Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
La vigente normativa in materia di trattamento dei dati personali definita in conformità alle previsioni contenute nel Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (Regolamento generale sulla protezione dei dati, di seguito “Regolamento Privacy UE”) contiene disposizioni dirette a garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, con particolare riguardo al diritto alla protezione dei dati personali.
Finalità del Trattamento e base giuridica
Il trattamento dei dati personali è finalizzato a:
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Conservazione dei dati
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Tipologie di dati personali trattati
La Società può raccogliere i seguenti dati personali forniti volontariamente dall’utente:
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Trattamento dei dati
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Modalità del trattamento dei dati: I dati personali oggetto di trattamento sono:
trattati in modo lecito e secondo correttezza da soggetti autorizzati all’assolvimento di tali compiti, soggetti identificati e resi edotti dei vincoli imposti dal GDPR;
raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
esatti e, se necessario, aggiornati;
pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati;
conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati;
trattati con il supporto di mezzi cartacei, informatici o telematici e con l’impiego di misure di sicurezza atte a garantire la riservatezza del soggetto interessato cui i dati si riferiscono e ad evitare l’indebito accesso a soggetti terzi o a personale non autorizzato.
Natura del conferimento
Il conferimento di alcuni dati personali è necessario. In caso di mancato conferimento dei dati personali richiesti o in caso di opposizione al trattamento dei dati personali conferiti, potrebbe non essere possibile dar corso alla richiesta e/o alla gestione del servizio richiesto e/o alla la gestione del relativo contratto.
Comunicazione dei dati
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Diritti dell’interessato.
Ai sensi degli articoli 15-20 del GDPR l’utente potrà esercitare specifici diritti, tra cui quello di ottenere l’accesso ai dati personali in forma intelligibile, la rettifica, l’aggiornamento o la cancellazione degli stessi. L’utente avrà inoltre diritto ad ottenere dalla Società la limitazione del trattamento, potrà inoltre opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati. Nel caso in cui ritenga che i trattamenti che Lo riguardano violino le norme del GDPR, ha diritto a proporre reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ai sensi dell’art. 77 del GDPR.
Titolare e Responsabile per la protezione dei dati personali (DPO)
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2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
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Presunto colpevole
Di Francesco P. Luiso -
1.C’è una corrente di pensiero nella nostra giurisprudenza e nella nostra dottrina, secondo la quale chi si rivolge al giudice è colpevole per definizione, e quindi va scoraggiato. Si tratta ovviamente di una fallacia naturalistica, perché non tiene conto delle ragioni per le quali si chiede la tutela giurisdizionale, e quindi non prende in considerazione il comportamento di chi rende necessario, per l’altra parte, rivolgersi al giudice.
Emblematico, a questo proposito, è quanto prevede l’art. 13 del D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in tema di mediazione civile e commerciale, secondo il quale <<Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto>>.
Ipotizziamo, dunque, che Tizio proponga un’istanza di mediazione relativamente ad una controversia avente ad oggetto il risarcimento di un danno da quantificare. Il mediatore avanza una proposta: pagamento di 500. Tizio rifiuta, e il giudice gli riconosce 500: Tizio paga le spese processuali sue, quelle di Caio ed è costretto pure a pagare due volte il contributo unificato. Se, invece, è Caio a rifiutare la proposta, ed il giudice riconosce a Tizio 500, quali sono le conseguenze negative per Caio? Praticamente nessuna: egli paga le spese sue e quelle di Tizio come se il mediatore non avesse formulato alcuna proposta.
Dunque una penalizzazione per chi infondatamente persiste nella sua domanda; nessuna conseguenza negativa, invece, per chi infondatamente persiste nel suo rifiuto di adempiere.
2.Il legislatore, invero, con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 ha integrato l’art. 1284 c.c., stabilendo che dal momento della proposizione della domanda giudiziale (o della domanda di arbitrato) gli interessi legali corrano ad un saggio maggiore rispetto a quelli per così dire ordinari, al fine di evitare che il debitore possa lucrare, per il tempo in cui dura il processo, della differenza fra il saggio di interessi legale e quello richiesto dal sistema bancario per un mutuo.
Si consideri, infatti, che il saggio degli interessi legali, di cui al primo comma dell’art. 1284 c.c., varia di anno in anno in maniera anche rilevante (per l’anno 2024 2,50%; per l’anno 2023 5%; per l’anno 2022 1,25 %; per l’anno 2021 0,01%) in base a criteri di politica economica del tutto avulsi dal mercato, ed è di solito ben inferiore agli interessi di un mutuo bancario. Sicché il debitore ha tutto da guadagnare nel finanziarsi a spese del creditore.
Tuttavia, questa disposizione non è piaciuta alla nostra Corte di Cassazione la quale, com’è noto, ha cercato di sterilizzarne la portata con le sezioni unite 7 maggio 2024 n. 12449.
3.Anche alla sezione lavoro della S.C. (Cass. 30 aprile 2025, n. 11343) il quarto comma dell’art. 1284 c.c. non piace.
Nel caso di specie, la richiesta degli interessi al saggio di cui a questa norma era stata richiesta fin dall’atto introduttivo, ma era stata rigettata sia in primo che in secondo grado. La Corte procede ad un’accurata analisi storica dell’art. 429, comma terzo, c.p.c. che – come noto – introduce una speciale disciplina di diritto sostanziale dei crediti dei “lavoratori”, per tali intendendosi i soggetti indicati nell’art. 409 c.p.c. Quindi non soltanto a favore dei lavoratori subordinati, ma anche dei mezzadri, affittuari coltivatori diretti, lavoratori autonomi parasubordinati, etc.
Si noti che la natura sostanziale di tale disposizione emerge chiaramente dalla assolutamente maggioritaria interpretazione del termine “condanna”, di cui a tale norma. Si ritiene, infatti, del tutto correttamente che, se anche il datore di lavoro paga il capitale prima della pronuncia della sentenza, spettino ugualmente gli interessi maturati dal momento in cui la somma era dovuta fino all’adempimento.
Si chiede, dunque, la Corte come si possano coordinare l’art. 409, terzo comma, c.p.c. e l’art. 1284, quarto comma, c.c. E la risposta che dà è, a nostro avviso, assolutamente corretta: gli interessi legali si calcolano al saggio di cui al comma primo dal momento in cui inizia la mora del debitore al momento in cui viene proposta la domanda giudiziale; al saggio di cui al quarto comma dal momento della proposizione della domanda fino al pagamento.
Ma tale coordinamento – tutt’altro che difficoltoso, al contrario di quanto afferma invece la pronuncia nel § 25 – è disatteso per <<considerazioni ordine sistematico>> (§ 26), e cioè sostanzialmente perché la previsione dell’art. 429, comma terzo, c.p.c. sarebbe già penalizzante per il debitore, e perché tale <<macchinoso disposto integrerebbe uno sproporzionato cumulo di c.d. pene private, e per questo sospettabile d’illegittimità costituzionale per irrazionalità manifesta ex art. 3 Cost.>>.
4. Ma veramente quanto previsto dall’art. 429, comma terzo, c.p.c. sarebbe penalizzante per il debitore? Ovviamente dovremmo precisare: infondatamente penalizzante?
E tuttavia la stessa pronuncia chiarisce (§ 28) che questa norma fa fronte a quanto derivante dall’inadempimento della controparte, garantendo al lavoratore tutto quello e proprio quello che avrebbe avuto se tale inadempimento non vi fosse stato: che poi non è altro che il compito della giustizia civile, secondo il ben noto postulato di Chiovenda.
E ancora: ma siamo sicuri che, applicando l’art. 1284 quarto, comma c.c., al periodo di tempo intercorrente fra la proposizione della domanda e l’adempimento, si avrebbe uno sproporzionato cumulo di pene private, addirittura incostituzionale? E come dovremmo definire allora il terzo comma dell’art. 96 c.p.c., laddove la sanzione non ha né una fattispecie né una quantificazione stabilite dal legislatore, ed è rimessa quindi all’arbitrio del giudice, come in una grida manzoniana? E come dovremmo definire quanto prevede la normativa sul ritardo dei pagamenti, che lo stesso art. 1284, quarto comma, c.c. richiama?
Evidentemente ci sono debitori e debitori: per quelli di cui al D. Lgs. 9 dicembre 2002, n. 231, il cumulo di pene private va bene, anche prima e al di fuori del processo; per quelli che resistono infondatamente alla domanda altrui, con ciò incrementando la richiesta di intervento del giudice, invece, è sproporzionato ed in odore di incostituzionalità.