Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
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La procura speciale, delizia e croce (a proposito della SS.UU., 10 aprile 2024, n. 9611)
Di Bruno Capponi -
Il silenzio che è seguito alla pubblicazione dell’attesa sentenza delle Sezioni Unite sull’art. 380-bis c.p.c. (fatta eccezione per la pacata Nota di F.S. Damiani, Decisione accelerata, deflazione e fair play nel giudizio di legittimità, in Foro it., 2024, I, 1832 ss.) induce a credere che la maggioranza dei commentatori abbia alfine digerito il sapido cucinato cui il legislatore delegato ha affidato il compito di respingere, in forme sommarie, i ricorsi improcedibili, inammissibili e manifestamente infondati. La motivata e documentata sentenza delle Sezioni Unite sembra aver tacitato le critiche, che a dire il vero provenivano pressoché da tutti coloro che avevano esaminato il tema con obiettività (ricordiamo soltanto R. Vaccarella, Note sull’art. 380 bis c.p.c., in www.judicium.it dal 3 ottobre 2023; B. Capponi, Il giudice monocratico in Cassazione, in Foro it., 2023, V, 23; Id., L’art. 380 bis c.p.c. sotto la lente delle sezioni unite, in www.judicium.it dal 3 ottobre 2023; R. Tiscini, Procedimento in Cassazione per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati e terzietà del giudicante. La questione alle sezioni unite, in www.judicium.it dal 2 ottobre 2023; A. Graziosi, Le nuove norme sul giudizio di cassazione e sulla revocazione, in Riv. dir. proc., 2023, 681; F.S. Damiani, La riforma del giudizio di cassazione, in La riforma del processo civile. L. 26 novembre 2021 n. 206 e d.leg. 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di D. Dalfino, gli Speciali de Il Foro italiano, Roma-Piacenza, 2023, 301) anche dall’interno della Suprema Corte (C. Besso, Riforma Cartabia: il nuovo processo civile (I parte) – le modifiche al giudizio di cassazione, in Giur. it., 2023, 474).
C’è tuttavia un aspetto su cui la sentenza presenta, forse senza sua colpa, una motivazione assai poco persuasiva: si tratta del profilo – definito senza mezzi termini «incivile» da autorevole dottrina (R. Vaccarella, loc. cit.) – che interessa il rilascio di una nuova procura speciale, allo stesso o a diverso difensore, qualora la parte interessata intenda sfidare la sorte e chiedere quella decisione collegiale che risulterebbe automaticamente preclusa dalla sintetica proposta nella quale consiste la “decisione accelerata” del ricorso. Quella proposta determina, secondo l’opinione più accreditata, «l’estinzione del mandato conferito dalla parte al difensore, aggiungendo alle ipotesi elencate nell’art. 1722 c.c. quella della incapacità del mandatario di “eseguire il mandato con la diligenza” da esso richiesta» (così R. Vaccarella, loc. cit.): di qui la necessità del rilascio di una nuova procura speciale, senza la quale il giudizio di legittimità non potrebbe andare avanti per carenza di jus postulandi.
Nell’economia del procedimento accelerato, un adempimento del genere – va sottolineato – non era punto necessario; sarebbe stato sufficiente prevedere, per realizzare la cerniera tra fase sommaria e fase a cognizione piena, la presentazione da parte del difensore (o anche della parte, come si dirà) di un’istanza di persistente interesse alla decisione. È evidente che la nuova procura speciale non è funzionale alla presentazione dell’istanza, rappresentando piuttosto un dubbio elemento che il legislatore delegato ha voluto insinuare nel cono d’ombra della relazione tra cliente e difensore.
Ciò che è apparso chiaro sin dall’inizio è che la nuova procura speciale doveva essere diversa da quella originaria ed essere rilasciata dopo la comunicazione della sintetica proposta. Dunque, ad esempio, non si potrebbe ragionare come nel procedimento monitorio, in relazione al quale la procura è normalmente conferita anche per l’eventuale giudizio di opposizione: e ciò non soltanto per la “specialità” che è propria della procura per il grado di legittimità, ma soprattutto perché la parte che conferisce la seconda procura deve farlo dopo aver ben conosciuto i termini della sintetica proposta, e dopo essersi assunta in proprio (perché in proprio risponderà) la responsabilità di sfidare la sorte (ma la parte avrebbe sempre risposto in proprio, non essendo certo questa una conseguenza del rilascio della seconda procura speciale). E giacché il legislatore delegato ha inteso entrare – toccando pianissimo – nella segreta relazione tra difensore e cliente, crediamo sia da approvare la soluzione operativa (E. Bruno, Il procedimento per la decisione accelerata (art. 380-bis c.p.c.), di prossima pubblicazione in www.giustiziainsieme.it) di trascrivere nella nuova procura speciale il testo integrale della proposta di definizione accelerata: in modo sia di dimostrare che il cliente ne ha avuto effettiva contezza, sia di prevenire possibili questioni di responsabilità professionale.
Già: ma questa nuova procura come dovrà essere conferita, posto che il legislatore delegato ha – in modo senz’altro goffo – trascurato il testo rigoroso dell’art. 83 c.p.c.?
La sentenza delle Sezioni Unite motiva che «si è convincentemente sostenuto dai commentatori che la «nuova procura speciale» a corredo dell’istanza di decisione, di cui all’art. 380 bis, comma 2, c.p.c., non va conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata (benché non contemplata fra gli atti di cui al terzo comma dell’art. 83 c.p.c.). Non si tratta, invero, di nuova procura alle liti, ma di procura a compiere, nell’interesse del ricorrente, uno specifico ed eventuale atto del processo di cassazione, il cui espletamento sollecita non soltanto l’adempimento dei doveri di informazione versoil cliente incombenti sull’avvocato nel contesto della disciplina sostanziale che regola il rapporto interno relativo al conferimento dell’incarico, ma onera altresì la corte di verificare la diretta riferibilità alla parte della peculiare attività processuale svolta in tale segmento dal difensore» (par. 12.1.).
Questo passaggio della motivazione è sorprendente. Non tanto perché, dopo la sintetica proposta, la Corte avrebbe modo di dubitare che l’attività del difensore sia effettivamente riferibile alla parte rappresentata (è quindi la sintetica proposta ad alterare il rapporto fiduciario tra difensore e cliente, facendo addirittura sorgere il sospetto che l’avvocato potrebbe agire in contrasto con l’interesse della parte rappresentata); quanto perché, contro la chiara lettera della norma, la Corte si spinge ad affermare che quella voluta dal legislatore delegato non sarebbe una nuova procura speciale (citata infatti col virgolettato), bensì un semplice mandato a compiere uno specifico atto collocato in un particolare “segmento” del giudizio di legittimità (e che, implicitamente, presuppone l’esistenza e la persistenza della vecchia procura speciale). Se queste motivazioni avessero un qualche fondamento, da un lato non si vede perché il legislatore delegato non abbia – una volta deciso di scardinare la relazione tra difensore e cliente – onerato la parte personalmente della presentazione dell’istanza; dall’altro lato, sarebbe vero che l’originario difensore non subisce l’estinzione del vecchio mandato e che, d’altra parte, la nuova procura speciale non potrebbe essere conferita a un nuovo difensore: perché questi potrebbe al più venire incaricato del solo particolare “segmento”, e non dell’intero giudizio di legittimità. Altro è la procura speciale, altro è il mandato a compiere un singolo atto.
Queste motivazioni rispondono a ragionevolezza?
Una delle scene più esilaranti del film Frankenstein Junior (1974, Mel Brooks) ci mostra il dott. Frederick Frankenstìn (Gene Wilder) e l’aiutante Aigor (Marty Feldman) nel loro primo incontro: allorché il dott. Frankenstìn, dopo avergli dato un’amichevole pacca sulla spalla, dice a Aigor con fare un po’ complice: sai, non intendo metterti in imbarazzo ma io sono un chirurgo di una certa levatura, potrei forse aiutarti per quella gobba; Aigor, coi suoi occhi di camaleonte, risponde senza pensarci troppo su: quale gobba?
La risposta delle Sezioni Unite è un po’ come quella di Aigor: non si tratta di una nuova procura speciale, checché ne dica il comma 2 dell’art. 380-bis c.p.c.: al più, parliamo di un’istanza congiunta col proprio difensore, soggetta a una propria inedita “regola di procedura”, perché la richiesta di decisione, confermativa di quanto già chiesto in ricorso, «pur necessitando di nuova procura speciale, ha, dunque, soltanto effetto dichiarativo del permanente interesse alla decisione del ricorso già incardinato nel processo mediante la richiesta di cassazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.» (§ 12.2.). E allora perché parlare di nuova procura speciale?
Nel tentativo di giustificare una disciplina affatto irragionevole, soprattutto per la sua sostanziale superfluità, le Sezioni Unite proseguono osservando che «il legislatore, a fronte del rilievo attribuito nel secondo e nel terzo comma al sopravvenire della proposta che ravvisi l’inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso, ha quindi ritenuto, con scelta che non può dirsi né arbitraria né irragionevole, di porre a carico del difensore l’onere di farsi conferire espressamente il potere di chiedere la decisione, in maniera che la parte manifesti in modo univoco la sua volontà concreta e attuale di dare vita alla pronuncia del collegio. Tale limitazione del mandato conferito con la originaria procura ex art. 365 c.p.c. e della condotta processuale affidata al difensore postula soltanto l’osservanza di una ulteriore regola di procedura che può dirsi «mirata ad un’attivazione consapevole della giurisdizione di legittimità» (cfr. Corte cost., sentenza n. 13 del 2022)» (par. 12.1., in fine).
Quindi una limitazione del mandato effettivamente c’è, ma, per le Sezioni Unite, soltanto per quel che concerne la presentazione dell’istanza di decisione collegiale. A manifestare il perdurante interesse alla decisione non è il rappresentante tecnico, ma la parte personalmente: e lo fa nell’unico modo in cui essa può interloquire con la Corte, cioè conferendo mandato al difensore. Pur non essendo chiaro se la parte continui a dialogare col proprio difensore, che a sua volta dialoga con la Corte, ovvero innesti un dialogo nuovo, per la prima volta, direttamente col suo Giudice (il riferimento è al non chiaro passaggio in cui le Sezioni Unite affermano che il nuovo meccanismo «onera altresì la corte di verificare la diretta riferibilità alla parte della peculiare attività processuale svolta in tale segmento dal difensore»). Ma non si parli di nuova procura: piuttosto di conferimento di un potere che la procura originaria non poteva prevedere, e che rappresenta sì una limitazione del mandato ma nella contemplazione di un fine ben più alto e nobile: quello di “un’attivazione consapevole della giurisdizione di legittimità”. Come se parte e difensore prendessero consapevolezza di essere dinanzi alla Corte soltanto in conseguenza della proposta di definizione accelerata.
A fronte del vero e proprio fascio di problemi applicativi che l’art. 380-bis c.p.c. pone con questo inutile e gravatorio riferimento al rilascio di una nuova procura speciale che procura speciale non è (v. ancora E. Bruno, op. cit.), ci permettiamo di introdurre una semplice domanda: non sarebbe stato preferibile prevedere un’istanza di persistente interesse, magari sottoscritta anche dalla parte personalmente? In fondo la soluzione sarebbe stata coerente col testo dell’art. 390 c.p.c., che regola un fenomeno assimilabile, almeno nelle conseguenze, a quello introdotto dalla sintetica proposta.
La verità è che il pimpante legislatore delegato ha voluto esagerare, senza avvedersi che il rilascio di nuova procura rappresenta l’argomento principe per poter predicare l’alterità tra fase sommaria e fase ordinaria (camerale); e proprio questo dettaglio, che poi tanto dettaglio non è, costituisce il principale elemento di debolezza del nuovo istituto così come della sentenza delle Sezioni Unite: che del resto, nella situazione data, hanno fatto quel che potevano anche quando hanno negato l’esistenza di un problema che non si poteva risolvere, pur nella sua evidente inutilità.