La riforma delle misure di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c.: spunti comparati con il modello dell’astreinte francese

Di Gianpaolo Caruso -

Sommario: 1. Premessa. — 2. Ratio dell’astreinte. — 3. L’astreinte nel sistema processuale francese. — 4. La determinazione dell’astreinte in Francia. — 5. Natura giuridica dell’astreinte. — 6. La novella dell’art. 614-bis c.p.c. — 7. Le situazioni giuridiche ancora escluse dall’articolo 614-bis c.p.c.

1. Non risale a oggi il dibattito[1] relativo all’attuazione degli obblighi derivanti dalla necessità di una specific performance. Quando infatti un soggetto deve una prestazione specifica di fare o di non fare, si pone(va) il problema di individuare un valido mezzo per imporre l’esecuzione dell’obbligo infungibile[2]. Non è raro, difatti, che l’attività del titolare del diritto azionato in sede processuale venga frustrata dall’atteggiamento non cooperativo della parte soccombente.

È noto che una delle più gravi carenze del procedimento di esecuzione era (o forse continuerà a essere) costituita dall’inadeguatezza di imporre all’esecutato l’esatto adempimento dell’obbligazione che ha ad oggetto obblighi di fare di carattere infungibile o di non fare, che al più potrebbe trovare la sua soddisfazione solo mediante forme di induzione alla cooperazione attraverso misure compulsorie comminate dal giudice, previo accertamento della realtà giuridica vantata dal creditore leso[3], poiché nemo ad factum praecisum cogi potest[4].

In questi casi, il processo civile rischia, di fatto, di divenire uno strumento sterile per attuare il diritto sostanziale e, di conseguenza, per assolvere la funzione strumentale cui è preordinato ex art. 24 della Costituzione[5].

Fino all’introduzione nel codice di rito dell’art. 614-bis c.p.c., avvenuta con la legge n. 69/2009, poi modificato dal d.l. 83/2015, convertito dalla l. n. 132/2015, non esisteva nel nostro ordinamento processuale nessuna norma di carattere generale che rendeva svantaggioso, per la parte soccombente, il non adeguarsi tempestivamente a quanto comandato dal giudice[6] in sede di accertamento di un obbligo di fare di carattere infungibile.

Precedentemente all’introduzione dell’art. 614-bis c.p.c., la tutela sulla specific performance attesa dal creditore andava individuata, con grave inefficienza del sistema giustizia, nelle norme ordinarie previste dal codice di rito in tema di esecuzione di obblighi di fare o non fare[7]. La conseguenza era però che la tutela finiva con l’essere debole e meramente apparente[8].

Da ultimo, il dl.gs 149 del 2022 attuativo della l. 206/2021 e approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 settembre 2022, avente a oggetto «Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata[9]» ha in parte riscritto il contenuto dell’art. 614-bis c.p.c. intervenendo sulla base delle indicazioni dettate dalla l.d. 206/2021: i) nella individuazione dei criteri per la determinazione del quantum e del limite temporale della misura di coercizione indiretta, in maniera tale da non renderla applicabile sine die, determinandosi altrimenti una obbligazione a carattere sanzionatorio sproporzionata rispetto all’originaria obbligazione inadempiuta; ii) attribuendo anche al giudice dell’esecuzione il potere di imporre la misura di coercizione indiretta.

Il problema della realizzazione del comando del giudice, tuttavia, non riguarda solo l’ordinamento processuale civile italiano[10], come agevolmente intuibile, pertanto non si può non tener conto dell’esperienza maturata nel sistema processuale francese, dove l’istituto dell’astreinte ha avuto origine.

2. Appare dunque utile soffermarsi brevemente sull’istituto processuale francese dell’astreinte[11], poiché è uno strumento di coercizione indiretta e di deterrenza idoneo a rafforzare il comando del giudice, dal momento che costituisce un efficace mezzo di pressione (anche di natura psicologica[12]), e dunque sortirebbe l’effetto di far cooperare la parte soccombente a un fare specifico o a un non fare continuato.

Lo scopo principale dell’astreinte è quello di costringere il debitore a eseguire una decisione giudiziaria, che per la sua controparte – il creditore – è parte integrante, sussumibile anche ai sensi dall’art. 6 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo[13], del diritto a un processo equo.

L’istituto dell’astreinte[14] risale ai tempi de Le Code Napoléon[15] come pena pecuniaria proporzionale al ritardo nell’ottemperanza a quanto disposto dal giudice in una sentenza di condanna.

Di creazione pretoriana, destinata a rimediare alle imperfezioni dell’articolo 1142 del Codice civile del 1804, fa la sua comparsa in Francia nel XIX secolo attraverso la giurisprudenza[16]. La sua natura ha permesso che si evolvesse giurisprudenzialmente[17] fino a configurarsi come vero e proprio mezzo di coercizione dei provvedimenti[18] giudiziali.

Oggi l’istituto in parola trova nell’ordinamento processuale moderno francese un’autonoma disciplina, regolata fra le norme relative al processo di esecuzione. L’astreinte in materia civile è stata regolamentata dapprima dalla legge n. 91.650 del 9 luglio 1991, ora codificata negli articoli da l. 131-1 a l. 131-4 e negli articoli da R131-1 a R131-4 del Codice delle procedure di esecuzione civile[19], e mira a persuadere i debitori ad adempiere tempestivamente alle obbligazioni assunte e accertate.

La particolarità e l’efficienza dell’astreinte sono dovute all’incremento (graduale) della percezione che ne ha il soggetto inadempiente, poiché si passa da una fase meramente ipotetica, -dove l’istituto in parola svolge solo una funzione intimidatoria – a una fase concreta con effetti giuridici, dove invece l’astreinte acquista valore quasi punitivo, oltre  al fatto che va a incidere non solo sulla posizione dei creditori, ma anche sul potere giudiziario poiché: mantaint (o perlomeno cerca) the fundamental supremacy of the law[20].

Tali fasi possono così riassumersi: i) semplice minaccia; ii) può diventare una pena; iii) diventa una pena privata.

Sub i) – È naturale che l’astreinte rivesta all’interno del sistema processuale un ruolo di strumento di deterrenza, prima ancora che il giudice emani tale provvedimento di condanna. Va da sé, infatti, che la parte soccombente nel valutare la sua strategia di resistenza considererà – in potenza – anche la possibilità che il giudice provveda a emettere un’astreinte, sicché nell’analisi costi-benefici, il soccombente potrebbe decidere per la via più naturale: l’adempimento spontaneo. La strategia dilatoria sarebbe così di corto respiro e totalmente inconveniente dal punto di vista patrimoniale del debitore[21].

Sub ii) – Può diventare una vera e propria pena qualora il debitore si ostini a non uniformarsi al comando. In questa fase gioca, però, un ruolo rilevante il potere discrezionale dell’organo giurisdizionale, nel fatto di poter determinare l’ammontare dell’astreinte secondo canoni non tipizzati ex ante da legislatore, ma in base alle singole situazioni; dunque il giudice può determinare discrezionalmente le montant dell’astreinte[22], potendo considerare anche il patrimonio del debitore.

Una volta che il procedimento di merito si sia concluso e il provvedimento di condanna sia accompagnato da un’astreinte, il soggetto interessato andrà incontro a due possibili scenari: a) eseguire l’obbligazione – in tal caso l’astreinte non ha più ragion d’essere; b) ostinarsi a non uniformarsi al comando – in tale ultimo caso l’astreinte diverrà una pena.

Sub iii) – b) Nel caso in cui la parte soccombente decida di non voler ottemperare al disposto del giudice (per facta concudentia o per volontà accertata) allora lo strumento in parola diventa una vera e propria pena di natura privata. La somma maturata a titolo di astreinte, una volta liquidata e divenuta definitiva, andrà a incrementare il patrimonio del creditore.

Tale ultimo aspetto diversificherebbe[23] lo strumento in parola riguardo alle tecniche di attuazione del comando del giudice, dove l’ammenda va a confluire nelle casse dell’erario[24].

In prima battuta non sembra che il destinatario dell’astreinte (individuo, Stato o un soggetto collettivo) vada di per sé a modificare l’efficacia complessiva dell’istituto dalla parte del debitore.[25] In un discorso ancora generale ha senso pensare infatti che, poiché la pena mira sempre a colpire il soggetto inadempiente, sarà irrilevante per quest’ultimo se la pena pecuniaria andrà a vantaggio del creditore o di un soggetto terzo al rapporto obbligatorio.

Individuare però il soggetto beneficiario del provvedimento potrebbe allocare validi incentivi volti ad adire al sistema giustizia in tutti quei casi in cui la strategia non cooperativa del debitore finirebbe invece per predominare.

Infatti, nel caso in cui l’astreinte (o la misura di coercizione indiretta in Italia) venga liquidata in favore di un soggetto privato, nell’ottica del creditore risulterà razionalmente ancora più conveniente  adire al sistema giustizia, poiché nel calcolo dei costi da supportare e dei ricavi normalmente considerati nel momento in cui si decide di coltivare il giudizio sino alla sua definizione (compresa la fase esecutiva), si andranno a sommare dei benefici aggiuntivi, cioè la somma monetaria maturata dal giorno in cui il giudice ha disposto l’astreinte sino al giorno in cui si risolva il rapporto tra attore (divenuto poi esecutante) e convenuto (divenuto poi esecutato).

3. L’astreinte è dunque una sanzione coattiva, ed è rivolta alla parte destinataria del provvedimento di condanna per adeguarsi a tenere un determinato comportamento[26].

La cooperazione coattiva del debitore soccombente – e quindi la soddisfazione dell’attore/creditore – è indotta dal fatto che il costo correlato al protratto inadempimento viene demandato al soggetto che trarrà una maggiore convenienza nell’adempiere tempestivamente a quanto disposto dal giudice[27].

È ovvio che la somma complessiva dell’astreinte si determinerà in funzione della rapidità con la quale il soggetto condannato deciderà di adempiere a quanto ordinato dal giudice[28]: in tale maniera, il comportamento non cooperativo diventa così razionalmente inconveniente.

Bisogna precisare che la sanzione dell’astreinte in Francia può essere applicata non solo a un obbligo di fare o non fare, ma anche agli obblighi pecuniari senza che la somma raggiunta vada in qualche modo a sostituirsi agli interessi legali, andando quindi a cumularsi a questi ultimi, essendo indipendenti gli uni dagli altri[29], dal momento che il pregiudizio subito dal creditore a causa del ritardo nel pagamento viene compensato dagli interessi di mora pagati dal debitore, mentre la finalità dell’astrainte è di natura compulsoria.

In Italia invece l’impossibilità di applicare la misura di coercizione indiretta anche per gli obblighi pecuniari non sarebbe ammissibile in forza della funzione che svolgono gli interessi: corrispettiva (ex art. 1282 c.c.), dunque remunerativa, ovvero compensativa (ex art. 1499 c.c.) o di mora (ex art. 1224 c.c.) che assolvono a una funzione risarcitoria in caso di inadempimento di tale tipologia di obbligazione, evitando una duplicazione ingiustificata di misure volte a ridurre l’entità del pregiudizio cagionato dalla violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione del giudicato, nonché dell’ingiustificato arricchimento del soggetto già creditore della prestazione principale e di quella accessoria, cumulando di conseguenza un modello di esecuzione surrogatoria con uno di carattere compulsorio.

L’astreinte può essere sia di natura provvisoria che definitiva[30], anche se generalmente il provvedimento comminatorio emesso dal giudice deve considerarsi come provvisorio a meno che «le juge n’ait précisé son caractère definitif». Solo nel momento in cui il giudice ha espressamente qualificato nel provvedimento l’ordine di astreinte definitiva, essa acquisterà il carattere della stabilità.

Va notato che «une astreinte définitive ne peut être ordonnée qu’après le prononcé d’une astreinte provisoire et pour une durée que le juge détermine. Si l’une de ces conditions n’a pas été respectée, l’astreinte est liquidée comme une astreinte provisoire[31]».

Come per l’astreinte provvisoria, nell’astreinte définitive la misura è revocata in tutto o in parte se è accertato che la mancata esecuzione o il ritardo nell’esecuzione dell’ingiunzione del giudice deriva, in tutto o in parte, da una causa estranea e indipendente dalla volontà del debitore[32].

Nel caso poi di conferma in appello del provvedimento di condanna, la penalità di mora inizierà a decorrere dal giorno stabilito dal giudice di primo grado, salva l’ipotesi in cui il giudice di appello non determini una data successiva per iniziare a farla decorrere[33]; la Court de Cassation ha statuito, al riguardo, infatti, che in caso d’appello della sentenza che ha disposto la condanna «[…] l’effet suspensif de l’appel ne porte aucune atteinte aux droits résultant pour l’intimé des condamnations prononcées par le jugement frappé d’appel lorsqu’il est confirmé […][34]».

In ordine alla competenza, il legislatore francese[35] ha disposto specificatamente nell’articolo L. 131-3 del codice delle procedure esecutive che il giudice competente in via esclusiva a liquidare un’astreinte sia il giudice dell’esecuzione[36]. Tale competenza è esclusiva e, come tale, l’eventuale eccezione di incompetenza funzionale del giudice adito, al fine di liquidare l’astreinte, potrà essere sollevata anche d’ufficio[37].

Tuttavia, deve rilevarsi che tale competenza è altresì attribuita dall’art. 491, comma 1° c.p.c. francese anche al giudice investito a decidere il procedimento sommario, il quale può irrogare con la medesima ordinanza che definisce il giudizio di merito anche una penalità di mora, esclusivamente, però, in via provvisoria.

Il Giudice di legittimità francese[38] ha avuto modo però di ribadire come la competenza del giudice dell’esecuzione prevalga solo nel caso in cui il giudice del procedimento sommario non si sia espressamente riservato il potere di liquidare l’astreinte.

4. Nell’emettere l’astreinte il giudice francese, come quello italiano, ha un ampio potere discrezionale[39]. Diversamente da quest’ultimo però, come sopra visto, può accompagnare qualsiasi decisione (ordinanza sommaria o sentenza), indipendentemente dall’oggetto dell’obbligo a cui il giudice ha ordinato al debitore: obbligo di pagare una somma di denaro, obbligo di fare qualcosa, obbligo di consegnare documenti[40].

Nel pronunciare il provvedimento, ha l’obbligo di fissare il termine da cui inizia a decorrere l’astreinte – termine che non può essere antecedente al momento in cui la decisione sia divenuta esecutiva[41],  in forza di quanto previsto dall’art. 503[42] del codice di procedura civile francese[43].

Nel caso in cui nel provvedimento che commina l’astreinte il giudice non indichi la decorrenza specifica, l’astreinte decorrerà dal giorno della notifica della decisione che impone l’obbligo di adempiere la situazione sostanziale accertata a monte[44].

È rilevante, dunque, il termine stabilito dal giudice ad quem per far decorrere dell’astreinte (nel senso ut supra) o perché si sia cristallizzata la situazione che ha dato origine alla comminatoria[45].

Poiché il giudice ha il potere di imporre il quantum della misura anche d’ufficio può, (senza incorrere in ultra petita) comminare una somma superiore a quella eventualmente richiesta dal creditore nella saisine[46], nonostante l’art. 5 del codice di procedura civile preveda che «le juge doit se prononcer sur tout ce qui est demandé et seulement sur ce qui est demandé».

Per quanto riguarda le modalità con cui il giudice calcola l’importo dell’astreinte si è registrata in Francia diversità di opinioni.

Secondo una certa giurisprudenza francese[47], il giudice investito di una richiesta di liquidazione avrebbe dovuto decidere solo alla luce dei criteri stabiliti dall’articolo L. 131-4 del codice delle procedure esecutive civili. Di conseguenza, non si sarebbe potuto limitare l’importo liquidato in base al fatto che quanto richiesto dal creditore dell’astreinte sarebbe eccessivo o troppo elevato in considerazione delle circostanze del caso[48] o della natura della controversia[49].

Sono rinvenibili, infatti, pronunce del Giudice di legittimità francese che hanno cassato decisioni di merito che, nell’annullare la misura, facevano riferimento al carattere manifestamente sproporzionato dell’importo[50], ovvero dell’applicazione del principio di proporzionalità[51].

Una recente pronuncia[52] della Corte di cassazione francese è invece intervenuta invocando l’applicazione in materia della CEDU e del suo protocollo n.1, in quanto l’astreinte impone, nella fase della sua liquidazione, una condanna pecuniaria al debitore dell’obbligazione, che è dunque  suscettibile di incidere su un interesse sostanziale di quest’ultimo, nonostante non esista alcuna normativa che pregiudichi il diritto degli Stati di emanare le leggi che ritengano necessarie per assicurare il pagamento di imposte, contributi o sanzioni.

Pertanto, il Giudice di legittimità Francese con la pronuncia del 2022 ha affermato che, se è pur vero che l’astreinte non costituisce di per sé una misura contraria ai requisiti del protocollo n. 1 della CEDU in quanto prevista dalla legge e tende, nell’obiettivo di una buona amministrazione della giustizia, a garantire l’effettiva esecuzione delle decisioni giudiziarie entro un tempo ragionevole, si impone al giudice chiamato a liquidare la misura, in caso di inadempimento totale o parziale dell’obbligazione, di tenere conto delle difficoltà incontrate dal debitore nell’adempimento e della sua volontà di rispettare l’ingiunzione.

Spetta quindi al giudice adito valutare, in concreto e nella sua discrezionalità, se esiste un ragionevole rapporto di proporzionalità tra l’importo con cui liquida la sanzione e gli interessi coinvolti della controversia.

Deve però anche rilevarsi che la misura dell’astreinte persegue il fine evitare condotte abusive del debitore e, pertanto, il giudice deve individuare nella liquidazione un equilibrio, dato dal patrimonio del debitore e dall’interesse coinvolto nella lite, in funzione di deterrente, inducendo così quest’ultimo all’adozione di cautele al fine di rendere la misura inutilmente costosa (sovradeterrenza) o sopprimendone addirittura l’efficacia (sottodeterrenza). Per tale ragione, sia la dottrina[53]  che la giurisprudenza[54] sono unanimi nell’affermare che la facoltà data al giudice di mitigare il quantum previsto dall’astreinte implica l’obbligo di motivare la propria decisione.

In definitiva, il giudice che decide sulla liquidazione di un’astreinte deve valutare la proporzionalità della violazione dei diritti patrimoniali del debitore alla luce dello scopo legittimo che il creditore persegue. Si noti che l’onere della prova delle difficoltà incontrate nell’esecuzione della decisione spetta al debitore dell’astreinte[55]. Di conseguenza, il giudice assume un ruolo creativo individuando, al posto del legislatore, il confine tra la misura coercitiva giusta e quella ingiusta, non ricorrendo qui il caso di una norma punitiva “in bianco” purché non manifestamente irragionevole.

In sostanza, il giudizio d’efficacia dell’astreinte deve essere un giudizio razionale da parte del giudice, dovendo verificare se sussiste in concreto un nesso tra l’impiego della misura e il raggiungimento del fine, contestualizzando nella realtà patrimoniale del debitore, che ovviamente muta caso per caso, la misura coercitiva da adottarsi, verificando il nesso fra mezzo e scopo, rendendola così un mero giudizio di efficacia.

5. Chiedersi se la disciplina giuridica di una certa misura coercitiva riesca a sviluppare efficacia deterrente significa chiedersi se essa sia idonea a raggiungere lo scopo per cui è posta dall’ordinamento.

In Italia, già prima dell’introduzione dell’art. 614-bis c.p.c. all’interno del codice di rito, si è discusso sulla natura del provvedimento di condanna; ossia, se la misura coercitiva in discorso abbia o meno una portata risarcitoria[56].

In Francia, dove l’istituto in parola, come visto, ha origine, la Corte di cassazione ha avuto modo, con una pronuncia risalente nel tempo,[57] di definire l’astreinte come «une mesure de contrainte entièrement distincte des dommages-intérêts», che «n’est en définitive qu’un moyen de vaincre la résistance opposée à l’exécution d’une condamnation, n’a pas pour objet de compenser le dommage né du retard, et est normalement liquidée en fonction de la gravité de la faute du débiteur récalcitrant et de ses facultés».

Nella dottrina italiana, già precedentemente all’introduzione dell’art. 614-bis c.p.c.,  risultava dirimente per la qualificazione della natura giuridica del provvedimento di condanna in parola quanto previsto nell’accordo TRIPs, il quale prevede una tutela mediante istituti di carattere generale che mirano ad assicurare il rispetto dei provvedimenti giudiziali tramite pene pecuniarie che non hanno natura risarcitoria, quindi applicabili anche in mancanza della quantificazione esatta del danno.[58]

Ad analoga conclusione, si perveniva prendendo in considerazione la tutela del consumatore ex art. 140, comma 4° d.lgs 206/05. Tale disposizione[59] aveva introdotto uno strumento (ancorché di carattere speciale) volto alla coazione della volontà del soggetto obbligato, in tutti quei casi in cui questo non si attivi spontaneamente per conformarsi a quanto contenuto nel provvedimento inibitorio del giudice. Lo stesso vale in materia lavoristica ai sensi di quanto previsto dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori.

In capo al soccombente è posto, infatti, l’obbligo di cessare la condotta lesiva ed eliminare gli effetti e/o astenersi per il futuro dal protrarre quella determinata condotta, pena una sanzione pecuniaria per ogni inadempimento o giorno di ritardo.

Tuttavia, mentre le norme a tutela dei lavoratori e quella a tutela dei consumatori prevedono che sia un terzo ad avvantaggiarsi della penalità di mora, le norme a tutela della proprietà industriale prevedono che il beneficiario sia direttamente il soggetto danneggiato[60].

In definitiva, la misura di coercizione indiretta assolve a una funzione sanzionatoria e non riparatoria, essendo diretta semplicemente a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e a stimolare il debitore all’adempimento, integrando una misura di pressione nei confronti del debitore necessaria ad assicurare il pieno e completo rispetto degli obblighi accertati in sede giudiziale e spediti in formula esecutiva.

La comminazione della misura di coercizione indiretta, dunque, non andrebbe in nessun modo a creare una doppia riparazione di un unico danno di cui, in tale modo, verrebbe a beneficiare il creditore.

La matrice sanzionatoria dell’astreinte sarebbe confermata anche dalla lettera dell’art. 614-bis, comma 4° c.p.c., che prende in considerazione al fine di quantificare il danno anche altri profili estranei alla logica riparatoria, quali il valore della controversia, della natura della prestazione dovuta, del vantaggio per l’obbligato derivante dall’inadempimento, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile, potendosi di conseguenza annoverare il profitto tratto dal creditore per effetto del suo inadempimento.

È evidente, poi, che la misura coercitiva incida in modo profondamente diverso a seconda delle risorse economiche del singolo debitore, essendo condizionata fortemente dal rapporto ineguale fra la persona e il patrimonio.

La discrezionalità del giudice nel determinare il valore della sanzione processuale, anche ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c., evita di conseguenza effetti gravemente discriminatori e sub ottimali rispetto allo scopo perseguito dalla misura processuale adottata.

6. Le misure di coercizione indiretta appaiono dunque quelle più efficaci per attuare i diritti, in tutti quei casi in cui l’adempimento, non sostituibile per opera di altri, non sia spontaneo[61].

La novella che si appresta a fare ingresso nel codice di rito che ha riscritto l’art. 614-bis c.p.c. pare si sia avvalsa, in parte, dei risultati raggiunti dalla dottrina e dalla giurisprudenza d’Oltralpe.

Il d.lgs 149 del 2022  prevede ad esempio, nell’art. 614-bis, comma 1° c.p.c. che nel provvedimento di condanna il giudice debba determinare la decorrenza, in linea con quanto previsto dall’articolo R. 131-1, comma 1° code des procédures civiles d’exécution, il quale dispone che «l’astreinte prend effet à la date fixée par le juge […]». Tuttavia, manca nel disposto italiano la seconda parte dell’art. R. 131-1, comma 1°, code des procédures civiles d’exécution, il quale prevede espressamente che la decorrenza della misura «ne peut être antérieure au jour où la décision portant obligation est devenue exécutoire».

Pertanto, nel caso in cui il giudice (ovvero nuovamente il legislatore) non abbia individuato la decorrenza, spetterà alla giurisprudenza colmare la lacuna[62].

Inoltre è previsto che il giudice può (e non già deve) fissare un termine di durata della misura, tenendo conto della finalità della stessa e di ogni circostanza utile. La previsione mira a non rendere la misura applicabile sine die, scongiurando così una obbligazione a carattere sanzionatorio sproporzionata rispetto all’originaria obbligazione inadempiuta.

In linea con quanto previsto dalla l.d. n. 206/2021, poi, nell’art. 614-bis, comma 2° c.p.c., è previsto che, nel caso in cui la misura non sia stata richiesta nel processo di cognizione, ovvero il titolo esecutivo sia diverso da un provvedimento di condanna, la somma di denaro dovuta dall’obbligato è determinata dal giudice dell’esecuzione su ricorso dell’avente diritto, dopo la notificazione del precetto.

Infine, nell’art. 614-bis, comma 4° c.p.c., sempre come disciplinato nello schema di decreto legislativo, è previsto che il giudice della cognizione, ovvero quello dell’esecuzione, che dovrà determinare l’ammontare della somma della misura coercitiva richiesta, dovrà tenere conto del valore della controversia, della natura della prestazione dovuta, del vantaggio per l’obbligato derivante dall’inadempimento, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.

Resta fermo nella novella prevista nel d.lgs. 149 del 2022 che il giudice possa emettere il provvedimento di condanna solo se non lo reputi manifestamente iniquo. In sostanza, il legislatore ha attribuito al giudice della cognizione prima, e solo successivamente a quello dell’esecuzione, nell’ambito della sua ampia discrezionalità, il potere-dovere di verificare di volta in volta la sussistenza delle circostanze che possano ammettere o precludere l’applicazione della misura di coercizione indiretta richiesta.

7. Dal quadro sinteticamente fatto emergere sino ad ora si deduce che, sebbene anche nel nostro ordinamento siano previsti meccanismi – e in seguito all’introduzione dell’art. 614-bis c.p.c. anche di carattere generale – di deterrenza volti a scoraggiare l’inadempimento al comando del giudice, continuano a non comparire alcuni accorgimenti che, con buona probabilità, rafforzerebbero l’applicazione in concreto dell’istituto.

Se da un parte sembra essersi accettata definitivamente in Italia l’idea che è volta a dare ingresso a procedimenti con valenza premiale e ridistributiva[63], dall’altra si è persa l’occasione per fare evolvere l’istituto mediante l’introduzione dell’astreinte che non sia legata solo agli obblighi di fare infungibile e non fare e  dell’astreinte c.d. provvisoria, e magari per riuscire a legare tale strumento alle vicende che hanno effetti sulle tempistiche processuali, per evitare quei casi in cui il comportamento non cooperativo della controparte, anche in sede processuale, assunto per meri fini dilatori, diventi conveniente.

Nessun riferimento legislativo è, infatti, ancora oggi di seguito alla riforma in corso, inteso a considerare un meccanismo analogo all’astreinte provisoire del processo civile francese, cioè la possibilità di ottenere la misura coercitiva in via preventiva, fin tanto che il creditore non richiederà la liquidazione dell’astreinte.

Infatti, sia l’art. 18 stat. lav. (in forza dell’esclusione prevista in materia dall’art. 614-bis, ult. cpv. c.p.c.), sia gli artt. 124 e 131 c. prop. ind., che l’art. 140 c. cons., (oggi art. 840-sexiesdecies c.p.c.), che l’art. 614-bis c.p.c. prevedono che la costrizione all’adempimento opera solo quando l’inadempimento c’è già stato ed è stato già accertato.

L’astreinte provisoire ha come finalità «de contraindre la personne qui s’y refuse à exécuter les obligations qu’une décision juridictionnelle lui a imposées et d’assurer le respect du droit à cette exécution […][64]». Dunque in questa fase assume solamente la connotazione di un mero droit personnel, per diventare solo successivamente il fondamento di un’azione di natura patrimoniale, in forza di quanto previsto dal nuovo articolo 491, comma 1° del codice di procedura civile francese, novellato dal decreto n. 2017-891 del 6 maggio 2017, il quale prevede che «le juge des référés qui assortit sa décision d’une astreinte peut s’en réserver la liquidation»; di conseguenza, la misura provvisoria avrebbe qui una finalità esclusivamente di deterrente.

La disciplina prevista dall’art. 614-bis c.p.c. continua a non considerare poi uno spettro di situazioni giuridiche che nel complesso riguardano dei settori del contenzioso complessivamente considerati preponderanti su scala nazionale, quali le obbligazioni pecuniarie e le controversie di lavoro, poiché espressamente escluse dal primo e ultimo comma dell’art. 614-bis c.p.c..

Non sembra infatti in linea con la natura dell’istituto escludere le obbligazioni pecuniarie dall’ambito di applicazione dell’art. 614-bis c.p.c. atteso che, come sopra fatto emergere, l’istituto assolve alla funzione di pena (con valenza processuale) idonea a persuadere il soccombente a non ritardare l’adempimento della propria obbligazione, e non a quella risarcitoria idonea di per sé a ristorare un danno ulteriore, rappresentato dalla perduta possibilità di investire la somma dovutagli e ricavarne un lucro finanziario.

Parimenti, escludere[65] altresì l’applicazione dell’istituto in parola alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 c.p.c. per continuare a tutelare la materia dall’art. 18 stat. lav. significa allocare[66] un incentivo, in un sistema caratterizzato da evidenti asimmetrie informative e interessi diversi, a un soggetto giuridico diverso dal titolare (id est il lavoratore) del diritto leso, che ha lo scopo di proteggere una situazione sostanziale di carattere super-individuale e d’interesse collettivo, diversa dal diritto soggettivo leso, non allineandosi di conseguenza alla prospettiva del rafforzamento del grado di effettività dei diritti individuali.  Considerando la funzione delle preferenze collettive, ci si accorge che non è da ricondursi alla sommatoria delle preferenze individuali, producendo di conseguenza un risultato differente – subottimale – rispetto al punto di vista del singolo.

Ha senso pensare, a contrario, che invece debba considerarsi iniquo che l’ordinamento permetta che le strategie non cooperative, attuate con beneficio da chi ci si attendeva un determinato comportamento, possano continuare a prevalere, distorcendo così il diritto sostanziale fatto valere nelle situazioni giuridiche che oggi continuano a essere escluse dalla riformulazione dell’art. 614-bis c.p.c.

In conclusione, la misura di coercizione indiretta cui all’art. 614-bis c.p.c. potrebbe dare buona prova di sé anche per le materie oggi escluse – posto che la misura  funziona nel suo complesso laddove vengano previste misure premiali volte a perseguire profili di efficienza, effettività e razionalizzazione dell’attività giurisdizionale mediante sistemi sanzionatori volti a reprimere gli abusi – che mira principalmente «dans l’objectif d’une bonne administration de la justice, à assurer l’exécution effective des décisions de justice dans un délai raisonnable[67]», indipendente dall’obbligazione fatta valere.

[1] Sul dibattito dottrinale ex plurimis Proto Pisani, L’attuazione dei provvedimenti di condanna in Foro It. V, 1988 177 ss. L’ A. evidenzia come il dibattito dell’inibitoria si sia intensificato negli anni settanta, periodo in cui forse, «per la prima volta», civilisti e processualisti hanno cessato di ignorarsi per discutere insieme sul tema delle tecniche e forme di tutela dei diritti. Da qui si è creato un nesso inscindibile tra il bisogno di tutela emergente a livello di diritto sostanziale e le forme di tutele processuali.

[2] La tutela esecutiva, come noto, serve a garantire la concreta realizzazione dell’interesse del titolare del diritto, ossia tutto quello e proprio quello che gli è stato riconosciuto dal diritto sostanziale a monte e dal giudice in sede di accertamento, mediante forme coattive facendo a meno della collaborazione del soggetto obbligato; ciò implica che tale attività sia di tipo sostitutivo e surrogatorio. Balena, Elementi di diritto processuale civile, Bari VI, 2007, pp. 27- 28 e 38.

[3] È pacifico che per gli per ordini di fare di natura infungibile e per gli ordini di non fare si pone il problema della possibilità di una esecuzione coattiva. Frignani, La penalità di mora e le astreintes nei diritti che si ispirano al modello francese, Riv. dir. civ. 1981, pp. 506 ss.

[4] Vassalli, Il diritto alla libertà morale, in Studi giuridici in memoria di F. Vassalli, Torino, 1960, II, pp. 1682 ss.; Amadei, Tutela esecutiva ed azione inibitoria delle associazioni dei consumatori, in Riv. esecuzione forzata, 2003, pp. 326 ss.; Amadei, La tutela degli interessi collettivi e le modifiche al procedimento d’ingiunzione (seconda parte), in Resp. civ. e prev., 2003, pp. 897 ss.

[5] Cfr. Denti, Appunti sulla giustizia civile, Bologna, 1987, p. 43; Satta, Il mistero del Processo, Milano, 1994, p. 24.

[6] Già nel 1926 fu presentato un progetto di legge nel quale si prevedeva che l’avente diritto alla prestazione di fare potesse chiedere la condanna dell’obbligato a una pena pecuniaria per ogni giorno di ritardo (cfr. CARNELUTTI, Progetto del codice di procedura civile (presentato alla Sottocommissione Reale per la riforma del Codice di Procedura Civile), Padova, 1926, p. 78 ss.

Successivamente, nel 1975,  il d.d.l. R. 2646/C/VI prevedeva l’introduzione, nel codice di rito, dell’art. 279-bis con il quale si disponeva «La sentenza che accerta la violazione di un obbligo di fare o di non fare, oltre a provvedere sul risarcimento del danno, ordina la cessazione del comportamento illegittimo e dà gli opportuni provvedimenti affinché vengano eliminati gli effetti della violazione; a tale scopo può fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza costatata e per ogni ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza […]». Per un primo commento a tale d.d.l. Cfr. Verde, Il disegno di legge n. 2246 presentato al Senato dal Ministro Reale sui provvedimenti urgenti relativi al processo civile, in Riv. Trim dir. Proc., 1976, p. 633 ss.

Si dovranno attendere sei anni per la riproposizione del d.d.l. 8 maggio 1981. Il punto 24 del citato provvedimento: «il potere del giudice, che accerti l’inadempimento di obbligazioni di fare o di non fare infungibili ma non richiedenti particolare abilità professionale e non attinenti a diritti della personalità, obbligazioni da determinarsi comunque per legge, di condannare l’obbligato, su istanza di parte, al pagamento di pene pecuniarie a favore dell’avente diritto per ogni giorno di ritardo nell’adempimento, entro limiti minimi e massimi prefissati dalla legge». Tuttavia, anche tale progetto di legge si è arenato lungo il suo cammino. La necessità di prevedere una misura di coercizione, tale da rendere per il convenuto soccombente inconveniente a perseverare nel non adempiere a quanto già accertato dal giudice, ha imposto prima il Governo della XV e poi quello della XVI Legislatura a prendere seriamente in considerazione la possibilità di introdurre un simile istituto.

Il 16 marzo 2007 con il d.d.l. cd. Mastella recante Disposizioni per la razionalizzazione e l’accelerazione del processo civile, il Consiglio dei Ministri della XV Legislatura ha varato un disegno di legge dove, tra altri interventi, avrebbe dovuto trovare spazio, fra le norme del codice di rito, l’astreintes per l’esecuzione degli obblighi di fare infungibili e di quelli di non fare, ma l’anticipato scioglimento delle Camere ha di fatto impedito che il Parlamento riuscisse ad approvare il d.d.l. Cfr. Luiso, Prime osservazioni sul disegno Mastella, in www.judicium.it; Bove, Processo civile: un intervento inutile che non incide sulla durata dei giudizi, in Guida dir., 2007, pp. 15, 10; Monteleone, Una Storia Italiana. Malinconico soliloquio sul processo civile e la sua riforma, in judicium.it. L’Autore concludeva il saggio consigliando l’epitaffio che tra mille anni sarà inciso sulla tomba del novello Colbert e dei suoi collaboratori: «non seppe mai cosa fosse il processo civile ma proprio per questo riuscì a razionalizzarlo». Tuttavia le esigenze e la ratio del precedente Ddl. sono state fatte proprie dal Governo della XVI Legislatura, il quale ha approvato la l. n. 69/2009.  Con il d.l. 27 giugno 2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 6.8.2015 n. 132, il legislatore ha riscritto integralmente l’articolo, ma in concreto ha apportato una significante innovazione prevedendo che la misura coercitiva indiretta possa essere applicata con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, lasciando immutato il resto. Cfr. Vincre, Le misure coercitive ex art. 614-bis c.p.c. dopo la riforma del 2015, in RDPRr, 2017, p. 368 ss.; v. anche Vallone, Le misure coercitive prima e dopo la riforma dell’art. 614-bis c.p.c. (legge 6 agosto 2015, n. 132 di conversione del d.l. 27 giugno 2015, n. 83), in REF, 2016, pp. 34 ss.; Gambioli, Le misure di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c., in GI, 2016, p.1283 ss.

[7] Borre, L’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, Napoli, 1906.

[8] Si sottolinea la gravità delle conseguenze insite nel ritenere che le uniche modalità dei provvedimenti di condanna siano quelle disciplinate dal Libro III del codice di rito. Proto Pisani, L’attuazione dei provvedimenti di condanna, Op. cit. p. 178.

[9] Il Governo è delegato ad adottare, entro il 24 dicembre 2022, i decreti legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale del processo civile attenendosi ai principi e criteri direttivi previsti dalla medesima l. d.

[10] Il limite all’efficacia del comando del giudice trova la sua ragione nella natura delle cose: «one can bring a horse to the water, but nobody can’t make him drink» (si possono offrire delle possibilità a qualcuno ma non si può obbligarlo a sfruttarle).  Frignani, La penalità di mora e le astreintes nei diritti che si ispirano al modello francese, Riv. dir. civ., 1981, p. 506 ss.

[11] Esiste una costatazione iniziale riguardo all’attuale propensione per la comparazione negli studi processuali italiani: la comparazione piace e si può fare, supposedly molto agevolmente. Ansanelli, Comparazione e ricomparazione in tema di expert whithes testimony, in Riv. dir. Proc., 2009, n. 3 p. 713 ss.

[12] De Boer, Osservazioni sull’astreinte nel diritto processuale olandese, in Dir. proc. civ., 1996, p. 790 ss. in species p.793.

[13] CEDU 19 marzo 1997, Hornsby c. Grecia, CEDU, p. 495; AJDA 1997. 977.

[14] Chabas, Astreinte, in Encyclopédie Dalloz de procédure civile, 1 gennaio 1993; Cimamonti, Astreinte judiciaire, Formulaire analytique de procédure.

[15] L’art. 1412 C.C.N. prevede che ogni obbligazione di fare o non fare si risolve in dommages-intets «Toute obligation de faire ou de ne pas faire se résout en dommages et intérêts, en cas d’inexécution de la part du débiteur». Le dommages interets costituiscono la compensazione finanziaria al danno patito sia in termini di lucro cessante che di danno emergente. Sul punto Tariol, L’Evaluation des dommages-intérêts en contrefaçon de marques, Paris, 1990, pp. 23-26. La distinzione tra astreinte e danno per inadempimento non è sempre chiara, ma già con la legge del 1972 si è dato (definendola) all’astreinte un carattere compulsorio in maniera tale da distinguerla dalla disposizione codicistica in parola. Ogni dubbio sarebbe poi risolto nel momento in cui il giudice abbia indicato l’astreinte definitiva ex art. 34 L. 91-650: in tale maniera si depura da ogni possibile commistione con le dommages interets. In tal senso, Chabas, La pena privata in Francia, Riv. dir. proc., 1999, p. 349 ss; Taruffo, L’attuazione esecutiva dei diritti: profili comparatistici, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1988, p. 142 ss. L’Astreinte è infatti uno strumento di costrizione da distinguersi dal risarcimento del danno e non ha come fine la compensazione del danno scaturito dal ritardo nell’adempimento, bensì il mancato adeguamento a quanto disposto dal giudice. Chabas, ult. op. Cit., p. 356.

[16] Cfr. Civ. 28 dic. 1824, DP 1825. 1. 141; S. 1825. 1. 166.

[17] La pronuncia storica più richiamata di astreinte si rinviene in una sentenza della Corte d’appello di Parigi del 7 agosto 1878, quando la Principessa di Beauffremont fu intimata dalla Corte, in seguito al divorzio con il marito, di consegnare i figli a quest’ultimo. La Corte stabilì che fino a quando la Principessa non avrebbe consegnato i figli sarebbe stata costretta a pagare 500 franchi francesi per ogni giorno di ritardo (per il primo mese) e 1000 franchi durante il secondo mese (astreinte definita 1000 franchi). La causa célèbre indicata in realtà si concluse con la fuga in Belgio della Principessa con i figli. Cfr. International & Comparative Law Quarterly, 1956, 5, Cambridge University Press, pp. 378- 394.

[18] Nel processo francese l’astreinte può valere anche come mezzo di coercizione endo procedimentale all’adempimento dei doveri istruttori. Frignani, op. cit, p. 506. Ai sensi dell’art. 10 Code de procedure civile, «Le juge a le pouvoir d’ordonner d’office toutes les mesures d’instruction légalement admissibles». Cfr. Giussani, L’esibizione di documenti situati nello spazio giuridico europeo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 3, p. 867 note 419 e 420; Vincent-Guinchard, Procédure civile, Parigi, 1994, p. 614 ss., p. 620 ss.; Couchez, Procédure civile, Parigi, 1998, p. 298 ss.; Mestre, De quelques difficultés concernant les conditions d’obtention des modes de preuve, in Rev. trim. dr. civ., 1996, p. 166 ss.

[19] Anche se bisogna precisare che non è propriamente un mezzo di esecuzione poiché solo nel momento in cui il debitore non si uniformi al comando del giudice il creditore potrà fare ricorso alle misure tradizionali di esecuzione. Chabas, La pena privata in Francia, cit. 559.  La l. n. 91-650 9/7 1991 e il decreto di applicazione n. 92-755 del 31 luglio 1992 (novellato successivamente con decreto n. 96-1130 del 18 dicembre 1996) hanno apportato delle modifiche sensibili al regime dell’astreinte.

[20] Jacob, Trends in the Enforcement of Non-Money Judgments and Orders. The First International Colloqium on the Law of Civil Procedure, 1988, p. 44.

[21] «Si colpisce il portafoglio per forzare la volontà». Citazione di Carbonnier riportata da Perrot in L’astreinte – ses aspecas nouveaux, Gazzette du Palais, 111, III, 1991, p. 808.

[22] Art. 36 loi 91-650«Le montant de l’astreinte provisoire est liquidé en tenant compte du comportement de celui à qui l’injonction a été adressée et des difficultés qu’il a rencontrées pour l’exécuter».

[23] Taruffo, L’attuazione esecutiva dei diritti: profili comparatistici, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, pp. 152-154.

[24] Il progetto iniziale della l. 91-650 prevedeva in base all’art. 36 che il giudice potesse decidere che una parte dell’astreinte non andasse versata al creditore. Perrot, La coercizione per dissuasione nel diritto francese, Riv. dir. proc., 1996, 664.  Il problema si pone poiché la ratio dell’astreinte è quella di sanzionare «l’offesa arrecata al giudice» nel non aver ottemperato al provvedimento sicché vi sarebbe un ingiustificato arricchimento da parte dell’attore nel ricevere questa ulteriore somma in maniera cumulativa alla pretesa originaria.

[25] Qualche dubbio invece lo solleva Perrot, ult. op. cit. 1996, pp. 668-669.

[26] È chiara in tal senso la disposizione normativa ex art. 33 l. 91-650: «Tout juge (per ogni giudice si intende sia il giudice di primo e di secondo grado che i giudici – du provisoire référés – del cautelare) peut […] ordonner une astreinte pour assurer l’exécution de sa décision». Il comma 2° dell’art. 33 legge in parola dispone inoltre che in caso di necessità il giudice adito può emettere un’astreinte su una decisione emessa da un altro giudice. Il giudice dell’esecuzione inoltre non solo potrà ordinare un’astreinte, ma potrà anche modificarlo. In tal senso, Trib. Bastia, 16 aprile 1993, in Revue Huissiers, 1994, p. 934.

[27] Mi pare che possano applicarsi in tal senso gli insegnamenti di Coase, nel prevedere che per raggiungere un alto grado di efficienza la responsabilità deve essere allocata al soggetto che riesce maggiormente a contenerla. Coase, The Problem of Social Cost, in Journal of Law and Economics 1, 1960; cfr. anche Calabresi–Melamed, Property Rules, Liability Rules and Inalienability: One View of the Cathedral, in Harvard Law Review, Vol. 85, p.1089,4, 1972; Regole di proprietà, responsabilità e inalienabilità: un’istantanea della Cattedrale in Riv. dir. civ. 2020, p. 497 e ss.

[28] Da precisare che l’astreintes è indipendente dai danni e ha, per sua natura, il solo scopo di costringere la parte a eseguire una decisione giudiziaria, poiché la richiesta di astreinte non è una citazione per danni ma una semplice misura coercitiva. In tal senso, la Cour de Cassation, 2éme Civ. 17 aprile 2008, BICC: «[…] L’astreinte est indépendante des dommages-intérêts et a, par sa nature même, pour but de contraindre la partie à exécuter une décision judiciaire […]. Dès lors, la cour d’appel (N° 07-10.065. – CA Chambéry, 29 août 2006) qui a constaté que l’astreinte ne figurait pas dans la définition des risques garantis par le contrat d’assurance responsabilité en a à bon droit déduit que l’assureur n’avait pas à prendre en charge la condamnation à une astreinte et n’avait pas à supporter les conséquences de la résistance de son assuré […]». cfr supra nota 12).

[29] Cfr. soc. 29 mai 1990, Bull. Civ. C. Cas. 1990, V, n. 244, p. 145; con la pronuncia in parola la Corte ha condannato un datore di lavoro a pagare un ex dipendente un’indennità più il risarcimento danno per un licenziamento illegittimo aggiungendo un’astreinte di 50 franchi francesi per ogni giorno di ritardo. Tale approdo giurisprudenziale ha abbandonato la precedente giurisprudenza (consolidata) ponendo il principio che l’astreinte può essere pronunciata anche in via accessoria a una condanna pecuniaria.

[30] Sarebbe inutile rifarsi sino al momento in cui non inizi la fase di esecuzione alla distinzione fra astreinte provisoire e définitive di cui all’art. 34 della l. francese n. 91/650 del 9 luglio 1991: poiché, ai sensi del combinato disposto dell’art. 36 della stessa l. e dell’art. 53 del decreto n. 92/755 del 31 luglio 1992, il giudice della successiva liquidazione non avrà il potere di rideterminare il quantum dovuto per ogni giorno. In tal senso, Giussani in L’esibizione di documenti situati nello spazio giuridico europeo, cit. 867, nota 420. L’A. inoltre, in una prospettiva di esecuzione dell’astreinte in ambito internazionale, fa rilevare che non sarebbe suscettibile di esecuzione all’estero in vista della disposizione di cui al testo (ex art. francese dell’art. 43 della convenzione di Bruxelles, ove si fa riferimento alla fissazione definitiva non del taux – che può variare solo se l’astreinte è provisoire – ma de le montant, che appunto si fissa definitivamente solo in sede di liquidazione): cfr., in proposito, per es., Perrot-Thery, Procédures civiles d’exécution, Dalloz, 2000, p. 46; Guinchard-Moussa, Droit et pratique des voies d’exécution, Dalloz,  4° ed. 2004, p. 1529.

[31] Cfr. CPC exéc., art. L. 131-2, par. 3.

[32] CPC exéc., art. L. 131-4, par. 3.

[33]Cfr. Cass. civ. II 9 dicembre 1997; Cass. civ. 2 giugno 1997, in Bull. 170, p. 101 commentata da Perrot ult. op. cit. p. 743 ss. Se infatti è concepibile ammettere che l’appello sospende l’esecuzione del provvedimento – a differenza di quanto succede in Italia ex art. 282 c.p.c., nella sua nuova formulazione (con decorrenza dall’1.01.1993, per effetto dell’art. 33 della l. 26.11.1990, n. 353)che prevede che «la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti» (correlativamente, il nuovo testo dell’art. 337 c.p.c. stabilisce che «l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa”») – devono comunque esistere tecniche tali da disincentivare le parti a promuovere appelli temerai ed infondati con il solo effetto dilatorio.

[34] Cfr. Com. 3 giugno 1981 in Bull. 262, p. 207; 5 aprile 1994, Bull. II n 114 p 67. Cfr. Perrot in Rev. trim. dir. civ. 1997, p. 509, nota alla sentenza Chambre civile 20 giugno 1996.

[35] La legge del 5 luglio 1972 (art. 7) disponeva che «il giudice che ha comminato l’astreinte deve procedere alla sua liquidation: «Sicchè si è ammesso per un lungo periodo che ogni giudice avesse la competenza a liquidare (sauf le juge des référés) (Ass. Plén. 13 mai 1966, D 1966, p. 689)». Interamente diverso è il regime della legge del 1991. (cfr. infra nota 32). Per quanto riguarda il giudice del cautelare ai sensi dell’art 491. del NCPC (décret 9 settembre 1971), che può liquidare provvisoriamente l’astreinte (tale facoltà è stata contestata in dottrina), sicché non può liquidare les astreintes emanate dal giudice di merito e non può emettere un’astreinte d’ufficio (Cass. 21 febbraio 2008 n. 06-43.046).

[36] Rimane invece competente la Corte di appello a emettere un’astreinte nel caso in cui sia necessario ottenere l’accesso a i documenti relativi alla controversia che siano dirimenti rispetto alla materia del contendere. (Cort. cass. 26 marzo 1996, Bull, n. 91, p. 51, o nel caso in cui la Corte di appello sia competente a giudicare la sentenza di primo grado che contenga un’astreinte.

[37] Art. 35 de la L. 91-650: «L’astreinte, même définitive, est liquidée par le juge de l’exécution, sauf si le juge qui l’a ordonnée reste saisi de l’affaire ou s’en est expressément réservé le pouvoir». Art. 52 décret 92-755: «Pour l’application de l’article 35 de la loi du 9 juillet 1991, l’incompétence est relevée d’office par le juge saisi d’une demande en liquidation d’astreinte»; «Si ce n’est lorsqu’elle émane d’une cour d’appel, la décision du juge peut faire l’objet d’un contredit formé dans les conditions prescrites par le nouveau Code de procédure civile».

[38] Civ. 2e, 15 févr. 2001, n. 99-13.102, Bull. civ. II, n. 27; D. 2001. 904; Procédures 2001. Comm. 79, Perrot.

[39] Civ. 2ème 8 dicembre 2005, n. di appello: 04-13592, Cass. civ., 3, 3 novembre 1983, Bull. n. 219, 167.

[40] Cfr. art. 840-quinquies, comma 11° c.p.c. che ha introdotto in materia di azione di classe una sanzione pecuniaria (ricompresa però in un minimo di Euro 10.000 e un massimo di euro 100.000), devoluta a favore della Casa delle ammende, alla parte che rifiuta di rispettare l’ordine di esibizione del giudice o non adempie allo stesso.

[41] Ai sensi dell’art 51 del decreto di attuazione del 31 luglio1992 infatti «l’astreinte prend effet à la date fixée par le juge, laquelle ne peut pas être antérieure au jour où la décision portant obligation est devenue exécutoire». Civ. 21marzo 1995 in Bull. Cass. Civ. n. 67, p 79. (2e Civ., 8 avril 2004, Bull. 2004, II, n. 168, n. 02-15.144). Se il giudice omette di precisare il momento in cui inizia a decorrere il termine dell’astreinte, questa inizia a decorrere dal momento in cui il provvedimento viene notificato (2e Civ., 23 giugno 2005, Bull. 2005, II, n. 171, n. 03-16.851).

[42] «Les jugements ne peuvent être exécutés contre ceux auxquels ils sont opposés qu’après leur avoir été notifiés, à moins que l’exécution n’en soit volontaire. En cas d’exécution au seul vu de la minute, la présentation de celle-ci vaut notification».

[43] La Corte di cassazione francese, con la pronuncia della 2ª Civ. – 26 giugno 2014. N˚ 13-16.899, ha avuto modo di ritenere che viola l’articolo R. 131-1 del codice di procedura civile, da cui si evince che l’astreinte ha effetto, al più presto, in mancanza di una data fissata dal giudice, dalla data in cui la decisione che ha ad oggetto l’obbligazione diventa esecutiva.

[44] Cfr. 2ème CIV. – 23 giugno 2005. n. 03-16.851. BICC. 627 N. 1927.

[45] In tal senso, art. 35, comma 3° L. 91-650: «L’astreinte […] est supprimée en tout ou partie s’il est établi que l’inexécution ou le retard dans l’exécution […] provient, en tout ou partie, d’une cause étrangère».

[46] «Le juge disposant du pouvoir de prononcer d’office une astreinte, il peut, sans statuer ultra petita, retenir un taux supérieur à celui demandé». Cfr Civ. 3ème 4 aprile 2012, N. di ricorso: 10-23527.

[47] Cass. 2° civ., 25 giugno 2015, n. 14-20073 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[48] Cass. 2° civ., 7 giugno 2012, n. 10-24967 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[49] Cass. 2° civ., 7 giugno 2012, n. 10-24967 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[50] Cass. 2° civ., 26 settembre 2013, n. 12-23900 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[51] Cass. 2° civ., 19 marzo 2015, n. 14-14941 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[52] Cass. 2° civ., 20 janv. 2022, n. 19-23721 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[53] Chabas, La réforme de l’astreinte, D. 1992, p. 299, spec. n. 300; Rép. proc. civ. Dalloz, (astreintes), n. 117; Buffet, La réforme de l’astreinte: premières applications, in Rapport de la Cour de cassation, 1997, Doc. fr. 1998, p. 67, spec. n. 76. Di segno contrario, invece, Perrot, L’astreinte, Ses aspects nouveaux, Gaz. Pal. 1991, 2, doct., p. 801, spéc. p. 806: «les juges […] qui ont pour légitime souci d’éviter des enrichissements injustifiés, usent de leur pouvoir souverain pour modérer sensiblement l’astreinte, quand le moment est venu de la liquider: moyennant quoi, des menaces dont le montant fait frémir se réduisent parfois à un simple petit pourboire. Ce n’est pas sérieux. À quoi rime une astreinte dont le montant se réduit comme une peau de chagrin? Avec le système qui ne voit dans l’astreinte qu’une simple peine privée, on débouche tout droit sur ce résultat qui, loin de fortifier sa vertu coercitive, en compromet au contraire la réelle efficacité». Cfr. anche in maniera non dissimile Lacher-Loyer, L’efficacité de l’astreinte, mythe ou réalité, Rev. jur. Ouest, 1987, p. 260.

[54] Cfr. Cass. civ. 2°, 13 gennaio 2012, n. 10-26.731; Civ. 2°, 17 novembre 2011, n. 10-26.573; Civ. 2°, 8 settembre 2011, n. 10-21.827.

[55] Cass. com., 2 ott. 2001, n. 98-21.165 in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.

[56]  La dottrina italiana che sosteneva la natura risarcitora. Cfr. Auletta, Multe giudiziali e valutazione dei danni futuri in materia di marchi, in Giur. compl. cass. Civ. 1946, p. 741, Libertini, Azioni e sanzioni nella disciplina della concorrenza sleale, in Tratt. dir. comm. 1981; Ghidini, La concorrenza sleale, in Giur. sis., 1982. Contra, Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Padova, 1960, Frignani, L’injunction nella Common Low e l’inibitoria nel diritto italiano, Milano, 1974; Spolidoro, Le misure di prevenzione nel diritto industriale, Milano, 1982.

[57] Cfr. Civ. 1re, 20 ott. 1959, D. 1959. 537, nota Holleaux; JCP 1960. II. 11449, nota di  Mazeaud; RTD civ. 1959. 778, oss. Hébraud; RTD civ. 1960. 116, obs. Mazeaud- Mazeaud; GAJC, n. 235.

[58] In tal senso Mayr, op. cit. p. 378; Cfr. Anche Reinbothe-Howard, The State of play in the negotiation on TRIPs, in E.L.P.R. 1991; Cfr. comunque l’art. 125 CPI.

[59] Oggi abrogata dalla L. 31/2019 che ha introdotto l’art. 840-sexiesdecies all’interno del codice di rito.

[60] Per la questione si rimanda al § 2 sub iii) b).

[61] Si evidenzia la cautela con cui la dottrina guarda al tema della penalità di mora: Sassani, Dal controllo del potere all’attuazione del rapporto. Ottemperanza amministrativa e tutela civile esecutiva, Milano, 1997.

[62] Cfr. Cass. Civ. 2e, 23 giugno 2005, n. 03-16.851, Bull. civ. II, n. 171.

[63] Cfr. Bentham, Teoria delle ricompense, Ouvres, Trad. a cura di Dumont-La Roche, Aelen, 1969, p. 155.

[64]  Soc. 27 juin 1990, n. 89-44.213, Bull. civ. V, n. 314.

[65] Peraltro, l’istituto dell’astreinte è entrato, sia pure con una diversa portata, anche nel processo amministrativo (che, come noto, si applica ai rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici “non privatizzati”), con l’art. 114, comma 4°, lett. e del d.lgs. 104/2010 (modificato dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208). Si segnala in materia di rapporti di lavoro privato che il Trib. Milano 19 dicembre 2018, in Adl, ha avuto modo di affermare in tema come, «L’esclusione delle controversie di lavoro dall’applicazione dell’art. 614-bis cod. proc. civ. non si pone in contrasto con l’assetto costituzionale, in quanto la rilevanza attribuita dalla Costituzione alle posizioni coinvolte nel rapporto di lavoro non è conciliabile con tale previsione» e che, nel momento in cui la Consulta ha avuto modo di pronunciarsi sul tema della questione di legittimità dell’art. 614-bis c.p.c. in quanto inapplicabile a garanzia del diritto del lavoratore, non l’ha fatto limitandosi a ricordare la prospettazione di una delle parti secondo cui «il rimettente lamenterebbe la mancanza di un rimedio equiparabile all’astreinte del diritto francese e demanderebbe al giudice delle leggi il compito di colmare questa lacuna, compito che, tuttavia, travalicherebbe i limiti del sindacato di costituzionalità». Cfr. Cort. cost. 29/2019.

[66] Secondo lo schema caratteristico delle Zwangsstrafen tedesche che alloca la somma non al creditore della prestazione, come l’astreinte ma a un terzo (ente o soggetto pubblico) in tema, cfr. Pillon, La circolazione comunitaria delle astreintes (anche quando la sanzione pecuniaria è destinata allo stato e non al creditore), in INTL, 2013, 1, pp. 36 ss.

[67] Cfr. Cass. Civ. 20 gennaio 2022 n. 19-23721, in https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id.