Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
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Il problema della sovrapposizione tra condizioni di procedibilità. Brevi note sulla pronuncia della Corte Costituzionale n. 162/2016.
La tutela garantita dall’art. 24 Cost., non è compromessa dal meccanismo della negoziazione assistita obbligatoria, attesa la sua complementarità rispetto alla procedura stragiudiziale obbligatoria prevista dall’art. 145, d.lgs. 209/2005.
1)L’introduzione della negoziazione assistita obbligatoria avvenuta con l’art. 3, del d.l. 132/2014, convertito in l.n. 162/2014, solleva la problematica della sovrapposizione tra condizioni di procedibilità della domanda giudiziale. La successione di leggi ha generato problemi di coordinamento, che in alcuni casi conducono alla sovrapposizione tra il nuovo istituto della negoziazione assistita, ed altre procedure stragiudiziali preesistenti, quando previste in forma obbligatoria. La negoziazione assistita obbligatoria interferisce non solo con la mediazione obbligatoria prevista dall’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, ma anche con la procedura stragiudiziale obbligatoria prevista dall’art. 145, d.lgs. n. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private), e quella prevista, nel settore delle telecomunicazioni, ex art. 1, comma 11, l.n. 249/1997.
Nei casi appena detti, c’è da chiedersi se sia ragionevole che le parti in lite vengano obbligate dal legislatore all’esperimento di ben due procedimenti finalizzati alla risoluzione stragiudiziale della controversie, prima di poter accedere al processo.
La Corte Costituzionale ha avuto modo di esprimersi a tale proposito, attraverso la recente sentenza n. 162, del 7 luglio 2016, con la quale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità dell’art. 3, comma 1, d.l. 132/2014, sollevata dal giudice a quo, il quale ha denunciato che l’introduzione di una ulteriore condizione di procedibilità, che si sovrappone alla condizione di proponibilità già prevista dagli artt. 145 e seg., del d.lgs. 209/2005, in tema di azioni risarcitorie del danno da circolazione di veicoli, risulti essere “del tutto irragionevole oltre che inutile” avendo “il solo fine di rinviare sine die l’inizio del contenzioso”, con ciò appunto violando gli artt. 3 e 24 Cost.
2)Secondo la Corte Costituzionale, la negoziazione assistita, contrariamente a quanto affermato dal rimettente, non è un “inutile doppione” rispetto alla c.d. “messa in mora” prevista dagli artt. 145 e seg. del Codice delle assicurazioni private, in quanto i due istituti assolvono a funzioni diverse: la ratio della “messa in mora”, è quella di rafforzare le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo dell’onere di diligenza a suo carico, con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore, il quale, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto della istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum; la ratio della negoziazione assistita, che nel contesto della procedura di messa in mora presuppone che l’offerta risarcitoria non sia stata ritenuta satisfattiva dal danneggiato, ovvero, che non sia stata nemmeno formulata dall’assicuratore, è invece quella di precedere ed eventualmente evitare il processo, attraverso “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati”.
Dunque, la tutela garantita dall’art. 24 Cost., la quale non comporta l’assoluta immediatezza dell’esperibilità del diritto di azione (sentenze n. 243 del 2014 e n. 276 del 2000, per tutte), non sarebbe compromessa dal meccanismo della negoziazione assistita, attesa la sua complementarità rispetto al previo procedimento di messa in mora dell’assicuratore, agli effetti dell’auspicata realizzazione anticipata, in via stragiudiziale, dell’interesse risarcitorio del danneggiato.
Né è sostenibile, secondo l’avviso della Corte Costituzionale, che la compresenza dei due istituti sia idonea, come afferma il giudice a quo, a protrarre sine die l’esercizio del diritto di azione, attesa la brevità del termine (“non superiore a tre mesi”, prorogabile solo “su accordo delle parti” per non più di trenta giorni) entro il quale deve essere comunque conclusa la negoziazione (art. 2, lettera a, del d.l. n. 132 del 2014).
Quanto ai costi di tale procedura (che non necessariamente gravano solo sull’attore, potendo formare oggetto di diversa regolamentazione in sede di accordo, od essere posti a carico del soccombente in caso di successivo giudizio), i giudici della Consulta escludono che questi siano tali da limitare o rendere eccessivamente difficoltosa la tutela giurisdizionale, ed affermano che, anzi, tali costi risultano certamente inferiori a quelli del giudizio che l’interessato ha la possibilità, peraltro, di risparmiare[1].
Sulla base di queste premesse, la Corte Costituzionale giunge alla conclusione secondo cui il meccanismo della negoziazione assistita, reso obbligatorio dalla disposizione denunciata nelle controversie risarcitorie di danno da circolazione di veicoli o natanti, riflette un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di tutela del danneggiato e quella (di interesse generale), che il differimento dell’accesso alla giurisdizione intende perseguire, di contenimento del contenzioso, anche in funzione degli obiettivi del “giusto processo”, per il profilo della ragionevole durata delle liti, oggettivamente pregiudicata dal volume eccessivo delle stesse[2].
3)La pronuncia in esame, risulta difficile da approvare. La Corte Costituzionale, infatti, non ha preso in considerazione un aspetto fondamentale: lo strumento autonomo[3] di risoluzione stragiudiziale della controversia, porta ad un esito positivo, e quindi al raggiungimento di un accordo, solo se ed in quanto gli interessi sottostanti delle parti siano fra di loro compatibili[4], e si presentino in concreto come componibili. Appare quindi irragionevole l’imposizione dell’esperimento di due procedimenti di risoluzione stragiudiziale, poiché, se sussistono interessi tra loro compatibili, la controversia si risolverà presumibilmente con un accordo, al quale le parti in lite giungeranno nella prima sede stragiudiziale, risultando decisamente improbabile che questo accada nella seconda. Per i motivi appena detti, la sovrapposizione di condizioni di procedibilità, al contrario di quanto affermato dalla Corte Costituzionale, mal si concilia con gli artt. 3 e 24 Cost., poiché produttiva di una irragionevole compressione del diritto di azione[5], in una situazione di alta improbabilità di un risultato conciliativo dopo il fallimento del primo tentativo.
Con questa pronuncia, la Consulta, non solo ha sprecato un’occasione per fare chiarezza sul rapporto tra negoziazione assistita obbligatoria ed altre procedure stragiudiziali obbligatorie, ma ha pure stroncato sul nascere valide soluzioni dottrinali alla sovrapposizione tra condizioni di procedibilità.
A proposito del rapporto tra negoziazione assistita obbligatoria e mediazione obbligatoria, ad esempio, secondo un condivisibile orientamento dottrinale[6], in caso di cumulo di domande astrattamente soggette l’una a mediazione, l’altra a negoziazione[7], partendo dal presupposto secondo cui tra i due istituti c’è un rapporto di sussidiarietà[8], e dall’assunto secondo cui la mediazione possiede un quid pluris rispetto alla negoziazione assistita dato dalla presenza del terzo-mediatore, la soluzione sarebbe potuta essere quella di far esperire la mediazione su entrambe le domande, ritenendo che la mediazione tentata su entrambe le domande potesse superare la necessità della negoziazione assistita. In seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale, quella che poteva essere una soluzione volta ad evitare l’irragionevole sovrapposizione tra condizioni di procedibilità, non pare più praticabile.
[1] Di diverso avviso è F.MARTINI, Rc auto, il rischio è un appesantimento procedurale, in Guida al diritto, 2014, 39, p. 102 e seg., il quale afferma, tra le altre cose, che il legislatore, emanando il d.l. n. 132/2014, così come convertito dalla l.n. 162/2014, non abbia tenuto conto del fatto che nel nostro ordinamento sia già presente una procedura speciale (quella degli artt. 145 e seg. del Codice delle assicurazioni private) che prescrive alle parti di un sinistro stradale di attuare un vero e proprio tentativo stragiudiziale di risoluzione della controversia, consistente in una ormai collaudata negoziazione tecnica (l’ufficio di liquidazione da una parte, ed il patrocinatore della vittima dall’altra), e che, di conseguenza, lo strumento di negoziazione assistita obbligatoria non sia altro che un inutile appesantimento di procedure e costi.
[2] Così in Corte Cost., sent. n. 162 del 7 luglio 2016, in www.giurcost.org.
[3] Sono definiti strumenti “autonomi” di risoluzione delle controversie, quelli in cui l’atto che individua le concrete regole di condotta, è posto in essere, è formato dagli stessi soggetti, che sono i destinatari degli effetti dell’atto stesso, da distinguere dagli strumenti “eteronomi” nei quali le concrete regole di condotta sono determinate da un soggetto diverso dai destinatari degli effetti dell’atto, secondo “giustizia”. Così F.P.LUISO in Diritto Processuale Civile, Volume V, La Risoluzione non Giurisdizionale delle Controversie, Giuffrè Editore, 2015, pp. 13 e seg.
[4] Così F.P.LUISO, in Diritto Processuale Civile, Volume V, La Risoluzione non Giurisdizionale delle Controversie, cit. p. 20.
[5] Dello stesso avviso M.VACCARI, Profili di incostituzionalità della negoziazione obbligatoria, in www.judicium.it , p. 9, ed anche F.MARTINI, Rc auto, il rischio è un appesantimento procedurale in Guida al Diritto, 2014, 39, pp. 102 e seg. , a proposito del rapporto tra negoziazione assistita obbligatoria e procedura stragiudiziale prevista dall’art. 145 Cod. Ass. Priv. come condizione di proponibilità della domanda giudiziale.
[6] F.VALERINI, Il cumulo di domande determina il cumulo tra mediazione e negoziazione assistita?, in Diritto e Giustizia, 6 giugno 2016.
[7] Come ad esempio accade nel caso oggetto dell’ordinanza del Tribunale di Verona, del 12 maggio 2016, in cui l’attore, relativamente ad un identico fatto storico, avanza una duplice pretesa: propone, da un lato, domanda di risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa (soggetta a mediazione obbligatoria), dall’altro domanda di risarcimento danni per concorrenza sleale (soggetta a negoziazione assistita nella misura in cui non superi la somma di cinquantamila euro).
[8] Gli istituti della mediazione e della negoziazione assistita, si trovano, tra di loro, in un rapporto di sussidiarietà, in quanto, al sorgere di una controversia, prima di esercitare azione in giudizio, le parti potrebbero, innanzi tutto, tentare di trovare un accordo tra di loro (negoziazione diretta), poi attraverso l’assistenza dei propri avvocati (negoziazione assistita), ed in caso di ulteriore insuccesso, attraverso l’intervento di un terzo mediatore (mediazione). Così F.VALERINI, La negoziazione assistita, in Processo civile efficiente e riduzione arretrato, a cura di F.P.LUISO, G.Giappichelli Editore, p.28.