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Le Sezioni Unite offrono una lettura unitaria in tema di poteri e preclusioni per l’attività del CTU e delle parti
Di Florin Costinel Malatesta -
In materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del principio del contraddittorio, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite, il cui accertamento si renda necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli; a tale scopo può, inoltre, acquisire tutti i documenti necessari, anche prescindendo dalla allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delli parti medesime. Ciò a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda ovvero delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio; nel caso, invece, di esame contabile di cui all’art. 198 c.p.c., il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni.
In materia di consulenza tecnica d’ufficio, l’accertamento di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, che il consulente accerti nel rispondere ai quesiti sottopostigli dal giudice viola il principio della domanda ed il principio dispositivo ed è, pertanto, fonte di nullità assoluta rilevabile d’ufficio o, in difetto, motivo di impugnazione da farsi valere ex art. 161 c.p.c.; parallelamente, l’accertamento di fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, ovvero l’acquisizione, nei predetti limiti, di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti ovvero acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del principio del contraddittorio è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso.
Le contestazioni ed i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi ovvero estintivi, nuove domande od eccezioni o nuove prove, ma si riferiscano alla attendibilità ed alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del giudice in relazione a tale mezzo istruttorio; ciò in quanto il secondo termine di cui all’art. 195 c.p.c., eventualmente concesso dal giudice, ha natura ordinatoria e funzione acceleratoria. Ove ricorra tale ipotesi, il giudice può valutare se il comportamento di parte sia stato o meno contrario al dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c. e può, in tal caso, tenerne conto nella regolamentazione delle spese di lite.
1.Le soluzioni ermeneutiche cui sono addivenute le Sezioni Unite nelle tre pronunce in epigrafe hanno costituito occasione per la soluzione di svariati profili afferenti al possibile ambito delle indagini del CTU, da un lato, ed alle possibilità operative delle parti, dall’altro. Incardinando interamente il proprio iter logico-ricostruttivo sulla base della classificazione, di ordine sistematico, delle nullità in assolute e relative, il supremo organo nomofilattico ha individuato, da una parte, il limite cronologico entro il quale le parti possono sollevare contestazioni e rilievi critici ai risultati raggiunti dal CTU e, dall’altra, il preciso perimetro accertativo-valutativo nei limiti del quale può esperirsi l’analisi tecnico-scientifica del perito nominato dal giudice.
Sulla scorta di una assai attenta disamina storica della figura del CTU[1], la Corte di cassazione ha, innanzitutto, provveduto a definire i tratti essenziali circa la natura ed i poteri latu sensu istruttori del consulente tecnico in generale, e di quello contabile in particolare. Parallelamente a ciò, in entrambi i casi, decisivo si è dimostrato l’esame del fattore cronologico entro cui le parti sono tenute a produrre in giudizio documenti ovvero a contestare le risultanze peritali.
2. In considerazione del carattere della CTU quale strumento istruttorio del tutto peculiare, all’interno del quale rilievo essenziale viene assunto dalla imprescindibile possibilità di esprimere un giudizio di tipo critico, la figura del CTU può, senza dubbio, essere delineata non solo nei termini di un mero ausiliare[2], ma addirittura quale sorta di alter ego del giudice[3], in quanto egli è tenuto ad ordinare, interpretare, nonché a tradurre in giudizi di tipo tecnico-scientifico gli elementi di fatto di cui viene a conoscenza nell’espletamento del mandato peritale.
Nel fare ciò, tuttavia, il CTU, in quanto nominato a discrezione del giudice[4], non deve in alcun modo travalicare specifici limiti tra i quali, in primis, quelli imposti dal principio della domanda di cui all’art. 112 c.p.c. e, in secondo luogo, non può in ogni caso oltrepassare i limiti costituiti dai cd. fatti principali[5], e ciò nel pieno rispetto del principio dispositivo di cui all’art. 115 c.p.c.
Le sentenze in commento, difatti, nel delineare la figura soggettiva del CTU e nell’individuare elementi di complementarietà tra l’attività giudiziale e quella peritale ai fini dell’assolvimento dell’ufficio giurisdizionale, evidenziano una sorta di oggettiva convergenza di funzioni tra il giudice ed il consulente tecnico: ciò in quanto quest’ultimo viene nominato nel caso in cui vi sia la necessità dell’impiego di conoscenze di elevata natura tecnica di cui il giudice autonomamente non disporrebbe. Pertanto, dalla lettura delle segnalate pronunce, si evince una fictio iuris in virtù della quale il CTU, nell’espletamento del mandato peritale, opera come se ad agire, limitatamente alle circoscritte incombenze istruttorie commessegli, fosse il giudice stesso. Da ciò, stando al convincimento della Suprema Corte, deriverebbe l’estensione al CTU delle garanzie di imparzialità, delle norme in tema di astensione e ricusazione, nonché dei “medesimi poteri di accertamento che competono al giudice e che il giudice potrebbe esercitare se disponesse delle necessarie cognizioni tecnico-scientifiche”.
Occorre, tuttavia, evidenziare una prospettiva che le Sezioni Unite, per quanto abbiano offerto in tale ambito condivisibili soluzioni ermeneutico-ricostruttive, hanno, tuttavia, omesso di rilevare: ci si intende, in particolare, riferire al difetto di qualsivoglia vincolo valutativo, in capo al giudice, derivante dalle risultanze istruttorie desumibili dall’elaborato peritale. L’organo giudicante, alla cui discrezionale valutazione è rimessa la nomina del CTU, è da considerarsi, così come già a mente dell’art. 270 del codice di rito del 1865 [6], quale peritus peritorum[7]: il suo prudente apprezzamento non è perciò, in ogni caso, da ritenersi condizionato alle risultanze peritali.
3. Le Sezioni Unite, nelle sentenze nn. 3086 e 6500 del 2022, definibili in un certo qual modo “gemelle” a causa della medesimezza del loro contenuto, nonché dei principi di diritto in esse enunciati, si interrogano sui poteri e sui limiti che in concreto informano l’operato del c.t.u. a seguito della nomina giudiziale.
Nelle fattispecie scrutinate dalla Suprema Corte nella sua più autorevole composizione vengono, difatti, in rilievo profili tra loro alquanto affini, relativi all’esame ed all’impiego, da parte del CTU, di un elemento istruttorio di tipo documentale non previamente prodotto dalle parti nel rispetto dei termini a tal fine tassativamente stabiliti dall’ordinamento.
Relativamente a ciò, la Suprema Corte chiaramente illustra come nel caso in cui il CTU, nell’espletamento dell’incarico affidatogli, ecceda nell’esercizio delle prerogative riconosciutegli al momento della propria nomina, nonostante ciò, egli possa comunque accertare tutti i fatti relativi al thema decidendum e, al tempo stesso, acquisire tutti i documenti che appaiano necessari ai fini della corretta risoluzione dei quesiti devolutigli dal giudice. Ciò purché sia, in ogni caso, puntualmente assicurato il rispetto dei limiti delle indagini prescritte dal giudice, ma anche e soprattutto il principio del contradditorio. Più precipuamente, la Corte di cassazione opera una distinzione di tipo sistematico tra CTU cd. di tipo ordinario e CTU in materia contabile ex art. 198 c.p.c.
In entrambi i casi, al perito è riconosciuto il potere di accertare, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i fatti cd. accessori-secondari[8] comunque afferenti al thema decidendum il cui esame sia necessario allo scopo di rispondere ai quesiti sottopostigli, purché, ovviamente, non si tratti di fatti principali che devono, pertanto, essere allegati dalle parti a fondamento della domanda ovvero delle eccezioni, salvo, tuttavia, che queste ultime si riferiscano a fatti principali rilevabili d’ufficio.
È stata, inoltre, prevista, nella eventualità di accertamenti peritali relativi a fatti diversi dai fatti principali, la sanzione della nullità di tipo relativo, in quanto tale rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa ovvero istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso. Nella divergente ipotesi di accertamento consulenziale di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti, la Corte espressamente ritiene che ciò sia fonte di un’ipotesi di nullità assoluta, rilevabile d’ufficio o, in difetto, con motivo di gravame ex art. 161 c.p.c.
Nell’affermare tale principio, le Sezioni Unite, oltre a ciò, hanno previsto una eccezione nel caso in cui si ricorra allo strumento consulenziale in materia contabile ex art. 198 c.p.c.: in siffatta circostanza, il perito nominato dal giudice è invero abilitato, al fine di rispondere ai quesiti giudiziali, ad acquisire tutti i mezzi istruttori a carattere documentale, prescindendo, anche in tale circostanza, dall’attività di allegazione delle parti, e tale possibilità operativa viene al CTU consentita, in ciò precipuamente rinvenendosi la deroga, anche se i documenti così acquisiti siano diretti a dimostrare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda ovvero delle eccezioni[9]. Tale conclusione viene giustificata dall’elevatissimo tasso di complessità tecnica richiesto dall’esame cui è tenuto il perito e, pertanto, il secondo comma di cui all’art. 198 c.p.c. viene dalle Sezioni Unire ritenuto quale norma speciale in grado di giustificare una attenuazione dell’onere di allegazione documentale che ordinariamente compete alle parti.
4. Con riguardo, invece, al tema delle preclusioni cui va incontro l’attività assertiva e deduttiva delle parti, può osservarsi come il vigente modello processuale civile, in base alla novella del ’90, è oggi tendenzialmente edificato su uno schema imperniato su cd. blocchi di attività che, stando al convincimento della Suprema Corte, non vigono in modo alcuno per il CTU, il quale ben può esaminare ed impiegare ai fini relazionali l’elemento istruttorio documentale, benché non prodotto dalle parti nel rispetto delle preclusioni previste expressis verbis dal legislatore[10].
Le Sezioni Unite hanno, cioè, inteso discostarsi nettamente da una precedente pronuncia della III Sezione civile[11], in occasione della quale si era statuito il principio di diritto per cui lo svolgimento di indagini peritali su fatti mai allegati dalle parti e, perciò, estranei al thema decidendum della controversia, così come l’acquisizione, sempre da parte del CTU, di elementi di prova (nella specie, documenti) dei fatti costitutivi delle domande e/o delle eccezioni proposte, in palese violazione del principio dispositivo, costituissero fonte di nullità assoluta della consulenza tecnica, in quanto tale rilevabile d’ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti. Oltre a ciò, tra le conseguenze derivanti dalla nullità de qua, si sarebbe dovuta, inoltre, considerare l’inutilizzabilità del documento acquisito dal CTU, nonché delle sue conclusioni, in quanto formulate in aperto contrasto con il principio della ripartizione dell’onere della prova tra le parti[12].
L’orientamento giurisprudenziale maggioritario, condiviso dalle Sezioni Unite nelle pronunce segnalate, invece, propende per l’opposta soluzione per cui alla nullità della CTU, da imputarsi all’eventuale estensione dell’indagine peritale oltre i limiti prefissati dal giudice ovvero consentiti dalla legge, sia da attribuire carattere relativo e debba, perciò, essere fatta valere, a pena di irrimediabile sanatoria, nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione peritale[13].
5.Un ultimo profilo da porre in evidenza attiene alla possibilità di muovere contestazioni e rilievi critici alle risultanze peritali. Alle parti viene, funditus, consentito di avvalersi, per la prima volta, di tale facoltà tanto in primo grado, sino al deposito delle comparse conclusionali, quanto, successivamente, in sede di appello.
Le Sezioni Unite nel raggiungere tale conclusione, hanno precisato che le contestazioni in parola ben possono costituire mere argomentazioni difensive[14] e, in quanto tali, non aventi carattere tecnico-giuridico: la loro formulazione è, dunque, consentita, per la prima volta, nella comparsa conclusionale in primo grado, e financo in grado di appello. La conclusione raggiunta dalla Suprema Corte viene motivata sulla base della possibilità, già pacificamente ammessa dalla stessa giurisprudenza di legittimità, financo a Sezioni Unite[15], di produrre una CTU, per la prima volta, anche in sede di appello, con ciò non scorgendosi motivo ostativo alcuno allo svolgimento di “contestazioni valutative e/o di merito” [16] al prodotto peritale in un momento successivo alla maturazione dei termini di cui all’art. 195 c.p.c.
Tale possibilità viene, tuttavia, riconosciuta esclusivamente a condizione che, per tale via, non si introducano in giudizio nuovi fatti costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi, ovvero altre tipologie di nova. Sicché, dovendosi le parti limitare ad esprimere un mero parere relativamente alle risultanze desumibili dall’elaborato peritale, la premessa e lo scopo giustificativo di tali contestazioni deve consistere sic et simplicter nella mera sollecitazione del potere valutativo giudiziale con riguardo al contenuto della relazione consulenziale[17].
Nell’iter motivazionale delle pronunce di legittimità segnalate, vengono, inoltre, evidenziate la natura ordinatoria e la funzione acceleratoria del termine eventualmente concesso alle parti dal giudice a norma del terzo comma dell’art. 195 c.p.c.[18], esaurendo, quest’ultimo, la propria funzione nell’ambito del subprocedimento il cui esito è rappresentato dal deposito della relazione del CTU.
D’altra parte, sottolinea la Suprema Corte come nella eventualità in cui ciò si verifichi in concreto, verrà, in tal caso, rimessa alla discrezionalità del giudice la possibilità di condannare alla refusione delle spese di lite ex art. 92, primo comma c.p.c. la parte che abbia posto in essere una siffatta condotta e che, in considerazione della possibile lesione del dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c., abbia con ciò cagionato un evidente vulnus con riguardo al diritto alla ragionevole durata del processo.
[1] La Corte di cassazione, nel rinviare all’art. 253 c.p.c. del 1865, evidenzia la metamorfosi realizzatasi con l’entrata in vigore dell’attuale codice di rito civile: anteriormente al ’40, la nomina del c.t.u. era un atto principalmente rimesso alla disponibilità delle parti, salvo il loro eventuale disaccordo; oggi, il ricorso al mezzo istruttorio di cui alla c.t.u. è, invece, nella esclusiva e discrezionale disponibilità del giudice.
[2] Nei precisi termini in cui si esprime la littera legis nel Capo III del Libro I del c.p.c.
[3] Così come indicato, in dottrina, da SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano8, I, 2021, 271.
[4] Circa il carattere discrezionale del conferimento giudiziale dell’incarico consulenziale, v. Cass. civ., Sez. Lav., 16 maggio 1995, n. 10801 – Pres. Rapone, Est. Rapone; Cass. civ., Sez. II, 15 aprile 2002, n. 5422 – Pres. Spadone, Est. Riggio.
[5] Così come definiti dalla Suprema Corte a Sezioni Unite nelle sentenze nn. 3086 e 6500 del 2022 in commento.
[6] In virtù del quale “L’avviso dei periti non vincola l’autorità giudiziaria, la quale deve pronunziare secondo la propria convinzione”.
[8] Negli stessi termini, v. Cass. civ., Sez. II, 30 luglio 2021, n. 21926 – Pres. Di Virgilio, Est. Oliva.
[9] Le Sezioni Unite, sotto tale profilo, si discostano nettamente dalla precedente giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale consentiva tale possibilità operativa per il c.t.u., ma esclusivamente a condizione che si trattasse di documenti accessori.
[10] Sul tema delle preclusioni, v. BIAVATI, Iniziativa delle parti e processo a preclusioni, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1996, 477 ss.
[11] Il riferimento è a Cass. civ., III Sez., 6 dicembre 2019, n. 31886 – Pres. Sestini, Est. Rossetti. Tale pronuncia rappresenta il modello dell’orientamento minoritario precedentemente vigente in giurisprudenza sul tema: in forza di tale ricostruzione logica, le norme processuali che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, sarebbero preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili in modo alcuno dall’attività delle parti; nei medesimi termini, v. Cass. civ., Sez. III, 26 giugno 2018, n. 16800 – Pres. Travaglino, Est. Di Florio; Cass. civ., Sez. III, 18 marzo 2008, n. 7270 – Pres. Varrone, Est. Frasca.
[12] In tal senso, v. Cass. civ., Sez. VI-I, 30 ottobre 2019, n. 27776 – Pres. Genovese, Est. Iofrida; Relativamente a ciò, essenziale risulta il divieto di cd. consulenza meramente esplorativa, su cui v. amplius Cass. civ., Sez. I, 15 giugno 2018, n. 15774 – Pres. Genovese, Est. Nazzicone.
[13] In tali termini, v. Cass. civ., Sez. III, 31 gennaio 2013, n, 2251 – Pres. Segreto, Est. Ambrosio, con nota di BARONE, in Foro it., 2013, 2580 ss.; Cass. civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15747 – Pres. Travaglino, Est. Fiecconi; Cass. civ., Sez. II, 12 novembre 2007, n. 23504 – Pres. Elefante, Est. Scherillo; Cass. civ., Sez. II, 19 agosto 2002, n. 12231 – Pres. Baldassarre, Est. Mazziotti; Cass. civ., Sez. II, 27 agosto 2012, n. 14652- Pres. Oddo, Est. Mazzacane; Cass. civ., Sez. Lav., 14 agosto 1999, n. 8659 – Pres. Lanni, Est. Lamorgese; nel medesimo senso, v. Cass. civ., Sez. Lav., 26 giugno 1984, n. 3743 – Pres. Bonelli, Est. Pontrandolfi.
[14] Purché, ovviamente, non integranti eccezioni di nullità afferenti al procedimento, da farsi valere ex artt 156 e 157 c.p.c.
[15] Circa tale possibilità, v. anche Cass. civ., Sez. Un., 3 giugno 2013, n. 13902 – Pres. Preden, Est. Goldoni; Cass. civ., Sez. II, 8 gennaio 2013, n. 259 – Pres. Felicetti, Est. Vincenti.
[16] Nei precipui termini in cui si esprimono le Sezioni Unite nella sentenza n. 5426/2022; v., inoltre, Cass. civ., Sez. III, 14 marzo 2006, n. 5478 – Pres. Fiduccia, Est. Mazza.
[17] Sul carattere del giudice quale peritus peritorum, v. supra.
[18] Così come attualmente in vigore a seguito della modifica dovuta alla l.n. 69/2009.