Prospettive di applicazione degli strumenti informatici per il calcolo degli assegni nelle controversie familiari

Di Eugenia Sertori -

Sommario: 1. Considerazioni introduttive; – 2. Criteri per la determinazione dei contributi economici, discrezionalità del giudice ed obbligo di motivazione; – 3. Strumenti di calcolo nel diritto di famiglia; – 4. I vantaggi dell’impiego di strumenti informatici nella quantificazione degli assegni; 4.1 La potenziale utilità pratica per gli avvocati e per le parti; – 4.2 Metodi di calcolo come ausilio per i giudici e come supporto all’efficienza della giustizia – 5. Criticità derivanti dall’applicazione dell’intelligenza artificiale alle controversie economiche familiari; – 6. Riflessioni conclusive.

 

1.Considerazioni introduttive

La crisi familiare che coinvolge un’unione, sia essa coniugale o di fatto, produce molteplici effetti e, tra questi, quelli economici originano tensioni e attriti tra i coniugi/genitori tali da alimentare contenziosi di lunga durata. Inevitabilmente, dallo scioglimento di un’unione sorgono due diversi nuclei familiari che rendono necessaria una ridistribuzione delle risorse patrimoniali, disponibili nella famiglia originaria, al fine di riequilibrare la situazione venutasi a creare a seguito della disgregazione. Ciò avviene, sulla base di presupposti differenti, anche tramite la previsione di periodici contributi economici a favore dei figli e/o del coniuge economicamente più debole.

La quantificazione degli assegni di mantenimento a favore del coniuge e/o dei figli e dell’assegno divorzile diventa dunque una questione di centrale importanza che ha un notevole impatto in quanto, a seguito della disgregazione della famiglia, le condizioni patrimoniali mutano sensibilmente, le spese e le necessità aumentano e si riduce la capacità di risparmio eventualmente presente durante la convivenza.

Le parti generalmente non concordano (oltre che sull’an) sul quantum dell’assegno. L’annoso, e sempre attuale, problema è quello di stabilire un contributo economico che sia adeguato. A ciò si aggiunga che, attualmente, la determinazione di un assegno congruo può avvenire dopo un ragguardevole lasso di tempo rispetto alla cessazione della convivenza, anche in ragione delle tempistiche del processo e della giustizia.

Resta che un assegno equilibrato nel suo ammontare, soprattutto se in tempi rapidi, può favorire il determinarsi tra i soggetti coinvolti di «un rapporto responsabile e ragionevolmente sereno»[1].

Il tema della quantificazione dei contributi economici, in ragione delle problematiche che sussistono proprio per la determinazione di un congruo e giusto importo da parte degli operatori del diritto di famiglia, è stato oggetto, già da tempo, di ampi dibattiti che hanno posto l’attenzione sulla concreta possibilità di impiegare strumenti informatici ai fini del computo degli assegni.

Prima di esaminare la questione, di estrema attualità, delle implicazioni dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale in tale ambito, appare opportuno richiamare brevemente i principi generali ed i criteri normativi cui ci si deve attenere per stabilire il quantum del contributo.

 

2.Criteri per la determinazione dei contributi economici, discrezionalità del giudice ed obbligo di motivazione

Il tema della determinazione degli assegni è soggetto ad indicazioni normative. La legge fornisce dei criteri che il giudice deve tenere in considerazione al fine di stabilire l’an ed il quantum dell’assegno. Come si vedrà, i suddetti criteri non forniscono in concreto dati numerici per stimare l’effettiva entità del contributo. Di conseguenza, quest’ultimo viene calcolato dal giudice, caso per caso, analizzando la specifica situazione oggetto del giudizio con un ampio margine di discrezionalità. In altri termini, le norme forniscono le coordinate teoriche senza mettere però a disposizione dei tribunali e di tutti gli operatori giuridici coinvolti dei supporti numerici di riferimento a cui attingere per compiere una quantificazione degli assegni il più oggettiva ed equa possibile.

I criteri normativi sopra richiamati, ed in merito ai quali nel corso degli anni si sono succedute le pronunce interpretative della giurisprudenza e gli orientamenti della dottrina, variano a seconda della tipologia del contributo economico. In questa sede ci si limita a fornire brevissimi cenni dei differenti criteri per la quantificazione degli assegni.

In particolare, con riferimento al mantenimento in favore dei figli, come disposto dagli artt. 337 ter e 316 bis c.c., ciascuno dei genitori deve provvedervi in misura proporzionale al proprio reddito. Ai sensi dell’art. 337 ter, comma 4, c.c. l’assegno periodico, in applicazione appunto del principio di proporzionalità, deve essere determinato dal giudice tenendo conto delle attuali esigenze del figlio, del tenore di vita goduto da quest’ultimo in costanza di convivenza con entrambi i genitori, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, delle risorse economiche di entrambi i genitori e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno di essi. I criteri dettati dal legislatore per la quantificazione degli assegni a favore dei figli, già dalla loro introduzione, non hanno agevolato il lavoro del giudice, nello stabilire un contributo economico giusto per ogni specifica situazione familiare, e non hanno impedito che si verificasse una disparità nella quantificazione degli assegni non solo tra diversi tribunali ma anche all’interno dello stesso ufficio giudiziario[2].

Nell’ambito del procedimento di separazione, l’art. 156 c.c. individua i presupposti affinché un coniuge possa beneficiare di un assegno di mantenimento. In particolare, al coniuge non deve essere stata addebitata la separazione e lo stesso non deve avere adeguati redditi propri. Al fine di stabilire l’inadeguatezza dei redditi del coniuge richiedente l’assegno si prende come parametro di riferimento il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio[3]. In altri termini, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nella situazione temporanea della separazione sono considerati come adeguati i redditi necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in ragione del fatto che, con la separazione, permane il vincolo coniugale e, dunque, il dovere di assistenza materiale[4]. Ciò a differenza dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In merito alla quantificazione del contributo, la norma sopra citata, al secondo comma, precisa che l’entità dell’assegno deve essere determinata «in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato». Il parametro delle “circostanze” è senza dubbio di difficile interpretazione e può ricomprendere al suo interno diversi e molteplici elementi. A tal proposito è stato osservato che si tratta di un criterio «aleatorio» e privo «di qualsiasi specificazione e puntualizzazione»[5].

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito dunque che l’art. 156, comma 2, c.c. deve essere inteso nel senso che si debba tener conto dei redditi delle parti e di altre circostanze «non indicate specificatamente, nè determinabili “a priori”, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito ed idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi»[6].

Si può quindi affermare che, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge, si debba porre l’attenzione sulla situazione patrimoniale e reddituale del coniuge obbligato ed effettuare una analisi comparativa delle situazioni di entrambe le parti coinvolte attraverso una valutazione complessiva di tutti gli elementi che possano avere un risvolto economico.

Emerge, dunque, come il criterio del tenore di vita non sia un concetto assoluto e come, all’interno del parametro delle circostanze, possano rientrarvi una molteplicità di elementi (come, a mero titolo esemplificativo, l’assegnazione della casa coniugale)[7]. Resta che il riferimento da parte del giudice ad eventuali circostanze deve essere puntuale: devono essere individuati nello specifico gli elementi che, nel singolo caso concreto, sono stati presi in considerazione e che potrebbero incidere anche sulla valutazione dei redditi delle parti[8].

Infine, in merito all’assegno divorzile, l’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970 prevede che il giudice, una volta accertato che il coniuge richiedente l’assegno divorzile non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive, quantifichi l’entità dell’emolumento tenendo conto di specifici indicatori, espressamente individuati dalla norma, quali: le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio[9].

Dalla sintetica analisi che precede circa i differenti criteri per la quantificazione degli assegni, emerge come le indicazioni normative, a prescindere dalla tipologia del contributo, siano elastiche e caratterizzate da parametri generali ed astratti che generano difficoltà interpretative e di attuazione. Si impone, da un lato, alla dottrina ed alla giurisprudenza un’attività interpretativa, che possa guidare il giudicante nell’applicazione concreta di tali parametri e nella valutazione delle variabili presenti nelle singole fattispecie, e, dall’altro, al giudice della famiglia l’esercizio di un ampio potere discrezionale[10].

Il potere discrezionale trova un bilanciamento nell’obbligo di motivazione che incombe sul giudicante. Il giudice deve tenere in considerazione i criteri sopra richiamati e degli stessi deve dar conto nel provvedimento. Ciò tramite una specifica motivazione che ripercorra le ragioni della decisione in adempimento a quanto disposto dall’art. 132 n. 4 c.p.c. e dall’art. 118 disp. att. c.p.c.  Deve fornire una puntuale ricostruzione dei criteri applicati, dei fattori oggetto di valutazione e delle risultanze probatorie sottoposte al suo prudente apprezzamento.

Una motivazione specifica e puntuale evita che la discrezionalità possa sfociare in arbitrio. A tal proposito, come è già stato ampiamente osservato in dottrina, è stato evidenziato anche in tale specifico ambito che la motivazione rappresenta «lo strumento di controllo della discrezionalità del giudice e, dunque, la garanzia contro il rischio di decisioni arbitrarie ed irragionevoli: il giudice di merito, pur governando le fonti del proprio convincimento, è chiamato a verificare i fatti secondo un apprezzamento che, per legge, deve essere “prudente”, dando poi atto della congruità della sua valutazione mediante l’illustrazione del materiale di causa utilizzato e dell’iter logico seguito per addivenire alla decisione finale»[11].

Per la liquidazione degli assegni, il giudice di merito deve prendere in considerazione tutti gli elementi emersi nel corso del giudizio e che la legge e la giurisprudenza individuano come criteri di riferimento[12]. La maggior parte di questi elementi però non ha un valore economico prestabilito, o facilmente determinabile, ed è il giudice di merito a doverli vagliare, ponderare e tradurre in termini numerici.

Se è vero che la discrezionalità propria del giudice in tale ambito è sottoposta ad un controllo per mezzo della motivazione, è altrettanto vero che sussistono stringenti limiti al controllo di legittimità sull’operato del giudice di merito, anche nel campo del diritto di famiglia.

Il sindacato della Corte di Cassazione sussiste in merito a decisioni in cui la motivazione dovesse apparire mancante, irrimediabilmente contraddittoria o apparente[13]. In siffatte ipotesi le decisioni sarebbero dichiarate nulle ai sensi degli artt. 132, n. 4, c.p.c. e 360, comma 1, n. 4, c.p.c.

Come noto, il giudice di legittimità non ha invece il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., potendo controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, nei limiti in cui detto sindacato è tuttora consentito ai sensi della norma sopra citata, le «[…]argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti»[14].

Fuori dall’ipotesi di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. e dal caso in cui il giudice di merito sia incorso in una violazione o falsa applicazione di una norma di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., non ci si può dolere di fronte alla Corte di Cassazione delle valutazioni di merito compiute nei precedenti gradi di giudizio con una richiesta che, di fatto, comporterebbe la revisione delle risultanze del processo[15].

In particolare, con riferimento alla valutazione delle risultanze istruttorie, come statuito di recente dalla Suprema Corte, ci si potrebbe dolere della violazione, da parte del giudice di merito, dell’art. 115 c.p.c. nel caso in cui la decisione, in relazione al quantum dell’assegno, sia stata fondata su prove non acquisite al processo, perché non introdotte dalle parti, ma disposte dal giudice al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, mentre non sarebbe ammessa la doglianza con cui ci si lamenti del fatto che il giudice, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentitagli dall’art. 116 c.p.c.[16].

3.Strumenti di calcolo nel diritto di famiglia

Dalla disamina che precede si possono comprendere le ragioni per le quali, da tempo, si dibatte sulla necessità di individuare dei metodi di calcolo che permettano di valutare tutti i criteri normativi e giurisprudenziali. Ciò al fine di giungere ad una quantificazione dei contributi economici il più prevedibile ed oggettiva possibile, sia in giudizio che in sede stragiudiziale, ed in modo da migliorare l’efficienza della giustizia.

Ci si interroga, non solo nel nostro Paese[17], sull’applicabilità di strumenti di intelligenza artificiale (algoritmi, metodi di calcolo, software etc.), nella giustizia civile e, per ciò che qui interessa, nelle controversie economiche familiari, sfruttando le innovazioni tecnologiche nell’ambito della cd. giustizia predittiva. Con tale ultima espressione si intende «la possibilità di prevedere l’esito di un giudizio tramite alcuni calcoli; […] prevedere la probabile sentenza, relativa ad uno specifico caso, attraverso l’ausilio di algoritmi»[18].

Si appalesa quindi l’esigenza dell’incontro di conoscenze ed esperienze diverse, non più solo prettamente giuridiche, ma contraddistinte dal carattere dell’interdisciplinarietà[19].

In ambito comunitario si è preso atto dell’importanza crescente dell’intelligenza artificiale nella società moderna, tanto che l’Unione Europea si è attivata per regolamentare la materia. Nel 2018, per esempio, la Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ) ha predisposto la “Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi” all’interno della quale vengono enunciati cinque principi fondamentali a guida degli operatori del diritto nell’applicazione dell’intelligenza artificiale[20].

In Italia, in altri ambiti, come per esempio nella liquidazione risarcitoria del danno biologico e del danno parentale, si è già innovato in tal senso elaborando strumenti, come le tabelle, in grado di misurare in termini monetari il pregiudizio subito dai danneggiati[21].

Nello specifico, per quanto alla determinazione dei contributi economici, nella giurisprudenza di merito, un’apertura verso l’utilizzo di sistemi informatici ad ausilio del giudicante si è avuta con una nota pronuncia del Tribunale di Firenze del 2007, che ha suscitato particolare interesse, nonché opinioni discordanti, per aver applicato un metodo statistico al fine di quantificare gli assegni di mantenimento. In particolare, si è fatto ricorso al software MoCAM (Modello per il Calcolo dell’Assegno di Mantenimento) al fine di determinare l’effettiva capacità economico patrimoniale dei coniugi per la stima degli assegni[22]. L’esperto statistico, nominato dal Tribunale in ausilio al CTU, al fine di valutare le risorse dei nuclei familiari formatisi a seguito della separazione e di ripartire le stesse, ha analizzato le risorse a disposizione della famiglia ed i differenti bisogni, per la cui misurazione ha impiegato scale di equivalenza[23]. Con MoCAM potrebbe essere stimata, per ogni singolo caso, l’entità dell’assegno, in modo tale che quest’ultimo possa ripartire equamente tra i due coniugi/genitori il danno economico causato dalla disgregazione familiare e garantire un tenore di vita equilibrato ai figli[24].

Oltre al modello sopra citato, negli anni sono stati ideati anche altri sistemi di calcolo che, nell’ottica comune di offrire un supporto che possa garantire maggiore oggettività nella quantificazione, si differenziano tra loro nei processi interni e nella valutazione dei dati immessi nel sistema.

Il metodo CHICoS (Child Cost Software), rielaborazione del precedente programma CSCS (Child Support Calculation Software), si concentra principalmente sui minori e sulle loro esigenze. Al fine di valutare la somma necessaria per allevare un figlio, si devono immettere nel programma alcuni dati oggettivi (come l’età dei figli, la zona geografica di residenza, il reddito netto mensile totale dei singoli genitori etc). Il software, che utilizza il metodo di Engel delle scale di equivalenza ed i dati ISTAT sui consumi delle famiglie italiane, stima il costo medio del mantenimento dei figli presenti in un nucleo familiare dello stesso tipo, considerando la somma dei singoli capitoli di spesa dettagliatamente indicati. Il costo totale che si andrà ad ottenere verrà ripartito tra i genitori in proporzione alle risorse di ciascuno[25].

Anche il sistema di calcolo SAM (Stima Assegni di Mantenimento), che permette il calcolo degli assegni a favore dei figli e del coniuge, fa utilizzo di scale di equivalenza (ISEE) e dei dati risultanti dalle indagini di Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane[26]. Il modello permette di stimare la percentuale di cura dei figli in capo a ciascun genitore prevedendo la possibilità di assegnare percentuali dei capitoli di spesa e di descrivere i tempi di permanenza dei figli con ciascun genitore, suddividendo anche i giorni di vacanza.

Il software ReMida Famiglia si basa su dati concreti ricavati dai casi giudiziari, ossia dall’analisi di procedimenti consensuali di separazione e divorzio. Il sistema di calcolo utilizza delle tabelle, consente di effettuare calcoli e simulazioni degli assegni dei quali offre anche delle “stampe”, sia sintetiche che analitiche, nelle quali vengono spiegati i risultati elaborati dal programma sulla base delle scelte adottate dall’utilizzatore[27]. Individuato l’importo medio dell’assegno base, il programma traduce in termini monetari i criteri normativi e giurisprudenziali, ciascuno dei quali viene ripartito in una scala graduata di valori. Il software permette all’utilizzatore di personalizzare l’assegno base attraverso una “consolle-mixer” che consente all’utente di graduare i valori di ciascun parametro e, spostando un cursore, procedere ad un incremento o un decremento monetario, con conseguente variazione dell’importo dell’assegno base.

Infine, altri programmi di calcolo sono stati elaborati da alcuni uffici giudiziari come, per esempio, quelli del Tribunale di Palermo[28], del Tribunale di Cagliari[29] e del Tribunale di Monza[30].

I sistemi di calcolo, cui si è fatto brevissimo cenno, presentano ciascuno delle peculiarità. Ogni modello, ideato in tempi diversi, ha proprie caratteristiche, segue determinate procedure ed elabora i risultati sulla base di come, a seconda della programmazione effettuata, vengono presi in considerazione i singoli dati (es. l’assegnazione della casa coniugale, la durata del matrimonio, l’età dei figli, la valutazione circa i compiti di cura dei figli etc.)[31].

4.I vantaggi dell’impiego di strumenti informatici nella quantificazione degli assegni

4.1 La potenziale utilità pratica per gli avvocati e per le parti

I metodi di calcolo potrebbero rivelarsi utili strumenti nelle mani degli avvocati che si occupano delle controversie familiari e che si trovano a dover formulare proposte transattive o domande giudiziali in merito ai contributi economici.

Gli strumenti informatici, infatti, potrebbero evitare la formulazione di domande economiche eccessive[32] o, in pendenza di trattative, di proposte lontane da una concreta perseguibilità. Fornire agli avvocati uno strumento che permetta loro di immettere nel programma dati specifici del nucleo familiare, già nella disponibilità dei rispettivi clienti, consentirebbe ai legali di basarsi, sia per la predisposizione degli atti introduttivi che per intavolare trattative equilibrate e proficue, su misurazioni non rimesse a valutazioni soggettive.

Tramite gli strumenti informatici gli avvocati potranno avere dei riferimenti numerici oggettivi nella operazione di quantificazione degli assegni e, di conseguenza, essere agevolati nel compiere allegazioni più specifiche all’interno del processo. In altri termini, i legali tramite i dati dagli stessi forniti al software ed il computo da quest’ultimo elaborato, potrebbero essere ancora più precisi nell’introdurre in giudizio i fatti, avendo già a disposizione la traduzione in termini monetari dei parametri normativi e giurisprudenziali. Così facendo potrebbero limitarsi le allegazioni generiche e, di conseguenza, potrebbe ridursi la discrezionalità in ragione del fatto che le domande sui contributi economici sarebbero già ancorate ai singoli criteri in modo più dettagliato ed obiettivo.

A tal proposito, si deve osservare che il decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 ha previsto l’inserimento all’interno del secondo libro, Titolo IV-bis, del codice di procedura civile, dell’art. 473 bis.12. Tale norma specifica che al ricorso introduttivo del giudizio di famiglia, in caso di domande di contributo economico o in presenza di figli minori, debbano essere allegati le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali, gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni. La stessa norma deve essere osservata dal convenuto al momento del deposito della comparsa di costituzione ai sensi dell’art. 473 bis.16[33]. Con tali disposizioni sono state normate quelle che, presso alcuni uffici giudiziari, erano prassi ormai consolidate.

La possibilità di conoscere, almeno orientativamente, l’esito giudiziario per quanto all’aspetto economico delle controversie familiari inciderà inoltre sulla litigiosità e sul contenzioso, riducendoli, ed incentiverà il ricorso a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie[34]. Le parti saranno più propense ad accordarsi sugli aspetti economici se avranno dei parametri di riferimento e se potranno, in linea di massima, prevedere quella che potrebbe essere la decisione in merito al quantum dell’assegno, soprattutto, per esempio, in quelle controversie familiari ove si discute esclusivamente dell’importo dei contributi.

A tal proposito, è stata rilevata la particolare importanza che potrebbe assumere l’utilizzo dei metodi di calcolo anche nel corso della mediazione familiare in cui, di solito, si opera una scissione tra problematiche relazionali e aspetti economici e patrimoniali, che vengono rinviati ad un momento successivo[35]. Il mediatore familiare potrebbe impostare le questioni economiche patrimoniali servendosi di «strumentazione informatica giuridica di consulenza giuridico-legale» che, senza andare a sostituirsi all’attività dei legali, potrebbe aiutare le parti ad affrontare i loro contrasti, rappresentando anche una possibile ripartizione delle risorse[36]. Tralasciando l’aspetto della trattabilità o meno delle questioni economiche nel corso della mediazione familiare, in questa sede si evidenzia soltanto come si potrebbe paventare l’uso degli strumenti informatici non solo all’interno del giudizio e nelle trattative tra avvocati, per comporre le controversie economiche e raggiungere un accordo per la definizione consensuale delle stesse, ma anticiparne l’impiego, al fine di iniziare ad affrontare il conflitto economico tra le parti, anche in sede di mediazione, per rendere quest’ultima più efficace.

I sistemi informatici, dunque, potrebbero costituire uno strumento del quale gli avvocati e le parti nella fase stragiudiziale e negoziatoria, oltre che nella fase introduttiva del giudizio, potrebbero servirsi per addivenire ad una quantificazione equilibrata e congrua[37].

4.2 Metodi di calcolo come ausilio per i giudici e come supporto all’efficienza della giustizia

Il computo elaborato dal software potrebbe costituire, anche per il giudice nella fase contenziosa, una guida, un concreto punto di riferimento con cui orientarsi per la determinazione del contributo economico. Il sistema andrebbe a compiere quell’attività, altrimenti rimessa all’ampia discrezionalità del giudice, di traduzione in valori numerici dei criteri normativi e giurisprudenziali.

Se, da un lato, è evidente che tale innovazione potrebbe ridurre il margine di discrezionalità dei giudici nella liquidazione degli assegni, perché nello stabilire l’importo del contributo questi avranno a disposizione un parametro orientativo, omogeneo ed oggettivo cui riferirsi, dall’altro, è altrettanto evidente che sarebbe sempre e comunque imprescindibile una supervisione da parte dell’uomo.

Il giudice che adotterà il provvedimento finale, nel rispetto del precetto normativo, esplicitando le ragioni della decisione assunta e fornendone una oggettiva e puntuale spiegazione, dovrà dar conto nel provvedimento dell’iter logico dallo stesso seguito e, nel caso se ne sia servito per la quantificazione, delle misurazioni compiute dal sistema informatico[38]. Proprio in ragione di ciò, il software deve essere comunque in grado di documentare i calcoli elaborati, rendendo noto il processo condotto e le valutazioni compiute[39].

Tanto premesso, il giudice non sarebbe vincolato ai calcoli elaborati dagli algoritmi. A seconda del singolo caso concreto, potrà decidere di discostarsi dal computo effettuato dal software[40]. I metodi di calcolo, infatti, non si andrebbero a sostituire al giudice nella quantificazione degli assegni ma costituirebbero per quest’ultimo un ausilio pratico in grado di semplificare e rendere più oggettiva l’operazione di quantificazione. Resta inteso che se si riuscisse a programmare un unico programma e venisse immesso nella disponibilità di tutti gli operatori del diritto, questi ultimi tendenzialmente potrebbero orientarsi facendo riferimento agli stessi dati numerici al fine di stabilire l’entità dei contributi economici.

Gli strumenti informatici, dunque, potrebbero consentire una maggiore prevedibilità delle decisioni del giudice della famiglia, assicurare una maggiore certezza nelle liquidazioni e garantire, da un lato, uniformità tra decisioni di casi analoghi e, dall’altro, l’adeguatezza dell’importo dell’assegno rispetto alla disponibilità economica del soggetto obbligato ed alle effettive necessità del beneficiario.

L’attenuazione dell’imprevedibilità degli esiti giudiziari e la maggiore certezza giuridica potrebbero disincentivare anche il ricorso alle impugnazioni, con benefici sul carico giudiziario. A proposito di impugnazioni, potrebbero essere sollevati dubbi e perplessità circa la possibilità di impugnare un provvedimento con riferimento alla quantificazione dell’assegno avvenuta tramite algoritmi[41]. Sul punto è stato osservato che le decisioni, in cui si è fatto uso di metodi di calcolo, non pregiudicano la possibilità di ricorrere ai tradizionali mezzi di impugnazione in quanto si è evidenziato come il giudice «non si sottragga affatto ad un percorso logico argomentativo tradizionale, ma semplicemente utilizzi degli strumenti automatici e sicuramente più efficaci per la valorizzazione numerica del proprio ragionamento»[42]. In altri termini, l’utilizzo di software non andrebbe ad alterare l’illustrazione del ragionamento che è alla base del provvedimento emesso. Anzi, come già rilevato, dovrebbe rendere ancora più esplicito e verificabile il ragionamento del giudice con riferimento alla quantificazione dei contributi per i quali si avvale del computo elaborato da un sistema informatico, il cui iter dovrà essere fornito al giudicante.

Un ulteriore beneficio derivante dall’impiego di strumenti informatici è rappresentato dall’incidenza sulla durata dei giudizi. Gli algoritmi, semplificando la quantificazione degli assegni, contribuirebbero a ridurre le tempistiche processuali, senza che ciò, ovviamente, possa determinare ripercussioni negative sullo standard qualitativo delle decisioni.

5.Criticità derivanti dall’applicazione dell’intelligenza artificiale alle controversie economiche familiari

L’utilizzazione di metodi di calcolo nel campo della giustizia civile in generale, e nel diritto di famiglia in particolare, è soggetta a svariate considerazioni critiche e ad essa ci si approccia spesso con ritrosia e scetticismo. L’applicazione dell’intelligenza artificiale di per sé può presentare dei rischi e l’utilizzo di algoritmi potrebbe porsi in contrasto con alcuni principi dettati dalla Costituzione[43].

L’associazione di strumenti informatici predittivi al delicato ambito della crisi familiare potrebbe ragionevolmente apparire inappropriata ed inopportuna. La materia del diritto di famiglia è estremamente complessa e delicata, è connotata da un’infinità di variabili e segue dinamiche proprie. Richiede quindi, più di altri ambiti, una personalizzazione della decisione, ossia un’attenta valutazione degli elementi che caratterizzano ogni famiglia.

Gli algoritmi potrebbero non apparire come strumenti idonei a rilevare tutte le peculiarità del singolo caso concreto ed a valutare, con il “giusto” peso, ogni specifico elemento. I calcoli matematici sono asettici e i risultati numerici potrebbero operare una standardizzazione forse non confacente al tema trattato.

Il potere del giudice nella determinazione dei contributi economici potrebbe essere fortemente ridimensionato e ne risulterebbe così limitato l’esercizio del suo potere discrezionale[44].

A ciò si aggiunga che anche i risultati prodotti dagli strumenti informatici potrebbero presentare errori che non devono di certo essere sottovalutati[45]. Se infatti i software garantiscono una certa affidabilità per quanto ai calcoli, che dovrebbero essere esatti con un elevato margine di certezza, ed alle procedure seguite, si deve considerare che l’output dipende, sempre e comunque, dai dati che sono stati individuati ed immessi dall’operatore[46]. In altri termini, il sistema può garantire la correttezza dell’operazione svolta e del processo decisionale seguito in base alla sua programmazione ma, nella sostanza, la correttezza dei risultati dipenderà sempre dalla tipologia e dalla completezza delle informazioni che l’operatore deciderà di fornire come input. Quindi si potrebbero scongiurare gli errori umani nell’esecuzione del calcolo ma permarrebbe comunque un margine di errore strettamente connesso ed imputabile all’immissione dei dati. L’eventuale imprecisione ed incompletezza dei dati immessi nel sistema informatico determinerà, inevitabilmente, che il computo elaborato dallo stesso sarà anch’esso impreciso ed incompleto. In sostanza, non si supererebbe il problema della selezione all’origine dei dati, ossia la valutazione e l’inserimento o meno di ogni singolo elemento, e della loro attendibilità. A tal proposito, occorre evidenziare però che la medesima criticità potrebbe di fatto presentarsi, sia nel giudizio che nella fase negoziatoria, anche quando si procede alla determinazione del quantum senza servirsi di metodi di calcolo informatici. In entrambi i casi, infatti, sarà sempre opera dell’uomo, sia esso un giudice o un avvocato, l’individuazione degli elementi rilevanti da valutare al fine di determinare un assegno congruo. A prescindere da chi elabora il computo, uomo o strumento informatico, rimane il problema dell’individuazione dei dati sui quali il calcolo si basa e della possibile difficoltà nel fotografare l’effettiva situazione economico patrimoniale delle parti. In pratica, la problematica attuale circa eventuali errori umani nella quantificazione degli assegni, a seguito dell’utilizzo degli algoritmi, potrebbe non essere del tutto superata.

Si deve altresì considerare che l’impiego di sistemi informatici nel diritto di famiglia avrà probabilmente una concreta utilità pratica solo nel momento in cui verrà programmato un unico e completo modello di calcolo, in grado di valutare i criteri normativi e giurisprudenziali esistenti in materia, essere nella disponibilità di tutti gli operatori ed avere una diffusione su vasta scala.

La possibilità per le parti e gli operatori di ricorrere a tipologie diversificate di software, programmati secondo regole e procedure non uniformi, come potrebbe accadere attualmente considerati i molteplici modelli di calcolo esistenti, condurrebbe a computi matematici differenti e, di conseguenza, andrebbe ad inficiare l’operatività e l’affidabilità propria di questi strumenti, generando ancora più diffidenza.

Infine, potrebbero riscontrarsi serie difficoltà ad elaborare un modello di calcolo che, oltre ad essere compatibile con le norme e con la giurisprudenza, sia anche dotato delle caratteristiche di riproducibilità, verificabilità ed argomentabilità[47].

6.Riflessioni conclusive

Il dibattito sull’impiego di strumenti informatici nel diritto di famiglia non è nuovo ed ha visto emergere riflessioni contrapposte.

L’utilità pratica che potrebbero avere i metodi di calcolo ai fini della determinazione degli assegni di mantenimento, soprattutto nell’attuale fase della giustizia, appare indubbia ed estremamente rilevante.

Le difficoltà nel tradurre in termini numerici i criteri normativi e giurisprudenziali sono oggettive con ripercussioni sulla prevedibilità degli esiti dei giudizi. Suddette difficoltà che, come sopra illustrato, attualmente si presentano per gli operatori del diritto, nel futuro si verificheranno anche nell’elaborazione e nella programmazione degli algoritmi che dovranno compiere tali valutazioni.

Apparo chiaro come i benefici, che potranno derivare dall’impiego dei metodi di calcolo, si manifesteranno primariamente al di fuori del giudizio, deflazionando il contenzioso. La prevedibilità dell’esito del processo circa il quantum dell’assegno determina una maggiore propensione delle parti coinvolte a definire le questioni economiche fuori dalle aule di giustizia. Ciò permette, soprattutto nel caso in cui l’oggetto della controversia sia esclusivamente di natura economica, di comporre la controversia, in tempi più rapidi rispetto a quelli propri di un giudizio e con costi inferiori a carico delle parti, e di contenere il contenzioso giudiziario. L’utilizzo che potrebbe farsi dei metodi di calcolo sarebbe in linea con la ormai costante sollecitazione alla composizione stragiudiziale delle controversie, anche familiari, che interessa la giustizia civile, e si porrebbe in continuità con l’ampliamento dell’ambito di applicazione della negoziazione assistita in ambito matrimoniale previsto dalla legge n. 206/2021 e dal d.lgs. n. 149/2022.

Nel contenzioso giudiziario i metodi algoritmici non devono essere pensati come una sorta di “giudice robot”, come sostitutivi della decisione del giudice, ma come un ausilio pratico con cui confrontarsi, uno strumento nelle mani di quest’ultimo. La quantificazione, che oggi è compiuta in assenza di qualsivoglia riferimento numerico, potrebbe essere svolta nel futuro, con garanzia di equità e verificabilità, da un sistema appositamente programmato e riproducibile su scala nazionale.

Il giudice manterrebbe un margine di discrezionalità e, verificati i percorsi interni attraverso i quali il sistema ha elaborato uno specifico risultato sulla base dei dati immessi, potrà adattare, con maggiore oggettività, l’importo ottenuto algoritmicamente alle specificità del singolo caso concreto dando una congrua e specifica motivazione. In tal modo, si dovrebbero agevolmente individuare le ragioni della decisione, gli specifici criteri utilizzati e le valutazioni compiute. Elementi, quelli appena citati, che attualmente non sempre si riesce ad esplicitare in maniera esaustiva nella motivazione.

La giustizia potrebbe trarre benefici dall’impiego di strumenti informatici e risultare più efficiente non solo in termini di durata. Le moderne tecnologie potrebbero ridurre le disparità elaborando decisioni più eque, riuscendo ad uniformare, negli stessi uffici giudiziari oltre che nei diversi distretti, le statuizioni circa l’entità dei contributi economici nei casi del tutto analoghi. I vantaggi derivanti dall’applicazione dell’intelligenza artificiale nel diritto di famiglia non escludono, ovviamente, la doverosa analisi di tutti i profili problematici, alcuni dei quali evidenziati in questa sede, che l’innovazione tecnologica può presentare e che devono essere affrontati con attenzione.

I software già sperimentati, che hanno proposto soluzioni applicative concrete e differenti, possono costituire una solida base di partenza da cui attingere per ideare e programmare un unico modello organico, completo e sofisticato.

Rimane che la possibilità di avere preventivamente una indicazione di massima, un riferimento numerico circa il contributo dovuto, può costituire l’opportunità per contenere gli attriti, spesso alimentati dall’emotività e dall’imprevedibilità che caratterizzano tali questioni, a beneficio, in particolare, di tutte le parti coinvolte e, in termini più generali, dell’efficienza del sistema giustizia.

(*) Il presente contributo è stato scritto nell’ambito del progetto “Universitas per la Giustizia. Programma per la qualità del sistema giustizia e per l’effettività del giusto processo” (UNI 4 Justice) – Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Macerata.

[1] Così S. Governatori, M. Maltagliati, G. Marliani, G. Pacini, V. Pilla, Come calcolare gli assegni di mantenimento nei casi di separazione e divorzio – Un approccio interdisciplinare tra diritto, statistica ed economia, Milano, 2009, prefazione p. XIII.

[2] Sul punto si veda F. Buttiglione, Criteri di quantificazione degli assegni di mantenimento. I Fogli di calcolo, in Rivista dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), 2009, n. 2, p. 30 e ss., spec. p. 32 e 33.

[3] Ex multis v. Cass. civ., Sez. I, 17 febbraio 1987, n. 1691; in senso conforme Cass. civ., sez. I, 12 settembre 2011, n. 18618 secondo cui nella separazione «l’inadeguatezza dei redditi viene valutata in funzione dell’esigenza di conservare, almeno tendenzialmente, il medesimo tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale»; Cass. civ., Sez. I, 13 settembre 2022, n. 26890. In dottrina cfr. G. Corapi, Gli effetti patrimoniali della separazione dei coniugi, in G. Bonilini (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, Milanofiori Assago, 2016, Vol. III, p. 2223 e ss., spec. p. 2234. Si veda, altresì, Cass. civ., Sez. I, 27 settembre 2012, n. 16481 per cui la conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario del contributo economico rappresenta un obiettivo tendenziale che «va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall’art. 156 c.c., comma 2». Secondo la Corte la determinazione dei limiti, entro i quali perseguire l’obiettivo di cui sopra, spetta al giudice di merito che deve compiere la comparazione delle risorse dei coniugi per stabilire l’entità dell’assegno. Sulla rilevanza del parametro del tenore di vita nella quantificazione dell’assegno di mantenimento nella separazione a differenza dell’assegno divorzile cfr. Cass. civ., Sez. I, 28 febbraio 2020, n. 5605 e, da ultimo, Cass. civ., Sez. I, 30 settembre 2022, n. 28483.

[4] Cass. civ., Sez. VI – 1, 24 giugno 2019, n. 16809; Cass. civ., Sez. VI – 1, 04 agosto 2022, n. 24249; Cass. civ., Sez. I, 13 settembre 2022, n. 26890.

[5] Così G. Contiero, Il trattamento economico nella separazione e divorzio – Assegno di mantenimento e divorzile, seconda edizione, Milano, 2019, spec. p. 13. Sul punto cfr. anche G. Corapi, op. cit., in G. Bonilini (diretto da), Trattato di diritto di famiglia, spec. p. 2242 per cui le circostanze non sono determinabili a priori ed è rimessa in capo alla giurisprudenza la loro specificazione.

[6] Cass. civ., Sez. VI-1, 15 febbraio 2018, n. 3709. La Suprema Corte, nella citata pronuncia, specifica inoltre che, nella valutazione comparativa delle situazioni dei coniugi, il giudice del merito, anche al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento, possa ricorrere a presunzioni semplici nel concorso dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c., non configurandosi in tale ipotesi una indebita sostituzione dell’iniziativa d’ufficio rispetto a quella della parte sulla quale grava l’onere della prova. Si veda pure Cass. civ., Sez. I, 5 luglio 2006, n. 15326 per cui «al fine di valutare l’idoneità dei redditi del coniuge che richieda l’assegno a consentirgli di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio è necessario tenere conto del parametro di riferimento costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio stesso, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l’entità delle aspettative del medesimo richiedente».

[7] Ad avviso della giurisprudenza possono rilevare come “circostanze” ex art. 156, comma 2, c.c. ai fini della quantificazione dell’assegno: la durata del matrimonio (Cass. civ., Sez. I, 7 dicembre 2007, n. 25618; in particolare, per quanto alla breve durata del matrimonio cfr. Cass. civ., Sez. I, 18 gennaio 2017, n. 1162; Cass. civ., Sez. VI-1, 19 giugno 2019, n. 16405), il contributo apportato dal richiedente alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge (Cass. civ., Sez. I, 7 dicembre 2007, n. 25618; Cass. civ., Sez. I, 22 ottobre 2004, n. 20638), l’attitudine al lavoro del coniuge beneficiario (Cass. civ., Sez. I, 18 febbraio 2005, n. 3404; Cass. civ., Sez. I, 13 gennaio 2017, n. 789), il contesto sociale in cui i coniugi hanno vissuto durante la convivenza (Cass. civ., Sez. I, 23 ottobre 2012, n. 18175).

[8] Si veda B. De Filippis, M. Pisapia, Mantenimento per il coniuge e per i figli nella separazione e nel divorzio – Nuovi orientamenti della giurisprudenza: verso il concetto europeo di autosufficienza dei divorziati, Milanofiori Assago, 2017, spec. p. 93.

A proposito delle dichiarazioni dei redditi dell’obbligato, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che, nelle controversie riguardanti la quantificazione degli assegni di mantenimento, le stesse non assumono valore vincolante per il giudice il quale «nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie», Cass. civ., Sez. I, 30 settembre 2022, n. 28483; cfr. anche Cass. civ., Sez. I, 12 giugno 2006, n. 13592.

[9] Come noto, sul tema dell’assegno divorzile è sorto un contrasto giurisprudenziale risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2018. Secondo un primo orientamento l’assegno era dovuto nel caso in cui il richiedente non avesse o non potesse procurarsi, per ragioni oggettive, i mezzi per mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale (cfr. Cass. civ., S.U., 29 novembre 1990, n. 11490). Di diverso avviso un orientamento più recente (cfr. in particolare, Cass. civ., Sez. I, 10 maggio 2017, n. 11504) per cui l’assegno divorzile era dovuto al richiedente che non avesse o non potesse procurarsi, per ragioni oggettive, i mezzi per raggiungere l’indipendenza o l’autosufficienza economica. Le Sezioni Unite (Cass. civ., S.U., 11 luglio 2018, n. 18287) sono intervenute enunciando il seguente principio di diritto: «Ai sensi della L. n. 898 del 1970art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987,  il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto».

Si evidenzia, inoltre, che di recente la Suprema Corte ha rimesso al Primo Presidente ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., per l’eventuale pronuncia a Sezioni Unite, la questione relativa al criterio normativo della durata legale del rapporto di convivenza, anteriore alla formalizzazione del matrimonio, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, ossia la possibilità di computare la durata della convivenza prematrimoniale per stabilire il quantum dell’assegno (Cass. civ., Sez. I, 18 ottobre 2022, n. 30671).

[10] Con riferimento al potere del giudice di merito di stabilire il quantum dell’assegno facendo ricorso all’equità integrativa si veda Cass. Civ., Sez. I, 17 maggio 2019, n. 13415 per cui «l’esercizio del potere discrezionale di determinazione in via equitativa dell’ammontare dell’assegno di divorzio, espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, che a norma dell’art. 114 c.p.c., attiene alla decisione nel merito della controversia e presuppone sempre una concorde richiesta delle parti, ma ad una decisione adottata secondo le norme di diritto, alla stregua della normativa vigente e quindi caratterizzata dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, destinata come tale, in applicazione di valutazioni parametriche, a determinare del primo l’importo, con la conseguenza che la sentenza pronunciata dal giudice nell’esercizio di tale potere non è ricorribile in cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 114 c.p.c., ove adottata in difetto di concorde richiesta delle parti». Sull’equità integrativa come metodo tradizionale per la quantificazione dei contributi economici v. G. Bertoli, Giustizia predittiva e le prospettive nel diritto di famiglia, in L’Osservatorio sul diritto di famiglia – Diritto e Processo, 2020, n. 3, p. 63 e ss., spec. p. 65. Si veda altresì Trib. Firenze, 3 ottobre 2007, in Fam. e Dir., 2008, n. 1, con nota a sentenza di E. Al Mureden, Tenore di vita e assegni di mantenimento tra diritto ed econometria, p. 39 e ss., spec. p. 41, nella quale si afferma che, con riferimento al mantenimento dei figli ai sensi dell’art. 155 c.c. (ora art. 337 ter c.c.), considerato che la proporzionalità costituisce una clausola generale come tale implicante il riferimento a parametri oggettivi, indicati nel dettaglio dal legislatore, non vi è spazio per valutazioni di equità, quale equità integrativa, alla quale è possibile ricorrere nel caso in cui manchi una completa regolamentazione normativa.

[11] R. Alemanno, Assegno di mantenimento e sindacato sulla motivazione in Cassazione, in Fam. e Dir., 2020, n. 6, p. 552 e ss., spec. p. 566.

[12] A proposito della valutazione da parte del giudice di merito dei parametri indicati dalla norma per la quantificazione dell’assegno divorzile si veda la recente pronuncia della Corte di Cassazione secondo cui «nel quantificare l’assegno di divorzio, il giudice non è tenuto prendere in considerazione tutti, e contemporaneamente, i parametri di riferimento indicati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, ma può anche prescindere da alcuni di essi, dando adeguata giustificazione delle sue valutazioni, con una scelta discrezionale non sindacabile in sede di legittimità» (Cass. civ., Sez. I, 14 dicembre 2022, n. 36559, conforme a Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2018, n. 4091, Cass. civ., Sez. I, 16 maggio 2005, n. 10210).

[13] Sul punto cfr. Cass. civ., Sez. VI – 1, 4 agosto 2022, n. 24249 per cui la motivazione è apparente e, di conseguenza, la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, «benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture»; Cass. civ., Sez. I, 14 dicembre 2022, n. 36559 secondo cui «ricorre il vizio di motivazione meramente apparente allorquando il giudice omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione e di specificare ed illustrare le ragioni che sorreggono il decisum e l’iter logico seguito per pervenire alla pronuncia assunta, onde consentire di verificare se abbia giudicato iuxta alligata et probata».

[14] Cass. civ., Sez. VI-1, 26 settembre 2019, n. 23999.

[15] Sul punto cfr. R. Alemanno, op.cit., p. 565 e ss. L’Autore afferma che non può essere censurata, in sede di legittimità, la determinazione dell’assegno di mantenimento così come l’individuazione dei criteri adottati dal giudice di merito nel caso concreto se tali valutazioni non sono state emesse «[…]in violazione di una specifica disposizione di legge, rimanendo piuttosto nella fisiologia della scelta discrezionale del giudicante». In merito alle censure circa l’inadeguatezza della valutazione, compiuta dal giudice di merito, dei criteri indicati dalla legge per stabilire il quantum degli assegni si veda Cass. civ., Sez. I, 30 settembre 2022, n. 28483. Con particolare riferimento all’assegno divorzile, ad avviso della Suprema Corte, le indicazioni applicative univoche, fornite dalla nota pronuncia delle Sezioni Unite del 2018 alla lettura dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, sono tali per cui, ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell’assegno, «deve procedersi ad una valutazione complessiva dei criteri attributivi e determinativi dello stesso, da intendersi come parametri equiordinati rimessi all’apprezzamento del giudice di merito».

Sulla violazione del principio di proporzionalità nella quantificazione del contributo economico a favore dei figli, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., da parte del giudice di merito che non ha confrontato i redditi dei genitori v. Cass. civ., Sez. VI – 1, 16 settembre 2020, n. 19299 con nota di M. Pavone, Il principio di proporzionalità nella quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli, in Ilfamiliarista.it, 27 novembre 2020.

[16] Così Cass. civ., Sez. I, 3 febbraio 2022, n. 3464. Sull’ammissibilità della censura in merito alla valutazione da parte del giudice di merito delle risultanze istruttorie v. Cass. civ., Sez. I, 10 agosto 2022, n. 24652 per cui la censura è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare la prova, non abbia operato secondo il suo prudente apprezzamento mentre, nel caso in cui si deduca che sia stato solo male esercitato suddetto prudente apprezzamento, la doglianza è ammissibile solo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. nei limiti in cui è consentito il sindacato di legittimità.

[17] Negli anni anche in altri Paesi è stato affrontato il tema dell’utilizzo di strumenti informatici nel diritto di famiglia. Si pensi alla piattaforma di consulenza olandese “Rechtwijzer” (sul punto cfr. C. Castelli, D. Piana, Giustizia predittiva. La qualità della giustizia in due tempi, in questionegiustizia.it, 2018),  alle tabelle utilizzate in Germania ed in Svizzera per l’individuazione del costo dei figli (cfr. M. Maglietta, CHICOS – Child Cost Software. Fondamenti, sviluppo e informazioni ottenibili da un metodo di calcolo che si basa sulla legge n. 54/2006, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di), Gli assegni di mantenimento tra disciplina legale e intelligenza artificiale, Torino, 2020, p. 225 e ss., spec. p. 233-236), alle tabelle di riferimento per il calcolo del mantenimento dei figli adottate dal Ministero della Giustizia francese (sul tema cfr. D. M. Locatello, La tutela della parte debole tra solidarietà e autoresponsabilità. Le soluzioni del sistema francese e spagnolo – Le soluzioni dell’ordinamento francese, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) op. cit., p. 81 e ss., spec. p. 97 e ss.; B. De Filippis, M. Pisapia, op.cit., p. 309 e ss.).

[18] Così L. Viola, Voce Giustizia predittiva, in Treccani.it (https://www.treccani.it/enciclopedia/giustizia-predittiva_%28Diritto-on-line%29/), 2018. Per C. Castelli, D. Piana, op.cit., con l’espressione giustizia predittiva «[…] si descrive un ventaglio di opzioni che hanno in comune la applicazione di sofisticate tecnologie sia con finalità di carattere analitico/induttivo (si scoprono pattern decisionali o pattern comportamentali analizzando e processando dati che riguardano casi e decisioni già avvenuti) sia con finalità prospettico – predittivo[si individuano propensioni e su questa base vengono valutate le probabilità con le quali si può prevedere che la decisione del giudice – in caso di soluzione giudiziale delle controversie – o del mediatore – in caso di attivazione di meccanismi Adr (Alternative dispute resolution) – converga su un punto che possiamo definire focale]. In altri termini non si tratta di predire con esattezza puntuale il dispositivo di una sentenza, ma di individuare l’orientamento del ragionamento del giudice. Poiché tale ragionamento non ha mai la natura di un sillogismo lineare, ma si compone di passaggi analogici deduttivi induttivi, la predizione sarà focale e non puntuale». Sul tema cfr. anche C. Castelli, Giustizia predittiva, in questionegiustizia.it, 2022.

In merito all’applicazione degli algoritmi decisionali nel processo civile si veda E. Gabellini, Algoritmi decisionali e processo civile: limiti e prospettive, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2022, n. 1, p. 59 e ss.

Per un approfondimento sul tema dell’applicazione dell’intelligenza artificiale al processo si veda M. F. Ghirga, La giustizia “piovuta” dal cielo – Riflessioni suggerite dalle Lezioni americane di Italo Calvino, Torino, 2021, spec. p. 183 e ss.; A. Carratta, Decisione robotica e valori del processo, in Riv. Dir. Proc., 2020, n. 2, p. 491 e ss.; R. Bichi, Intelligenza artificiale tra “calcolabilità” del diritto e tutela dei diritti, in Giur. It., luglio 2019, p. 1772 e ss.

[19] Sul punto v. G. Bertoli, op. cit, spec. p. 65; S. Governatori, M. Maltagliati, G. Marliani, G. Pacini, V. Pilla, op. cit., che nel sottotitolo parlano di un «approccio interdisciplinare tra diritto, statistica ed economia».

[20] Cfr. anche il Libro bianco sull’intelligenza artificiale – Un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia, pubblicato nel 2020, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A52020DC0065&qid=

1669893525000 e la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’unione, pubblicata nel 2021, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021PC0206. Sulla proposta di regolamento cfr. G. Finocchiaro, La proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale: il modello europeo basato sulla gestione del rischio, in Il diritto dell’informazione e dell’informatica, 2022, n. 2, p. 303 e ss.

[21] Sul tema del cd. danno da perdita del rapporto parentale cfr. G. D’Aietti, Le tabelle a punti del danno da morte: una predittività (finalmente) concreta, misurata e realizzata da giuristi, in Il Foro Italiano, 2022, n. 10, p. 284 e ss.; G. D’Aietti, Le tabelle a punti per il danno da morte: un innovativo strumento per misurare il diritto. La predittività giuridica resa concreta, in Ridare.it, 21 settembre 2022.

[22] Trib. Firenze, 3 ottobre 2007, in Fam. e Dir., 2008, n.1, p. 39 e ss. con nota di E. Al Mureden, Tenore di vita e assegni di mantenimento tra diritto ed econometria, e in Rivista dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), 2008, n. 2, p. 28 e ss. Per un’analisi della pronuncia sopra citata si veda anche F. Buttiglione, op. cit., p. 36 e ss.

Per un approfondimento in merito al Modello MoCAM cfr. M. Maltagliati, G. Marliani, L’approccio dello statistico: il modello MoCAM, in S. Governatori, M. Maltagliati, G. Marliani, G. Pacini, V. Pilla, op. cit., p. 143 e ss.; M. Maltagliati, G. Marliani, MoCAM – Un Modello per il Calcolo dell’Assegno di Mantenimento in caso di separazione dei coniugi, in G. Cassano, M. De Giorgi, L’assegno di mantenimento e gli alimenti – Vicende e quantificazione, Santarcangelo di Romagna, 2010, p. 99 e ss.; M. Maltagliati, G. Marliani, Il modello MoCAM, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) op. cit., p. 255 e ss., nonché il sito www.mocam.net.

[23] Per scala di equivalenza si intende «un indicatore che esprime, in senso relativo, i bisogni di famiglie con caratteristiche diverse rispetto ad una famiglia di riferimento i cui bisogni sono posti convenzionalmente pari ad uno» così M. Maltagliati, G. Marliani, Il modello MoCAM, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di), op. cit., spec. p. 264.

Esistono diverse scale di equivalenza come, per esempio, l’ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente). MoCAM, si precisa nell’opera sopra citata, utilizza lo stesso metodo adottato dall’ISTAT ma con l’aggiunta di alcune varianti in modo da rendere la scala adatta al confronto dei bisogni dei nuclei familiari nei casi di separazione.

[24] Così G. Marliani, M. Maltagliati, Come la statistica può aiutare a calcolare l’assegno di mantenimento in maniera oggettiva, in Rivista dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), 2008, n. 2, p. 16 e ss. In particolare, osservano gli Autori «quantificare il trasferimento monetario tra due agenti economici al fine di raggiungere un qualche equilibrio è un tipico problema di statistica (economica)».

[25] Vedi M. Maglietta, op.cit., p. 225 e ss.; nonché il sito www.crescere-insieme.org.

[26] Cfr. R. Rovatti, SAM – Stima Assegni di Mantenimento, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di), op. cit., p. 279 e ss.; nonché il sito www.stimaassegnidimantenimento.it.

[27] Per un approfondimento si veda G. D’Aietti, Il “metodo D’Aietti” e ReMida Famiglia, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) op. cit., p. 301 e ss.; G. D’Aietti, Strumenti informatici predittivi e mediazione nelle separazioni e divorzi, in Rivista scientifica trimestrale del diritto di famiglia e della pedagogia delle persone, 2021, n. 1, p. 23 e ss.; nonché il sito www.remidafamiglia.com.

[28] Per un dettagliato esame si veda G. Bertoli, Il metodo “Palermo”, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) op. cit., p. 243 e ss.; M. Barresi, Il programma per la determinazione degli assegni nei procedimenti di separazione e di divorzio utilizzato dal Tribunale di Palermo, in Rivista AIAF n. 2/2008 cit., p. 24 e ss.

[29] Si veda G. Latti, Vantaggi e limiti nell’utilizzo di un programma di calcolo dell’assegno di mantenimento. La prassi del Tribunale di Cagliari, in Rivista AIAF n. 2/2009 cit., p. 65 e ss.

[30] Cfr. P. Calabro’, I criteri di quantificazione dell’assegno per il coniuge e i figli. Riflessioni, proposte e orientamenti del Tribunale di Monza, in Rivista AIAF n. 2/2009 cit., p. 55 e ss.

[31] Per un’approfondita e completa analisi dei metodi calcolo citati nel presente paragrafo si veda E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) op. cit., e per una loro comparazione cfr., in particolare, E. Al Mureden, R. Rovatti, Metodi a confronto, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) op. cit., p. 333 e ss.

[32] Sul punto si veda M. Barresi, op.cit., p. 24 con riferimento al programma per la quantificazione degli assegni utilizzato dal Tribunale di Palermo.

[33] L’art. 473 bis.18 (Dovere di leale collaborazione), sempre introdotto dal d. lgs. n. 149/2022, così dispone «Il comportamento della parte che in ordine alle proprie condizioni economiche rende informazioni o effettua produzioni documentali inesatte o incomplete è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116, nonché ai sensi del primo comma dell’articolo 92 e dell’articolo 96».

[34] E. Gabellini, La «comodità» nel giudicare: la decisione robotica, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2019, n. 4, p. 1305 e ss., spec. p. 1324 e ss. che rileva come i sistemi di giustizia predittiva potrebbero disincentivare il ricorso alla giustizia. Secondo l’A. potrebbero essere favorite forme alternative di risoluzione delle liti «[…] qualora le parti, alla luce del risultato probabilistico confezionato dall’algoritmo con riguardo alla propria vertenza, ritengano che i vantaggi derivanti dal giudizio non siano convenienti. Il dato elaborato dalla macchina potrebbe, per esempio, rappresentare il punto di riferimento su cui negoziare la controversia».

[35] G. D’Aietti, Strumenti informatici predittivi e mediazione nelle separazioni e divorzi op. cit., p. 28 e ss. Cfr. anche A. Vilei, Moderni strumenti di supporto al conflitto economico nel percorso di mediazione familiare, in Rivista scientifica trimestrale del Diritto di famiglia e della Pedagogia delle persone, 2021, n. 2, p. 32 e ss. La mediazione familiare ha trovato maggiore riconoscimento e regolamentazione nella legge n. 206/2021 e nel d.lgs. n. 149/2022 (cfr., ad esempio, gli artt. 473 bis.10 e 473 bis.14 introdotti all’interno del Libro II, Titolo IV-bis del codice di procedura civile).

[36] G. D’Aietti, Strumenti informatici predittivi e mediazione nelle separazioni e divorzi op. cit., p. 33.

[37] Secondo E. Gabellini, Algoritmi decisionali e processo civile: limiti e prospettive, cit., p. 89 la robotica può costituire un valido supporto, oltre che in altri ambiti, anche con riferimento agli aspetti economici nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio.

[38] Si veda R. BICHI, op. cit., spec. p. 1778, per cui «La soglia oltre la quale l’IA non può andare è il momento della decisione da parte del Giudice. Il Giudice – come già fa ora con le sempre più ricche banche dati – deve dialogare con i sistemi informatici, con le elaborazioni ragionate dall’IA, ma gli esiti di esse devono rimanere in un ambito ausiliario; la valutazione, la motivazione devono insistere in quell’ambito specifico di apprezzamento del fatto e di valutazione delle condotte delle persone che sostanzia quell’umanesimo giudiziario che è una delle più grandi conquiste delle democrazie liberali»

[39] Cfr. G. Bertoli, Giustizia predittiva e le prospettive nel diritto di famiglia, cit., p. 65, per cui la «Giustizia algoritmica» non può essere progettata come la cd. black box ma deve rendere accessibili i propri meccanismi interni e qualificare tutti i dati di cui si serve.

[40] Si consideri che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il giudice di merito può discostarsi anche dalle valutazioni espresse dal c.t.u., che non hanno efficacia vincolante per il giudice, «ma è pur vero che detto giudice può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo indicare in particolare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico – giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u.» (Cass. civ., Sez. I, 3 marzo 2011, n. 5148; sul tema cfr. S. Molfino, Istruttoria e mezzi di prova nei procedimenti di separazione, Milano, 2019, spec. p. 162).

Sui possibili atteggiamenti del giudice di fronte ad una decisione algoritmica cfr. E. Gabellini, La «comodità» nel giudicare: la decisione robotica, cit., spec. p. 1319.

[41] Cfr. C. Cecchella, Introduzione alla sostituzione del giudice con l’algoritmo nelle controversie economiche familiari e minorili, in L’Osservatorio sul diritto di famiglia – Diritto e Processo, 2020, n. 3, p. 54 e ss., spec. p. 56, il quale, interrogandosi sul problema dell’impugnazione, osserva «[…] la decisione robotica non ammette per definizione un gravame o un’impugnazione: si può ammettere un robot di secondo grado? L’algoritmo, il calcolo matematico, non può sbagliare per definizione».

[42] Così G. Bertoli, op. cit., p. 65-66 la quale aggiunge che «l’utilizzo dell’IA debole non deve essere avvertito come una sostituzione del percorso decisorio tradizionale, ma un ausilio per l’ottimizzazione della Giustizia, tanto da potersi parlare addirittura di un percorso argomentativo più trasparente, basato su dati oggettivi e non totalmente su un giudizio di equità».

[43] Cfr. C. Cecchella, op. cit., spec. p. 55-56, il quale si interroga sulla “coerenza” di un modello di giustizia artificiale o robotica, basato su algoritmi, con alcune norme costituzionali come gli artt. 102, 24, 111 e 101 Cost.

[44] Cfr. E. Battelli, Giustizia predittiva, decisione robotica e ruolo del giudice, in Giustizia Civile, 2020, n. 2, p. 281 e ss., spec. p. 292, il quale ha osservato che quando il legislatore riconosce, come nella materia del diritto di famiglia, ampi poteri al giudice, sia di fatto preclusa l’utilizzazione di modelli matematici.

[45] Si veda D. Dalfino, Stupidità (non solo) artificiale, predittività e processo, in questionegiustizia.it, 2019, il quale, trattando delle connessioni tra intelligenza artificiale e processo in generale, osserva come non possa escludersi la diffusione di errori robotici.

[46] Sul punto v. E. Battelli, op. cit., p. 295 e ss.; E. Gabellini, La «comodità» nel giudicare: la decisione robotica, cit., spec. p. 1307.

[47] Sul punto si veda E. Al Mureden, G. Bertoli, Prospettive de jure condendo e metodi di calcolo, in E. Al Mureden, R. Rovatti (a cura di) cit., p. 347 e ss., che, con riferimento ai metodi di calcolo oggetto di analisi, esaminano la questione della riproducibilità, ossia «la garanzia che a casi molto simili tra loro conseguano determinazioni molto simili», e della verificabilità, ossia «la possibilità teorica dell’utente di ripercorrere autonomamente i passi del calcolo senza necessità di aprioristico affidamento al metodo» ed i riflessi che le considerazioni sulle caratteristiche di cui sopra hanno «sulla possibilità di descrivere il ragionamento quantitativo proposto da ciascuno dei metodi, senza che la comprensione dello stesso necessiti dell’intervento di un tecnico che si intenda di statistica applicata o econometria». Sul tema cfr. anche G. Bertoli, Giustizia predittiva e le prospettive nel diritto di famiglia, cit., spec. p. 69.