Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
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L’ottenibilità dell’ordine di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale in via cautelare con provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.: secondo la Corte Costituzionale è scelta ad alto tasso di discrezionalità che, in quanto tale, compete al legislatore.
Di Vincenzo De Carolis -
1.La Corte Costituzionale, con la sentenza segnalata [Corte Cost., 9 giugno 2022, n. 143, pres. Amato, red. Petitti], torna sul complesso e dibattuto tema della tutelabilità ex art. 700 c.p.c. del diritto della parte alla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale contro di lei proposta.
Diciamo “torna”, in quanto già nel 2002, con la sentenza del 6 dicembre, n. 523 [in Foro it., 2003, 7-8, pt. I, 1972 ss., con nota di B. Gambineri, Corte costituzionale e cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali], aveva dichiarato, rispettivamente, infondate e manifestamente inammissibili due distinte questioni di legittimità costituzionale, sollevate in ordine al solo art. 2668 c.c. dal Tribunale di Verona [Trib. Verona, 9 marzo 2001, in Corr. giur., 2001, 924, con nota di Conte, Provvedimento d’urgenza, ordine di cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale ictu oculi infondata e incostituzionalità dell’art. 2668 c.c.].
In quella occasione, più specificamente, la Corte aveva ritenuto infondata la questione quanto alla asserita violazione dell’art. 3 Cost., prospettata dal rimettente in virtù della non assoggettabilità della disciplina della cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali al procedimento cautelare uniforme, di cui agli art. 669-bis ss. c.p.c. E manifestamente inammissibile la questione sollevata per violazione degli artt. 24 Cost. (la parte che subisce la trascrizione resterebbe priva di rimedi contro di essa fino al passaggio in giudicato della sentenza sulla domanda trascritta) e 111 Cost. (al potere della parte attrice di procedere autonomamente e senza alcun preventivo controllo giudiziale alla trascrizione, non corrisponderebbe alcun potere della parte convenuta di valersi di un mezzo di immediata “reazione”) per incompletezza del “quadro normativo di riferimento”. Infatti, era stata sollevata dal rimettente questione di costituzionalità in relazione al solo art. 2668 c.c., norma dalla quale non sarebbe stata desumibile neppure ipoteticamente l’invocata lesione delle disposizioni costituzionali, poiché essa rappresenterebbe la mera conseguenza – in punto di disciplina del quomodo della cancellazione – di una “scelta legislativa di fondo”, rinvenibile negli artt. 2652 e 2653 c.c. che prevedono la trascrizione di talune domande giudiziali ad iniziativa della parte attrice, senza alcuna delibazione, anche cautelare, circa la loro fondatezza.
2.Questa volta, invece, la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Roma involge il combinato disposto degli artt. 2652, 2653 e 2668 c.c. ossia – utilizzando le parole del Giudice delle leggi – l’intero «microsistema della trascrizione delle domande giudiziali» e non il solo art. 2668 c.c., come era avvenuto nel 2002.
In estrema sintesi, si torna a discutere della costituzionalità di questo “microsistema”, in quanto lo stesso non consentirebbe al convenuto di ottenere una cancellazione della trascrizione della domanda in via cautelare con provvedimento d’urgenza, poiché ciò che la norma (art. 2668, 1° comma, c.c.) esige al fine di ottenere la cancellazione della trascrizione pregiudizievole è la sentenza di rigetto della domanda, per di più «passata in giudicato».
Ciò determinerebbe un vuoto di tutela per il convenuto e una disparità di trattamento con la posizione dell’attore: mentre questi può trascrivere immediatamente la domanda giudiziale proposta senza che l’adempimento pubblicitario sia sottoposto ad alcun vaglio preventivo di legittimità (sia pure solo “sommario”), il convenuto deve attendere un lasso di tempo decisamente lungo (e comunque difficilmente predeterminabile) prima di poter domandare ed ottenere la cancellazione, anche in presenza di una domanda in thesi manifestamente infondata.
Esigenze di carattere sistematico si scontrano da sempre con l’ammissibilità della tutela d’urgenza in questo specifico ambito. Anzitutto, una interpretazione letterale dell’art. 2668 c.c. condurrebbe inevitabilmente ad escludere che un provvedimento d’urgenza, strutturalmente inidoneo al passaggio in giudicato, possa anticipare la tutela che solo la sentenza definitiva resa all’esito di una cognizione piena ed esauriente sarebbe in grado di offrire [così E. Picozza, Sull’ammissibilità di un provvedimento cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c. che disponga la cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c., in Riv. dir. proc., 1997, 1242 ss.; ma v. tuttavia l’opinione di chi ritiene superabile questa obiezione in virtù del mutato regime della stabilità dei provvedimenti cautelari anticipatori, che consente loro di sopravvivere alla estinzione del processo (art. 669-octies c.p.c.): in tal senso M.P. Fuiano, Sul provvedimento d’urgenza per la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale e dell’iscrizione ipotecaria, in Giusto proc. civ., 2007, 201-202].
In secondo luogo, si è rilevato come il provvedimento ex art. 700 c.p.c. sarebbe inidoneo ad anticipare l’effetto consistente nel potere di chiedere la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, in quanto effetto “secondario” della sentenza, «prodotto dal fatto oggettivo della reiezione della domanda di merito, documentato dalla sentenza» [così F. Tommaseo, I provvedimenti d’urgenza. Struttura e limiti della tutela anticipatoria, Padova, 1983, 244]: la obiezione è fondata sulla nota teoria che distingue tra effetti principali ed effetti secondari della sentenza, intesi i primi come gli effetti che promanano dalla “sentenza-atto” e che si producono nell’area di applicazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione ad una apposita domanda di parte e ad una corrispondente statuizione del giudice; mentre i secondi, come quegli effetti che si producono a prescindere dalla circostanza che siano stati oggetto di domanda o di apposita pronuncia del giudice, e che la legge ricollega direttamente alla sentenza come “fatto giuridico” (come ad esempio avviene per la qualità che ha la sentenza di fungere da titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale, ai sensi dell’art. 2818 c.c.) [cfr. E.T. Liebman, Efficacia ed autorità della sentenza, Milano, 1935, 49 ss. per il quale il proprium di questi effetti sarebbe la loro “accessorietà” e “consequenzialità” rispetto al prodursi di quelli principali, che ne determinerebbero il loro difetto assoluto di autonomia; A. Cerino Canova, Le impugnazioni civili, Padova, 1973, 278 ss. spec. nt. 35; E. Enriques, La sentenza come fatto giuridico, Padova, 1937, 82 ss.; contra la distinzione tra effetti principali e secondari v. la critica di S. Satta, Gli effetti secondari della sentenza, in Riv. dir. proc. civ., 1934, 1, 251 ss.].
3.La giurisprudenza di merito, dal canto suo, ha tentato di trovare un compromesso tra queste opposte esigenze di tutela, sulla scorta della distinzione tra trascrizione “illegittima” e trascrizione “ingiusta”; si è, cioè, ammessa la possibilità di chiedere ed ottenere dal giudice un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. con il quale si ordini la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, esclusivamente nelle ipotesi rientranti nella prima categoria, ossia qualora la domanda sia stata trascritta “illegittimamente”, fuori dai casi espressamente previsti dagli art. 2652 e 2652 c.c.
La soluzione da ultimo richiamata viene argomentata dalla giurisprudenza a partire da una inapplicabilità in questi casi dell’art. 2668 c.c. (che rinvia espressamente agli artt. 2652 e 2653 c.c. e che quindi sarebbe messo “fuori gioco” in casi in cui si discuta della trascrizione di domande non contemplate dalle due norme) e con la ulteriore considerazione per cui la trascrizione della domanda giudiziale rappresenterebbe in simili ipotesi un esercizio abusivo del diritto di azione valutabile alla stregua di un “atto emulativo” (atteso il suo contenuto contrario ad ogni previsione normativa) e suscettibile di creare pregiudizi irreparabili, tutelabili mediante l’ottenimento da parte del giudice di un provvedimento d’urgenza che ordini la cancellazione della trascrizione (per questo) illegittimamente operata [in tal senso ed ex multis, Trib. di Roma, ord. 29 dicembre 1998, in Foro it., 2000, I, 1325, con osservazioni di B. Gambineri, relativamente ad una fattispecie in cui era stata trascritta una domanda di divisione giudiziale del patrimonio sociale proposta a seguito della cessazione dell’esercizio in comune dell’attività di impresa, sul presupposto che la cessazione sarebbe stata causa di conversione della società in comunione; Trib. Napoli, ord. 26 gennaio 2006, in Giur. mer., 2006, 10, 2170; Trib. Milano, ord. 1 dicembre 2003, in Giur. it., 2004, 308; Trib. Napoli, ord., 19 luglio 2011]. Essa, tuttavia, si rivela inidonea a coprire tutti quei casi in cui la domanda trascritta sia effettivamente contemplata dalle norme citate (come quello dal quale origina la rimessione che ha dato luogo alla sentenza della Corte Costituzionale qui in commento, ossia un giudizio in cui si trascriveva una domanda giudiziale di adempimento dell’obbligo a contrarre ex art. 2932 c.c.).
Non è peraltro mancata una minoritaria giurisprudenza di merito che ha sporadicamente ritenuto ammissibile la tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere la cancellazione, anche a fronte di domande trascritte sì legittimamente ai sensi degli artt. 2652 e 2653 c.c., ma palesemente infondate nel merito, tanto da potersi configurare, anche in questo caso, un esercizio abusivo del diritto di azione da parte dell’attore trascrivente. Con la conseguenza che, se non si ammettesse la tutela d’urgenza anche in queste ipotesi, l’unico rimedio a disposizione del soggetto che subisce l’esercizio abusivo del diritto resterebbe il risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 2°, c.p.c. [così Trib. Roma 19 settembre 1995, in Riv. dir. proc., 1997, 4, 1242 ss., con nota critica di E. Picozza; Trib. Catania, 24 ottobre 1972, in Giur. it., 1974, I, 2, 667 ss.; contra, per la inammissibilità della tutela d’urgenza, cfr. Trib. Modena, 11 giugno 1999, in Giur. it., 2000, 1645, con nota di Canavese, Brevi note sulla concedibilità di un provvedimento d’urgenza che disponga la cancellazione della trascrizione di domanda giudiziale; sul tema v. altresì la dettagliata ricostruzione – anche dei percorsi giurisprudenziali – di R. Giordano, Trascrizione illegittima o abusiva di domande giudiziali e tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c., in Giur. mer., 2007, 3, 591 ss., nonché di A. Panzarola, R. Giordano, Dei provvedimenti d’urgenza, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di S. Chiarloni, Bologna, 2016, 271 ss.].
4.La Corte Costituzionale, come accennato in apertura, continua a valutare inammissibili – con la sentenza qui segnalata – le questioni di costituzionalità prospettate dal giudice a quo. Tuttavia, questa volta e rispetto alla pronuncia del 2002, aggiunge ulteriori elementi di riflessione che meritano di essere evidenziati. Anzitutto, non nega che «il combinato disposto oggetto delle questioni in scrutinio sia attraversato da una tensione irrisolta fra i valori coinvolti, sicuramente acuita dall’eccessiva durata dei giudizi, la quale, nel procrastinare oltre misura la formazione del giudicato, si traduce nella protrazione della formalità, a servizio di domande che si rivelino infine senza fondamento» [Considerato in diritto, § 3.5] e che anche i correttivi apportati dal legislatore del 2009 (che con la l. n. 69 ha ridotto, contenendola nella misura di 20 anni, la efficacia temporale della trascrizione) risultano inidonei a contemperare gli interessi in gioco, vista la possibilità per l’attore di rinnovare la trascrizione prima della sua perdita di efficacia, senza la necessità di alcun controllo giurisdizionale.
In secondo luogo, rileva che la persistente necessità del passaggio in giudicato della sentenza che rigetti la domanda trascritta ai fini dell’ottenimento della cancellazione, solleverebbe un «problema di coerenza interna al sistema processuale che, muovendo dalle profonde innovazioni apportate dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 […] segue ormai una chiara tendenza “a svincolare la decisione concreta della lite dalla necessità dell’accertamento con il “crisma” del giudicato sostanziale”» [così la Corte al Considerato in diritto, § 3.6, richiamando Corte Cost. n. 212 del 202, in Giur. cost., 2020, 2390 ss.]. Tendenza che emergerebbe anche dall’art. 669-novies, 3° comma, c.p.c., ove si prevede che il provvedimento cautelare perde efficacia se «con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso» [in dottrina, peraltro, è stato già rilevato il mancato coordinamento tra l’art. 2668 c.c. e l’art. 669-novies c.p.c.: cfr. A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile2, Napoli, 1996, 675, B. Gambineri, (Osservazioni a Trib. Roma 29 dicembre 1998), cit., 1326].
È qui, in particolare, che sembra cogliersi una certa discontinuità con il precedente del 2002 (almeno in punto di motivazione). La Corte, infatti, pur ribadendo la funzione “composita” della trascrizione, anche a tutela dei terzi, che non ne permetterebbe la piena sovrapponibilità alla tutela cautelare, afferma che «resta tuttavia l’evidenza per cui chi ha subìto la trascrizione di un provvedimento cautelare, cioè di un atto vagliato dal giudice in ordine al fumus boni iuris, può ottenerne la cancellazione anche prima della formazione del giudicato a lui favorevole, mentre, a parità di condizioni, non può egli ottenere la cancellazione della trascrizione della domanda, nonostante di questa il giudice non abbia ex ante delibato la fondatezza, neppure in punto di fumus».
Riemerge quindi il tema della funzione cautelare cui pure assolverebbe l’istituto della trascrizione delle domande giudiziali, almeno secondo una certa impostazione [su cui v. P. Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 128 ss., il quale osserva che la trascrizione delle domande giudiziali può avere scopo «indirettamente cautelare», rilevando che poiché gli effetti “eventualmente” cautelari della trascrizione derivano direttamente da questa, senza bisogno di alcun provvedimento del giudice, essi andrebbero ricondotti alla c.d. “autotutela cautelare”; A. Proto Pisani, La trascrizione delle domande giudiziali, Napoli, 1968, 244, che parla di funzione “conservativa” della trascrizione delle domande giudiziali, «di salvaguardia contro il terzo avente causa dal convenuto il quale trascriva (o iscriva) il suo titolo di acquisto posteriormente»; tuttavia, per Proto Pisani, la detta funzione conservativa assume «contenuto ed efficacia diversa, a seconda della natura della domanda»].
E nonostante la Corte neghi – in thesi – siffatta funzione cautelare della trascrizione, contestualmente instaura un parallelismo tra la possibilità di ottenere la cancellazione di un provvedimento cautelare trascritto in virtù di una sentenza ancora non passata in giudicato e la impossibilità di ottenere la cancellazione di una domanda trascritta se non in virtù di sentenza passata in giudicato, gettando così più di un’ombra sulla coerenza del sistema che ne deriva.
5.Ma perché, verrebbe da chiedersi dopo aver letto gli ultimi passaggi della motivazione, la Corte dichiara inammissibili le questioni di costituzionalità, senza entrare (apparentemente) nel merito? Perché, si legge nel prosieguo della motivazione, le soluzioni a un simile conflitto tra interessi contrapposti e tutti meritevoli di tutela, sono plurime; perché ciascuna di esse comporterebbe un sacrificio per uno dei soggetti coinvolti; e, soprattutto, perché nessuna di queste sarebbe “costituzionalmente obbligata”, dovendosi rimettere la scelta alla discrezionalità del legislatore. A tal fine, la Corte esemplifica alcuni dei possibili rimedi e le relative “controindicazioni”. Anzitutto, attribuire al giudice il potere di ordinare la cancellazione della trascrizione della domanda con un provvedimento di urgenza, se da un lato consentirebbe la immediata reazione difensiva del convenuto a fronte di trascrizioni “ingiuste”, dall’altro esporrebbe l’attore al pregiudizio della perdita dell’effetto prenotativo della trascrizione all’esito di una cognizione sommaria, senza possibilità di recuperarlo appieno con una nuova trascrizione (che opererebbe ex nunc) successiva ad una eventuale riforma del provvedimento cautelare, ad esempio in sede di reclamo. In secondo luogo, anche laddove si intendesse colmare il vuoto di tutela con la tutela cautelare d’urgenza, occorrerebbe «regolare specificamente il meccanismo anticipatorio», coniando se del caso «un incidente cautelare apposito, in quanto la tutela atipica ex art. 700 cod. proc. civ. è rivolta ad anticipare gli effetti dell’accoglimento di una domanda di merito, laddove nel caso di specie gli effetti dei quali si chiede l’anticipazione sono quelli di una pronuncia di rigetto». Se poi si volesse “espungere” – prosegue la Corte – il riferimento alla sentenza «passata in giudicato», così allineando quanto disposto dall’art. 2668, 1° comma, c.c. e quanto disposto dall’art. 669-novies, 3° comma, c.p.c., in modo da consentire la cancellazione della trascrizione già al momento di emanazione della sentenza di rigetto (senza dover attendere il suo passaggio in giudicato) occorrerebbe «regolare le conseguenze pubblicitarie di un’eventuale riforma o cassazione della sentenza contenente l’ordine di cancellazione, e stabilire a quali condizioni la domanda possa essere nuovamente trascritta dopo una sentenza di rigetto» [Considerato in diritto, § 3.7.2].
Infine, si ricorda la ipotesi di introduzione di un vaglio giudiziale preliminare alla trascrizione, che secondo la Corte non sarebbe «da escludere in linea teorica», e che tuttavia «determinerebbe un mutamento radicale del sistema pubblicitario delle domande», potendosi anche immaginare soluzioni “intermedie” «che ad esempio riducano la durata dell’efficacia della trascrizione e ne subordinino la rinnovazione ad una favorevole delibazione giudiziale cognita causa» [così il Considerato in diritto, § 3.7.3].
6. Se non possiamo in questa sede entrare nel merito delle soluzioni prospettate dalla Corte de jure condendo (ossia quelle che consigliano di introdurre “incidenti cautelari” o “vagli preliminari” ad hoc, volti a consentire al giudice di pronunciarsi con valutazioni sommarie circa la manifesta infondatezza della domanda trascritta) ci permettiamo di esprimere qualche dubbio, in particolare, su alcune considerazioni che la Corte fa al fine di escludere una declaratoria di incostituzionalità dell’attuale assetto normativo [v. peraltro, sui corrispondenti sistemi pubblicitari adottati negli altri ordinamenti, l’analisi comparatistica di N. Picardi, La trascrizione delle domande giudiziali, Milano, 1968, spec. 17 ss.].
Anzitutto, non convince la obiezione fondata sulla circostanza per cui se si ammettesse l’ordine di cancellazione con provvedimento cautelare, ma anche con sentenza provvisoriamente esecutiva impugnata, occorrerebbe previamente regolare – a livello normativo – le conseguenze di una eventuale riforma del provvedimento o della sentenza in sede di reclamo o di impugnazione. Infatti, il nostro sistema processuale tollera (come peraltro sembra ammettere la stessa Corte Costituzionale nel passaggio del considerato in diritto sopra evidenziato) ipotesi analoghe in cui la riforma della sentenza ha effetti parimenti “travolgenti” nei confronti di atti con funzione lato sensu conservativa: basti pensare agli effetti della riforma o cassazione della sentenza sulla esecuzione forzata intrapresa e sulla stessa fondata, in cui il pignoramento stesso (e la sua trascrizione) vengono travolti, ai sensi dell’art. 336, cpv., c.p.c.
Si noti, peraltro, come il medesimo problema paventato dal Giudice delle leggi si presenti anche nella ipotesi in cui si controverta sulla “legittimità” della trascrizione, ossia sul se la domanda sia o meno trascrivibile ai sensi degli artt. 2652 e 2653 c.c., ipotesi in cui – come detto – si ammette in giurisprudenza la concedibilità del provvedimento di urgenza: chiediamoci, ad esempio, cosa avviene se, ottenuto in via cautelare l’ordine di cancellazione perché il giudice della cautela ha ritenuto la domanda non rientrante nelle ipotesi di cui agli art. 2652 e 2653 c.c., il giudice del reclamo ovvero il giudice del merito, non condividendo la soluzione adottata e reputando la domanda rientrante nel novero di quelle trascrivibili, riformi la statuizione (suscettibile di essere a sua volta riformata dal giudice dell’impugnazione) ? Chi ha trascritto subirà un analogo pregiudizio, reputato evidentemente in tal caso “accettabile”.
Così come parimenti non convincente ci pare la obiezione fondata sull’argomento per cui, al fine di ammettere la tutela d’urgenza, occorrerebbe previamente ricalibrare l’istituto dei provvedimenti d’urgenza sulla anticipazione di una sentenza di rigetto, ché attualmente lo stesso sarebbe idoneo solamente a contemplare anticipazioni di tutela “di accoglimento”. In realtà sembra che, adottando la prospettiva della “anticipazione della sentenza di rigetto”, si limiti eccessivamente l’ambito di applicazione dell’art. 700 c.p.c. Infatti, ai fini della ammissibilità della tutela cautelare d’urgenza, occorre anzitutto chiedersi se “esista” (recte: sia configurabile) il diritto cautelando. Ebbene, nel caso che ci occupa il diritto che il ricorrente mira a tutelare in via cautelare con la tutela anticipatoria non è tanto l’anticipazione della sentenza di rigetto, bensì la cancellazione della trascrizione della domanda, in base ad una valutazione prognostica circa la manifesta infondatezza della stessa. Si consideri infatti che è financo astrattamente configurabile un giudizio ordinario avente ad oggetto il diritto alla cancellazione della trascrizione, quando il giudice abbia omesso di disporla con la sentenza di rigetto ovvero in sede di declaratoria di estinzione del processo (seppure non sia la scelta migliore, in termini di effettività della tutela, essendo preferibile rivolgersi ad altri strumenti, quale il procedimento di correzione della sentenza ex art. 287 c.p.c.: sul tema cfr. A. Chizzini, Note in tema dell’ordine giudiziale, di cui all’art. 2668 c.c., alla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, in Giur. it., 1993, I, 331 ss.; nonché A. Panzarola, R. Giordano, Dei provvedimenti d’urgenza, cit., 281 ss., i quali ammettono senza riserve l’esperibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per ottenere la cancellazione nei casi di omissione da parte del giudice). Si potrebbe obiettare che, in quel caso, il diritto alla cancellazione sorge in seguito al venir meno del processo instaurato con la domanda trascritta (nella ipotesi di omissione dell’ordine in sede di declaratoria di estinzione del processo) ovvero in seguito all’accertamento della inesistenza del diritto dell’attore da parte della sentenza che rigetta la domanda: quando cioè i presupposti di efficacia della trascrizione della domanda sono ormai venuti meno. Le obiezioni sarebbero pertinenti. Tuttavia, se si parte dall’assunto per cui la trascrizione della domanda ha funzione eminentemente conservativa [A. Proto Pisani, La trascrizione, loc. cit.] del diritto dedotto in giudizio, non sembra potersi escludere un interesse giuridicamente tutelabile del soggetto che subisce la trascrizione di una domanda manifestamente infondata; una volta riconosciuta l’astratta configurabilità di un simile interesse, pare difficile escluderne per la cautelabilità in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c., solo sulla base della considerazione per cui si tratterebbe di anticipare gli effetti di una sentenza di rigetto [per A. Proto Pisani, La trascrizione delle domande, cit., 234 ss., l’art. 2668 c.c., consentendo la cancellazione della trascrizione solo in seguito alla sentenza di merito passata in giudicato, dimostrerebbe come gli effetti che gli artt. 2653 e 2654 c.c. ricollegano alla trascrizione delle domande giudiziali da essi contemplate, presuppongono, «in uno con gli altri elementi previsti da ciascun singolo numero delle norme in esame, la fondatezza nel merito e, quindi, l’accoglimento delle domande stesse; in altri termini le domande giudiziali non sono considerate dalle norme in esame in quanto tali, per il semplice fatto che siano state proposte, ma unicamente se ed in quanto siano suscettibili di dar luogo ad una pronuncia di merito favorevole all’attore: di conseguenza, gli effetti che gli artt. 2652 e 2653 ricollegano alla trascrizione delle domande giudiziali da essi previste, non sono effetti destinati a prodursi in ogni caso, qualunque sia l’eventum litis, ma sono ipoteticamente subordinati allo sfociare del processo in una pronuncia di accoglimento nel merito della domanda attrice» (p. 236)].
7.In conclusione la Corte richiama, al fine di ulteriormente giustificare la declaratoria di inammissibilità delle questioni sollevate, suoi precedenti secondo cui le scelte in ordine alla conformazione degli istituti processuali sarebbero caratterizzate dall’ampia discrezionalità del legislatore nel compierle, salvi i limiti della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà [cfr. Corte Cost. n. 13 del 2022, n. 213, n. 148 e n. 87 del 2021, n. 58 del 2020].
Ed è proprio sulla ragionevolezza di un sistema che esige il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto della domanda giudiziale trascritta al fine di ottenerne la cancellazione, che pare legittimo continuare a dubitare. Soprattutto se si pensa che la funzione “conservativa” della trascrizione della domanda non trova attualmente bilanciamenti idonei nel sistema, che pure (come ricordato dalla stessa Corte costituzionale) ammette che la sentenza non ancora passata in giudicato sia idonea a pregiudicare atti aventi finalità “conservative” per eccellenza, ossia i provvedimenti cautelari [cfr. A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile5, Napoli, 2012, 632].