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La Terza sezione e la rilevabilità d’ufficio delle clausole abusive a tutela del consumatore .
Di Manfredi Latini Vaccarella -
1.Introduzione
Pochi giorni prima della nota sentenza delle Sezioni Unite del 6 aprile 2023 n. 9479[1], la Terza sezione, con ordinanza 29 marzo 2023 n. 8911, potrebbe aver inaugurato un nuovo orientamento giurisprudenziale che, a nostro avviso, merita di essere accolta favorevolmente per il suo obiettivo di “proteggere” il più possibile il III Libro del Codice di procedura civile. Questa ordinanza sembra mirare a preservare il processo esecutivo nonostante i cambiamenti radicali introdotti dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea[2] e dalla successiva sentenza delle Sezioni Unite, che hanno determinato un radicale cambiamento del processo monitorio e della stabilità ed efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo. La Terza sezione si preoccupa, principalmente, di tutelare i poteri del giudice dell’esecuzione – che sono già stati ampliati dalle note sentenze gemelle del 2012 sull’eterointegrazione del titolo esecutivo – nonché di mantenere il processo esecutivo “formalmente” immune da un’eccessiva attività istruttoria, nonostante l’introduzione del nuovo potere di rilevare d’ufficio le clausole abusive a tutela del consumatore.
L’ordinanza si distingue per la sua chiarezza e speriamo che rappresenti l’inizio di un’interpretazione solida da seguire per il cosiddetto “progetto esecuzioni”.
2. La vicenda processuale
Una parte proponeva opposizione nel 2019, con un ricorso ex artt. 617-512 c.p.c. avverso l’ordinanza di approvazione del progetto di distribuzione del 16 gennaio 2019, in una procedura esecutiva promossa dinanzi il Tribunale di Roma da una banca che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo in suo danno quale fideiussore.
Il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile l’opposizione perché, violando il principio della struttura bifasica delle opposizioni, solo nel giudizio di merito era stata introdotta una nuova domanda, relativa alla presunta nullità della fideiussione omnibus, aggiungendo che, peraltro, tale questione avrebbe dovuto essere sollevata dinanzi al giudice della cognizione, nell’ambito dell’opposizione ex art. 645 c.p.c.
Secondo il Tribunale l’opposizione ex art. 512 c.p.c è ammessa «esclusivamente contro l’ordinanza che risolve la controversia distributiva già sollevata all’udienza di approvazione del progetto di distribuzione, e non può avere quindi ad oggetto il progetto in sé»[3]. Pertanto, poiché la parte aveva in precedenza proposto un’opposizione distributiva basata sulle stesse doglianze, risolta dal giudice dell’esecuzione con un’ordinanza del 2018, l’opponente avrebbe dovuto impugnare proprio tale ordinanza anziché il progetto di distribuzione, poiché quest’ultimo era stato predisposto in conformità ai criteri indicati e approvati.
Avverso tale sentenza, la parte proponeva ricorso per Cassazione, articolato in tre motivi, tutti dichiarati inammissibili, dei quali il secondo offre alla Corte il destro per enunciare un interessante principio in tema di conformazione a quelli espressi dalla CGUE sulla tutela del consumatore.
Il ricorrente – censurando la sentenza per aver sostenuto che con l’opposizione «il debitore può dedurre il difetto di titolo esecutivo ed i fatti estintivi o modificativi del diritto ivi consacrato verificatisi successivamente alla sua formazione», e quindi non la questione relativa alla nullità della fideiussione – in sede di memoria invocava in senso contrario la celebre sentenza della CGUE del 17 maggio 2022, C-693/19 e C-831/19 sostenendo che la questione doveva ritenersi tempestivamente sollevata con l’opposizione distributiva. asserendo che la piena consapevolezza della nullità della fideiussione in questione era stata acquisita solo dopo aver ricevuto un parere della Banca d’Italia che, nel 2019, confermava tale nullità. Pertanto, il Tribunale di Roma avrebbe erroneamente rifiutato l’esame dell’eccezione comunque sollevata dalla parte nel corso dell’opposizione distributiva.
Data l’inammissibilità e manifesta infondatezza dell’argomento sollevato dalla parte, la Terza sezione si pronuncia sulla questione dichiarando superfluo attendere l’esito del giudizio pendente davanti alle Sezioni unite sull’impatto della sentenza GCUE sul nostro ordinamento.
In primo luogo la Corte osserva che, essendo intervenuti numerosi creditori muniti di titolo esecutivo, il ricorrente non spiega come dalla pretesa caducazione del titolo esecutivo azionato possa discendere la caducazione degli effetti del pignoramento in suo danno, in quanto: «nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell’interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento. Ne consegue che, qualora, dopo l’intervento di un creditore munito di titolo, sopravviene la caducazione del titolo esecutivo comportante l’illegittimità dell’azione esecutiva intrapresa dal creditore procedente, il pignoramento, se originariamente valido, non è caducato, bensì resta quale primo atto dell’iter espropriativo riferibile anche al creditore titolato intervenuto, che anteriormente ne era partecipe accanto al creditore pignorante»[4].
In secondo luogo, il decreto ingiuntivo del 2008 era stato oggetto di opposizione ex art. 645 c.p.c., la quale è stata definita con la sentenza del Tribunale di Roma n. 21054 del 2013, passata in giudicato, con l’accoglimento solo parziale dell’opposizione stessa. Pertanto, nel presente caso non si tratta del decreto ingiuntivo non opposto, e cioè del caso esaminato dalla pronuncia dei giudici del Kirchberg. Tralasciate le questioni specifiche del caso concreto e venendo alla questione “consumeristica”, la Terza sezione pone le basi per un’interpretazione (ancor prima della pronuncia delle Sezioni unite) che merita di essere accolta favorevolmente: se il decreto ingiuntivo è stato oggetto di opposizione ex art. 645 c.p.c., e quindi di un contraddittorio completo, il giudice dell’esecuzione non potrà in alcun modo rilevare d’ufficio le clausole abusive. Il giudice dell’esecuzione si troverà di fronte ad una sentenza di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo passata in giudicato e non sarà più possibile invocare il principio secondo cui ci sarebbe solo un giudicato implicito.
Inoltre, si aggiunge che è la giurisprudenza della CGUE «a somministrare la regola che escluderebbe la rilevanza, nella presente sede cognitiva funzionale all’esecuzione, della tematica della possibile sussistenza di un residuo spazio per il rilievo officioso dell’abusività della clausola in danno del consumatore, pur a fonte di un giudicato formale (ove la decisione non abbia specificamente affrontato la questione, come parrebbe essere avvenuto nella specie)».
Infatti, la CGUE nella sentenza del 17 maggio 2022 ha affermato che: «l’art. 6, paragrafo 1, e l’art. 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non autorizza un organo giurisdizionale nazionale, che agisce d’ufficio o su domande del consumatore, a esaminare l’eventuale carattere abusivo di clausole contrattuale quando la garanzia ipotecaria sia stata escussa, il bene ipotecato sia stato venduto e i diritti di proprietà relativi a tale bene siano stati trasferiti a un terzo, purché il consumatore il cui bene è stato oggetto di un procedimento di esecuzione ipotecaria possa far valere i suoi diritti in un procedimento successivo al fine di ottenere il risarcimento, ai sensi della direttiva in parola, delle conseguenze economiche risultanti dall’applicazione di clausole abusive»[5]. Ciò sul rilievo per cui, una volta che il bene aggredito in via esecutiva sia stato trasferito ad un terzo, non può più procedersi all’esame «del carattere abusivo di clausole contrattuali che condurrebbe all’annullamento degli atti di trasferimento della proprietà e a rimettere in discussione la certezza giuridica del trasferimento di proprietà già effettuato»[6].
Dunque, secondo la Terza sezione, mai il Tribunale di Roma avrebbe potuto esaminare l’eccezione sollevata da parte ricorrente, solo nell’ambito del giudizio di opposizione distributiva, né poteva rilevarla d’ufficio, poiché il bene pignorato a danno del ricorrente era già stato trasferito all’attuale controinteressato.
Gli effetti della vendita forzata, pertanto, non avrebbero potuto in alcun modo essere rimessi in discussione, «non solo in forza del consolidato principio nazionale di intangibilità della preclusione da sostanziale giudicato implicito su decreto ingiuntivo non opposto», mai posto in discussione fino alle richiamate pronunce della Corte di giustizia, ma – neppure stando alla disciplina sovranazionale, come interpreta dalla CGUE con la sentenza del 17 maggio 2022.
Per questi motivi, il ricorrente potrebbe far valere eventuali diritti riguardanti la presunta invalidità della fideiussione omnibus esclusivamente in un separato giudizio risarcitorio, qualora ne sussistano i presupposti, ma giammai in sede esecutiva, in cui è «irreversibilmente preclusa ogni eventuale questione in tema di invalidità del titolo giudiziale ormai definitivo per mancata esplicita disamina dei diritti facenti capo al consumatore».
3.Conclusioni
La Terza sezione della Suprema Corte con questa ordinanza si è dimostrata determinata nel preservare il processo esecutivo il più possibile – impedendo al c.d. consumatore di avviare un processo di cognizione sull’eventuale abusività delle clausole contrattuali – dalle invasive sentenze della CGUE, evitando nel contempo possibili procedure d’infrazione. Non a caso, la tanto contestata[7] trasformazione dell’opposizione all’esecuzione in opposizione tardiva al decreto ingiuntivo – ritenuta da alcuni inutile e dispendiosa – è stata adottata dalle Sezioni Unite per limitare ulteriori possibili «iniziative», come quello del giudice dell’esecuzione di Milano che ha dato origine alle note sentenze della CGUE. In questo modo, spetterà sempre al giudice del monitorio valutare nuovamente, con contraddittorio pieno, la potenziale abusività delle clausole.
Nonostante l’apprezzabile intento delle Sezioni Unite, per limitare il più possibile il drastico cambiamento “imposto” dal giudice europeo, a nostro avviso, la Suprema Corte ha perso due occasioni: (a) di rinviare nuovamente la questione alla CGUE per chiarire l’efficacia del decreto ingiuntivo non opposto che non può coprire nessun deducibile e non può formare nessun giudicato implicito sull’intero rapporto contrattuale, ma produrre una stabilità esecutiva solo per la prestazione oggetto del decreto; (b) di rinviare la questione alla Corte costituzionale per una più estrema, ma pur sempre legittima, applicazione della teoria dei controlimiti, ovvero far instaurare alla Consulta un dialogo con la Corte di Lussemburgo, per chiarire (una volta per tutte) che quest’ultima non dovrebbe intervenire – come previsto dai Trattati europei – sull’autonomia procedurale nazionale[8].
In conclusione, la Terza sezione – così come la successiva sentenza delle Sezioni Unite – sembra voler limitare, in modo condivisibile e ragionevole, i danni della sentenza europea, preservando il processo esecutivo, altresì limitando possibili abusi da parte di consumatori – come già sta accadendo – nonché eventuali interventi da parte dei giudici dell’esecuzione, come ad esempio quello recentissimo del Tribunale di Ivrea[9].
[1] Si v. Capponi, Il G.E. e la Cass., SS.UU., 6 aprile 2023, n. 9479, in www.judicium.it, 2023; Id., Primissime considerazioni su SS.UU 6 aprile 2023 n. 9479, in www.giustiziainsieme.it, 2023; Consolo, Istruttoria monitoria “ricarburata” e, residualmente, opposizione tardiva consumeristica “rimaneggiata” (specie) su invito del g.e., in Giur. it., V, 2023, 1054-1060; D’Alessandro, Dir. 93/13/CEE e decreto ingiuntivo non opposto: le Sez. un. Cercano di salvare l’armonia (e l’autonomia) del sistema processuale nazionale attraverso una lettura creativa dell’art. 650 c.p.c., in Giur. it., V, 1060-1068; Morotti, Nullità di protezione e decreto ingiuntivo: poteri del giudice e (assenza di) giudicato, in Il Quotidiano Giuridico, 2023.
[2] Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza della Grande Sezione, del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 Srl e Dobank SpA c. YB e Banca di Desio e della Brianza SpA e a. c. YX e ZW, cause riunite C-693/19 e C-831/19, ECLI:EU:C:2022:395. Si segnalo, senza pretesa di esaustività i numerosi commenti: Bertollini, Procedimento monitorio, decreto ingiuntivo non opposto e tutela del consumatore: considerazioni a margine di due interessanti pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in https://rivistapactum.it/procedimento-monitorio-decreto-ingiuntivo-non-opposto-e-tutela-del-consumatore-considerazioni-a-margine-di-due-interessanti-pronunce-della-corte-di-giustizia-dellunione-europea/, 2022; Carratta, Introduzione. L’ingiuntivo europeo nel crocevia della tutela del consumatore, in AA.VV, Consumatore e procedimento monitorio nel prisma del diritto europeo, a cura di Caporusso e D’Alessandro, in Giur. it., II, 2022, 487 ss.; Caporusso, Decreto ingiuntivo non opposto e protezione del consumatore: la certezza arretra di fronte all’effettività, in Giur. it., X, 2022, 2122 ss.; D’Alessandro, Una proposta interpretativa per ricondurre a sistema le cause riunite C-693/19 e C-831/19, in Giur. it., 2022, 541 ss.; Id., Il decreto ingiuntivo non opposto emesso nei confronti del consumatore dopo Corte di giustizia, grande sezione, 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C-869/19): in attesa delle Sezioni Unite, in www.judicium.it, 2022; De Stefano, La Corte di Giustizia sceglie tra tutela del consumatore e certezza del diritto. Riflessione sulle sentenze del 17 maggio 2022 della Grande Camera della CGUE, in www.giustiziainsieme.it, 2022; Id, Le sentenze di Chicxulub: il decreto ingiuntivo contro il consumatore dopo le sentenze della Corte di giustizia dell’U.E., in www.giustiziainsieme.it, 2023; Febbi, La Corte di Giustizia Europea crea scompiglio: il superamento del giudicato implicito nel provvedimento monitorio, in www.judicium.it, 2022; Marchetti, Note a margine di Corte di Giustizia UE, 17 maggio 2022, (cause riunite C-693/19 e C-831/19), ovvero quel che resta del brocardo “res iudicata pro veritate habetur” nel caso di ingiunzioni a consumatore non opposte, in www.judicium.it, 2022; Scoditti, Quando il diritto sta nel mezzo di due ordinamenti: il caso del decreto ingiuntivo non opposto e in violazione del diritto dell’Unione europea, in www.giustiziainsieme.it, 2023.
[3] Si v. il testo integrale dell’ordinanza per la completa ricostruzione della vicenda processuale.
[4] Sul punto si v. Cass. civ., Sez. Un., sent. 7 gennaio 2014 n. 61.
[5] Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza della Grande Sezione, del 17 maggio 2022, MA c.Ibercaja Banco SA, C-600/19, ECLI:EU:C:2022:394.
[6] CGUE, sentenza del 17 maggio 2022, MA c.Ibercaja Banco SA, C-600/19, punto 57.
[7] Capponi, La Corte di Giustizia stimola una riflessione su contenuto e limiti della tutela monitoria, in www.judicium.it, 2023.
[8] Si v. la voce controcorrente dell’ex Avvocato generale Bobek, Why There is no Principle of ‘Procedural Autonomy’ of the Member States, in AA.VV., The European Court of Justice and Autonomy of The Member States, a cura di De Witte e Micklitz, Intersentia, 2011, 305-322.
[9] Morotti, Nullità di protezione rilevabile anche dopo il rigetto dell’opposizione a d.i., in Il Quotidiano Giuridico, 2023.