecipazione di esigenza non indirizzata al terzo sarebbe dunque inconcepibile. (…) ‘interpellare’, ‘intimare’, ‘richiedere’, ‘inibire’, sono appunto comportamenti di per sé qualificati dall’elemento dell’alterità specifica». In tema, v. anche: L. Carraro, Dichiarazione recettizia, in Noviss. dig. it., V, Torino 1960, 597 ss.; E. Ferrero, Dichiarazione recettizia, in Dig. disc. priv. sez. civ., V, Torino, 1989, 353 ss. Sulla istituzionale natura recettizia degli atti interruttivi ex art. 2943 c.c., v.: F. Roselli, La prescrizione, cit., 56; nonché in giurisprudenza, fra le molte: Cass. civ. 6 agosto 2024, n. 22267; Cass. civ. 21 maggio 2013, n. 12480; Cass. civ. 21 dicembre 2010, n. 25861; Cass. civ. 1 giugno 1993, n. 6099; Cass. civ. 4 marzo 1987, n. 2290. Per la natura non recettizia del riconoscimento dell’altrui diritto ai fini dell’interruzione della prescrizione, cfr.: Cass. civ. 20 agosto 2024, n. 22948; Cass. civ. 30 ottobre 2002, n. 15353.

[59] Si deve in particolare a E. Betti, Diritto processuale, cit., 60, la constatazione che nella domanda giudiziale concorrono i due atteggiamenti dell’affermare, nei confronti della controparte, e del domandare, diretta all’organo giurisdizionale.

[60] Diversa dalla conoscenza effettiva, quale fenomeno attinente alla sfera interiore della persona ricevente, e per questo non controllabile da parte del notificante, ma come il compimento di quelle formalità necessarie, anche secondo la legge, laddove prescritte, a rendere l’atto conoscibile al destinatario (G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, cit., 304, 336 e passim). Si veda, Cass. civ., sez. un., n. 14917/2016, che pure si esprime in termini di ingresso dell’atto nella «sfera di conoscibilità» del destinatario. Sui concetti di conoscenza legale ed effettiva, cfr. anche: S. Pugliatti, Conoscenza, in Enc. dir., IX, Milano 1961, 45 ss.; M. Lupano, La notificazione, cit. 16 ss., 75 ss. e passim, ove ulteriori riferimenti.

[61] Così, molto chiaramente, A. Auricchio, Appunti sulla prescrizione, cit., 94 s. In termini equivalenti: F. Carnelutti, Appunti sulla prescrizione, cit., 44 s.; E. Redenti, Diritto processuale civile, cit., 159 s.; V. Colesanti, Litispendenza (Diritto processuale civile), in Noviss. dig. it., IX, Torino 1963, 980; G. Azzariti, G. Scarpello, Della prescrizione e della decadenza, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja, G. Branca, Bologna-Roma 1977, sub art. 2943, 256 ss.; R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 183-185, 188 ss.; C. Consolo, voce Domanda giudiziale, in Dig. disc. priv. sez. civ., VII, Torino 1991, 88; G. Panza, Prescrizione, in Dig. disc. priv. sez. civ., XIV, Torino 1996, 231 ss; L. Folleri, L’interruzione della prescrizione. Recettizietà e momento perfezionativo della notifica, in Aa. Vv., Diritto privato e interessi pubblici. Scritti in onore di V. Moscarini, Roma 2016, 324 s. Per l’espressione di questo generale principio, v. anche: Cass. civ. 14 marzo 2022, n. 8096; Cass. 12 settembre 2019, n. 22827.

[62] Fa eccezione C. Punzi, La notificazione, cit., 79, secondo cui il «fenomeno della insostituibilità della notificazione per la produzione di determinati effetti» viene in rilievo quando la notificazione è «strumento necessario per l’esercizio di un potere. L’esempio più evidente è quello che viene offerto dalla notifica dell’atto di citazione» dove la notifica è «essenziale (…) per la determinazione di tutti gli effetti processuali e sostanziali che solo a seguito di questa notificazione si possono conseguire» (c.vo nostro). In termini consimili: A. Auricchio, Appunti sulla prescrizione, cit., 94 s.; G. Panza, Prescrizione, cit., 232 s.; L. Folleri, L’interruzione della prescrizione, cit., 324 s.; S. Monticelli, Inerzia e attività, cit., 74 ss. Peraltro, ci sembra che la conclusione offerta nel testo si possa argomentare anche in base a quanto osservato da V. Colesanti, Litispendenza, cit., 980, per il quale, l’interruzione della prescrizione è un effetto che consegue alla domanda non in quanto «postulazione del giudizio», ma poiché la sua fisionomia gli consente di valere «come atto di costituzione in mora». Atto che, avendo natura recettizia – aggiungiamo noi – per produrre l’effetto interruttivo della prescrizione (ex art. 2943, comma 4, e 1219 c.c.) deve giungere al destinatario, affinché questi abbia conoscenza legale del suo contenuto. In termini equivalenti alla posizione di V. Colesanti: G. Tarzia, Perfezione ed efficacia della notificazione a destinatari irreperibili o all’estero, in Riv. dir. proc. 1964, 661; R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 183 ss.

[63] Alla luce delle osservazioni rese nel testo, non appare condivisibile la premessa da cui muove, specialmente, Cass. civ. n. 13070/2018, secondo cui nell’art. 2943, comma 1, c.c. la notificazione dell’atto introduttivo «possa essere intesa come atto meramente esistente, prescindendo dalla sua validità formale» e dunque, a prescindere dalla sua idoneità in concreto a portare la domanda alla conoscenza c.d. legale della controparte.

[64] In questo modo, condivisibilmente, Cass. civ. 9 gennaio 2024, n. 698: «la volontà di esercitare il diritto non solo deve essere esternata mediante l’esercizio dell’azione, ma tale esternazione deve essere indirizzata, e ricevuta, dalla parte che è tenuta a darvi attuazione, essendo espressamente richiesta la notificazione dell’atto» (c.vo nostro).

[65] Sul diritto soggettivo «affermato nella domanda giudiziale», quale oggetto del processo, per tutti: A. Cerino Canova, La domanda giudiziale e il suo contenuto, in Commentario del codice di procedura civile diretto da E. Allorio, II, Torino 1980, 119 ss., 126; S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano 1987, 45 ss., 198; C. Consolo, Domanda giudiziale, cit., 66 s. e passim.

[66] A questo riguardo, si noti che lo stesso R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 311 si mostrava possibilista rispetto alla soluzione da noi resa nel testo, pur concludendo infine per quella opposta.

[67] Come noto, la formulazione dell’art. 164 c.p.c., come modificata rispetto alla redazione originaria del 1940 dalla l. 14 luglio 1950, n. 581, non prevedeva la distinzione fra le suddette tipologie di vizi. La versione attuale, invero, si deve al recepimento, con l. 26 novembre 1990, n. 353, delle proposte elaborate in dottrina a partire dagli anni Settanta (per i riferimenti, cfr., infra, note 70 e 72).

[68] Distinzione che, come noto, gravita attorno al fondamentale scritto di G. Chiovenda, Sulla «perpetuatio iurisdictionis», in Saggi di diritto processuale civile, I, Roma, 1930, 271 ss. Senza pretesa di completezza, v. anche: V. Andrioli, Diritto processuale civile, I, Napoli 1979, 284 ss.; V. Colesanti, Litispendenza, cit., 976 ss.; A. Cerino Canova, Dell’introduzione della causa, in Commentario, cit., 282 ss.

[69] Salvo il caso limite in cui la difettosa indicazione delle generalità delle parti (art. 163, comma 3, n. 2, c.p.c.) sia tale da impedire la loro identificazione: A. Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova 1991, 58.

[70] Costante è in dottrina il rilievo per cui dal novero dei «diritti quesisti» vada espunta la prescrizione ogniqualvolta la nullità della citazione dipenda da vizi inerenti non alla editio, ma alla vocatio in ius (difetto o assoluta incertezza in ordine al giudice o all’udienza di comparizione, insufficienza dei termini di comparizione). Per questa lettura dell’art. 164 c.p.c. già prima della l. 353/1990, oltre agli scritti di R. Oriani e di A. Cerino Canova citati nelle note che seguono, cfr., sia pure con diversità di ragioni attraverso cui il risultato è attinto: M. Fornaciari, Azione proposta dinanzi a giudice carente di giurisdizione ed effetto interruttivo permanente della prescrizione, in Giust. civ. 1985, I, 1768; si vedano anche B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 269, nonché G. Balena, La rimessione della causa al primo giudice, Napoli 1984, 139 ss.; Id., Nullità della citazione e «diritti quesiti» (per una più incisiva sanatoria della citazione nulla), in Riv. dir. civ. 1985, II, 563 ss., i quali ricavano il risultato dall’art 159, comma 3, c.p.c. La soluzione è ampiamente confermata a seguito della riforma. Fra i molti, v.: A. Cerino Canova, G. Balena, Citazione, in Enc. giur., VII, Roma 1991, 6, per i quali: «vi sono sicuramente effetti sostanziali per la cui produzione la condizione minima poc’anzi indicata, cioè la perfezione della editio actionis, è anche condizione sufficiente. La citazione contente la compiuta individuazione della domanda vale in ogni caso quale atto di costituzione in mora» nonché «interrompe la prescrizione»; C. Consolo, Domanda giudiziale, cit., 88, secondo cui, ove il nucleo essenziale della editio actionis sussista, l’interruzione ex art. 2943 c.c. «consegue non solo alla domanda infondata, ma anche ad una domanda altrimenti nulla (ad es., per vizio della vocatio in ius)». Di recente, per tutti, G. Ruffini, Diritto processuale civile, II, Bologna 2024, 63.

[71] Per l’espressione «diritti quesiti» come comprensiva di «tutti quei fatti estintivi del diritto dedotto in giudizio» e, dunque, pure della prescrizione: R. Oriani, Citazione nulla e «diritti quesiti», in Riv. dir. civ. 1988, I, p. 823 ss., 828; A. Cerino Canova, Dell’introduzione della causa, cit., 346, 349 s. Sulla prescrizione come «modo di acquisto del debitore», anche alla luce dell’art. 2105 del Codice civile del 1865, v. A. Auricchio, Appunti sulla prescrizione, cit., 33.

[72] Prima della riforma avuta con l. 353/1990, in aggiunta agli autori citati in nota 70, v: R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 258 s.; Id., Citazione nulla e «diritti quesiti», cit., 823 ss.; Id., Interruzione della prescrizione e nullità dell’atto introduttivo del giudizio, in Riv. dir. proc. 1989, 282 ss.; A. Cerino Canova, Dell’introduzione della causa, in Commentario, cit., 342 ss., 345. Per la conferma dell’interpretazione a seguito della riforma, fra i molti: A. Cerino Canova, G. Balena, Citazione, cit., 13; Consolo, Domanda giudiziale, cit., 88 s.; A. Proto Pisani, Note sulle sanatorie retroattive, cit., 315; A. Bonsignori, La nullità della citazione, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1991, 746 ss.; A. Barenghi, Atto di citazione nullo e decorrenza del nuovo periodo di prescrizione, in Giur. it. 1991, 991; D. Volpino, Dell’introduzione della causa, in Commentario del codice di procedura civile a cura di S. Chiarloni, Bologna 2019, sub art. 164, 304 s.; C. Mandrioli, A. Carratta, Diritto processuale civile, II, cit., 25 ss.; G. Ruffini, Diritto processuale civile, II, cit., 67 s., con la precisazione che laddove il diritto sia autoindividuato, la nullità della citazione per carenza espositiva dei fatti costitutivi non impedisce la produzione ex tunc degli effetti processuali e sostanziali.

[73] R. Oriani, Interruzione della prescrizione e nullità dell’atto introduttivo del giudizio, cit., 286 s., ove emblematicamente si afferma: «le ragioni della prescrizione, lungi dal piegarsi ad esigenze processuali, condizionano esse il tipo di valutazione che del processo ha il legislatore sostanziale» sicché «dal punto di vista della prescrizione, purché sia enucleabile nell’atto introduttivo del giudizio un atto di affermazione del diritto proveniente dal titolare del diritto e indirizzato alla ‘persona a cui si vuole impedire il corso della prescrizione’, riescono applicabili gli artt. 2943, comma 1, e 2945, comma 2, c.c.» (c.vo aggiunto); nonché, F.P. Luiso, Diritto processuale civile, II, ed. 9, Milano 2017, 17 s., secondo cui, in questi casi «il convenuto non è in grado di sapere quale sia la situazione sostanziale che l’attore voleva far valere» e dunque «la sanatoria è irretroattiva per necessità, e non per scelta del legislatore. Infatti, finché resta indeterminato il diritto fatto valere, non è possibile che operino gli effetti sostanziali e processuali della domanda, perché non si saprebbe a quale diritto riferirli» (c.vo nostro). La soluzione parrebbe confermata in giurisprudenza laddove si riconosce l’efficacia interruttiva della prescrizione all’atto di citazione viziato sotto il solo profilo della vocatio (Cass. civ. 30 luglio 2021, n. 21929; Cass. civ. 27 agosto 1985, n. 4566) o anche della editio – in questo caso, tuttavia, quando il vizio non impedisce alla citazione di valere come richiesta scritta di adempimento rivolta dal creditore al debitore (Cass. civ. 8 gennaio 2020, n.124) – ma sempre a condizione che l’atto sia regolarmente portato alla conoscenza legale del destinatario, stante la sua natura recettizia, in relazione agli effetti connessi alla costituzione in mora (Cass. civ. 14 giugno 2007, n. 13966; Cass. 24 maggio 2005 n. 10926; Cass. 22 agosto 2003 n. 12339; Cass. civ. 5 luglio 1984 n. 3940).

[74] Su cui, v. retro, § 9.

[75] A. Cerino Canova, G. Balena, Citazione, cit., 13, per i quali l’art. 163, comma 5, c.p.c., nel precisare che restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti prima del momento della sanatoria, stabilisce una regola che deriva da «una piana applicazione dei principi e una logica conseguenza dell’impossibilità di ricollegare effetti di alcun genere, sostanziali e processuali, ad una domanda che, anteriormente all’integrazione, non era oggettivamente identificabile» (c.vo aggiunto).

[76] Cfr., retro, § 6.

[77] A. Cerino Canova, G. Balena, Citazione, cit., 7, secondo i quali, tecnicamente, non assistiamo alla retrodatazione degli effetti, ma ad una «piana applicazione di principi generali in tema di estensione delle nullità (art. 159, comma 2 e 3, c.p.c.)»; G. Balena, La riforma del processo di cognizione, Napoli 1994, 103; F. Sassani, in Commentario, diretto da L.P Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, II, 1, cit., sub art. 164, 49; D. Volpino, Dell’introduzione della causa, cit., 274.

[78] Osserva condivisibilmente G. Ruffini, Diritto processuale civile, II, cit., 64, che in mancanza di sanatoria rimane comunque operante l’art. 159, comma 3, c.p.c., sicché: «alla citazione restano collegati quegli effetti, di tipo non processuale ma sostanziale, indipendenti dalla pendenza del processo, che non divengono irrilevanti in caso di estinzione e che discenderebbero anche da un atto di costituzione in mora (si pensi (…) all’effetto interruttivo istantaneo della prescrizione)» (c.vo nostro).

[79] Cfr., retro, § 7.

[80] Sulla convalidazione oggettiva della notifica invalida mediante costituzione del convenuto, tra le molte, v. Cass. civ. 9 gennaio 2020, n. 194.

[81] Più complessa appare l’individuazione del momento interruttivo della prescrizione in caso di notificazione invalida e di successiva costituzione del convenuto. La risposta potrebbe dipendere da diverse questioni e, in primis, dalla posizione assunta in ordine al momento in cui prende effetto, in questo specifico caso, la convalidazione ex art. 156, comma 3, c.p.c. della notifica invalida. In tal senso, occorrerebbe chiedersi quando si intende raggiunta la conoscenza c.d. legale dell’atto: solo in concomitanza della costituzione del convenuto; sin dal compimento di altre attività processuali che comportano la presa visione dell’atto (si pensi, ad esempio, all’accoglimento dell’istanza di accesso al fascicolo di causa da parte della cancelleria); o, ancora, se possa avere rilievo la prova di una conoscenza di fatto della citazione, antecedente alla costituzione. Sul punto, v. G. Balena, La rimessione, cit., 89 spec. nota 53, ove ulteriori richiami. D’altro canto, un ulteriore ventaglio di soluzioni si ricaverebbe attribuendo alla sanatoria in parola una generale efficacia ex tunc oppure ex nunc. Peraltro, come già osservato, per la più recente dottrina occorrerebbe indagare l’incidenza del vizio sulla capacità dell’atto di produrre sin da subito, o solo successivamente, i suoi singoli effetti (cfr., retro, nota 32), tra cui, ai nostri fini, quello interruttivo della prescrizione.

[82] Così, ad esempio, Cass. civ. 27 dicembre 2013, n. 28695: «la mancata costituzione in giudizio della parte comporta che il giudice debba rilevare la nullità della notificazione, disponendone la rinnovazione»

[83] Generalmente, invero, si afferma che l’impedimento della decadenza si deve all’esercizio di poteri giuridici, fra cui l’azione: S. Romano, Decadenza, in Frammenti di un dizionario giuridico, Milano 1947, 46 ss., 49, con tesi poi ripresa e sviluppata da A. Romano, Note in tema di decadenza, cit., 212, 235, per il quale la decadenza coincide «col fenomeno della preclusione all’esercizio del potere in una singola fattispecie». Per una sintesi delle teorie, cfr. M. Bianca, Diritto civile, cit., 693 ss. nonché gli autori citati retro, in nota 49.

[84] Come già in B. Ciaccia Cavallari, La rinnovazione, cit., 326, in relazione all’art. 291 c.p.c., ove si afferma «la perfetta formulazione dell’atto introduttivo, ancorché irritualmente notificato, non esprime una mera potenzialità di effetti che diviene concreta efficienza in forza della ripetizione, ma una rilevanza effettuale già attiva che viene cancellata allorquando non si sia verificata la condizione imposta per l’operare dell’intera fattispecie». Siffatta impostazione, peraltro, conduce l’a. ad assegnare alla rinnovazione effetto recuperatorio di tutti gli effetti della citazione inclusi quelli sostanziali, fra cui, diversamente da noi, quello interruttivo della prescrizione.

[85] D’altro canto, la lettura dell’art. 291 c.p.c. come teso ad impedire le sole decadenze parrebbe opportuna anche in relazione alla durata solitamente più breve dei relativi termini (per questa loro caratteristica, come elemento differenziale rispetto a termini di prescrizione, anche per i riferimenti, v. A.M., Garofalo, Gli incerti confini di prescrizione e decadenza, cit., 1118, spec. nota 50) sicché con riferimento a quest’ultimi, sembra ragionevole che la legge venga incontro all’esigenza di tutelare l’attore che, pur essendo incorso nel vizio di notificazione, abbia prontamente esercitato il potere volto ad evitare, per l’appunto, la relativa decadenza.

[86] Cfr.: G. Baudry-Lacantinerie, A. Tissier, Della prescrizione, 3a ed., Milano 1908, 22, per i quali «Noi ci affrettiamo ad impietosirci sulla sorte del proprietario o del creditore spogliato dalla prescrizione o a maledire il possessore o il debitore arricchito. Si può almeno rimproverare una grande negligenza al proprietario o al debitore vittime della prescrizione»; R. Caponi, Gli impedimenti all’esercizio dei diritti nella disciplina della prescrizione, in Riv. dir. civ. 996, I, 721 ss. sul contemperamento fra principio di autoresponsabilità ed impedimenti di fatto all’esercizio del diritto; P. Vitucci, F. Roselli, La prescrizione, in Il Codice Civile: Commentario diretto da P. Schlesinger, F. Busnelli, G. Ponzanelli, I, 3a ed., Milano 2024, 29 s.; M. Tescaro, Decorrenza della prescrizione e autoresponsabilità, Padova 2006.

[87] Per questo condivisibile argomento, sia pure con riferimento al problema del momento di interruzione della prescrizione nei procedimenti che si avviano con ricorso, ossia dal momento del deposito o da quello della notificazione unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, v. R. Tiscini, L’interpretazione della Corte di cassazione sull’interruzione della prescrizione, tra pendenza della lite e notificazione della domanda giudiziale: un tema complesso, una lettura discutibile, in www.judicium.it 2021.

[88] S. Satta, Commentario, I, cit., 551 s.

[89] Contra, R. Caponi, Interruzione della prescrizione, cit., 1279 ss.

[90] Di recente, Cass. civ. 18 febbraio 2025, n. 4193, nonché Cass. civ., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24822, in Foro it. 2016, 3, I, 893, con osservazioni di C.M. Barone.

[91] Cfr. ancora Cass. civ., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24822, cit., dove a chiare lettere la Corte afferma: «se la notifica non si perfeziona, la notifica non produce effetto alcuno e decadono anche gli effetti provvisoriamente prodotti». In dottrina, anche per ulteriori riferimenti: E. Dalmotto, La Corte manipola la norma sul perfezionamento della notifica postale: vecchie e nuove alternative e nuovi problemi, in Giur. it., I, 2003, 1555.

[92] Le stesse decisioni richiamate dall’ordinanza interlocutoria Cass. civ. n. 3334/2025 appaiono concordi sul punto: Cass. civ. n. 11985/2013; Cass. civ. n. 4630/1997; Cass. civ. 13070/2018. Peraltro, è pacifico in giurisprudenza che anche gli scritti difensivi successivi all’atto di citazione valgono ad interrompere la prescrizione allorché posseggano i connotati della costituzione in mora: Cass. civ. 19 settembre 2024, n. 25171; Cass. civ. 21 marzo 2022, n. 9162; Cass. civ. 8 gennaio 2020, n. 124; Cass. civ. 3 settembre 2020, n. 18305; Cass. civ. 7 agosto 1989, n. 3616. In dottrina, fra i molti: G. Cassisa, Appunti sull’interruzione e sospensione della prescrizione, in Giust. civ., I, 1965, 342 ss.; V. Colesanti, Litispendenza, cit., 980: G. Tarzia, Perfezione ed efficacia della notificazione, cit., 661; R. Oriani, Processo di cognizione, cit., 183 ss.; A. Cerino Canova, G. Balena, Citazione, cit., 13.

[93] Cfr., retro, § 4.

[94] Per una compiuta analisi del tema, si rinvia a R. Poli, Invalidità ed equipollenza degli atti processuali, cit., 401 ss., 449 ss., 497 ss. e passim.

[95] Come si ricorderà, espressiva dell’indirizzo volto a riconoscere l’effetto interruttivo permanente nelle fattispecie in esame.

[96] Cass. civ., sez. un., n. 14917/2016.

[97] Cfr., ancora Cass. civ., sez. un., n. 14917/2016, al par. 2.5. della motivazione.

[98] In questi termini cfr.: Cass. civ. 2 marzo 2023, n. 6300, che, segnatamente, ricorda che la nullità della notificazione resta sanata «non solo dalla rinnovazione della notificazione presso l’Avvocatura generale, ma anche dalla costituzione in giudizio di quest’ultima in rappresentanza dell’ente»; Cass. civ. 4 ottobre 2013, n. 22767; Cass. civ. 27 aprile 2011, n. 9411; Cass. civ. 13 febbraio 2003, n. 2148; Cass. civ. 30 giugno 2003 n. 15062; Cass. civ. 3 marzo 1999, n. 1774.

[99] G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, cit., 303; C. Punzi, La notificazione, cit., 75.

[100] Quale potrebbe essere, per l’appunto, quella con cui l’amministrazione pubblica trasmette la citazione ricevuta presso la propria sede legale alla competente Avvocatura dello Stato.

[101] S. La China, Notificazione (Diritto processuale civile), in Enc. giur., XXI, Roma 1990, 1 ss.; G. Martinetto, Notificazione (Diritto processuale civile), in Noviss. dig. it., XI, 1976, 396; R. Poli, Invalidità ed equipollenza degli atti processuali, cit., 452 ss., 497 ss. Peraltro – ci sembra – la questione si complica ulteriormente se la si affronta tenendo conto delle eterogenee ricostruzioni attorno al concetto di impedimento alla «conoscenza del processo» da parte del contumace involontario ex artt. 294 e 327, comma 2, c.p.c., per un esame delle quali, v. R. Donzelli, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali, Napoli 2020, 87 ss.

[102] Così, Cass. civ. n. 4630/1997; Cass. civ. n. 15075/2001; Cass. civ. n. 13070/2018.

[103] Cass. civ. n. 13070/2018.

[104] L’esito dell’estinzione del giudizio in caso di inosservanza dell’ordine di rinnovazione ex art. 291 c.p.c. è confermato, sia pure in fattispecie eterogenee ed incidenter tantum, da: Cass. civ. 11 marzo 2019, n. 6921; Cass. civ. 30 maggio 2017, n. 13637; Cass. civ. 15 aprile 2015, n. 7661; Cass. civ. 14 dicembre 2006, n. 26846; Cass. civ., sez. un., 28 giugno 2006, n. 14854; Cass. civ. 1 luglio 2005, n. 14085.

[105] Già G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, II, Napoli 1936, 285 ss. in relazione all’art. 145 del Codice di rito del 1865; negli stessi termini, E. Betti, Diritto processuale, cit., 217 ss. Nella vigenza del nuovo codice e in relazione all’art. 291 c.p.c.: C. Punzi, La notificazione, cit., 239; N. Picardi, Irretroattività̀ degli effetti, cit., 392.

[106] Cfr., retro, § 6.

[107] Cfr., retro, § 7-8.

[108] Cfr., retro, § 8.

[109] Cfr., retro, § 9.

[110] Cfr., retro, § 9.

[111] Cfr., retro, § 10.

[112] Cfr., retro, § 13.

[113] In particolare, Cass. civ. 15 settembre 2021, n. 24891 in www. judicium.it, 2021 con nota di R. Tiscini, L’interpretazione, cit. e in Judicium, 2, 2022 con nota di F.C. Malatesta, La scelta del rito quale elemento incidente sul momento di perfezionamento dell’effetto interruttivo della prescrizione del diritto vantato in giudizio; nonché Cass. civ. 4 maggio 2018, n. 10767; Cass. civ. 20 aprile 2017, n. 10016; Cass. civ. 4 maggio 2007, n. 10212.

[114] Così, ad esempio: Cass. civ. 9 gennaio 2024, n. 698; Cass. civ. 7 maggio 2020, n. 8637; Cass. civ. 19 febbraio 2016, n. 3357; Cass. civ. 15 febbraio 2017, n. 4034; Cass. civ. 24 giugno 2009, n. 14862; Cass. civ. 30 marzo 2004, n. 6343.