Opposizione all’intervento e sospensione dell’esecuzione

Di Bruno Capponi -

In passato, si è a lungo dubitato se l’opposizione all’intervento del creditore munito di titolo fosse ammissibile in fase espropriativa e se essa configurasse una opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. Allo stato attuale della giurisprudenza, specie dopo la SS.UU. n. 61/2014, può dirsi pacifico che la contestazione, certamente ammissibile prima della distribuzione, introduce una opposizione all’esecuzione, con la connessa possibilità di chiedere al g.e., nella fase sommaria, la sospensione dell’esecuzione (con provvedimento reclamabile).

Il punto è: quale sospensione sarebbe in astratto possibile, se il processo esecutivo è retto dal titolo, non contestualmente attaccato, del creditore procedente?

La domanda è legittima, ma la questione è reversibile: quale sospensione risulterà in astratto possibile, qualora venga attaccato il solo creditore procedente in presenza di intervenuti muniti di titolo?

Il Tribunale di Roma, dinanzi alla prima questione, opina che «la sospensione di cui all’art. 624 c.p.c. ha ad oggetto il processo esecutivo nella sua interezza e deve trovare un fumus di fondatezza rispetto a tutti i creditori intervenuti». Così, per ottenerla, occorrerà attaccare tutti i creditori, procedente e intervenuti, che siano muniti di titolo e ciò in attuazione del «principio di interscambiabilità dei titoli del procedimento esecutivo». Su tale soluzione può facilmente convenirsi.

Il Tribunale, però, non dice quale sia l’effetto – caso di specie – della contestazione del diritto del creditore intervenuto, allorché ricorra un fumus di fondatezza dell’opposizione e non venga contestualmente attaccato il creditore procedente.

Se infatti l’art. 624, comma 1, c.p.c. dovesse essere preso alla lettera, la contestazione di taluno dei creditori titolati, e non anche degli altri, non potrebbe mai portare alla sospensione e pertanto verrebbe meno una delle più rilevanti finalità della fase sommaria delle opposizioni, fase indefettibile secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità. Il debitore dovrebbe subire gli effetti dell’esecuzione pur in presenza di contestazioni prima facie fondate, condizione resa ancor più gravosa dal problema, tuttora irrisolto, degli effetti della sentenza di accoglimento dell’opposizione che, non essendo di condanna, non soggiace al regime dell’art. 282 c.p.c.

L’interprete deve quindi sforzarsi di trovare una soluzione che rispetti lo spirito, se non anche la lettera, dell’art. 624, comma 1, c.p.c.

A nostro avviso, lo spirito della norma è nel senso che qualora la contestazione non possa riflettersi sul processo esecutivo (come accade, ad es., in assenza di interventori titolati) essa deve però colpire l’azione esecutiva, nel senso di inibire al creditore attaccato di compiere gli atti dell’esecuzione (art. 500 c.p.c.). La questione, logicamente successiva, è se il provvedimento sommario (che la norma chiama “sospensione” senza distinguere le sue varie applicazioni) produca soltanto una limitazione di poteri del creditore attaccato – relegato al ruolo dell’interventore sine titulo – ovvero se esso comporti una vera e propria esclusione del creditore attaccato dal concorso e dal processo esecutivo.

La questione rifluisce quindi nell’altra più generale: la sospensione dell’esecuzione è provvedimento con efficacia anticipatoria o conservativa? Nel primo caso, occorrerebbe ritenere che il creditore attaccato debba essere escluso dall’esecuzione, come avverrebbe in caso di accoglimento nel merito dell’opposizione; nel secondo, la situazione in atto andrebbe semplicemente mantenuta qual essa è in attesa della definizione nel merito dell’opposizione, salve le limitazioni derivanti appunto dal provvedimento sommario del g.e (o del collegio in sede di reclamo).

La scelta tra le due soluzioni non è facile, ma potrebbe essere orientata da qualche applicazione pratica: ad es., in caso di conversione del pignoramento il credito dell’intervenuto attaccato e “sospeso” andrà considerato nella determinazione della somma che il debitore dovrà versare? La risposta istintiva è negativa, ma è evidente che seguendo l’istinto si verrebbe a riconoscere alla sospensione un effetto anticipatorio del merito dell’opposizione all’esecuzione. In alternativa, occorrerebbe ritenere che la somma corrispondente al credito attaccato andrebbe versata dal debitore, ma non assegnata all’avente diritto sino alla definizione nel merito dell’opposizione.

Ciò che, invece, non potrebbe fondatamente affermarsi è che la contestazione del credito, del procedente così come dell’intervenuto, non determini alcuna conseguenza in sede sommaria, perché non risultano contestualmente attaccati tutti i titoli presenti nell’esecuzione.

Come si vede, il principio di interscambiabilità dei titoli esecutivi pone problemi nuovi, che la giurisprudenza deve sforzarsi di affrontare senza accontentarsi di mezze soluzioni.