Opposizione a d.i. ed esercizio dello ius variandi da parte dell’opposto: la parola alle S.U. Emendatio libelli and Appeal against order for payment

L’Autore analizza la ratio della recente decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, con la quale si riconosce in sede di giudizio di opposizione a d.i. la possibilità per il creditore di proporre domande complanari non oltre la comparsa di risposta: alfine valutando la correttezza della soluzione propugnata rispetto al regime preclusivo di esercizio dell’attività emendativa sancito per l’ordinario giudizio di primo grado

Di Monica Pilloni -

Cass., sez. un., 15 ottobre 2024, n. 26727 (Pres. D’Ascola; Est. Graziosi)

«Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell’opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione»

«Chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’“ultimo giro” offerto dall’articolo 183, sesto comma, c.p.c. Fino a quest’ultimo, comunque, a seconda dell’evoluzione difensiva dell’opponente posteriore alla comparsa di risposta, gli sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali»

 

 

Sommario: 1. Premessa; – 2. La concezione funzionale di emendatio libelli inaugurata dalle Sez. Un. nel 2015 e l’esigenza di ripensamento con riguardo al giudizio di opposizione a d.i.; – 3. L’odierna decisione delle Sez. Un. n. 26727/2024 e l’apertura alle domande alternative-complanari nel procedimento monitorio; – 4. La peculiarità del rito e la necessità di assicurare la parità dei litigatores; – 5. Non incondizionate esigenze valoriali di concentrazione del contenzioso, efficienza ed economia processuale nella prospettiva della parità delle armi.

 

1.Premessa

Sono passati dieci anni da quando la Suprema Corte, con la storica decisione n. 12310 del 2015[1], ha inaugurato una lettura evolutiva del concetto tradizionale di mutatio libelli inammissibile, non più incentrando il focus sull’immutazione anche di uno soltanto degli elementi strutturali della domanda giudiziale, bensì spostando il baricentro verso un diverso criterio funzionale-dinamico, che fa leva sulla identità della vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo e sulla alternatività/complementarità della domanda diversa proponibile entro la prima memoria di trattazione rispetto alla domanda originaria.

L’avvio di questa rivoluzione ha dato la stura all’affacciarsi nel panorama processuale di una tipologia di domanda nuova ammissibile – da autorevole dottrina[2] definita complanare – quale manifestazione di una rinnovata consapevolezza dell’importanza di concedere non esigui spazi per una modifica della domanda nella prospettiva dei valori funzionali del processo, tra cui centrali risultano quelli della effettività della concentrazione delle tutele e dell’economia processuale. Al cospetto di questo trend giurisprudenziale, con ordinanza interlocutoria n. 20476/2023[3] la Prima Sezione[4], ai sensi dell’art. 374 c.p.c., ha rimesso gli atti al Primo Presidente sulla questione di massima di particolare importanza, oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali, relativa all’ampiezza dello ius variandi in capo al creditore opposto nel giudizio di opposizione a d.i., a tal fine formulando due quesiti.

Il primo si incentra sul se il creditore opposto possa formulare una domanda nuova, diversa da quella promossa con il ricorso per ingiunzione, sebbene l’opponente a d.i. non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale, ma si sia limitato a chiedere il disconoscimento del credito intimato e la revoca del d.i., sollevando solamente eccezioni. Il secondo si focalizza sull’individuazione della portata dell’attività emendativa eventualmente ammissibile e, segnatamente, sul se possa modificarsi la domanda di adempimento contrattuale, azionata in via monitoria, attraverso la proposizione di una domanda d’indennizzo per ingiustificato arricchimento o di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.

2.La concezione funzionale di emendatio libelli inaugurata dalle Sez. Un. nel 2015 e l’esigenza di ripensamento con riguardo al giudizio di opposizione a d.i.

All’evidenza, tra le pieghe dei quesiti si annida il problema dell’individuazione del regime di preclusioni in capo al creditore opposto e della tipologia di ammissibile attività assertiva dallo stesso suscettibile di venire posta in essere. All’uopo si muove dalla verifica del se le soluzioni dettate per il rito ordinario di cognizione siano adattabili (e compatibili) rispetto ad un giudizio – quello oppositorio a d.i. – dotato di una fase anteriore monitoria: venendo a riproporsi la vexata quaestio – seppure prospettata da un angolo visuale differente – in merito alla natura del giudizio ex art. 645 c.p.c.[5].

Il principio elaborato dalle Sez. Un. del 2015, come noto, rinviene il proprio ubi consistam nella necessità di propiziare la concentrazione nello stesso giudizio e dinanzi allo stesso giudice delle controversie aventi ad oggetto la medesima vicenda sostanziale[6].

L’apertura della Suprema Corte verso la c.d. domanda complanare è stata poi consolidata da Sez. Un. n. 22404/2018[7], che ha ammesso il passaggio dalla originaria domanda di adempimento contrattuale a quella di indennizzo per arricchimento senza causa a cagione della nullità del titolo, sul postulato che tra le dette domande intercorra un rapporto di complanarità[8]. A differenza di quanto sembrava lasciar intendere il precedente del 2015, quest’ultima pronuncia delle Sez. Un. ha chiarito che la domanda “alternativa/incompatibile” può anche meramente affiancarsi a quella originariamente proposta dall’attore, e non deve necessariamente sostituirla.

La giurisprudenza si è mostrata, nondimeno, alquanto restia a trasfondere tout court i principi sopra enucleati nell’ambito del procedimento monitorio, continuando a coltivare il tetragono orientamento secondo cui, nel giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a d.i., l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui, quale conseguenza della dialettica processuale, intenda promuovere una reconventio reconventionis[9]. La possibilità di “importare” la moderna concezione di emendatio libelli in questo contesto processuale è costretta a misurarsi con la struttura e natura del giudizio di opposizione a d.i., alla luce della ricostruzione offerta dalla sentenza delle Sez. Un. n. 927/2022[10], ad avviso della quale l’opposizione non è una actio nullitatis o un’azione di impugnativa nei confronti dell’ingiunzione emessa, bensì un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si dipana quale prosecuzione del procedimento monitorio, come fase ulteriore, sebbene eventuale.

3.L’odierna decisione delle Sez. Un. n. 26727/2024 e l’apertura alle domande alternative-complanari nel procedimento monitorio

Alla base dell’incerto e oscillante approccio alla problematica dell’ammissibilità e dell’ampiezza dello ius variandi del creditore opposto militano ragioni collegate alla peculiarità del giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c., che “germoglia” all’esito di una precedente fase monitoria e si contraddistingue per l’inversione dell’onere di iniziativa processuale[11].

La necessità di un ripensamento della giurisprudenza circa l’an e il quomodo dell’emendatio della domanda d’ingiunzione da parte del creditore opposto ha cominciato a fare breccia in alcune decisioni[12], nel solco tracciato dall’intervento nomofilattico del 2015, in un contesto in cui però ha continuato a registrarsi incertezza sull’individuazione dell’ultimo momento utile di proposizione della domanda “modificata”.

Nell’affrontare la problematica, nella sentenza in epigrafe le Sez. Un. procedono anzitutto alla risoluzione del secondo dei quesiti formulati, circa l’ammissibilità del passaggio in corso di causa da una domanda di adempimento contrattuale avanzata con ricorso per d.i. a una domanda d’indennizzo ex art. 2041 c.c. o di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1337 c.c. Si dà seguito all’arresto delle Sez. Un. n. 22404/2018[13], secondo cui entrambe le domande (di adempimento contrattuale e di indebito arricchimento) condividono la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, ben potendo la modifica essere ascritta al fenomeno emendativo ammissibile. Da qui il passo è breve per concludere che, «prevalendo sulla struttura formale processuale il suo contenuto fattuale/sostanziale – la “medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, intesa come unica vicenda in fatto” –, deve ritenersi che la questione vertente la domanda in sé di arricchimento senza causa presentata in questa sede sia stata già oggetto di inequivoca risposta resa nella pronuncia del 2018, e che l’ulteriore profilo della questione, cioè quello attinente alla domanda in sé di risarcimento per responsabilità precontrattuale, confluisca a sua volta (come già poteva, in effetti, la domanda ex art. 2041 c.c.) nella impostazione globalmente risolutiva del 2015» (punto 7 della motivazione).

La modificazione con l’inserzione di domande “complanari” è dunque ammissibile, ma – e veniamo qui al secondo quesito sottoposto al Supremo Collegio – solamente se la stessa è formulata entro la comparsa di risposta tempestivamente depositata dal creditore opposto[14]. Osservano, infatti, le Sez. Un. che «ogni domanda è atto difensivo; pertanto, in un’ottica di parità e in correlato riferimento al canone della correttezza processuale di cui all’art. 88, primo comma, c.p.c. – includente anche, per logica, semplificazione – chi ha avviato il giudizio per via monitoria ha facoltà di introdurre nella comparsa di risposta le domande alternative che eventualmente intenda presentare, non potendo invece riservarle fino all’“ultimo giro” offerto dall’art. 183, sesto comma, c.p.c.» (punto 15 della motivazione). In altri termini l’ammissibile proposizione di domande «alternative» da parte dell’opposto risulta circoscritta alla prima attività difensiva successiva alla proposizione dell’opposizione a d.i.

Il corollario è duplice: da un lato, viene confermata la natura complanare-alternativa di siffatte domande, quale espressione di un’ammissibile emendatio libelli re melius perpensa che rinviene il proprio fondamento nel medesimo interesse sostanziale che regge la proposizione dell’originaria domanda introduttiva[15]; dall’altro lato viene, in parte qua, parificato il regime processual-temporale per la loro tempestiva proposizione a quello sancito per la formulazione della reconventio reconventionis[16].

4.La peculiarità del rito e la necessità di assicurare la parità dei litigatores

Nel fondare l’esegesi accolta, la Suprema Corte si preoccupa di indagare l’effettiva natura del giudizio di opposizione a d.i., al di là della qualifica “ordinario” che compare nel testo dell’art. 645 c.p.c., ripercorrendo le diverse tappe giurisprudenziali richiamate nell’arresto del 2022 e che hanno condotto alla negazione della sua natura impugnatoria. Pur facendo proprie, in parte qua, le conclusioni esplicitate nella decisione del 2022, la Corte non condivide l’idea che, una volta esclusa la possibilità di ricondurre l’opposizione a d.i. al rango di un processo di impugnazione, la stessa debba essere assimilata de plano al giudizio ordinario sulla domanda del creditore.

L’opposizione presenta un evidente quid pluris[17], che ne valorizza la natura speciale, dovuta per un verso al legame di prosecuzione con la fase monitoria, per altro verso all’autonomia che contraddistingue quest’ultima[18].

Questa preliminare notazione[19] fa da ponte verso una più soppesata valutazione del ruolo della comparsa di risposta dell’opposto, non più inquadrabile come «suo primo atto difensivo» proprio in ragione della unitarietà del processo a partire dal ricorso monitorio (v. punto 12.2 della motivazione).

Certo, nessuna cristallizzazione delle facoltà difensive in termini di formazione del thema decidendum si registra nel “passaggio” dalla fase monitoria al giudizio oppositivo; tuttavia il quesito che il Supremo Collegio si pone è sostanzialmente il seguente: come si traduce la parità dei litigatores in un «giudizio di origine speciale, cioè non a contraddittorio concretamente assente per scelta di parte – la contumacia –, ma con ontologica mancanza nel paradigma monitorio della parte “avversa”»? (punto 14.1 della motivazione). La risposta sembra riecheggiare la nota definizione di Fazzalari del contraddittorio, nella sua incomprimibile veste dinamica quale proprium di un processo, che si incentra nella «partecipazione dei destinatari dell’atto finale alla fase preparatoria del medesimo; nella simmetrica parità delle loro posizioni; nella mutua implicazione delle loro attività (volte, rispettivamente, a promuovere ed a impedire l’emanazione del provvedimento); nella rilevanza delle medesime per l’autore del provvedimento; in modo che ciascun contraddittore possa esercitare un insieme – cospicuo o modesto non importa – di scelte, di reazioni, di controlli, e debba subire i controlli e le reazioni degli altri, e che l’autore dell’atto debba tener conto dei risultati»[20].

Si legge, infatti, nella motivazione (punto 14.3) che «l’uguaglianza difensiva è la sostanza del contraddittorio, che ne è la dinamica rappresentazione. Ogni favor verso un soggetto processuale trova limite proprio nella forma/strumento di eguaglianza che è il contraddittorio stesso» – ossia la mutua implicazione delle loro attività e la simmetrica parità delle loro posizioni, per dirla come Fazzalari – «il che significa paritario trattamento ai soggetti uguali, e non ai soggetti diseguali, questi ultimi potendosi rinvenire quando si esce, pur legittimamente ma provvisoriamente, dal tipico paradigma egualitario». L’esigenza di perseguire il rispetto del canone dell’uguaglianza nell’ambito di un procedimento che riconosce un indiscutibile vantaggio per il creditore (ben oltre il favor, non mancando chi ravvisa in esso un vero e proprio «privilegio»[21]) impone alla Suprema Corte di compiere una precisazione, mettendo a fuoco la strutturale ed ontologica species della via monitoria. Siffatta species «non può sprigionare ancora consistenti effetti di favor, bensì può generare soltanto quelli già inscindibilmente derivanti dalla propria originaria peculiarità» – qui il richiamo è agli artt. 642 e 648 c.p.c. – «la quale è comunque in sufficiente misura ormai “riparabile”(cfr. art. 649 in relazione all’art. 642 c.p.c.) a contraddittorio non più futuro/potenziale, bensì aperto e dunque concreto» (il concetto di riparabilità, qui evocato, pare smussare alquanto il giudizio per cui il procedimento monitorio esprimerebbe «un coerente sistema di bilanciamento dei contrapposti interessi dedotti in giudizio», secondo quanto enunciato della Consulta nel ritenere costituzionalmente compatibile l’art. 649 c.p.c.[22]: v. infra nel testo).

Il che induce le Sez. un. a chiosare che il favor giammai può incidere «su quello che deve risiedere ontologicamente nel genus, cioè sul contraddittorio nelle sue basilari modalità di equiparazione», essendo tale valore l’immediato precipitato del principio di eguaglianza e strumento per perseguire quest’ultima «non rispetto alla ingiunzione in sé, ma rispetto al thema decidendum che, proprio a mezzo del contraddittorio, rientra nella via maestra del giudizio ordinario». Conseguente è l’affermazione della necessità di un recupero completo e reale della condizione paritaria dei litigatores in sede di giudizio di opposizione a d.i. (parità che tale non sarebbe se fosse consentito al creditore opposto, che già ha beneficiato «di uno stadio procedurale “esclusivo” per avanzare una propria pretesa»,  «tutto quel che viene concesso “in via riparativa” alla sua controparte»), cui fa da perno la presa d’atto che tale obiettivo non può certo scaturire dall’applicazione de plano della regola espressa da Sez. Un. 12310/2015 e seguita da Sez. Un. n. 22404/2018, che consente l’emendatio libelli sino alla prima memoria ex art. 183, c. 6, c.p.c. (testo ratione temporis vigente).

L’emendatio della domanda di ingiunzione è, dunque, esercitabile entro la comparsa di risposta tempestivamente depositata, a pena di inammissibilità della domanda complanare formulata, a meno che l’esigenza de qua non sia frutto dell’evoluzione difensiva dell’opponente successiva alla comparsa di risposta, laddove quest’ultimo si sia avvalso dello ius variandi: solo in tal caso all’opposto «sarà consentito proporre domande come manifestazioni di difesa, anche se non stricto sensu riconvenzionali», anche oltre la comparsa di risposta (entro, verosimilmente, la seconda memoria di trattazione ex art. 171 ter n. 2 c.p.c.[23]).

5.Non incondizionate esigenze valoriali di concentrazione del contenzioso, efficienza ed economia processuale nella prospettiva della parità delle armi

Sul finale della motivazione il Supremo Collegio chiarisce come la soluzione alfine accolta, volta a promuovere la tempestività del fenomeno evolutivo del thema decidendum, risulti allineata alla scelta del legislatore della riforma 2022, «che ha rigorosamente bloccato alla fase pre-udienza “lo spazio di espansione” del thema decidendum», alla quale «non può certo non attribuirsi una qualche incidenza ermeneutica attuale».

La differente articolazione impressa alla fase introduttiva del primo grado di giudizio ha avuto ricadute sul regime temporale di proposizione della reconventio reconventionis e della domanda complanare, sicché, nella prospettiva che fa capo all’attore, la distinzione è in parte qua evaporata:  avendo il legislatore sancito all’uopo un unico momento preclusivo, coincidente con il tempestivo deposito della prima memoria ex art. 171 ter c.p.c.[24]. La ratio di questa innovazione è consequenziale alla postergazione dell’udienza ex art. 183 c.p.c. rispetto all’attività di trattazione (onde la reconventio reconventionis, olim riservata all’udienza, trova oggi necessariamente spazio nella prima memoria). Tuttavia, la soluzione de qua, in una logica dialettica di azione e reazione, non comporta incidenza alcuna sul principio della parità delle armi tra attore e convenuto, potendo entrambi rivendicare simmetrici spazi difensivi.

Il diverso contesto processuale integrato dal procedimento monitorio impone comunque, anche nel nuovo regime, di adattare il regime preclusivo di esercizio della facoltà emendativa da parte dell’opposto, individuandolo nella prima occasione di “replica” alla difesa dell’opponente. Va infatti rimarcato che, per scelta strategica dell’attore, la domanda di condanna veicolata per il tramite del ricorso monitorio è circoscritta alla sola situazione giuridica elementare del credito esercitato ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c. e siffatta rastremazione del thema decidendum trova ragione nella scelta dello speciale mezzo processuale in luogo dell’ordinario processo di cognizione.

Questo (voluto) assottigliamento dell’oggetto del giudizio, nel passaggio dalla fase monitoria alla fase oppositiva[25], non può essere soggetto a fenomeni evolutivi del thema decidendum negli stessi termini dettati per il processo ordinario, essendo condizionato dalla peculiarità del rito speciale: prova ne sia che la stessa possibilità di chiamare in causa terzi da parte del debitore opponente – chiamata in grado potenzialmente di incidere sull’oggetto della lite – ha sempre scontato (anche prima della riforma del 2022, che – per il tramite del decreto ex art. 171 bis c.p.c. – ha generalizzato la previa autorizzazione giudiziale della chiamata del terzo anche da parte del convenuto) la necessità della previa autorizzazione giudiziale[26] (autorizzazione che i giudici hanno sempre concesso di rado).

V’è allora che nel rito monitorio il creditore intimante, che già ha beneficiato dello snodo processuale svoltosi inaudita altera parte e che ha condotto all’emissione del d.i., non può difendersi in sede di opposizione a d.i. pensando di poter sfruttare gli stessi margini emendativi riconosciuti nel rito ordinario. Le esigenze valoriali di economia processuale, effettività della tutela giurisdizionale, ragionevole durata del processo, stabilità delle decisioni giudiziarie e di intrinseca giustizia delle regole processuali – ossia proprio quei valori che si radicano nella “stagione” inaugurata dalle Sez. Un. con la sentenza del 12.12.2014, n. 26242 e l’enunciazione del decalogo dei valori funzionali del processo, poi richiamati dalla pronuncia n. 12310/2015 a fondamento della nuova concezione funzionale della emendatio libelli e della ammissibilità della domanda nuova alternativa[27] – non sono incondizionate, dovendosi rapportare con il principio della parità delle armi che del contraddittorio è l’immediato riflesso, nella consapevolezza della sussistenza, a monte, di un percorso processuale speciale il cui oggetto decisorio risulta delimitato ex ante.

Solo in tal modo si assiste a un sistema che – osservato dall’angolo visuale delle attività assertive riconosciute alle parti e dei rispettivi poteri emendativi – è «frutto coerente e ragionevole di un bilanciamento dei contrapposti interessi dedotti in giudizio»: conclusione, questa, che oggi invece torna a vacillare in relazione alla disciplina dell’art. 642 c.p.c. ed all’ivi prevista esecutività immediata del decreto ingiuntivo non suscettibile di revoca/cancellazione ma solo di sospensione degli effetti ex art. 649 c.p.c., nonostante sia stata concessa inaudita altera parte, con una compressione della parità delle armi difensive del debitore intimato che torna a fomentare i dubbi sulla compatibilità costituzionale di detto art. 649 c.p.c., specie a seguito della sentenza della Consulta n. 96/2024 in tema di verifiche preliminari del giudice in seno al “filtro” del decreto ex art. 171 bis c.p.c., ove è stato enunciato il principio per cui “il contraddittorio o è preventivo o non è”[28].

Abstract

L’Autore analizza la ratio della recente decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, con la quale si riconosce in sede di giudizio di opposizione a d.i. la possibilità per il creditore di proporre domande complanari non oltre la comparsa di risposta: alfine valutando la correttezza della soluzione propugnata rispetto al regime preclusivo di esercizio dell’attività emendativa sancito per l’ordinario giudizio di primo grado.

Abstract

The author examines the recent decision of the Plenary Session of the Court of Cassation about the power of the creditor to plead another claim in the appellate proceedings against order for payment, focusing on the ratio of the judgment also in relation to the rules of preclusion in the ordinary civil proceedings.

Parole chiave: opposizione a decreto ingiuntivo – creditore – ammissibile proposizione di domande nuove

Key words: appeal against order for payment – appellate creditor – pleading of another claim

[1] In Foro it., 2015, I, p. 3174, con nota parzialmente adesiva di A. Motto, Le sezioni unite sulla modificazione della domanda giudiziale; ibidem, 2016, I, pp. 255 ss., con nota adesiva di C.M. Cea, Tra mutatio ed emendatio libelli: per una diversa interpretazione dell’art. 183 c.p.c.; in Corr. giur., 2015, pp. 961 ss., con nota sostanzialmente adesiva di C. Consolo, Le S.U. aprono alle domande «complanari»: ammissibili in primo grado ancorché (chiaramente e irriducibilmente) diverse da quella originaria cui si cumuleranno; in Giur. it., 2015, pp. 2101 ss., con osservazioni di G. Palazzetti, Ammissibilità dei nova ex art. 183, 5º comma; in Riv. dir. proc., 2016, pp. 807 ss., con nota adesiva di E. Merlin, Ammissibilità della mutatio libelli da «alternatività sostanziale» nel giudizio di primo grado; in Giusto proc. civ., 2016, pp. 389 ss. (solo la massima), con nota adesiva di M. Monnini, Le sezioni unite ammettono la «modificazione» delle domande sino alla prima memoria ex art. 183, 6º comma, c.p.c.: una spinta per la rivitalizzazione della fase orale e scritta di trattazione?, nonché in Judicium, con nota adesiva di S. Ricci, I nuovi confini del binomio mutatio-emendatio libelli come ridisegnati dalla Corte di cassazione a sezioni unite del 2015. In arg. v. anche L.P. Comoglio, Modificazione della domanda, tutela effettiva ed economia dei giudizi (nuovi poteri per il giudice?), in Nuova giur. civ. comm., 2016, pp. 653 ss. Si vis M. Pilloni, Profili processuali della domanda di accertamento incidentale, Torino, 2020, pp. 162 ss.

[2] Espressione coniata da C. Consolo, Le S.U. aprono alle domande «complanari»: ammissibili in primo grado ancorché (chiaramente e irriducibilmente) diverse da quella originaria cui si cumuleranno, cit., pp. 968 ss., il quale afferma che si tratta di domanda «concorrente, che viaggia complanarmente verso una meta sostanzialmente unitaria, seppur – come oggetto del giudicato – tutt’altro che identica, e che condivide quindi con la prima l’identità dell’episodio socio-economico di fondo (ed ovviamente l’identità dei soggetti), e che assai spesso origina da concorsi di pretese ad un unico petitum, o – come nel caso de quo – da diversi petita conseguenti da diverse qualificazioni della causa petendi».

[3] V. Cass., sez. I, 17 luglio 2023, n. 20476, in Judicium con nota di A. Renda La modificazione della domanda del creditore opposto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

[4] La vicenda da cui prende le mosse la decisione delle Sez. Un. è la seguente. Una società ottiene un decreto ingiuntivo in danno sia dell’Azienda sanitaria locale sia della Regione: decreto opposto dalle ingiunte con due distinti atti di opposizione. L’opposta, nel costituirsi, in subordine al rigetto dell’opposizione, propone – qualificandola come domanda riconvenzionale – una domanda di risarcimento danni per responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c. e, in via ulteriormente subordinata, una domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c. Il Tribunale adito accoglie entrambe le opposizioni a d.i., rigettando le ulteriori domande azionate dall’opposta. Quest’ultima interpone appello avverso ciascuna sentenza, ma la Corte di appello rigetta i gravami, considerando le domande formulate dall’opposto inammissibili, non essendo le stesse conseguenti a una domanda riconvenzionale proposta dalle parti convenute sostanziali. La società promuove ricorso per Cassazione, denunciando tra le altre cose la violazione del combinato disposto degli artt. 645, c. 2, 167, c. 2, e 183, c. 5, c.p.c., per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto inammissibili le domande de quibus.

[5] Cfr. tradizionalmente E. Garbagnati, I procedimenti d’ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1979, pp. 141 ss. In arg. v. A. Ronco, L’opposizione a decreto ingiuntivo come impugnazione di primo grado, in I procedimenti sommari e speciali, I. Procedimenti speciali, a cura di S. Chiarloni e C. Consolo, Torino, 2005, pp. 311 ss., nonché A. Tedoldi, L’opposizione a decreto ingiuntivo, in Il procedimento d’ingiunzione, opera diretta da B. Capponi, Bologna, 2009, pp. 463 ss., con ampi richiami di dottrina.

[6] Rispetto a questa finalità il rischio di una possibile compromissione del diritto di difesa della controparte destinataria del novum ammissibile non ha ragione di porsi, considerato che, come si legge nella motivazione della decisione delle Sez. Un. del 2015, la modifica interviene pur sempre nella fase iniziale del giudizio di primo grado, a monte dell’ammissione delle prove, ossia in un momento in cui l’esplicazione del contraddittorio sulla novità rilevante non risulta affatto compromesso, ma suscettivo di trovare piena attuazione.

[7] Cfr. Cass., sez. un., 13.9.2018, n. 22404, in Foro it., 2019, I, pp. 989 ss., in Corr. giur., 2019, pp. 263 ss. con nota adesiva di C. Consolo e F. Godio, Le sezioni unite di nuovo sulle domande cc.dd. complanari, ammissibili anche se introdotte in via di cumulo (purché non incondizionato) rispetto alla domanda originaria, in Giur. it., 2019, pp. 1848 ss., con nota di C. Novella, Arricchimento senza causa: le sezioni unite di nuovo sui confini dell’emendatio libelli, in Nuova giur. civ., 2019, 2, pp. 249 ss., con nota di E. Italia, La modifica della domanda: dal contratto all’ingiustificato arricchimento, nonché in Riv. dir. proc., 2019, pp. 1300 ss., con nota di L. Dittrich, Sulla successiva proposizione della domanda di arricchimento senza causa nel processo avente come domanda principale la condanna all’adempimento, e in Judicium, con annotazione di M. Magliulo, Adempimento contrattuale e arricchimento senza causa: le Sezioni Unite tornano sul confine tra emendatio e mutatio libelli, nella quale si è statuito che nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, con la prima memoria ai sensi dell’art. 183, c. 6, c.p.c. (ante riforma 2022), qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta (per un commento v. anche M. Golia, Mutatio libelli e cumulo progressivo di domande subordinate: il revirement delle sezioni unite sull’azione generale di arricchimento, in Riv. trim. dir. proc., 2020, pp. 359 ss.). In precedenza, a favore dell’ammissibilità del passaggio in corso di causa dall’una all’altra forma di tutela (ma sulla scorta della considerazione che si tratterebbe di diversa qualificazione rispetto a quella contrattuale della pretesa già azionata in giudizio), v.: Cass. 15.4.2010, n. 9042; Cass. 18.11.2008, n. 27406.

[8] Nel solco del revirement delle Sez. Un. del 2015 si vedano: Cass., sez. III, 14.2.2019, n. 4322, in Giur. it., 2019, pp. 2656 ss., con nota di C. Novella, Opposizione a decreto ingiuntivo: ammissibile il cumulo tra l’azione monitoria di pagamento dei canoni di locazione e la domanda subordinata di indennità di occupazione sine titulo, che ha ammesso la modificazione dell’originaria intimazione di pagamento di canoni di locazione nella domanda di indennità di occupazione sine titulo, proposta in via subordinata a seguito dell’eccezione di nullità del contratto sollevata dal convenuto; Cass., sez. VI-1, 25.5.2018, n. 13091, che ha ammesso la modificazione dell’originaria domanda risarcitoria, formulata da un investitore nei confronti dell’intermediario finanziario, in quella di risoluzione per inadempimento, sul postulato che entrambe le domande attengono alla stessa operazione di compravendita titoli e si fondano sull’allegazione dei medesimi comportamenti inadempienti dell’intermediario; Cass., sez. VI-1, 7.9.2020, n. 18546, in Giur. it., 2021, pp. 597 ss., con nota di M. Vanzetti, Mutatio ed emendatio libelli: la ratio delle complanari estesa agli atti interruttivi della prescrizione?, che, in un giudizio promosso per la declaratoria di inefficacia di alcuni pagamenti ai sensi dell’art. 44 l. fall., ha ritenuto ammissibile l’ulteriore domanda di adempimento formulata dall’attore, in via gradata, nella prima memoria ai sensi dell’art. 183, c. 6, c.p.c. (ante riforma 2022).

[9] V. Cass., sez. III, 10.3.2021, n. 6579, in Riv. dir. proc., 2022, pp. 333 ss., con nota di A.R. Eremita, In tema di mutatio ed emendatio libelli nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo; Cass., sez. II, 25.2.2019, n. 5415, in Foro it., 2019, 1, 9, p. 2823; Cass., sez. I, 22.6.2018, n. 16564; Cass., sez. III., 4.10. 2013, n. 22754.

[10] V. Cass., sez. un., 13.1.2022, n. 927.

[11] In giurisprudenza si è invero passati da una iniziale chiusura alla possibilità per l’opposto di formulare domande differenti ed ulteriori rispetto all’originaria richiesta monitoria, all’apertura – promossa dalle Sez. Un. 18.5.1994, n. 4837, in Corr. giur., 1995, I, pp. 53 ss., nonché in Foro it., 1194, I, pp. 1682 ss. – alla domanda riconvenzionale azionata dall’opposto, anche se fondata su titolo non dipendente da quello a base dell’ingiunzione o delle relative eccezioni (purché non sia suscettiva di determinare uno spostamento della competenza e sia pur sempre ravvisabile un collegamento obiettivo tra domanda principale e domanda riconvenzionale), sul postulato che a questi spetterebbero tutti i poteri che il codice ricollega alla posizione processuale di convenuto; alfine abbracciando la soluzione volta a riconoscere la facoltà dell’opposto di proporre domande nuove nei limiti e alle condizioni della c.d. reconventio reconventionis.

[12] Cfr. Cass., Sez. I, 24.3.2022, n. 9633, in Giur. it., 2022, pp. 2667 ss., con nota parzialmente critica di A.A. Romano, Sulla modificazione della domanda di ingiunzione in sede di opposizione a d.i., ove la Cassazione ha statuito che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella a fondamento del ricorso per d.i., anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta: ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di  ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c. In senso conforme v.: Cass., sez. III, 22.9.2023, n. 27183. Cfr. altresì: Cass. 11.2.2021, n. 3571; Cass., sez. II, 1.3.2016, n. 4051, in Giur. it., 2016, 10, pp. 2150 ss., nota di C. Cariglia, La Corte di cassazione conferma il nuovo orientamento in tema di ammissibilità della domanda nuova.

[13] Superandosi il divergente orientamento espresso da Cass., Sez. Un., 27.12.2010, n. 26128, in Foro it., 2011, I, pp. 1795 ss., con nota di M. Brunialti, Opposizione a decreto ingiuntivo e preclusioni per l’opposto; in Giusto proc. civ., 2011, pp. 483 ss. (solo la massima) con nota di C. Cariglia, Mutatio o emendatio libelli e termine per la reconventio reconventionis nell’opposizione a decreto ingiuntivo, in Riv. dir. proc., 2011, pp. 1573 ss., con nota di S.A. Villata, Domanda di adempimento e domanda di arricchimento ingiustificato: mutatio libelli e opposizione a decreto ingiuntivo, che aveva negato la proponibilità da parte dell’opposto di domande ai sensi dell’art. 2041 c.c. in un momento successivo alla comparsa di costituzione e risposta (in ragione della considerazione che, essendo domanda diversa per petitum e causa petendi da quella di adempimento contrattuale, la stessa può essere esercitata dal creditore opposto, solo se l’esigenza alla sua proposizione nasca dalle difese dell’opponente contenute nell’atto di opposizione e la relativa domanda sia formulata nella comparsa di costituzione e risposta, a pena di inammissibilità rilevabile d’ufficio, e, quindi, alla stregua della reconventio reconventionis), nonché, con riguardo al regime normativo ante riforma del ’90, Cass., sez. un., 22.5.1996, n. 4712, in Foro it., 1998, I, pp. 2975 ss., con note di richiami di C. Cariglia, in Corr. giur., 1996, pp. 1248 ss., con nota di M. Fabiani, Vecchio rito e nuove domande: le Sezioni Unite ripudiano l’accettazione presunta del contraddittorio, e di G. Guarnieri, Inammissibile la proposizione in corso di causa della domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento, in Giur. it., 1996, I, 1, pp. 1440 ss., con nota di E. Vullo, Le sezioni unite si pronunciano in tema di inammissibilità della domanda nuova, rilevabilità d’ufficio del vizio e accettazione del contraddittorio, sulla scorta del rilievo che si tratta di domande nuove e diverse, in ragione del diverso petitum, ma, soprattutto, perché la nuova domanda «introduce nel processo gli elementi costitutivi della nuova situazione giuridica (proprio impoverimento ed altrui locupletazione …), che erano privi di rilievo, invece, nel rapporto contrattuale», ossia le causae petendi sono differenti.

[14] Non condividendosi il più elastico regime temporale riconosciuto precedentemente da Cass., Sez. III, ord. 21.3.2024, n. 7592, ad avviso della quale il creditore opposto può «modificare la propria domanda originaria ai sensi dell’art. 183 c.p.c.»., nonché da Cass. sez. III, 9.2.2021, n. 3127, che parimenti ammette la modifica de qua sino alla prima memoria di trattazione.

[15] V. B. Desantis, La modificazione della domanda nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. A margine di Cass., sez. Un., 15 ottobre 2024, n. 26727, in Judicium.it; S. Izzo, Ampiezza e limiti dello ius variandi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, “in stile corsi e ricorsi”, in Foro it., 2025, pp. 849 ss.

[16] Pur soggiacendo a condizioni di ammissibilità diverse.

[17] Si legge al punto 10.4 della motivazione che siffatto quid pluris «si può ripartire, a ben guardare, in tre componenti: il giudizio si svolge “in prosecuzione del procedimento monitorio”; detta “prosecuzione” non costituisce un post hoc, bensì un propter hoc perché avviene “non quale giudizio autonomo”; infine, questo difetto di autonomia lo rende qualificabile “fase ulteriore – anche se eventuale – del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo”».

[18] Avvalorata dalla tendenza alla stabilizzazione del d.i. sia in caso di mancata tempestiva opposizione, sia in ipotesi di estinzione del relativo giudizio.

[19] Che riecheggia la tesi prospettata da illustre dottrina che ravvisa nel giudizio in esame una impugnazione di primo grado. In tal senso v. A. Proto Pisani, Opposizione a decreto ingiuntivo, continenza e connessione: un grave occasione mancata dalle Sezioni Unite, in Foro it., 1992, I, pp. 3286 ss., ove si rimarca il carattere ibrido del giudizio di opposizione, «di impugnazione e ad un tempo di giudizio di primo grado».

[20] Così E. Fazzalari, Istituzioni di diritto processuale, Padova, 1994, pp. 82 ss.

[21] Cfr. A. Valitutti-F. De Stefano, Il decreto ingiuntivo e la fase di opposizione, Padova, 2008, p. 26, ove si afferma che «la struttura procedimentale e la forma del provvedimento … si risolvono comunque, sia pure limitatamente alle specifiche ipotesi previste dalla legge, in una sorta di privilegio per il creditore procedente».

[22] V. per tutte Corte cost. 17.6.1996, n. 200, in Riv. dir. proc., 1997, pp. 282 ss., con nota critica di R. Conte, Considerazioni sulla revoca della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ex artt. 648 e 649 c.p.c., che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 642 e 649 c.p.c., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui si prevede la sospensione, ma non la revoca della provvisoria esecutività del d.i. I dubbi di costituzionalità dell’art. 649 c.p.c. sono stati ritenuti privi di fondamento anche da Corte cost. 30.4.1998, n. 151, e da Corte Cost. 4.12.2000, n. 546, in Corr. giur., 2001, pp. 805 ss., con nota critica di C. Consolo, Del vaglio alla stregua dell’art. 111 “potenziato” dei non troppo “equi” artt. 649 e 655 c.p.c. ed in genere del procedimento monitorio.

[23] V. Cass., Sez. II, 18.3.2025, n. 7236, la quale, nel ribadire che nel giudizio di opposizione a d.i. il creditore opposto può proporre domande alternative a quella introdotta in via monitoria, a condizione che esse trovino fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione dell’originaria domanda, afferma che le stesse devono essere formulate nella comparsa di risposta, «ferma restando la possibilità di proporre domande che costituiscano una manifestazione reattiva di difesa sino alla prima udienza e nella memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c».

[24] Tuttavia, se è vero che il termine è convergente, è altrettanto vero che le condizioni per l’ammissibile proposizione di siffatte nuove domande divergono. La reconventio reconventionis è domanda a tutti gli effetti nuova, avente ad oggetto un diritto diverso da quello azionato con la domanda introduttiva ed è a quest’ultima compatibile e cumulabile: potendosi ritenere ammissibile in tanto in quanto si prospetti come frutto della dialettica processuale, ossia solo se in reazione alla attività difensiva del convenuto. Per converso la domanda complanare non sottostà a siffatto condizionamento, bensì, fatta salva la possibile differenza strutturale di petitum e/o causa petendi, deve essere radicata nella medesima vicenda sostanziale e funzionale alla soddisfazione del medesimo interesse, risultando così incompatibile-alternativa con la domanda originariamente proposta.

[25] V. A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2023, p. 556, ad avviso del quale l’opposizione finisce per essere un atto d’impulso (endo-)processuale che consente che sul diritto fatto valere dal creditore con ricorso si sviluppi un processo a cognizione piena.

[26] V. per tutte Cass., sez. III, 12.3.2024, n. 6503, ove si legge che l’opponente a decreto ingiuntivo non può provvedere direttamente alla citazione del terzo che intende chiamare in causa, ma deve chiedere al giudice, nell’atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato, con il corollario che la costituzione in giudizio del chiamato non può sanare la nullità della chiamata in assenza della predetta autorizzazione, in quanto la regola della sanatoria per il raggiungimento dello scopo presuppone che un atto si poteva o si doveva compiere, ma è stato compiuto in difformità rispetto allo schema legale, mentre, nella specie, la chiamata del terzo senza autorizzazione del giudice è proprio l’atto da non compiere con la conseguenza che il raggiungimento dello scopo, costituendo il risultato vietato, non può allo stesso tempo avere effetto sanante. Siffatto consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass., sez. I, 27.6.2000, n. 8718; Cass., sez. III, 27.1.2003, n. 1185; Cass., sez. III, 1.3.2007, n. 4800) – che si incentra sul postulato per cui l’opponente dovrebbe citare unicamente il soggetto che ha ottenuto il provvedimento monitorio, non potendo le parti originariamente essere altri che il soggetto istante per l’ingiunzione di pagamento ed il soggetto nei cui confronti la domanda è diretta – non è immune da censure, essendosi rimarcato che proprio l’inquadramento del debitore opponente nella veste sostanziale di convenuto risulta collidere con la soluzione propugnata, considerato che nel rito ordinario di cognizione (prima appunto della riforma) al convenuto non occorreva autorizzazione per chiamare in causa un terzo ai sensi dell’art. 269 c.p.c. Per una critica all’orientamento in esame si veda R. Conte, Ruolo sostanziale delle parti nell’opposizione a decreto ingiuntivo ed oneri processuali (chiamata in causa del terzo, domanda riconvenzionale e termine per la formulazione di eccezioni), in Giur. it., 2003, pp. 915 ss.; L. Breggia, Rifondazione normativa o prassi virtuose per accelerare la fase introduttiva del processo civile di cognizione?, ibidem, 2004, pp. 1003 ss.

[27] Così E. Merlin, Ammissibilità della mutatio libelli da «alternatività sostanziale» nel giudizio di primo grado, in Riv. dir. proc., 2016, p. 820.

[28] Come osserva efficacemente M. De Cristofaro, La Consulta ed il 171 bis c.p.c.: il contraddittorio “è” solo se è preventivo, in Giur. it., 2024, p. 2101, «è tuttavia evidente che, a fronte dell’enunciato per cui solo l’esercizio preventivo del diritto di difesa è compatibile con il principio del contraddittorio, potrà essere ritenuto rispettoso delle garanzie costituzionali il meccanismo a contraddittorio differito del procedimento monitorio, ma non certo la parte di esso che prevede che un titolo avente efficacia esecutiva e tale da legittimare l’iscrizione di ipoteca giudiziale si possa formare inaudita altera parte, a monte di ogni possibilità d’interlocuzione del debitore intimato, senza che questi abbia la facoltà di ottenerne l’integrale rimozione degli effetti se non con l’accoglimento dell’opposizione (per quanto riguarda l’esecutività ) o addirittura con il giudicato favorevole, per quanto riguarda la rimozione dell’ipoteca giudiziale, ex art. 2884 c.c.».