Questioni processuali e pratiche ricorrenti in tema di accertamento tecnico preventivo in materia di responsabilità sanitaria.

Di Laura Giraldi -

1. Come noto, l’art. 8 l.24/17 (c.d. Legge Gelli-Bianco) indica che il ricorso al procedimento di cui all’art.696 bis c.p.c. è condizione di procedibilità dell’azione. In via alternativa la medesima norma prevede il previo esperimento del procedimento di mediazione di cui all’art.5, c.1bis, d.l.28/10.

‘Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilita’ sanitaria e’ tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente’.

Lo strumento è stato introdotto dal legislatore al precipuo scopo di raggiungere tra le parti una soluzione transattiva evitando l’introduzione di faticosi e lunghi giudizi di merito che danneggiano entrambe le parti in un ambito nel quale per lo più sono coinvolti interessi delicatissimi legati alla salute propria o di familiari. Lo strumento è frutto, peraltro, dell’aumento esponenziale nel tempo di controversie in materia di c.d. malpractice (con i conseguenti riflessi anche in tema di medicina difensiva).

1.1. Il procedimento di cui all’art.696 bis c.p.c. assume una posizione di maggior favore rispetto alla mediazione sia per la collocazione nel contesto normativo in quanto prioritariamente citato sia perché in concreto scelto in via maggioritaria. In effetti il ricorso al procedimento di atp è più diffuso rispetto allo strumento alternativo e ciò può trovare una doppia giustificazione: da un lato, l’esperimento della consulenza tecnica d’ufficio tramite periti nominati dall’organo giurisdizionale viene percepito come mezzo di raccolta di elementi di prova e mezzo di composizione connotato da maggior imparzialità ed autorevolezza dell’esito, che verrà con ogni probabilità maggiormente condiviso dalle controparti rispetto ad una forma negoziata privatamente di risoluzione della controversia e , probabilmente, recepito anche in un successivo giudizio di merito in assenza di valide contestazioni ; da altro lato il ricorso ad uno strumento giurisdizionale, scevro da particolari formalismi e preclusioni e caratterizzato da uno svolgimento veloce, dà alla parte sicurezza di una pronta risposta alle proprie istanze di accertamento.

Perché tuttavia lo strumento di cui all’art.696 bis c.p.c., richiamato dal citato art.8, in questo ambito possa rivelarsi davvero efficace è condizione necessaria che il procedimento venga gestito correttamente.

2.La prima attenzione particolare deve essere riservata alla nomina degli esperti, costituiti in collegio nominato secondo le indicazioni di cui all’art.15 della l.24/17. ‘Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilita’ sanitaria, l’autorita’ giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o piu’ specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici d’ufficio da nominare nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi’.

Sul punto si rileva che è preferibile la nomina di medici che operano al di fuori del contesto territoriale in cui si trova la struttura o l’operatore sanitario, controparti del procedimento, e ciò al fine di evitare commistioni di interessi tra i ctu ed i resistenti e consentire alla parte ricorrente di affidarsi maggiormente agli esiti della consulenza in quanto percepita come effettivamente imparziale. L’individuazione di consulenti tecnici d’ufficio per comporre il collegio di cui all’art.15 è oggi peraltro resa più semplice con l’istituzione dell’Albo nazionale dei c.t.u. il cui regolamento attuativo emanato con d.m.109 del 4.8.2023 è stato pubblicato in data 11.8.2023 l’albo in questione è peraltro operativo per una prima tranche di consulenti (quelli che erano già iscritti all’albo dei c.t.u. di ogni singolo Tribunale ed hanno voluto mantenere l’iscrizione) dal 4.3.2024. L’albo è liberamente accessibile dal sito del Ministero della Giustizia ‘Gestione Albi, elenchi C.T.U. e altri ausiliari’.

2.1. In secondo luogo, deve considerarsi che il compito del giudice non si esaurisce all’atto della nomina ed una volta conferito l’incarico, ma occorre che vi sia un costante controllo delle procedure ed in particolare della relativa tempistica. I c.t.u. infatti sono spesso oberati dall’espletamento di incarichi conferiti da più giudici di diverse aree territoriali e faticano pertanto a completare tempestivamente il loro lavoro. Inoltre, spesso sono le strutture convenute che per questioni burocratiche rallentano la comunicazione ai c.t.u. di risposte relative alle proposte transattive formulate tempestivamente dagli stessi esperti. Deve rammentarsi che un procedimento che si protrae per oltre sei mesi senza alcuna giustificazione adeguata non soddisfa l’interesse della parte ricorrente ad ottenere una rapida risposta alle proprie istanze di accertamento nonchè il conseguente interesse a definire prontamente in via bonaria la lite che potrebbe insorgere ed anzi tende a far sfumare tale interesse; il ritardo ingiustificato nello svolgimento delle operazioni peritali e nel deposito finale della relazione pertanto frustra lo scopo del legislatore.

Inoltre il giudice non può esimersi anche da un controllo in merito al contenuto della relazione peritale depositata dai c.t.u. seppur limitato alla verifica della risposta completa ai quesiti posti, all’osservanza del contraddittorio nella fase di svolgimento: il Giudice, in particolare, allorchè chiamato a liquidare il compenso dei c.t.u. ed all’atto pertanto del previo esame della relazione peritale, può rilevare eventualmente l’omissione di risposte a rilevanti considerazioni svolte dai c.t.p. sui quesiti posti, oppure il chiarimento del percorso motivazionale che ha condotto ad alcune conclusioni esposte.

Il giudice, in questa sede, non può invece spingersi a valutare la correttezza od adeguatezza delle risposte degli esperti anche a fronte di eventuali contestazioni svolte dai c.t.p., essendo tale verifica rimessa al giudice dell’eventuale successivo giudizio di merito.

3. Trattando ora di alcuni aspetti processuali, il contraddittorio viene normalmente instaurato con i soggetti che vengono individuati come possibili contraddittori nel giudizio di merito che verrà eventualmente instaurato e, in particolare, quindi con il singolo operatore sanitario (dentista, dermatologo, oculista..) che abbia svolto l’attività medica all’interno di un proprio studio ed al quale si addebita una carenza di diligenza, perizia o prudenza nell’operato oppure con la struttura sanitaria all’interno della quale il medico, di cui si lamenta l’operare non corretto, ha svolto le sue prestazioni. Raramente accade che laddove si convenga in giudizio la struttura, si convenga altresì il sanitario operatore e ciò in considerazione dei diversi oneri probatori spettanti al ricorrente. E’ frequente invece che la struttura sanitaria convenga in giudizio tale operatore, sia esso inserito nella struttura quale dipendente o quale collaboratore esterno, ai fini di una eventuale rivalsa nei confronti dello stesso ( art. 9 l.24/17).

Vi sono poi i casi in cui il convenuto è individuato nel Ministero della Salute per le ipotesi di danni derivanti ad esempio dalla contrazione, a seguito di emotrasfusione, di infezione HIV (Cass. 576/2008).

Una delle questioni maggiormente ricorrenti e risolta in modo non univoco dalla giurisprudenza di merito riguarda il coinvolgimento da parte dello stesso ricorrente, in questa fase, delle imprese di assicurazione dei singoli operatori o delle strutture sanitarie.

Normalmente accade che laddove ricorso venga notificato al singolo operatore sanitario o ad una piccola struttura sanitaria, costoro chiedono di poter convenire in giudizio anche la propria compagnia assicuratrice; non così accade invece per centri ospedalieri o case di cura di maggiori dimensioni.

Ed infatti attualmente le strutture sanitarie di dimensioni medio grandi operano per lo più in regime di autoassicurazione, organizzando dunque il rischio di esborsi per risarcimenti da malpractice all’interno del loro bilancio; dette strutture, dunque, non sottoscrivono polizze assicurative se non per alcuni tipi di sinistri e con massimali limitati e ciò in quanto le polizze proposte possono risultare molto costose e la gestione dei sinistri molto più lenta. E’ interesse infatti delle strutture definire in proprio le vertenze relative alle contestazioni ricevute sia al fine di verificarne prontamente l’incidenza sui rispettivi bilanci sia in quanto gli operatori sanitari percepiscono come maggiormente tutelante la gestione del rischio dell’attività all’interno della propria struttura. La c.d. autoassicurazione delle strutture espone tuttavia le stesse a rischi non irrilevanti atteso che l’entità dei fondi da accantonare in bilancio a scopo risarcitorio è frutto di scelta discrezionale delle relative direzioni cui consegue corrispondente responsabilità.

3.1. La possibilità per il ricorrente di coinvolgere direttamente ed utilmente le compagnie assicuratrici delle strutture dei convenuti è dunque allo stato limitata.

In ogni caso essa deve ritenersi preclusa. Ed infatti è pur vero che gli artt.8,4c, e 12, 4c. l.24/17 prevedono che il ricorrente coinvolga nel procedimento di ATP la compagnia assicuratrice del medico operatore o della struttura di cui si assume l’inadempimento, ma tale previsione deve essere letta in stretta connessione con quanto previsto dagli artt.10 e 11 della citata legge in forza dei quali ‘Con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i criteri e le modalità per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo esercitate dall’IVASS sulle imprese di assicurazione che intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con gli esercenti la professione sanitaria. ..’. Ed ancora ‘entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti l’IVASS, l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie professionali interessate, nonche’ le associazioni di tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operativita’ delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio..’ -commi 5 e 6 ).

3.2. Devono altresì essere disciplinate le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un’impresa assicurativa ad altra nonché la previsione del bilancio di struttura di un fondo rischi costituito con la messa a riserva per competenza di risarcimenti relativi ai sinistri denunciati. Con lo stesso decreto sono poi individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione stipulate ai sensi del comma uno e due …; la garanzia deve prevedere peraltro un’operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei 10 anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza e in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultra attività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i 10 anni successivi e riferiti a fatti generatori della responsabilità verificatesi nel periodo dell’efficacia della polizza.

Dal dettato normativo complessivo si evince quindi che la possibilità di coinvolgere direttamente le imprese di assicurazione da parte del ricorrente è subordinata a precisi requisiti stabiliti dall’indicato decreto ministeriale. Per altro verso si osserva altresì che l’art.8 c.4. prevede che la partecipazione diretta al tentativo di conciliazione da parte dell’impresa di assicurazione comporta anche degli specifici obblighi a carico della stessa, ed in particolare l’obbligo di effettuare un’offerta di pagamento, in assenza della cui osservanza seguono specifiche sanzioni; offerta che non si concilia con l’assenza di polizze determinate ai sensi degli articoli citati.

E’ evidente allora che gli obblighi assicurativi ed il coinvolgimento giudiziale delle compagnie assicurative sono strettamente connessi alle condizioni di polizza come concordate con le strutture garantite ai sensi degli articoli 10 e 11 citati.

3.3. Pur nelle incertezze della giurisprudenza di merito, la Corte Costituzionale con la sentenza 182/2023 si è espressa in motivazione nel senso che allo stato è inammissibile il coinvolgimento diretto dell’assicuratore nel giudizio. Ed infatti , seppur con riferimento al giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 l’assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato, la Corte ha indicato che ‘L’operatività delle disposizioni sull’azione diretta del danneggiato è, inoltre, subordinata all’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’art. 10, comma 6, chiamato a stabilire i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie (art. 12, comma 6): decreto allo stato non ancora emanato, malgrado il termine a tal fine previsto (centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 24 del 2017) sia da tempo spirato.’

In data 1.3.2024 è stato finalmente pubblicato in G.U il decreto 15.12.2023 attuativo degli articoli sopra richiamati della l.24/2017 ‘ Regolamento recante la determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio e le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un’impresa di assicurazione, nonché la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati’. Con il predetto decreto si dà dunque finalmente attuazione alle indicazioni di obbligo assicurativo in capo agli operatori sanitari e, allorquando saranno stipulate le relative polizze, il ricorrente potrà coinvolgere in giudizio anche le compagnie assicuratrici.

4. Altra questione che pone talvolta dubbi riguarda la proponibilità del procedimento di ATP laddove un accertamento tecnico sia stato già svolto.

Occorre distinguere l’ipotesi in cui tale accertamento sia stato inserito in un precedente procedimento civile ex art. 696 bis e 8 l.24/17 da quella in cui un’indagine di carattere tecnico sia stata effettuata in sede penale.

Nel primo caso, pur essendo il procedimento di ATP riproponibile definendosi senza una statuizione passibile di giudicato, occorre evitare che lo strumento venga utilizzato ad libitum allo scopo di pervenire a conclusioni diverse e più favorevoli per la parte ricorrente rispetto a quelle già raggiunte in precedente procedimento. Occorre, cioè, escludere l’eventualità che il ricorrente, rimasto insoddisfatto delle conclusioni cui sia pervenuto il collegio medico, cerchi di ottenere la nomina di altri c.t.u. che possano rendere un giudizio diverso e a lui più favorevole. La riproposizione potrà invece ammettersi laddove lo stato di salute del ricorrente abbia subito modificazioni non previste e non prese in considerazione dal collegio nominato in precedenza neppure come possibili evenienze causalmente riconducibili all’operato dei sanitari coinvolti.

Quanto invece ad una precedente indagine tecnica svolta in sede penale, premesso che non vi è divieto in sede civile di introduzione motivata di prove documentali atipiche ex art.116 c.p.c., occorre distinguere il caso in cui l’indagine sia stata condotta dal Pubblico Ministero, in assenza dunque, normalmente, di contraddittorio con consulenti tecnici delle parti del giudizio civile, da quello in cui essa si sia svolta in sede di incidente probatorio innanzi al G.I.P. ; in quest’ultimo caso il contraddittorio risulta rispettato, quanto meno per le parti coinvolte, e pertanto la richiesta di nuovo accertamento tecnico è volta probabilmente ad ottenere nuove conclusioni più favorevoli al ricorrente. In questo caso la richiesta potrebbe ritenersi inammissibile in quanto l’indagine tecnica non potrebbe essere utilmente ripetuta; pertanto, anche il tentativo di conciliazione, cui la norma dell’art. 696 bis c.p.c. tende prioritariamente, sarebbe frustrato ab origine. In ogni caso il procedimento in oggetto potrebbe ritenersi comunque ammissibile laddove, esaminata la relazione tecnica depositata in sede penale, il giudice civile dovesse ritenere che permangano dubbi nella ricostruzione del nesso causale come richiesta in sede civilistica e dunque secondo un criterio del ‘più probabile che non’ anziché quello dell’oltre ogni ragionevole dubbio’. Inoltre, la ripetizione dell’accertamento potrebbe rendersi necessaria laddove occorresse determinare con esattezza la quantificazione del danno o verificare la possibile perdita di chance.

Dunque ciò che assume particolare rilevanza è la verifica dell’osservanza di un pieno contraddittorio tra le parti in merito all’indagine tecnica nel precedente procedimento (assicurato in sede civile dalle modalità di cui all’art. 195 c.p.c.), la verifica dell’accertamento svolto quanto alla prova del nesso causale (che si atteggia diversamente in sede civile e penale) ed infine la verifica dell’oggetto del quesito da sottoporre al c.t.u..

Sulle diverse tesi in relazione alla ripetibilità dell’ATP si vedano Trib. Reggio Emilia 6.2.2020, Trib.  Trieste 23.12.2020

5. Quanto al profilo della competenza a conoscere del procedimento in esame, non si ravvisano difficoltà specifiche, ma una particolarità: il foro del consumatore non può operare allorchè il rapporto sia intercorso tra il paziente che si assume danneggiato ed una struttura sanitaria, pubblica o privata, che abbia operato in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

Sul punto Cass.16767/2021 rileva che la disciplina di cui all’art. 33, comma 2, lettera u), del d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. codice del consumo), concernente il foro del luogo di residenza del consumatore, è inapplicabile ai rapporti tra pazienti e strutture ospedaliere pubbliche o private operanti in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale: sia perché, pur essendo l’organizzazione sanitaria imperniata sul principio di territorialità, l’assistito può rivolgersi a qualsiasi azienda sanitaria presente sul territorio nazionale (sicché se il rapporto si è svolto al di fuori del luogo di residenza del paziente tale circostanza è frutto di una sua libera scelta, che fa venir meno la ratio dell’art. 33 cit.); sia perché la struttura sanitaria non opera per fini di profitto, e non può quindi essere qualificata come ‘imprenditore’ o ‘professionista’( anche Cass. 22133/2016).

5.1. Ai fini poi dell’ammissibilità dello strumento di cui agli artt. 8 l.24/17 e 696 bis c.p.c. occorre che parte ricorrente deduca in modo completo i fatti da accertare ed il nesso di strumentalità con l’eventuale causa di merito.

In primis occorre ricordare che, laddove parte ricorrente intenda introdurre un giudizio nei confronti del singolo medico operatore al quale non si sia rivolto in forza di un rapporto contrattuale con lo stesso intercorso, la responsabilità del sanitario è regolata dall’art. 2043 c.c. per espresso richiamo dell’art.7,3° c. l.24/17. ‘L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.’

Laddove parte ricorrente lamenti, invece, di aver intrattenuto un rapporto contrattuale con la struttura sanitaria o il singolo operatore , costoro risponderanno ai sensi dell’art.1218 c.c. ( art7, 1°c. citato ‘La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorche’ non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.’)

In particolare, allora, parte ricorrente nell’atto introduttivo dovrà indicare non solo che l’esito dell’intervento o delle cure sanitarie prestate non sia stato soddisfacente, ma dovrà specificatamente dedurre, nel caso di assenza di rapporto contrattuale con l’operatore sanitario, il danno subito, l’agire colposo dello stesso ed il nesso causale tra tale agire ed il danno subito.

Nel caso invece in cui il rapporto sia stato di tipo contrattuale, parte ricorrente dedurrà il danno subito ed il nesso causale intercorrente tra la prestazione medica resa ed il danno stesso.

Pur essendo il procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. non soggetto a particolari formalismi e preclusioni, le deduzioni ed allegazioni sul punto devono essere specifiche onde consentire una completa difesa sui punti salienti della dedotta responsabilità. Sul punto si veda Cass. 20904/2013.

Cass.16504/2017 ha indicato infatti che ‘In un giudizio di responsabilità per attività sanitaria, integra “mutatio libelli“, non consentita con la memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., la deduzione – in una domanda risarcitoria fondata sulla responsabilità di dipendenti di aziende sanitarie pubbliche ed ascritta a specifiche e ben determinate condotte – di un diverso titolo di responsabilità per differenti condotte, addebitate ad altri dipendenti o strutture sanitarie, benché facenti capo alla stessa azienda, nonché realizzate nell’ambito delle cure somministrate in occasione della medesima infermità’.

Tuttavia Cass.7074/24 ha recentemente precisato che ‘ la deduzione di profili di colpa diversi e ulteriori rispetto a quelli originariamente allegati, fondati su circostanze emerse all’esito della consulenza tecnica d’ufficio, non integra domanda nuova, poiché non determina alcun mutamento della causa petendi e dell’ambito dell’indagine processuale, non potendo attribuirsi portata preclusiva, in tal senso, alle specificazioni della condotta inizialmente operate dall’attore, il cui onere di allegazione dev’essere rapportato alle informazioni accessibili e alle cognizioni tecnico-scientifiche da lui esigibili, senza imporgli di enucleare specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, conoscibili soltanto dagli esperti del settore.’

6. A fondamento delle deduzioni ed allegazioni, onde consentirne la specificità all’uopo, benché non indispensabile, è opportuno che venga allegata almeno una perizia di parte dalla quale emergano i profili esatti della condotta contestata ed il nesso causale con il danno subito.

Nell’ipotesi poi di infezioni nosocomiali parte ricorrente dovrà dedurre che il paziente acceduto in ospedale privo di alcuna infezione, ivi l’ha contratta ovvero che il relativo decesso è avvenuto a causa di un’infezione ivi contratta, fornendo specifica prova sul punto (Cass. 6386/ 2023)

7. Sotto il profilo probatorio, esclusa la ricorrenza di specifiche preclusioni e constatata una generale collaborazione delle strutture sanitarie coinvolte nell’offrire a disposizione dei c.t.u. il materiale ritenuto necessario, risulta indispensabile la produzione della cartella clinica del paziente e della documentazione medica precedente e successiva all’intervento dell’operatore sanitario oggetto di contestazione. Ai sensi dell’art.4 l.24/17 peraltro la struttura pubblica o privata è tenuta alla consegna della documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente entro 7 giorni dalla presentazione della richiesta.

Cass. 27561/2017 e Cass.28994/2019 si sono occupate del caso di incompletezza della cartella clinica affermando che, in tale ipotesi, il Giudice può ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico ed il danno patito dal paziente allorchè tale incompletezza renda in concreto impossibile l’accertamento del nesso causale e la condotta del professionista sia stata astrattamente idonea a provocare il danno lamentato.

Sotto un profilo pratico, si osserva che la produzione al pct della documentazione medica, talvolta molto corposa, può rivelarsi difficile, ma l’effettuazione di più depositi con distinte cartelle rende in genere comunque possibile la produzione. Quanto alle immagini radiologiche o comunque difficilmente leggibili, è opportuno consentirne la consegna ai c.t.u. prima dell’inizio delle operazioni peritali (spesso lo scambio viene effettuato sull’accordo delle parti tramite sistemi informatici di scambio via mail liberamente accessibili a tutti o modalità similari).

8.Viene poi frequentemente eccepita la prescrizione dell’azione di merito.

Sul punto il giudice in sede di atp è tenuto ad una valutazione sommaria della fondatezza dell’azione che è prospettata nell’eventuale giudizio di merito e, con riferimento alla prescrizione, dovrà tenere in considerazione che essa decorre dal momento della percezione del danno come derivante dall’azione non corretta del sanitario e non invece dal momento di esecuzione dell’intervento o della cura né dal momento del sorgere della malattia (Cass.S.U.576/2008: ‘ il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche’ , anche Cass.16217/19,28464/2013 ).

La prescrizione, peraltro, è decennale laddove si prospetti una azione nei confronti del medico o della struttura fondata su un rapporto contrattuale, mentre quinquennale ove tale rapporto manchi; tuttavia se la condotta del sanitario costituisce reato (lesioni od omicidio colposi) in forza del disposto di cui all’art.2947,3° c. c.c., troverà applicazione anche in sede civile il termine di prescrizione più esteso.
La responsabilità del Ministero della Salute poi per i danni da emotrasfusione di sangue infetto, in quanto avente natura extracontrattuale, comporta che il diritto al risarcimento del danno è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art.2947, comma 1 c.c., non essendo ipotizzabili figure di reato, quali epidemia colposa o lesioni colpose plurime tali da innalzare il termine ex art.2947 , c.3 c.c.. Pertanto nel caso di decesso del danneggiato a causa del contagio la prescrizione resta quinquennale per il danno subito dal soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento iure hereditatis trattandosi comunque di danno da lesione colposa (reato a prescrizione quinquennale -alla data del fatto-), mentre la prescrizione è decennale per il danno subito dai congiunti della vittima iure proprio in quanto il decesso, da tale punto di vista, integra reato di omicidio colposo (a prescrizione decennale)-Cass. 16217/2019, 28464/2013).

Sempre per l’azione nei confronti del Ministero in caso di infezione contratta a causa di emotrasfusione,

Cass. 16808/23 ha evidenziato che in materia di danno da emotrasfusione con sangue infetto, il diritto al risarcimento da parte di chi assume di aver contratto patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (Cass. 14748/22 e 10069/22).

9.Infine, la prova nel corso del giudizio di ATP non può che essere costruita tramite il ricorso ad una consulenza tecnica tramite un collegio di esperti nominati ai sensi del citato art. 15.

Ciò che è fondamentale è formulare al collegio un corretto quesito medico legale che, richiamando quanto indicato all’art. 5 l.24/17, indichi la necessità di accertare se nel caso in valutazione siano state osservate le indicazioni di cui all’art.5 c. 1 l.24/17 secondo il quale ‘gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalita’ preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificita’ del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche’ dalle societa’ scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.’

Occorre dunque indicare al collegio dei c.t.u. la necessità di accertare l’esistenza delle linee guida in materia al fine di verificare l’effettiva osservanza da parte degli operatori sanitari; dopo tale verifica occorrerà che i c.t.u. individuino anche se tale osservanza sia sufficiente per il caso concreto o se il medico operatore, secondo il disposto di cui all’art.1176 c.c., avrebbe dovuto comunque adottare ulteriori misure di prudenza o diligenza seppur non espressamente indicate da linee guida. Con particolare riferimento alla prestazione di un radiologo, Cass.17410/23 ha rilevato che ‘il medico radiologo, essendo, al pari degli altri sanitari, tenuto alla diligenza specifica di cui all’art. 1176, secondo comma, cod. civ., non può limitarsi a una mera e formale lettura degli esiti dell’esame diagnostico effettuato, ma, allorché tali esiti lo suggeriscano (e dunque ove, segnatamente, si tratti di esiti c.d. aspecifici del quadro radiologico), è tenuto ad attivarsi per un approfondimento della situazione, dovendo, quindi, prospettare al paziente anche la necessità o l’esigenza di far fronte ad ulteriori e più adeguati esami» (sul punto anche Cass.13510/ 23,37728/ 22).

Tale accertamenti hanno particolare importanza nell’ambito dei procedimenti relativi ai casi di infezione da COVID 19 ove è necessario distinguere i casi di pazienti entrati in ospedale o nelle RSA senza alcuna infezione e abbiano poi contratto all’interno della struttura detta dai casi in cui i pazienti siano giunti già nella stessa infetti, casi nei quali diverse sono le indagini da svolgersi con riferimento all’ adempimento degli obblighi cui erano tenuti la struttura e gli operatori sanitari coinvolti (cure prestate, mezzi a disposizione della struttura, possibilità di far fronte anche ad eventuali carenze di mezzi e strumenti, opportunità di trasferire il paziente in altra struttura dotata di mezzi adeguati..).

La trattazione di ogni ulteriore questione posta dalle parti pare invece normalmente doversi rinviare all’eventuale giudizio di merito instaurando.