L’evoluzione della responsabilità amministrativa: dalla provvisoria legittimità costituzionale dello scudo erariale alle possibili riforme della Corte dei conti

Di Alessia Indelicato -

ABSTRACT: L’articolo esamina l’evoluzione della responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti di recente transitoriamente mitigata dalla legge emergenziale che introduce lo “scudo erariale”. Quest’ultima normativa è stata portata al vaglio della Corte costituzionale che ha respinto le censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti. Tuttavia, si registrano commenti dissonanti sulla pronuncia e sulla proposta di legge di modifica della responsabilità amministrativa, dai quali emerge uno scenario distonico e precario che necessita di una ponderata e comune rivisitazione della normativa al fine di riportare unità, centralità e certezza del diritto.

ABSTRACT: This article examines the development of administrative responsability of public officials recently temporarily limited by the emergency law that introduces the “scudo erariale”. This last legislation was brought to the attention of the Constitutional Court which rejected the complaints of constitutional illegitimacy raised by the Court of Auditors. However, there are discordant comments about the sentence and the proposed law to chance administrative responsibility from which highlights the contradictions and precarious setting that needs a thoughtful and common revisiting of the legislation in order to bring unity, centrality and legal certainty.

SOMMARIO: 1. Evoluzione della responsabilità erariale. 2. Limitazione della responsabilità amministrazione: il c.d. scudo erariale. – 3. Dall’ordinanza della Corte dei conti alla dichiarazione di legittimità della Consulta. – 4. Commenti agli approdi della Corte costituzionale. – 5. Proposta di riforma della Corte dei conti. – 6. Riflessioni conclusive.

1.Evoluzione della responsabilità erariale

In dottrina e in giurisprudenza s’incontrano numerose denominazioni: responsabilità amministrativa, patrimoniale, erariale, contabile in senso improprio che sostanzialmente esprimono lo stesso concetto e cioè la responsabilità in cui incorre l’impiegato, l’amministratore, il funzionario, o chi è legato alla pubblica amministrazione da un rapporto di servizio, qualora nell’esercizio di funzioni pubbliche, per inosservanza dei suoi obblighi di servizio, cagioni all’amministrazione un danno economico in modo diretto[2], oppure a soggetti terzi, configurando un danno indiretto[3].

In altre parole, la responsabilità erariale viene definita come quella particolare forma di responsabilità del dipendente pubblico, il quale sia obbligato a risarcire i danni, diretti e/o indiretti, cagionati all’ente pubblico di appartenenza (compresa l’Unione europea) in conseguenza delle sue azioni od omissioni poste in essere nell’esercizio delle funzioni allo stesso attribuite e svolte[4].

In particolare, la responsabilità amministrativa prende le mosse già dall’antesignana l. 22 aprile 1869, n. 5026[5], che conferisce la giurisdizione al magistrato contabile di giudicare su un danno sofferto dallo Stato o da un ente pubblico per via di una condotta tenuta da un soggetto legato all’amministrazione da un rapporto di servizio.

Successivamente, la responsabilità amministrativa veniva meglio delineata – ed infatti trova ancora oggi fondamento giuridico – nel r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 ove all’art. 81 si disciplina la responsabilità per atti di gestione contabile e all’art. 82 si sancisce come: “l’impiegato che per azione od omissione anche solo colposa, nell’esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo”. Per le suddette responsabilità si prevede (all’art. 83) la giurisdizione della Corte dei conti[6].

Andando avanti nel tempo, con l’avvento della Costituzione, si è andati oltre positivizzando il principio di responsabilità dei dipendenti pubblici attraverso l’art. 28 Cost. che sancisce la diretta responsabilità dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici secondo le leggi penali, civili ed amministrative per gli atti illegittimi dagli stessi compiuti[7].

Quanto detto porta ad affermare che il pubblico dipendente, nell’esercizio delle proprie funzioni, incorrere in cinque fondamentali responsabilità: disciplinare[8], penale[9], civile[10], dirigenziale[11] e amministrativo-contabile.

Su tale ultima responsabilità è intervenuto anche il d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, che all’art. 18 ribadisce come l’impiegato pubblico sia tenuto a risarcire alle amministrazioni i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio. In detta norma veniva delineata una responsabilità amministrativa da danno diretto che non poggiava sulla colpa grave o sul dolo, essendo disposta la responsabilità tout court per i danni derivanti da violazione di obblighi di servizio.

Con lo stesso decreto, all’art. 22 si considerava anche il danno ingiusto, derivante da violazioni di diritti dei terzi che il pubblico dipendente avesse commesso, ma in tal caso veniva richiesto quale elemento soggettivo il dolo o la colpa grave.

Dunque, solo rispetto al danno indiretto, erano stati posti in rilievo il dolo e la colpa grave e tale regime è rimasto invariato fino alla l. 14 gennaio 1994, n. 20 che ha riscritto l’azione di responsabilità erariale senza alcuna specifica indicazione sull’elemento soggettivo richiesto per configurare la responsabilità in questione.

Successivamente, con l’art. 3, c. 1, lett. a) d.l. 23 ottobre 1996 n. 543 si è modificato l’art. 1 c. 1 della l. 14 gennaio 1994 n. 20, prevedendo che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica sia personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo[12] o colpa grave[13], ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali.

Pertanto, se il nostro ordinamento giuridico fonda la responsabilità su condotte connotate da un elemento soggettivo configurante profili di colpa e di dolo, sia in ambito civilistico che, in parte, in quello penalistico; diversamente per la responsabilità erariale il legislatore ha inteso limitare tale elemento costitutivo a tutte le condotte purché connotate quanto meno dalla colpa grave.

In relazione a tale limitazione della responsabilità, la Corte costituzionale, chiamata ad esprimersi sulla legittimità dell’art. 3, c. 1, lett. a), del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, ha avuto modo di affermare come: «[n]ella combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, che connotano l’istituto qui in esame, la disposizione risponde alla finalità di determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo»[14].

Su tale consolidato quadro normativo e giurisprudenziale, è intervenuto l’art. 21, c. 2, del d.l. n. 76/2020 prevedendo che «[l]imitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al ((31 dicembre 2024)), la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente».

Nell’embrionale versione della disposizione il periodo di vigenza dell’esenzione da responsabilità era stabilito fino al 31 luglio 2021[15], termine questo più volte prorogato fino, da ultimo, al 31 dicembre 2024[16].

2. Limitazione della responsabilità amministrativa: il c.d. scudo erariale

Come noto a tutti, dai primi mesi del 2020, in Italia e non solo si assisteva ad un panorama inedito segnato dalla situazione emergenziale da Covid-19 che imponeva l’adozione di una serie di provvedimenti che andassero a disciplinare diversi settori dell’agire amministrativo.

In tale contesto si registrava un’esigenza di mitigazione della responsabilità di quei soggetti maggiormente coinvolti sia nella quotidiana lotta al virus che nella ripartenza del Paese.

Tali interventi davano vita al c.d. scudo erariale (previsto dall’art. 21, c. 2, d.l. 16 luglio 2020, n. 76 convertito con l. 11 settembre 2020, n. 120, denominato “decreto semplificazioni”) il quale interviene, tuttora, sulla responsabilità erariale, incidendo l’art. 1 della l. n. 20/1994, nella misura in cui richiede ancora oggi che il Pubblico ministero contabile dimostri la volontà dell’evento dannoso. Inoltre, nello stesso decreto si introduce un regime espressamente transitorio – seppur più volte prorogato e attualmente vigente – che circoscrive la responsabilità erariale ai soli danni “dolosamente voluti” e cagionati da condotte attive, con la conseguenza che il dipendente pubblico non viene più chiamato a rispondere per colpa grave nel caso di condotta attiva.

Bisogna precisare che tale mitigazione della responsabilità investite le sole condotte puramente commissive e, per volere del decreto, non trova estensione per quei danni cagionati da omissione o inerzia dell’agente che continuano ad essere perseguiti a titolo di dolo e colpa grave.

In altri termini, il legislatore riconosceva la difficoltà di amministrare in piena “palude normativa” generata dalla “fame di norme” della società contemporanea e riteneva che, in tal caso, l’unica soluzione per evitare il disincentivo all’azione amministrativa fosse quella di spostare il pendolo del rischio di danno verso l’amministrazione al fine di proteggere i funzionari pubblici.

La suddetta normativa generava perplessità e veniva portata all’attenzione della Corte costituzionale a seguito della rimessione della Corte dei conti[17].

La questione principale riguardava (gli artt. 3 e 97 Cost.) la ponderazione del corretto esercizio della discrezionalità del legislatore, in quanto, secondo il giudice a quo, con la normativa in esame si sarebbe sovvertito il punto di equilibrio del sistema coincidente con l’imputabilità a titolo di dolo e di colpa grave, che serve a individuare in qual misura il rischio di condotte causative di un vulnus per l’erario sarebbe dovuto ricadere sulla pubblica amministrazione e dunque sulla collettività e al contempo qual misura invece sul funzionario pubblico.

3.Dall’ordinanza della Corte dei conti alla dichiarazione di legittimità della Consulta

Il giudizio a quo prendeva le mosse da indagini amministrative che portavano all’accertamento di una illegittima sottrazione di somme di denaro ai danni del Comando Legione Carabinieri Campania, realizzata attraverso movimentazioni avvenute a mezzo riscossione assegni non autorizzati in un arco temporale andante dal 7 maggio 2010 al 20 gennaio 2021[18].

La Procura regionale conveniva in giudizio i soggetti coinvolti nella vicenda per sentirli condannare al risarcimento del danno erariale e nel far ciò distingueva le contestazioni nei confronti del cassiere (convenuto in via principale per effetto della condotta sottrattiva) a titolo di dolo dalle due contestazioni (commissiva per la firma degli assegni e omissiva per il mancato controllo sulla documentazione contabile e sui conti) a titolo di colpa grave nei confronti dei responsabili del servizio amministrativo e della gestione finanziaria[19].

La Sezione giurisdizionale campana, con ordinanza n. 228 del 18 dicembre, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 d.l. 76/2020, in quanto norma di presumibile applicabilità alla vicenda e che avrebbe comportato un’irragionevolmente limitazione della responsabilità amministrativa alle sole ipotesi di condotte attive dolose.

Inoltre, nell’ordinanza veniva evidenziata la discriminazione che la norma avrebbe posto fra coloro che nell’ambito dell’amministrazione svolgono ruoli di controllo e, invece, coloro che hanno la gestione attiva, nella misura in cui va esente da responsabilità colui che con colpa grave pone in essere l’attività illecita per i fatti commessi dopo l’entrata in vigore della norma censurata e invece non è esente da responsabilità per gli identici fatti commessi antecedentemente nonché chi ha il compito di vigilare sullo stesso.

Di recente la Consulta, con la sentenza n. 132 del 2024, ha respinto la questione di legittimità sollevata dalla Corte dei conti e ha rammentato che la disciplina della responsabilità amministrativa va inquadrata nella logica della ripartizione del rischio dell’attività tra l’apparato e l’agente pubblico, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio[20] che non è fisso e immutabile nel tempo, ma va modulato in funzione dello scenario istituzionale, giuridico e storico in cui opera l’agente contabile.

Infatti, la Corte costituzionale ha rammentato il contesto nel quale veniva introdotto il d.l. 76 del 2020 e le ragioni di straordinaria necessità e urgenza per accelerare gli investimenti e le infrastrutture, nonché interventi di semplificazione in materia di responsabilità del personale delle amministrazioni, al fine di fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Tali misure sono state messe in atto per superare la grave crisi e rimettere in movimento il motore dell’economia; per fare ciò il legislatore riteneva indispensabile che l’amministrazione pubblica operasse senza remore e non fosse, al contrario, a causa della sua inerzia, un fattore di ostacolo alla ripresa economica.

Le suddette ragioni, a parere della Consulta risultano coerenti con la limitazione della responsabilità alle sole condotte attive, «in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo».

Inoltre, come sostenuto dalla Consulta, la norma censurata non è solo finalizzata a fare fronte alla gestione dell’emergenza pandemica ma essa persegue anche il fine ultimo di contribuire al rilancio dell’economia a seguito della sua ben nota crisi, ingenerata, in primo luogo, dalla pandemia; e, in relazione alle proroghe, quello di consentire l’imprescindibile raggiungimento degli obiettivi posti dal PNRR[21].

Dunque, i mutati contesti istituzionale, giuridico e sociale giustificano la ricerca, a regime, di nuovi punti di equilibrio nella ripartizione del rischio dell’attività tra l’amministrazione e l’agente pubblico, con l’obiettivo di rendere la responsabilità ragione di stimolo e non disincentivo all’azione.

Tuttavia, come chiarito dalla Corte costituzionale, non è immaginabile una disciplina normativa che limiti la responsabilità amministrativa alla sola ipotesi del dolo, con esclusione della colpa grave, perché in tal modo i comportamenti macroscopicamente negligenti non sarebbero scoraggiati e, pertanto, la funzione deterrente della responsabilità amministrativa ne sarebbe irrimediabilmente indebolita. Tale limitazione non può considerarsi irragionevole ove si radichi nella particolarità di uno specifico contesto e sia volta ad assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilievo costituzionale, ed abbia carattere provvisorio.

La disposizione censurata, infatti, si giustificava in relazione al peculiarissimo contesto economico e sociale in cui l’emergenza pandemica da Covid-19 aveva determinato la prolungata chiusura delle attività produttive, con danni enormi per l’economia nazionale e ovvie ricadute negative sulla stessa coesione sociale e la tutela dei diritti e di interessi vitali per la società.

Il giudice delle leggi conclude sostenendo che la dichiarazione di infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti può fungere da monito per il legislatore per una riforma a regime della responsabilità amministrativa e sul punto la Corte si spinge oltre offrendo un’elencazione di proposte. Tra queste ultime si segnala: un’adeguata tipizzazione della colpa grave; l’introduzione di un limite massimo oltre il quale il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non viene addossato al dipendente pubblico, ma resta a carico dell’amministrazione; il rafforzamento delle funzioni di controllo della Corte dei conti, con il contestuale abbinamento di una esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni. Ancora la Consulta propone l’incentivazione delle polizze assicurative (che, allo stato attuale, non sono obbligatorie) e da ultimo l’eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti, anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale.

4.Commenti agli approdi della Corte costituzionale

La sentenza n. 132 del 2024 della Corte costituzionale era tanto attesa quanto dibattuta e i commenti alla pronuncia non si sono fatti attendere.

In particolare, si registrano comparativamente critiche e plausi, in ordine a quest’ultimi c’è chi ritiene ragionevole la riduzione della responsabilità al dolo, in quanto la norma scrutinata in vigore per un periodo limitato, coincidente con specifiche esigenze di rafforzamento dell’economia, ben può giustificare una maggior protezione del funzionario: dapprima il bisogno di reagire prontamente alle ferite inferte dalla pandemia da Covid 19 al sistema produttivo italiano e subito dopo la necessità di rispettare gli impegni assunti dalla Repubblica con l’Unione Europea nel PNRR[22] che vedono in primo piano l’azione amministrativa e il raggiungimento del risultato.

In altre parole, se parte della dottrina prende atto del mutamento (da responsabilità amministrativa per colpa grave al risultato amministrativo) e interpreta con favore la mitigazione della responsabilità erariale, d’altra parte c’è chi, contrariamente alla Consulta, ritiene che la scelta a favore di un’amministrazione di risultato non si pone affatto in contrasto con la previsione di responsabilità amministrativo-contabile in particolare per “dolo o colpa grave” e che l’asserita difficoltà nella individuazione delle norme da applicare al caso concreto a causa di un sistema giuridico multilivello, non è un problema generalizzato, ma limitato a occasionali e singole evenienze risolvibili dagli amministratori, secondo i basilari canoni di ermeneutica giuridica.

Inoltre, contrariamente alla pronuncia c’è chi ritiene che i tagli alle risorse finanziarie, umane e strumentali delle amministrazioni, a causa delle esigenze di bilancio e riduzione del debito, non accrescono affatto il rischio che il dipendente pubblico commetta un errore, in quanto la Corte dei conti valorizza le carenze finanziarie e di organico, qualificandole come motivi di esclusione della colpa grave, o di esercizio di un forte potere riduttivo dell’addebito[23].

Tra le critiche si sostiene che la presenza di un organo terzo e imparziale (la Corte dei conti) nel valutare il corretto agere dei funzionari pubblici in un momento storico di rilevante spinta economica con poderosi denari pubblici, sia la miglior garanzia e il miglior strumento per il perseguimento degli obiettivi di rilancio e di ascesa economica Pnrr.

Anche l’ultima parte della sentenza, nella quale la Consulta propone (una volta superato il regime transitorio dello “scudo erariale”, ritenuto comunque costituzionalmente legittimo) alcune novelle legislative della responsabilità erariale, viene criticata e ritenuta come «atipica e innovativa manifestazione di attività paralegislativa e creativa svolta dalla Consulta, che si è tradotta in una nuova tipologia di sentenza che, in assenza di una qualificazione dogmatica stante la novità espositiva seguita, potremmo definire “sentenza pungolatoria” che va ad aggiungersi alle tipologie già censite in letteratura (interpretative, additive, sostitutive, manipolative etc.)»[24].

In particolare, la critica fa notare come la Consulta, con la sentenza “pungolatoria”, dia avallo a diversi precetti del progetto di legge Foti che meglio verranno sviscerati di seguito.

5. Proposta di riforma della Corte dei conti

La Corte dei conti è un organo di rilievo costituzionale oggetto di plurimi interventi normativi vista l’importanza e la centralità delle sue funzioni: giurisdizionali, di controllo e anche consultive[25].

In particolare, gli interventi legislativi hanno inciso sulla mission della Corte dei conti, dapprima a seguito della legge costituzionale n. 1 del 2012 in materia di equilibrio di bilancio e di recente anche con il decreto semplificazioni (sopra esposto) che ha introdotto il c.d. scudo erariale.

Ma all’orizzonte vi sono altri progetti che investono la Corte dei conti, come la proposta di legge (atto camera n. 1621) d’iniziativa del deputato Foti che concerne le “Modifiche alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, al codice della giustizia contabile, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, e altre disposizioni in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti e di responsabilità per danno erariale”.

Tale proposta di legge[26] pur essendo composta da soli quattro articoli apporta modifiche radicali alla disciplina dei controlli e della responsabilità amministrativo-contabile, incidendo sulla stessa natura e sulla ratio dei relativi istituti.

Infatti, come si evince dall’art. 1 dell’a.c. n. 1621 «[q]ualora l’atto abbia superato il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, e quindi sia stato vistato e registrato, non sarà più possibile sottoporre a giudizio per responsabilità erariale gli amministratori che lo abbiano adottato» e dunque con ciò si rende il controllo preventivo di legittimità esimente della responsabilità erariale. In tal modo, verrebbe introdotta una presunzione assoluta iuris et de iure, idonea ad escludere, di per sé, ogni fatto od omissione commessa dal giudizio di responsabilità. Tale primo articolo, a parere di autorevole dottrina[27], non è esente da censure, in quanto andrebbe a derogare principi generali (tuttora vigenti e sanciti all’art. 27 del r.d. n. 1214 del 1934) che prevedono la non esclusione della responsabilità amministrativo-contabile anche in presenza della registrazione e del visto della Corte dei conti. Ciò non toglie che rientri nelle prerogative del legislatore mutare orientamento, magari abrogando preliminarmente l’articolato in vigore per fugare ogni dubbio, a fortiori in un quadro normativo già fin troppo stratificato.

Inoltre, nell’art. 1 della proposta di legge citata si valorizzano gli accordi di conciliazione e le transazioni quali strumenti atti a contenere i contenziosi per danno erariale.

Ancora, l’art. 1 della proposta citata, intende introdurre l’obbligo di esercizio del potere riduttivo del giudice contabile secondo parametri legislativi predeterminati. Va rammentato che il potere riduttivo dell’addebito è originariamente fondato sull’art. 83, c. 1, del r.d. n. 2440 del 1923, a tenore del quale la Corte dei conti, «valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto».

Tuttavia, il potere attualmente in vigore ha carattere eventuale e discrezionale, ma la proposta propone di attribuire carattere di obbligatorietà al potere del giudice contabile da esercitare entro una forbice legislativamente predeterminata per assicurare l’applicabilità erga omnes della riduzione dell’addebito.

Ulteriore novità della proposta di legge Foti è l’obbligatorietà della copertura assicurativa per danno derivante da colpa grave del dipendente pubblico.

Più precisamente, all’art. 1 n. 4 e 5 della proposta si prevede che: «[è] introdotto l’obbligo di copertura assicurativa per coloro che abbiano responsabilità nella gestione di risorse pubbliche, prevedendo la facoltà per l’amministrazione di appartenenza di destinare una parte del trattamento economico accessorio spettante al dirigente o funzionario alla stipulazione di una polizza assicurativa, idonea a garantire che l’amministrazione stessa possa sempre e comunque ottenere il pieno risarcimento del danno patrimoniale ascrivibile a colpa grave del dirigente medesimo».

Sebbene il suddetto obbligo abbia l’ambizioso obiettivo di garantire in tal modo il risarcimento completo della lesione patrimoniale subita dalla pubblica amministrazione, a prescindere dalle condizioni economiche del soggetto responsabile, generalmente inadeguate a fronte di danni di rilevante entità[28], non può sottacersi la perplessità sul riparto dell’onere assicurativo.

Stando alla consolidata giurisprudenza contabile è fatto divieto all’amministrazione di assumere a proprio carico rischi non propri, come appunto avverrebbe se l’ente pubblico si assumesse l’onere della tutela assicurativa dei propri dipendenti[29]. Il suddetto indirizzo giurisprudenziale risulta cristallizzato nella legge finanziaria del 2008[30] che dispone la nullità del contratto di assicurazione con il quale l’ente pubblico assicuri i propri dipendenti da responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici. La nullità del contratto, per illiceità della causa, comporta la sanzione per l’amministratore che ha posto in essere la polizza assicurativa, il quale sarà tenuto a rifondere il danno erariale mediante una somma pari a dieci volte l’ammontare dei premi stabiliti nel contratto nullo[31].

Anche volendo traslare sui dipendenti pubblici l’onere della polizza assicurativa non è automatico l’effetto deterrente visto che il rischio verrebbe solo addossato in parte sull’assicurazione[32].

Il successivo art. 2 della proposta esordisce attribuendo una nuova funzione consultiva[33] alla Corte dei conti[34], la quale dovrà fornire un parere preventivo, in tutte le ipotesi in cui l’amministrazione si trovi di fronte a problematiche complesse e che possano avere conseguenze sul piano della responsabilità per colpa grave. Di conseguenza, il rispetto del parere costituirebbe un’esimente rispetto a eventuali profili di responsabilità[35]. Quest’ultima innovazione è audace in quanto il parere preventivo potrà avere ad oggetto anche «fattispecie concrete» e non solo princìpi di diritto.

Nell’eventualità che la nuova funzione consultiva si positivizzi, ciò avrebbe un duplice effetto: in primo luogo, la Corte dei conti sarebbe indotta a impingere in compiti di amministrazione attiva nell’esercizio della nuova funzione “consulenziale” che potrebbe declinarsi in una sorta di co-amministrazione; funzione che si porrebbe ai limiti della compatibilità con il principio della separazione dei poteri, con l’effetto di deresponsabilizzare il decisore politico-amministrativo[36]. In secondo luogo, non è implausibile che si produca un vero e proprio sovraccarico di richieste di pareri a causa dell’effetto di esimente dalla responsabilità erariale da colpa grave ad essi attribuito[37].

Inoltre, la “novella” pare attribuire, dalla lettura dell’art. 3, un potere sanzionatorio alla Corte dei conti, in termini ancora da delineare, ma sicuramente finalizzato a sollecitare la conclusione dei procedimenti connessi all’attuazione del PNRR e del PNC.

In conclusione, all’art. 4 della proposta n. 1621 si intende modificare il codice di giustizia contabile nella parte relativa alle conseguenze pregiudizievoli di natura economica nei confronti di coloro che siano stati sottoposti a giudizio, concluso con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità. Si dispone a tal fine che le spese legali effettivamente sostenute relative ai giudizi per responsabilità amministrativa siano rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza.

6.Riflessioni conclusive

Alla luce di tutto quanto sopra esposto, appare evidente come la responsabilità erariale sia mutata al mutare dei contesti economici, sociali, giuridici e istituzionali del Paese.

Tali contesti portano il giudice delle leggi, con pronuncia non appellabile, a ritenere legittima e non incostituzionale la temporanea esclusione, sino al 31 dicembre 2024, della responsabilità amministrativa per colpa grave dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti.

Pur tuttavia, come sostenuto dalla Consulta si attende con auspicio una riforma a regime della responsabilità amministrativo-contabile e sebbene le proposte indicate dal giudice delle leggi siano state criticate, in quanto sembra che le stesse anticipino l’avallo costituzionale al progetto di legge Foti, non può non constatarsi con plauso la scelta di intervenire con il “corretto” strumento (proposta di legge) anziché con il decreto-legge, sovente impropriamente utilizzato.

Infatti, riforme così rilevanti per la collettività, in quanto capaci di incidere su principi costituzionali, necessitano di tempi di analisi congrui, di scelte meditate, di tavoli condivisi, al fine di trovare il giusto equilibrio nel delicato bilanciamento per una ragionevole rivisitazione che metta fine all’incertezza e ridia al diritto la certezza di cui ha bisogno.

[1] Dottoranda di ricerca e funzionaria presso le Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei conti. Il presente scritto è frutto del pensiero dell’autrice e non impegna l’amministrazione di appartenenza.

[2] Non può non tenersi a mente la distinzione tra il danno diretto prodotto direttamente all’amministrazione e il danno indiretto, cioè quello prodotto a terzi che l’amministrazione è condannata a risarcire. Tale distinzione, quanto all’elemento soggettivo, era presente al legislatore quando disciplinando la responsabilità amministrativa con il DPR n. 3 del 1957 prevedeva differenti disposizioni per il danno diretto e per il danno indiretto (artt. 18, 22 e 23). Per il primo la responsabilità sussisteva quando si determinava un danno violando obblighi di servizio. Per il secondo invece la responsabilità sorgeva in capo al dipendente (e l’amministrazione poteva rifarsi sullo stesso, dopo aver risarcito il terzo), solo se erano state poste in essere condotte con colpa grave o dolo.

[3] Sulla responsabilità amministrativa va rammentato come la stessa sia caratterizzata dall’atipicità, in quanto non è regolata da precise norme conformative della condotta degli agenti (tipicità dell’illecito). Cfr. A. Indelicato, L’impatto del nuovo codice dei giudizi innanzi alla Corte dei conti: un percorso nel cantiere delle riforme, tesi di laurea in giurisprudenza presso Alma Mater Studiorum Università di Bologna, 2017, p. 84.

[4] M.T. D’Urso, La riforma del dolo nei giudizi di responsabilità dopo il d.l. 76/2020 c.d. decreto semplificazioni, convertito con legge n. 120/2020, in Rivista Corte dei conti, fasc. 2/2021, p. 22.

[5] La responsabilità contabile nasce ancor prima (con la legge che istituisce la Corte dei conti: l. 14 agosto 1862, n. 800) della responsabilità amministrativa (l. 22 aprile 1869, n. 5026). Vedi A. Indelicato, op.cit. p. 87.

[6] P. Santoro, E. Santoro, Nuovo manuale di contabilità e finanza pubblica, Maggioli editore, 2021, p. 916.

[7] A. Indelicato, Responsabilità e “scudo” erariale: retrospettive e prospettive dopo la rimessione alla Consulta, in Rivista della Corte dei conti, fasc. 6/2023, p. 219.

[8] La responsabilità disciplinare si configura qualora il lavoratore violi i propri doveri codificati nella contrattazione collettiva di comparto e nel c.d. codice di comportamento. In questi casi la giurisdizione appartiene al Giudice ordinario del lavoro per i lavoratori pubblici contrattualizzati, mentre negli altri casi rimane radicata nelle sedi TAR.

[9] La responsabilità penale si ha quando il dipendente risponde, avanti la magistratura ordinaria penale, per una condotta che integri un’ipotesi di reato in forza della legge penale.

[10] La responsabilità civile verso i terzi viene riconosciuta nei casi in cui il lavoratore provochi un danno ad un altro soggetto; in tale caso il dipendente risponde ex art. 2043 c.c., in aggiunta a quella solidale dell’ente di appartenenza, giudicata in sede ordinaria civile.

[11] La responsabilità dirigenziale è una peculiare forma di responsabilità prevista dal D.lgs. 165/01 che può integrarsi per il solo personale dirigenziale che non raggiunga i risultati posti dal vertice politico o si discosti dalle direttive dell’organo politico. Vedi V. Tenore, La responsabilità civile, amministrativo-contabile e penale dei pubblici dipendenti, in Il Manuale del pubblico impiego privatizzato, Roma, EPC, 2015, p. 1.

[12] Il dolo erariale deve intendersi quale stato soggettivo caratterizzato dalla consapevolezza e volontà dell’azione od omissione contra legem, con specifico riguardo alla violazione delle norme giuridiche che regolano e disciplinano l’esercizio delle funzioni amministrative, ed alle sue conseguenze dannose per le finanze pubbliche. Vedi: Corte dei conti, Sez. III appello, 27 febbraio 2017, n. 96.

[13] Con riferimento alla colpa grave la giurisprudenza ricorre a locuzioni quali la “macroscopica violazione normativa” ovvero “l’inosservanza delle più elementari regole di buon senso e prudenza”. Il giudizio di colpevolezza si sostanza nel raffronto prognostico ex ante tra la condotta esigibile e quella in effetti tenuta dal dipendente. Vedi: E. Amante, La nuova responsabilità erariale dopo il decreto semplificazione (d.l. 76/2020), webinar Fondazione Forense Firenze, 29 marzo 2021.

[14] Corte cost. sent. 371/1998, in particolare il giudice delle leggi nella citata sentenza osserva come gli: «stessi lavori parlamentari evidenziano l’intento di predisporre, nei confronti dei dipendenti pubblici, un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all’eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell’attività amministrativa». Conformi: Corte cost., sent.  203/2022 e sent. 123/2023.

[15] Il comma è stato così modificato dalla legge di conversione 11 settembre 2020, n. 120, nonché dall’art. 51, c. 1, lett. h), d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 luglio 2021, n. 108.

[16] Art. 8, c. 5 bis, d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, nella l. 23 febbraio 2024, n. 18.

[17] Già in sede di audizione parlamentare le Sezioni riunite della Corte di conti paventavano il rischio di garantire una sorta di impunità per le condotte, connotate da negligenza ed imperizia, di pubblici funzionari inoperosi e poco attivi; ma nonostante i rilievi mossi, il decreto-legge è stato convertito in legge n. 120/2020. Vedi: delibera n. 12/SSRRCO/AUD/20, Audizione sul disegno di legge n. 1883 (d.l. 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, in Roma, dinanzi alla Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica, il 28 luglio 2020, par. 4, pp. 8 ss. Dello stesso avviso è la giurisprudenza contabile che ha definito la normativa “scriminante”, ma l’ha applicata comunque per i fatti verificatesi nel periodo di vigenza, mandando esenti da responsabilità coloro che avevano con condotte commissive gravemente colpose prodotto un danno erariale. Vedi: Corte dei conti, sez. Emilia-Romagna n. 72/2022; Corte dei conti, sez. Trentino-Alto Adige, sede Trento, n. 19/2023.

[18] Nell’arco temporale attenzionato, la sottrazione delle somme è stata perpetrata attraverso negoziazione non autorizzata di ben 78 assegni. L’importo di tali assegni non era stato poi riversato nelle casse del servizio amministrativo del Comando Legione Carabinieri Campania, costituendo il danno erariale perseguito dalla Corte dei conti.

[19] Secondo la prospettazione accusatoria, gli ufficiali succedutisi nella carica di capo servizio amministrativo e di capo sezione gestione finanziaria avevano totalmente e sostanzialmente abdicato alle prerogative, alle funzioni ed alle competenze ad essi attribuite dalla legge, consentendo all’infedele cassiere, anche e soprattutto per il tramite di specifica attività commissiva (firma congiunta di assegni), la realizzazione ed indisturbata prosecuzione nel tempo del disegno criminoso.

[20] Per individuare quest’ultimo, il legislatore, nell’esercizio della discrezionalità adesso spettante, deve tenere conto di due esigenze fondamentali: da un lato, quella di tenere ferma la funzione deterrente della responsabilità, al fine di scoraggiare i comportamenti dei funzionari che pregiudichino il buon andamento della pubblica amministrazione e gli interessi degli amministrati; dall’altro, quella di evitare che il rischio dell’attività amministrativa sia percepito dall’agente pubblico come talmente elevato da fungere da disincentivo all’azione, pregiudicando, anche in questo caso, il buon andamento.

[21] Come sostenuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 132 del 2024: “Compromettere l’attuazione del PNRR equivale a impedire la ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile e il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere. Con la conseguenza che l’inerzia amministrativa, nel contesto descritto, viene a pregiudicare gravemente interessi di grande rilevanza costituzionale, quali il rispetto degli obblighi assunti in sede UE (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.), la tutela dell’ambiente (art. 9 Cost.) e la realizzazione di un’economia sostenibile (art. 41 Cost.), l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico (art. 81 Cost.), gli interessi delle future generazioni (art. 9 Cost.), l’eguaglianza, anche di genere (art. 3 Cost.), e la coesione territoriale (artt. 5 e 119 Cost). Il che, anche per tale fase, rende ragionevole il punto di equilibrio che, limitatamente alle condotte attive, provvisoriamente limita l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa al solo dolo”.

[22] F. Cintioli, La sentenza della Corte costituzionale n. 132 del 2024: dalla responsabilità amministrativa per colpa grave al risultato amministrativo, in Federalismi, 7 agosto 2024, p. 124.

[23] V. Tenore, Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare: lo “scudo erariale” è legittimo perché temporaneo e teso ad alleviare “la fatica dell’amministrare”, che rende legittimo anche l’adottando progetto di legge Foti C1621, in Rivista Corte dei conti, fasc. 4/2024.

[24] V. Tenore, op. cit.

[25] Seppur quest’ultima funzione consultiva non trovi ancoraggio nel dettato costituzionale risulta ormai consolidato nella prassi il suo utilizzo.

[26] Camera dei deputati, proposta di legge n. 1621, presentata il 19 dicembre 2023 dall’on. Foti, consultabile dal sito ufficiale della Camera.

[27] G. Rivosecchi, Il bastone e la carota. Appunti su una proposta di riforma della Corte dei conti*, in AIC, Osservatorio costituzionale, fasc. 4/2024, p. 11.

[28] Cfr. art. 1, n. 5, proposta di legge n. 1621: «La necessità di prevedere una copertura assicurativa obbligatoria si fonda sul preoccupante dato statistico secondo il quale viene recuperato solo il 10 per cento del credito complessivo maturato dalla pubblica amministrazione sulla base di sentenze definitive».

[29] Cfr., ad esempio, Corte dei conti, Sezioni riunite, sent. 5 aprile 1991, n. 707-A; e, più di recente, Corte dei conti, Sez. Toscana, sent. 12 ottobre 2017, n. 243; Sez. I App., sent. 24 luglio 2018, n. 303; nonché, anche se incidenter tantum, Sez. contr. Piemonte, delib. 20 novembre 2023, n. 89.

[30] Più precisamente all’art. 3, c. 59, della legge n. 244 del 2007.

[31] Oltre ad essere vietato per legge un premio a carico della pubblica amministrazione a tutela dei propri dipendenti, è incoerente con il regime assicurativo che il premio della polizza che tutela il danneggiante venga pagato, tra l’altro con denaro pubblico, dal soggetto danneggiato (la pubblica amministrazione).

[32] L’esperienza maturata a seguito dell’introduzione dell’obbligo di copertura assicurativa nel settore della responsabilità medica non sembra essere particolarmente confortante. Tale scelta, infatti, ha reso più facile l’accesso al risarcimento per il paziente danneggiato e ha conseguentemente alterato il regime concorrenziale, al punto tale che le compagnie assicurative o si ritraggono dal mercato o richiedono premi particolarmente elevati. Vedi: G. Rivosecchi, op. cit. p. 29.

[33] Da quanto emerge dalla banca dati della Corte dei conti, delle circa 18.000 delibere delle Sezioni regionali pubblicate negli ultimi cinque anni ben 2.500 riguardano pareri resi alle amministrazioni regionali e locali (che si aggiungono alle 9.500 che riguardano l’attività di controllo di legittimità-regolarità dei conti, mentre soltanto un centinaio sono riconducibili al controllo sulla gestione).

[34] In particolare, affidata alla Sezione centrale per il controllo di legittimità e alle Sezioni regionali.

[35] La disposizione opera per tutte le amministrazioni (anche regionali e locali) ma solo per i provvedimenti connessi all’attuazione del PNRR e del PNC e per i soli appalti di valore superiore alla soglia di 1 milione di euro. La proposta si può collocare sulla falsariga di quanto già previsto dall’art. 46 della legge n. 238 del 2021 (Legge europea 2019-2020) che ha affidato sia alle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede consultiva, sia alle Sezioni regionali, funzioni consultive nelle materie di contabilità pubblica, limitatamente all’impiego delle risorse stanziate dal PNRR e dal PNC, con conseguente esonero dalla responsabilità per danno erariale da colpa grave in caso di adeguamento dell’azione amministrativa ai pareri resi.

[36] Vedi, G. Rivosecchi, op. cit., p. 34.

[37] Ne conseguirebbe che la Corte dei conti potrebbe avere non poche difficoltà a svolgere la nuova funzione con le attuali risorse finanziarie e umane e per di più si potrebbero correre il rischio di un “abuso della funzione consultiva” per eludere la responsabilità.