L’udienza pubblica in Cassazione: che succede fino al 30 giugno 2023 ?

Di Marco Farina -

1.L’articolo 8, comma 8, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198 (in vigore dal 30 dicembre 2022) ha previsto che «anche in deroga alle disposizioni di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, le disposizioni di cui all’articolo 221, comma 8, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e di cui all’articolo 23, commi 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, e 9-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.  176, continuano ad applicarsi, rispettivamente, alle udienze e alle camere di consiglio da svolgere fino al 30 giugno 2023 e alle formule esecutive rilasciate fino al 28 febbraio 2023, fermo restando quanto disposto dall’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149».

L’articolo 23, comma 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo del D.L. 137/2020 dispone che «per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica a norma degli articoli 374, 375, ultimo comma, e 379 del codice di procedura civile, la Corte di cassazione procede in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, salvo che una delle parti o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale. Entro il quindicesimo giorno precedente l’udienza, il procuratore generale formula le sue conclusioni motivate con atto spedito alla cancelleria della Corte a mezzo di  posta  elettronica certificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l’atto contenente le conclusioni ai difensori delle parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono depositare memorie ai sensi dell’articolo 378 del Codice di procedura civile con atto inviato alla cancelleria a mezzo di posta elettronica certificata. La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore di una delle parti entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria».

La continuata applicazione della previsione appena riportata – che esige la presentazione di una apposita istanza, almeno venticinque giorni (liberi) prima della data dell’udienza, affinché l’udienza pubblica si svolga con la presenza degli avvocati (e del pubblico ministero), anziché in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti – alle «udienze e camere di consiglio da svolgere fino al 30 giugno 2023»[1] pone il problema di capire se l’istanza di discussione orale debba essere formulata (i) solo per le udienze pubbliche fissate in una data compresa tra il 1 gennaio 2023 ed il 30 giugno 2023 con decreto reso entro il 31 dicembre 2022 (incluso), ovvero (ii) anche per le udienze pubbliche fissate in una data compresa nel medesimo intervallo temporale (1° gennaio 2023-30 giugno 2023) ma per effetto di un decreto reso a decorrere dal 1° gennaio 2023 (incluso).

2.La direttiva del Primo Presidente della Corte di Cassazione del 3 gennaio 2023[2] ha adottato la tesi interpretativa sub (ii), con una precisazione relativa al fatto che l’istanza di discussione orale dovrà, comunque, essere presentata solo per le udienze pubbliche fissate ad una data successiva al 30 gennaio 2023 (incluso)[3].

Tale tesi, dunque, attribuisce alla espressione «udienze e camere di consiglio da svolgere fino al 30 giugno 2023» che compare nel comma 8 dell’art. 8 del D.L. 198/2022 il suo significato letterale più immediato, includendosi dunque in essa tanto le udienze pubbliche che si svolgeranno («da svolgere») fino al 30 giugno 2023 in dipendenza di decreti di fissazione resi sino al 31 dicembre 2022 (incluso), quanto le udienze che si svolgeranno («da svolgere») sempre sino al 30 giugno 2023 ma sulla base di decreti di fissazione resi a decorrere dal 1° gennaio 2023 (incluso). Posto che il riferimento compiuto dalla norma è, appunto, alle udienze che si svolgeranno sino al 30 giugno 2023, non pare seriamente contestabile che l’interpretazione letterale della disposizione debba condurre ad includere nel suo ambito di applicazione entrambe le ipotesi menzionate, senza poter dare rilievo al tempo di adozione del decreto con cui le udienze siano state fissate.

La superiore interpretazione trova, in effetti, ulteriore conferma in base all’osservazione (empirica) per cui è ben difficile – anzi, diremmo, praticamente impossibile – che, al 31 dicembre 2022 (incluso), risultassero già fissate udienze «fino al 30 giugno 2023», di modo che la maggior parte delle udienze che si svolgeranno sino a tale data sono, senz’altro e prima di tutto, proprio quelle che saranno fissate con decreto assunto dopo il 31 dicembre 2022.

A tale modo di argomentare non ci sembra, infatti, che possa opporsi il rilievo[4] per cui l’intendimento del legislatore (storico) fosse quello di regolare, con la proroga al 30 giugno 2023 dell’efficacia dell’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020, esclusivamente il caso di udienze fissate con decreto reso entro 31 dicembre 2022 (ossia, entro il termine di efficacia della disposizione così come prorogato nel dicembre 2021) ma per date successive.

Se questo fosse stato il reale intendimento del legislatore, la disposizione avrebbe potuto, meglio e diversamente, limitarsi a prevedere la continuata applicazione dell’art. 23, comma 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, del D.L. 137/2020 per tutte le udienze pubbliche fissate con decreto reso entro il 31 dicembre 2022 (incluso)[5].

3.La tesi sostenuta nella direttiva del Primo Presidente del 3 gennaio 2023 è confermata, poi ed a nostro avviso, dalla clausola di esordio del comma 8 dell’art. 8 del D.L. 198/2022 ai sensi del quale, come visto, la (continuata) applicazione alle udienze che si svolgeranno fino al 30 giugno 2023 dell’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 avviene «anche in deroga al d.lgs. 149/2022»[6].

Come tutti sanno, il D.lgs. 149/2022[7] è stato adottato dal Governo per dare attuazione alla legge delega n. 206/2021 per la riforma del processo civile. Tra le altre norme del codice di procedura civile modificate dal D.lgs. 149/2022 vi sono quelle relative al giudizio di cassazione e tra di esse, in particolare e per quanto qui rileva ed interessa, vi sono gli articoli 378 e 379 c.p.c.

L’art. 378 c.p.c. è stato modificato prevedendosi, da un lato, la possibilità (anche) per il pubblico ministero di depositare una memoria almeno venti giorni prima dell’udienza e, dall’altro, l’ampliamento da cinque a dieci giorni prima dell’udienza del termine per il deposito delle memorie di parte.

L’art. 379 c.p.c. è stato modificato, tra l’altro, al primo comma prevedendosi che l’udienza pubblica di discussione si svolga sempre in presenza.

La previsione di cui al comma 8-bis dell’art. 23 del D.L. 137/2020 in base alla quale (i) per partecipare all’udienza pubblica di discussione è necessaria una istanza e (ii) il pubblico ministero e le parti possono depositare, mediante comunicazione a mezzo PEC della cancelleria della sezione, una memoria, rispettivamente, quindici e cinque giorni prima della data dell’udienza apporta, in effetti, deroga tanto all’art. 378[8], quanto all’art. 379[9], nella loro versione risultante dalle modifiche apportate dal D.lgs. 149/2022.

Poiché ai sensi di quanto previsto dal comma 6 dell’art. 35 del D.lgs. 149/2022, i nuovi articoli 378 e 379 si applicano (anche) ai giudizi di cassazione pendenti al 31 dicembre 2022[10] per i quali, però, alla data del 1 gennaio 2023 non risulti ancora fissata l’udienza pubblica (o l’adunanza in camera di consiglio), ne discende questa ineluttabile conseguenza: di vera e propria deroga a tali norme del codice di rito da parte dell’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 può, in effetti, parlarsi solo allorché le due disposizioni si applichino contemporaneamente. Vale a dire, che la deroga sussiste proprio ed esclusivamente nei casi in cui l’udienza pubblica di discussione risulti fissata con decreto adottato a decorrere dal 1°  gennaio 2023 (incluso); ciò per l’ovvia ma decisiva ragione che, in tale ipotesi, al giudizio di cassazione[11] dovrebbero applicarsi i nuovi articoli 378 e 379 i quali, però (alla luce delle osservazioni compiute) e per effetto di quanto previsto dall’art. 8, comma 8, D.L. 198/2022, sono (appunto) derogati da quanto (diversamente) previsto dal comma 8-bis dell’art. 23 del D.L. 137/2020.

Se le previsioni di cui all’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 come prorogate dall’art. 8, comma 8, del D.L. 198/2022 dovessero applicarsi solo alle udienze pubbliche fissate con provvedimento reso sino al 31 dicembre 2022 (incluso), esse non costituirebbero deroga alcuna al d.lgs. 149/2022 e, in particolare, agli articoli 378 e 379 così come modificati da quest’ultima legge in quanto, in tal caso, essi continuerebbero ad applicarsi nella loro versione antecedente le modifiche.

Né si può opinare diversamente sulla base del fatto che il comma 8 dell’art. 8 del D.L. 198/2022, nel suo ultimo periodo, prevede che resti fermo quanto previsto dall’art. 35, comma 1, del D.lgs. 149/2022.

La previsione transitoria che viene fatta salva è quella generale e non, invece, quella specificamente destinata a regolare l’applicazione nel tempo delle norme modificate dal D.lgs. 149/2022 relative al giudizio di cassazione. La norma transitoria specialmente dedicata al giudizio di cassazione è, infatti, contenuta nei commi 5 e 6 del D.lgs. 149/2022; quindi non può sostenersi che l’aver fatto salvo (con l’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 8 del D.lgs. 198/2022) il primo comma dell’art. 35 del D.lgs. 149/2022[12] abbia l’effetto di rendere dovuta l’interpretazione per cui l’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 debba trovare applicazione solo e fintanto che non si dia applicazione alle norme modificate[13].

4.L’unico dato che parrebbe contrastare quella che a noi sembra essere l’unica interpretazione possibile della norma in base alla sua formulazione[14] (e, si aggiunga decisivamente, tota lege perspecta) è quello fondato sulla, si direbbe, interpretazione storica; vale a dire sulla interpretazione che si voglia innestare su di un passaggio della relazione governativa (notoriamente ex se non vincolante) che accompagna il D.L. 198/2022 ove, per un verso, si dice che l’art. 35 del D.lgs. 149/2022 nulla prevederebbe quanto ai giudizi di cassazione per i quali al 1° gennaio 2023 risulti già fissata l’udienza pubblica (o l’adunanza in camera di consiglio) e, per altro verso, si afferma che ciò avrebbe reso necessario disporre la proroga delle previsioni di cui all’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 proprio per regolare questa ipotesi (non disciplinata, a quanto si sostiene nella relazione, dalle disposizioni transitorie del D.lgs. 149/2022)[15].

A noi pare che neppure questo argomento sia rilevante per deflettere dalla interpretazione fatta propria dal Primo Presidente e che, come crediamo di aver dimostrato supra, si fonda su solide basi ermeneutiche di natura testuale.

Al di là dell’osservazione già compiuta (invero dirimente) per cui, a livello generale, la relazione che accompagna un testo di legge non può, di per sé, rilevare per attribuire un significato alla norma, a noi pare che ad escludere qualsiasi rilevanza al tenore del passo della relazione poc’anzi ricordato (e trascritto in nota) stiano i seguenti, decisivi elementi.

Innanzi tutto, nella relazione si sostiene che il comma 8 dell’art. 8 del D.L. 198/2022 conterrebbe la specificazione che le previsioni di cui all’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 debbano applicarsi alle udienze «già fissate […] e che saranno svolte sino al 30 giugno 2023».

Tuttavia, come visto, nell’art. 8, comma 8, D.L. 198/2022 manca questa specificazione che circoscriverebbe l’applicazione delle previsioni di cui all’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 alle udienze «già fissate» e ci si limita, invece, a far esclusivo riferimento alle udienze da svolgersi fino al 30 giugno 2023.

Ancora, nella relazione si sostiene che l’art. 35 D.lgs. 149/2022 non conterrebbe previsioni di diritto transitorio destinate a regolare l’applicazione nel tempo delle disposizioni relative ai giudizi di cassazione pendenti al 1° gennaio 2023 per i quali risulti già fissata l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio. Al di là dell’osservazione che, semmai, il legislatore si sarebbe dovuto preoccupare del fatto che ciò che doveva esclusivamente regolarsi era la possibilità di continuare a fare applicazione dell’istanza di discussione orale per le udienze fissate nel periodo di efficacia della disposizione ma per date ad esso successive, non è vero – ovviamente – che manca una disciplina per i giudizi di cassazione pendenti al 1° gennaio 2023 e per i quali non risulti fissata l’udienza o l’adunanza: essi, molto semplicemente, sono regolati dalle disposizioni anteriori contemplate dal codice di rito ed impiegate sinora.

Di più, nella relazione si sostiene che l’art. 8, comma 8, D.L. 198/2022 avrebbe inteso prorogare al 30 giugno 2023 anche la regola che consente lo svolgimento delle camere di consiglio da remoto; abbiamo già dato conto in precedenza, tuttavia, che la previsione sulle camere di consiglio da remoto non è in alcun modo intercettata o presa in considerazione dal comma 8 dell’art. 8 D.L. che, infatti, non richiama né direttamente, né indirettamente, il comma 9 dell’art. 23 del D.L. 137/2020[16].

Pure poco perspicuo è, sempre come già segnalato, il riferimento che la relazione governativa compie alla necessità di prorogare al 30 giugno 2023 anche la previsione che consentiva il giuramento telematico del CTU in quanto la novellata disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 193 c.p.c. che prevede, oggi[17], d’ordinario tale possibile sarebbe destinata ad entrare in vigore il 30 giugno 2023. Come detto, per effetto della riformulazione dell’art. 35, comma 2, D.lgs. 149/2022 ad opera dell’art. 1, comma 380 della L. 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023)[18], il secondo comma dell’art. 193 c.p.c. come novellato è destinato ad applicarsi ai giudizi pendenti al 1° gennaio 2023.

Si può, dunque, fondatamente dubitare – per usare un eufemismo – della significatività e rilevanza di una relazione che (già ex se priva di alcuna portata vincolante) contiene siffatte imprecisioni e così gravi fraintendimenti.

5. In conclusione, a noi sembra che, ancorché si tratti di soluzione assai insoddisfacente e di regola di cui avremmo fatto molto volentieri a meno, per tutte le udienze pubbliche che si svolgeranno sino al 30 giugno 2023[19] continueranno a trovare applicazione, in deroga alle nuove previsioni di cui agli articoli 378 e 379 c.p.c. come modificate dal D.lgs. 149/2022, le previsioni di cui all’art. 23, comma 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, del D.L. 137/2020[20], con conseguente necessità per le parti di presentare tempestiva istanza di discussione orale qualora intendano prendere parte, insieme al pubblico ministero, all’udienza pubblica così fissata.

[1] Non è chiaro il senso del riferimento alle «camere di consiglio» (oltre che alle «udienze») contenuto nel comma 8 dell’art. 8 D.L. 198/2022. Posto che il riferimento in questione non può avere ad oggetto le adunanze in camera di consiglio (atteso che esse, per definizione, tanto nel nuovo quanto nel vecchio sistema, si svolgono sempre e comunque senza la presenza dei difensori), probabilmente con esso il legislatore intendeva far salva la possibilità, sino al 30 giugno 2023, che «le deliberazioni collegiali in camera di consiglio» fossero «assunte mediante  collegamenti  da remoto  individuati  e  regolati  con  provvedimento  del   direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia» (v. anche infra su quanto detto infatti nella relazione). Tuttavia, la possibilità che le camere di consiglio (anche in cassazione) si svolgano da remoto è prevista dall’art. 23, comma 9, del D.L. 137/2020 che non è stato oggetto di alcuna proroga e che, quindi, ha definitivamente cessato la sua efficacia al 31 dicembre 2022. Egualmente priva di senso è la previsione che proroga sino al 30 giugno 2023 il comma 8 dell’art. 221 D.L. 34/2020. La previsione (inutilmente, v. subito infra) prorogata consentiva, infatti, al giudice di disporre che il giuramento del consulente avvenisse, anziché in udienza, mediante deposito telematico di una dichiarazione sottoscritta digitalmente. Tuttavia, l’art. 193, secondo comma, c.p.c. – come modificato dal D.lgs. 149/2022 – prevede, oramai, d’ordinario la possibilità di questo giuramento “a distanza” e, ai sensi del secondo comma dell’art. 35 del D.lgs. 149/2022, è questa una previsione del codice di rito di immediata applicazione, destinata cioè ad applicarsi anche ai procedimenti pendenti al 1° gennaio 2023.

[2]  Che può leggersi dalla home page del sito (www.cortedicassazione.it) della Suprema Corte.

[3] La precisazione si è resa necessaria perché, diversamente da quanto avvenuto sia al momento della introduzione della norma che al momento delle sue prime proroghe al 31 dicembre 2021 ed al 31 dicembre 2022, il legislatore, con il D.L. 198/2022, non ha previsto alcunché con riferimento alla non applicabilità della disposizione relativamente alle udienze pubbliche fissate in una data successiva alla proroga ma tale da non consentire il rispetto del termine di venticinque giorni (liberi) antecedenti l’udienza pubblica così fissata. L’istanza di discussione orale deve essere presentata, infatti, almeno venticinque giorni liberi prima dell’udienza (ancorché il vecchio articolo 377 c.p.c. prevedesse che il decreto di fissazione dell’udienza dovesse essere comunicato almeno venti giorni prima; oggi il termine è stato aumentato a quaranta giorni, ma già nel vigore della vecchia formulazione l’organizzazione della Corte aveva permesso una comunicazione del decreto in tempo utile affinché le parti potessero rispettare il termine in questione). Le parti di un giudizio di cassazione per il quale sia stata fissata, con provvedimento anteriore al 31 dicembre 2022, l’udienza pubblica, si immagini, del 27 gennaio 2023 (di modo che il termine sarebbe scaduto sabato 31 dicembre 2022, ovvero venerdì 30 dicembre 2022), potevano legittimamente fare affidamento sul fatto che l’istanza di discussione non sarebbe stata necessaria attesa la cessazione dell’efficacia della disposizione che la prevedeva al 31 dicembre 2022 (e, dunque, limitata alle udienze pubbliche da svolgersi entro questa data). La proroga al 30 giugno 2023 disposta con il D.L. 198/2022 pubblicato in G.U. il 29 dicembre 2022 ed entrato in vigore il 30 dicembre 2022 ha reso, comunque, inesigibile l’obbligo di presentazione tempestiva dell’istanza di discussione orale in quanto il termine di essa sarebbe scaduto il giorno stesso dell’entrata in vigore della disposizione di proroga. Può, peraltro, dubitarsi che l’applicabilità della disposizione per le udienze pubbliche fissate al 30 ed al 31 gennaio 2023, ancorché materialmente possibile (scadendo il termine, rispettivamente, il 4 ed il 5 gennaio 2023), sia rispettosa del più che legittimo affidamento delle parti circa l’inesistenza di un loro obbligo di chiedere la discussione orale, considerando sia la minima distanza tra l’entrata in vigore della disposizione di proroga che il periodo in cui è si è svolta la vicenda che andiamo descrivendo (in pendenza cioè delle festività natalizie e di fine anno).

[4] Formulato da G. Fichera, Lo strano caso dell’udienza pubblica in cassazione, in www.judicium.com, consultato il 4 gennaio 2023.

[5] Interpretando la disposizione restrittivamente (come proposto da G. Fichera, op. cit.), infatti, il vero ed unico dato discriminante sarebbe stata la data di fissazione dell’udienza e non, invece, quella di suo svolgimento. Pertanto, il legislatore avrebbe dovuto indicare questo elemento della data del decreto di fissazione di udienza (e non, invece, quello della data di svolgimento dell’udienza) per limitare oggettivamente e nel tempo l’applicazione della disposizione. Avendo, al contrario, dato rilevanza alla data in cui si svolgeranno le udienze, il legislatore ha consapevolmente reso neutro ed irrilevante il dato costituito dal momento in cui dette udienze risultino fissate (se con decreto anteriore o posteriore al 31 dicembre 2022).

[6] Diversamente G. Fichera, op. cit.,

[7] V. AA.VV., La riforma Cartabia del processo civile. Commento al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di R. Tiscini (e con il coordinamento di M. Farina), Pisa, 2023.

[8] Che, come visto, prevede oggi che il termine per il deposito delle memorie del pubblico ministero e delle parti, sia, rispettivamente, di 20 e 10 giorni prima della udienza, mentre – come già anticipato nel testo – ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 le memorie del pubblico ministero e delle parti devono essere depositate, rispettivamente, almeno 15 e 5 giorni prima dell’udienza.

[9] Il cui primo comma, come rimarcato nel testo, dispone che l’udienza si svolga «sempre» in presenza, quindi senza alcuna necessità di istanze e senza nessuna possibilità di una sostituzione dell’udienza vera e propria con una trattazione solo cartolare o con collegamenti audiovisivi.

[10] Ossia introdotti da ricorsi notificati sino al 31 dicembre 2022.

[11] Già pendente (v. la nota precedente) o, comunque, reso pendente per effetto della notificazione del ricorso avvenuta a decorrere dal 1° gennaio 2023.

[12] Il quale, dopo le modifiche introdotte dall’art. 1, comma 380 della L. 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), prevede che le disposizioni del D.lgs. 149/2022 «salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data».

[13] Così, invece, G. Fichera, op. cit.

[14] Ancorché la regola che si trae da tale interpretazione – nel ritardare, in sostanza, l’entrata in vigore delle modifiche relative all’udienza pubblica introdotte dal D.lgs. 149/2022 e nel contribuire a creare incertezza circa il funzionamento del rito in cassazione – debba certamente considerarsi insoddisfacente (o, se si vuole, irragionevole; così G. Fichera, op. cit.), ciò non può, a nostro avviso, costituire elemento da tenere in considerazione al fine di far dire alla norma quello che essa non dice. Molto semplicemente, anche a nostro avviso il legislatore avrebbe dovuto, più correttamente, o astenersi del tutto dal dettare una disposizione di proroga dell’art. 23, comma 8-bis, D.L. 137/2020 o, comunque, limitarne la continuata applicazione alle sole udienze già fissate con provvedimento reso entro il 31 dicembre 2022 e da svolgersi successivamente (v. supra). Così, però, non è stato e, dunque, queste valutazioni di opportunità non rilevano al fine di attribuire il dovuto significato alla norma di cui al comma 8 dell’art. 8 del D.L. 198/2022 così come (sciattamente) formulata.

[15] Segnatamente, il passaggio della relazione (valorizzato da G. Fichera, op. cit.) è il seguente: «per quanto riguarda le udienze e le ca­mere di consiglio, in particolare, si specifica che la disposizione si applica alle udienze già fissate (in quanto per quelle non ancora fissate si applicheranno dal 1° gennaio 2023 le norme di cui al decreto legislativo n. 149 del 2022) e che saranno svolte sino al 30 giugno 2023».

[16] Viene, infatti, richiamato il solo comma 9-bis che disciplina(va) il rilascio della formula esecutiva telematica.

[17] Per effetto di quanto previsto dall’art. 3, comma 14, del D.lgs. 149/2022.

[18] Di cui la relazione, in effetti, tiene conto con riferimento alla proroga del rilascio telematico della formula esecutiva ove si dice che questa avverrà sino al 28 febbraio 2023, data (modificata proprio dalla legge di bilancio 2023) a decorrere dalla quale non sarà più necessaria in ragione della stessa abolizione tout court della spedizione in forma esecutiva.

[19] Siano esse già state fissate con decreto reso entro il 31 dicembre 2022, ovvero che saranno fissate con decreto reso a decorrere dal 1° gennaio 2023. Fanno eccezione, come visto e come è assolutamente ragionevole per salvaguardare il legittimo affidamento delle parti, le udienze già fissate al 31 dicembre 2022 o da fissare a decorrere dal 1° gennaio 2023 che si tengano sino al 27 gennaio 2023 (v. supra).

[20] A decorrere dal 1° gennaio 2023, per effetto di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 35 del D.lgs. 149/2022, il deposito telematico degli atti e dei documenti è diventato obbligatorio (anche) per tutti i giudizi di cassazione pendenti a tale medesima data. A noi pare, però, che la deroga che compare all’esordio del comma 8 dell’art. 8 del D.L. 192/2022 giustifichi la conclusione per cui le memorie di parte potranno essere depositate secondo il modulo semplificato previsto dal comma 8-bis dell’art. 23 del D.L. 137/2020, ossia mediante invio a mezzo PEC alla cancelleria della sezione.