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La mediazione telematica dopo la riforma Cartabia
Di Fabio Valerini -
Sommario – 1. La mediazione telematica – 2 La mediazione telematica nella disciplina originaria del d.lgs. n. 28 del 2010 – 3. La mediazione telematica al tempo della normativa emergenziale – 3.1 Gli incontri di mediazione – 3.2 La verbalizzazione – 4. La legge delega di riforma del processo civile – 5. La mediazione telematica dopo il d.lgs. n. 149 del 2022 – 5.1 Le tre tipologie di modalità di incontro di mediazione – 5.2. Il diritto di ciascuna parte di partecipare da remoto – 5.3. La verbalizzazione degli incontri e la sottoscrizione del verbale – 6. Aspetti problematici della certificazione da parte del mediatore della sottoscrizione nei verbali telematici.
1.La mediazione telematica può essere definita come la possibilità di svolgere, in tutto o in parte, un procedimento di mediazione civile e commerciale di cui al decreto legislativo n. 28 del 2010[1] (e, quindi, dalla domanda di mediazione, allo svolgimento degli incontri e alla verbalizzazione) attraverso modalità elettroniche e telematiche[2].
Il concetto stesso di mediazione telematica, per come ora descritta, implica necessariamente, per quanto ovvia possa essere questa precisazione, la necessità che chi se ne avvalga disponga di un collegamento dati, di una firma digitale o elettronica avanzata e di un servizio di posta elettronica certificata[3] (o altro servizio di recapito certificato qualificato secondo la normativa europea)[4].
Gli effetti dello svolgimento con modalità telematiche della mediazione o l’uso dell’elettronica determinano la necessità di approfondire due gruppi di questioni: il primo gruppo è quello che riguarda lo svolgimento del procedimento (e.g. il deposito della domanda, le comunicazioni alle parti, lo svolgimento degli incontri di mediazione); il secondo gruppo è quello che riguarda le modalità di documentazione del procedimento di mediazione (e.g. il verbale di mediazione e, in generale, il “fascicolo” della mediazione).
Esaminerò, dunque, la disciplina – di fonte primaria, secondaria e di prassi amministrativa – della mediazione civile e commerciale attraverso le norme appartenenti a questi due gruppi, a partire dalla versione originaria del d.lgs. n. 28 del 2010 fino a quella attuale dopo la riforma Cartabia (d. lgs. N. 149 del 2022) passando dalla disciplina emergenziale dettata durante la pandemia.
2.La disciplina originaria della mediazione civile e commerciale conteneva alcune disposizioni dedicate a quella abbiamo definito come mediazione telematica tanto nel decreto legislativo n. 28 del 2010, tanto nel decreto ministeriale n. 180 del 2010[5].
In base all’art. 3 comma 4 del d.lgs. n. 28 del 2010 “la mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo”.
Secondo questa formulazione la mediazione telematica sarebbe stata possibile soltanto se il regolamento dell’organismo lo avesse previsto.
Conseguentemente, le parti che avessero voluto svolgere la mediazione in modalità telematica avrebbero avuto l’onere di verificare l’esistenza di questa possibilità nel regolamento di ciascun organismo di mediazione.
Regolamento che, ex art. 16 comma 3 d.m. n. 180 del 2010, avrebbe dovuto prevedere “le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati”.
La disposizione di fonte primaria era stata, poi, specificata dall’art. 7 comma 4 del d.m. n. 180 del 2010 secondo cui “il regolamento non può prevedere che l’accesso alla mediazione si svolge esclusivamente attraverso modalità telematiche”.
Secondo l’impostazione originaria, dunque, la mediazione telematica era possibile soltanto se prevista dal regolamento che, però, mai avrebbe potuto prevedere come unica possibilità di accesso alla mediazione la via telematica.
A tal proposito, due sono i significati possibili del lemma “accesso”.
Un primo significato è quello per cui “accesso” è da intendersi in senso formale: l’espressione, argomentando dalla rubrica dell’art. 4 d.lgs. n. 28 del 2010 (per l’appunto “Accesso alla mediazione”) si riferisce alla fase di avvio e, quindi, alla domanda di mediazione (e forse anche, direi, per simmetria da estendersi all’atto di adesione).
Un secondo significato è quello per il quale per “accesso” si deve intendere in senso “sostanziale” e, quindi, si riferisce alla partecipazione agli incontri di mediazione.
Unendo sia il primo significato che il secondo, la conseguenza era che non sarebbe stato possibile prevedere:
-come unica forma di deposito della domanda di mediazione quella telematica, dovendo restare, quindi, possibile il deposito cartaceo della domanda di mediazione;
– prevedere come unica forma di partecipazione agli incontri quella “da remoto”, dovendosi, quindi, garantire da parte dell’Organismo di mediazione la possibilità della parte di partecipare fisicamente presso la sede.
La via telematica era prevista, poi, dalla lettera b) dove si legge che “ al termine del procedimento di mediazione, a ogni parte del procedimento viene consegnata idonea scheda per la valutazione del servizio; il modello della scheda deve essere allegato al regolamento, e copia della stessa, con la sottoscrizione della parte e l’indicazione delle sue generalità, deve essere trasmessa per via telematica al responsabile, con modalità che assicurano la certezza dell’avvenuto ricevimento” (corsivo mio).
Infine, occorre ricordare che, in via di prassi, il Ministero della Giustizia aveva predisposto un articolato contenente le caratteristiche che avrebbe dovuto avere la piattaforma telematica di cui gli Organismi di mediazione avrebbero dovuto dotarsi per poter svolgere la mediazione in via telematica.
3.Rispetto a questo impianto, l’irrompere sulla scena mondiale della pandemia SARS COVID-19 e delle conseguenti regole di confinamento e di distanziamento sociale, ha determinato la necessità che il legislatore intervenisse per consentire quanto più possibile il ricorso alla via telematica tanto rispetto al processo quanto alla mediazione civile e commerciale[6].
Durante quel periodo è emerso in maniera evidente come la mediazione avesse assunto un ruolo centrale nella risoluzione del contenzioso sia perché strumento più adatto in relazione alle tipologie di controversie originate dalle misure di contenimento[7] sia perché operava, di fatto, come “supplente” rispetto ad una giustizia (in un primo momento) “sospesa” e, poi, “ridotta”.
Soprattutto, poi, la pratica della mediazione telematica[8] – necessitata dall’emergenza che ha portato ad una maggiore familiarità con i sistemi di comunicazione a distanza – ha dimostrato le potenzialità di quella modalità che ben avrebbero potuto essere conservate anche dopo il venir meno dell’emergenza pandemica[9].
In questa direzione, la fonte di riferimento, più volte modificata, è rappresentata l’art. 83 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 con i suoi commi 20 e 20-bis[10].
3.1 Per un primo periodo, la normativa aveva previsto che gli incontri di mediazione avrebbero potuto svolgersi in ogni caso in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento[11].
Lo stesso Ministero della Giustizia era intervenuto con un Avviso dell’Ufficio II – Ordini professionali e albi del 30 aprile 2020 comunicando che “secondo quanto stabilito dall’art. 83, co. 20 bis del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito, con modificazioni, nella legge 24/4/2020 n. 27, fino al 30 giugno 2020 tutti gli organismi iscritti nel registro tenuto da questo dicastero potranno svolgere la mediazione telematica, dotandosi di sistemi di videoconferenza, anche in assenza di apposita previsione nel proprio regolamento di procedura. Si ricorda che è necessario il preventivo consenso di tutte le parti che partecipano alla mediazione”.
La pandemia aveva consentito di superare, quindi, l’eventuale mancanza di una previsione ad hoc del Regolamento dell’Organismo di mediazione e anche la necessità di avvalersi della piattaforma telematica (di cui retro alla fine del §2)[12] con la possibilità, quindi, di utilizzare qualsiasi sistema di videoconferenza[13] (come, ad esempio, avrebbe potuto essere, se del caso, Skype che era stato ritenuto, prima della pandemia, non utilizzabile per la mediazione) e ferma la possibilità del mediatore di collegarsi da qualsiasi luogo.
In un secondo periodo il legislatore aveva, invece, previsto che “gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mediante sistemi di videoconferenza”: veniva, quindi, richiesta nuovamente la previsione nel Regolamento della possibilità della mediazione telematica.
Naturalmente, le specificità del procedimento di mediazione avevano reso opportuno alcune specificazioni sulle modalità operative come quelle contenute nei Suggerimenti del Consiglio Nazionale Forense agli organismi forensi dell’8 maggio 2020 e nelle Linee Guida dell’UNAM (Unione Nazionale Avvocati per la Mediazione).
In questi documenti si suggeriva agli Organismi di mediazione di prestare attenzione a ciò, che l’accesso alle stanze virtuali dovesse essere riservato ai soli soggetti coinvolti nel singolo procedimento di mediazione, attraverso trasmissione di un link dedicato con password o chiamata diretta in via telematica da parte dell’organismo o del mediatore.
Per le sessioni separate il mediatore avrebbe dovuto prestare particolare cura nell’escludere temporaneamente dalla videoconferenza le parti non interessate, qualora il sistema lo consentisse: in alternativa il mediatore avrebbe dovuto creare ulteriori stanze virtuali alle quali far accedere solo le parti interessate alla sessione separata.
Inoltre, poiché tutti i soggetti partecipanti sono vincolati ai doveri di riservatezza ex artt. 9 e 10 D.lgs. n. 28 del 2010 si riteneva interdetta qualsiasi possibilità di registrazione degli incontri di videoconferenza[14].
3.2 Il legislatore dell’emergenza, volendo perseguire il massimo impiego della mediazione telematica, aveva dettato anche una disciplina derogatoria della fase della redazione del verbale di mediazione quante volte le parti erano collegate “da remoto”.
Secondo la disciplina allora vigente “il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica è sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”.
Da un punto di vista operativo poteva, quindi, accadere che “il mediatore, apposta la propria sottoscrizione digitale, trasmette[sse] tramite posta elettronica certificata agli avvocati delle parti l’accordo così formato»” in modo tale che la parte potesse sottoscriverlo per poi inviarlo al proprio avvocato che avrebbe certificato (in luogo del mediatore, dunque) la sottoscrizione della parte assistita (ancorché quest’ultima potesse non essere nello stesso luogo fisico dell’avvocato)[15].
4. La. legge 26 novembre 2021, n. 206 di delega per la riforma del processo civile, tra gli altri obiettivi, ha voluto implementare l’efficienza del procedimento di mediazione attraverso l’estensione del ricorso alla mediazione (sia obbligatoria ex lege che demandata dal giudice), la previsione di maggiori incentivi fiscali e una disciplina del patrocinio a spese dello stato e, infine, rafforzando la partecipazione delle parti al procedimento di mediazione.
In questo contesto, valorizzando l’esperienza della mediazione a distanza nell’epoca del confinamento[16], il legislatore delegante ha inteso favorire anche la mediazione telematica prevedendo alla lettera p) dell’articolo 4 come criterio e principio direttivo, per quel che in questa sede più rileva, “prevedere che le procedure di mediazione e di negoziazione assistita possano essere svolte, su accordo delle parti, con modalità telematiche e che gli incontri possano svolgersi con collegamenti da remoto”.
La legge delega – come avremo modo anche di richiamare più oltre per superare eventuali dubbi di costituzionalità della normativa delegata – disciplina due ipotesi distinte (tant’è che tra le due discipline troviamo una “e”):
– lo svolgimento della mediazione;
– lo svolgimento degli incontri di mediazione.
Se poniamo la nostra attenzione alla versione originaria del d.lgs. n. 28 del 2010 il profilo sub a) è quello che sembra voler superare – come in effetti supera – il divieto in origine previsto di una mediazione esclusivamente telematica (e, cioè, una mediazione che preveda domanda di mediazione, accettazione della mediazione, incontri e verbalizzazione soltanto con modalità elettronica e telematica).
Il profilo sub b) consente, poi, la possibilità – evidentemente a chi lo richieda per sé come dirà il decreto legislativo – di svolgere gli incontri di mediazione con collegamenti da remoto.
La previsione di un “consenso” è limitata, quindi, soltanto al profilo dello svolgimento della mediazione in modalità esclusivamente telematica e non già al diverso profilo della disciplina degli incontri di mediazione.
5. Il legislatore delegato ha disciplinato la mediazione in modalità telematica, in primo luogo, modificando il quarto comma dell’art. 3 d.lgs. n. 28 del 2010 prevedendo ora che “la mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo, nel rispetto dell’articolo 8-bis”.
In secondo luogo, introducendo un articolo 8-bis nel d.lgs. n. 28 del 2010[17] che disciplina la mediazione telematica con l’obiettivo di favorirne il più possibile lo sviluppo.
I pilastri sui quali è stato costruito l’impianto della nuova mediazione telematica sono:
– da una parte, la possibilità di svolgere gli incontri con collegamento audiovisivo da remoto;
– dall’altra, la formazione dei documenti rilevanti del procedimento di mediazione in formato nativo digitale attraverso la loro sottoscrizione tramite firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata e l’invio degli stessi e delle comunicazioni tramite posta elettronica certificata o altro servizio di recapito certificato qualificato con obbligo di conservazione a norma da parte dell’Organismo di mediazione.
In questo contesto la previsione di fonte primaria secondo cui “gli incontri si possono svolgere con collegamento audiovisivo da remoto” rappresenta la chiara indicazione della volontà di favorire il ricorso alla mediazione telematica.
Ciò appare confermato anche dalla Circolare diramata dalla Direzione Generale del Ministero della Giustizia il 6 aprile 2023.
In quella Circolare, infatti, tra i requisiti di adeguatezza dell’organizzazione dell’Organismo di mediazione è stato espressamente previsto al n. 6 che esso debba avere “la disponibilità di una piattaforma, accessibile direttamente dal sito web dell’organismo (con le caratteristiche di un dominio di secondo livello, di piena titolarità dell’organismo) che: a) rispetti i requisiti di sicurezza e riservatezza di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (anche mediante garanzie di integrità e conservazione dei dati sensibili, previa individuazione di un soggetto responsabile della loro tenuta), nonché le prescrizioni dettate dal Regolamento EU eIDAS n. 910/2014 e dalle linee guida emanate dall’AGID ai sensi dell’articolo 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; b) assicuri la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate durante gli incontri da remoto; c) si avvalga di un servizio di posta elettronica certificata o altro servizio di recapito certificato qualificato per la trasmissione degli atti informatici, da sottoscriversi mediante firma digitale o altra firma elettronica qualificata; d) consenta la conservazione ed esibizione – in conformità all’articolo 43 del medesimo decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 – dei documenti informatici del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche”.
5.1 Secondo la nuova formulazione del d.lgs. n. 28 del 2010 gli organismi di mediazione dovranno essere in grado di fornire la mediazione telematica, comprensiva della possibilità di svolgere gli incontri “da remoto” a quelle parti che la richiedono.
Secondo la disposizione dell’art. 8-bis, prima richiamata, ogni parte potrà chiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o in presenza.
Possiamo, dunque, affermare che, dopo il d.lgs. n. 149 del 2022, gli incontri di mediazione potranno svolgersi:
– in modalità “in presenza” (quando tutti sono fisicamente presenti presso la sede dell’Organismo di mediazione),
– in modalità “da remoto” (quando tutti partecipano agli incontri tramite sistemi di videocollegamento) o, infine,
– in modalità c.d. “mista”.
Quest’ultima ipotesi è quella che si verifica quando una parte è presente fisicamente presso l’Organismo di mediazione e l’altra è collegata da remoto.
Peraltro, in questo caso, la normativa primaria nulla dice in ordine alla collocazione “spaziale” del mediatore che, quindi, potrà essere collegato da remoto anche lui oppure essere in presenza presso l’Organismo di mediazione.
Si tenga presente, a tal proposito, che l’eventuale collegamento “da remoto” del mediatore pur quando una parte è fisicamente presente presso l’Organismo di mediazione potrebbe avere un effetto positivo sulla complessiva gestione del procedimento mantenendosi l’apparenza di equi-distanza del mediatore rispetto alle parti[18].
5.2 La lettura della norma sulla possibilità di partecipare “da remoto” dimostra l’esistenza di un vero e proprio diritto di ciascuna parte di partecipare da remoto.
Riguardo a questa formulazione si potrebbe essere tentati di ravvisare una possibile violazione della legge delega poiché quest’ultima prevedeva che per lo svolgimento della mediazione telematica occorresse il consenso di tutte le parti.
Senonché, il contrasto è più apparente che reale.
Se seguiamo, infatti, l’opzione interpretativa che abbiamo ritenuto preferibile retro sub § 4 e, cioè quella per cui il consenso è richiesto soltanto per lo svolgimento della mediazione con modalità esclusivamente telematica e non per i singoli incontri, il dubbio di costituzionalità è superato alla radice per assenza di un qualsiasi contrasto quando ci riferiamo alla modalità di partecipazione.
Ma anche laddove volessimo riferirci alla mediazione telematica complessivamente intesa, la legge delega sarebbe comunque rispettata.
E ciò perché l’accordo per lo svolgimento esclusivamente telematico potrebbe essere anche un consenso per facta concludentia. e non già per partecipazione agli incontri del procedimento come indica chiaramente la presenza in quella norma di due distinte discipline.
Se guardiamo agli effetti della norma prevista dal legislatore delegato, l’effetto è proprio quello di consentire lo svolgimento della mediazione in modalità unicamente telematica soltanto con l’accordo di tutte le parti.
Il legislatore delegato, nella discrezionalità che gli è propria nella disciplina fissata dai criteri e principi direttivi[19], ha previsto la possibilità di ogni parte di decidere se partecipare “in presenza” o “da remoto” così realizzando appieno la condizione per cui la mediazione unicamente telematica è possibile soltanto su accordo di tutte le parti.
Del resto, nulla vieta, come ha ritenuto il legislatore delegato, che l’accordo possa essere realizzato in via progressiva e successivamente all’avvio e all’adesione al procedimento di mediazione.
Peraltro, la previsione secondo cui una parte avrebbe potuto condizionare la modalità di partecipazione dell’altra al procedimento di mediazione non sarebbe neppure coerente con i principi di buona fede e correttezza poiché non corrispondente ad alcun interesse giuridicamente apprezzabile.
Una parte, infatti, non ha – e non può avere – alcun diritto di restare in presenza con l’altra: l’importante è garantire quanto più possibile la partecipazione personale delle parti, non la loro contemporanea presenza fisica in un luogo[20].
Inoltre, viene anche superata – e la Circolare del 6 aprile 2023 prima ricordata si muove in questa direzione – la possibilità che l’organismo di mediazione possa non prevedere la mediazione telematica nel proprio regolamento.
Risulta confermato, dunque, che la possibilità di avvalersi della mediazione telematica rappresenta un diritto delle parti riconosciuto dalla fonte primaria e che gli Organismi devono garantire[21].
5.3 Quando la mediazione si svolge in modalità telematica, ciascun atto del procedimento è formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e può essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio di recapito certificato qualificato.
Il comma 3 dell’art. 8 bis prevede che “a conclusione della mediazione il mediatore forma un unico documento informatico, in formato nativo digitale, contenente il verbale e l’eventuale accordo e lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata.
Nei casi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, il documento elettronico è inviato anche agli avvocati che lo sottoscrivono con le stesse modalità”.
Il comma 4 prevede, poi, che “il documento informatico, sottoscritto ai sensi del comma 3, è inviato al mediatore che lo firma digitalmente e lo trasmette alle parti, agli avvocati, ove nominati, e alla segreteria dell’organismo”.
Rispetto a questa previsione è da dire che il legislatore ha voluto che nella mediazione “a distanza” e in quella c.d. “mista” tutti i soggetti debbano sottoscrivere il verbale con firma digitale o elettronica avanzata (ed infatti, il verbale conclusivo deve essere redatto nel formato nativo digitale che, anche nel linguaggio del processo civile telematico cui la formula è ispirata, significa che non è ammessa la sua formazione tramite scansione digitale di un documento analogico).
Ciò significa che sarà necessario che tutti i soggetti tenuti alla sottoscrizione siano dotati (ovvero si premuniscano) di un dispositivo di firma elettronica idoneo allo scopo[22][23].
La conservazione e l’esibizione dei documenti del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche avvengono, a cura dell’organismo di mediazione, in conformità all’articolo 43 del decreto legislativo n. 82 del 2005.
Quanto abbiamo visto, naturalmente, vale soltanto per il verbale conclusivo del procedimento (positivo o negativo che sia) e non già anche quelli intermedi.
Ed infatti, il legislatore nel disciplinare la verbalizzazione ha previsto soltanto i verbali conclusivi della procedura (compreso quello che chiude il c.d. primo incontro di mediazione) fermo restando che la prassi dei c.d. verbali intermedi è perfettamente lecita[24].
Per quest’ultimi verbali, quindi, la sottoscrizione potrà avvenire nelle modalità preferite e anche in modalità, in parte cartacea e in parte elettronica (id est senza necessità di un verbale intermedio che sia “nativo digitale”).
Da ultimo, resta da mettere in evidenza come la scelta del legislatore di prevedere un verbale nativo digitale sia per la mediazione “a distanza” che per quella c.d. “mista” non abbia eguali né nel processo civile né nella negoziazione assistita.
Quanto al processo l’art. 88 disp. att. c.p.c. prevede che “quando il verbale di udienza, contenente gli accordi di cui al primo comma ovvero un verbale di conciliazione ai sensi degli articoli 185 e 420 del codice, è redatto con strumenti informatici, della sottoscrizione delle parti, del cancelliere e dei difensori tiene luogo apposita dichiarazione del giudice che tali soggetti, resi pienamente edotti del contenuto degli accordi, li hanno accettati. Il verbale di conciliazione recante tale dichiarazione ha valore di titolo esecutivo e gli stessi effetti della conciliazione sottoscritta in udienza”.
Ne deriva che nell’ambito del processo si è valorizzata eccessivamente, a mio avviso, la posizione del giudice come pubblico ufficiale riconoscendo come sufficiente la sua capacità di essere fidefacente sia della espressione della volontà nel senso dell’accordo che della comprensione del testo rinunciando alla loro sottoscrizione su un accordo che, comunque, disciplinerà il loro rapporto.
Quanto, invece, alla negoziazione assistita, il quarto comma dell’art. 2- bis del d.l. n. 132 del 2014 nel disciplinare, per l’appunto, la negoziazione assistita in modalità telematica prevede che “quando l’accordo di negoziazione è contenuto in un documento sottoscritto dalle parti con modalità analogica, tale sottoscrizione è certificata dagli avvocati con firma digitale, o altro tipo di firma elettronica qualificata o avanzata, nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 82 del 2005”.
Qui la soluzione appare “di compromesso” consentendo di mantenere un verbale in parte analogico (recante l’apposizione della firma autografa) e in parte digitale (poi finalmente digitale per scansione).
Resta, infine, la perplessità di come possa una questione sostanzialmente analoga (id est l’accordo risolutivo della controversia[25]) essere disciplinato – pur avendo ognuna delle ipotesi caratteristiche diverse – in tre modi differenti quanto alle “formalità” della sottoscrizione.
6. Resta, infine, da richiamare l’attenzione su una possibile criticità – in verità da sempre presente nella disciplina della mediazione – del verbale di mediazione quando questo è redatto in modalità elettronica.
Ed infatti, il verbale di mediazione in base all’art. 11 deve contenere la certificazione del mediatore dell’autografia delle sottoscrizioni.
Quid juris quando la sottoscrizione apposta al verbale di mediazione non sia “autografa”, ma “elettronica” ed apposta “a distanza”?
Il tema è particolarmente importante perché dalla soluzione di questo quesito deriva la possibilità o l’impossibilità tecnico-giuridica di un verbale di mediazione sottoscritto elettronicamente “a distanza”.
La prima ipotesi interpretativa è che la “certificazione” delle sottoscrizioni sia necessaria anche in presenza di una sottoscrizione elettronica “a distanza”.
Questa conclusione potrebbe essere indotta da una norma presente nel Codice dell’Amministrazione Digitale che prevede che il notaio “autentichi” la firma elettronica.
Ed infatti, l’art. 25, comma 2 d.lgs. n. 82 del 2005 prevede che “l’autenticazione della firma elettronica, anche mediante l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità dell’eventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non
e’ in contrasto con l’ordinamento giuridico”.
Ne derivano due affermazioni importanti dal punto di vista sistematico.
La prima affermazione è che l’autenticazione di una sottoscrizione con firma digitale o elettronica avanzata è prevista dal legislatore come possibilità praticabile.
La seconda affermazione è che l’autenticazione della sottoscrizione con firma digitale o elettronica avanzata deve avvenire, paradossalmente, in presenza dovendo il notaio verificare che il soggetto apponga informaticamente (id est utilizzi il proprio dispositivo di firma) la firma digitale o avanzata per la sottoscrizione di quello specifico documento (in modo tale che il sottoscrittore non possa, poi eccepire che non era stato lui ad aver apposto la firma).
Orbene, da queste due affermazioni discende una conseguenza importante per la mediazione: poiché la certificazione che il mediatore appone altro non è – come si suol ritenere – che una “autentica minore”, allora anche il mediatore dovrebbe “certificare” che la sottoscrizione elettronica sia stata apposta in sua presenza (in ciò consistendo la c.d. certificazione) [26].
Peraltro, prevenendo un’obiezione sulla quale dirò tra poco, l’articolo 8-bis non ha fatto venir meno la necessità di certificazione perché l’art. 11, nel disciplinare la sottoscrizione del verbale, si riferisce anche al verbale “telematico”.
Rispetto a questa ricostruzione, la seconda ipotesi è, invece quella di ritenere che la certificazione non sia richiesta quando la verbalizzazione è elettronica[27].
Questa ipotesi interpretativa potrebbe far leva su due argomentazioni tra loro alternative, ma convergenti.
La prima argomentazione è quella per cui la certificazione di cui all’art. 11 d.lgs. n. 28 del 2010 è necessaria soltanto per certificare l’autografia che non sussiste quando la firma è digitale o elettronica avanzata (neppure quando sia quella grafometrica)[28].
La seconda argomentazione (che non mi persuade) è quella per cui l’articolo 8-bis d.lgs. n. 28 del 2010 rappresenta una modalità speciale di verbalizzazione (id est una disciplina che opera soltanto per la mediazione “a distanza” e “mista”) rispetto a quella di cui all’art. 11 d.lgs. n. 28 del 2010 che avrebbe ad oggetto unicamente la mediazione “in presenza”.
Seguendo quest’ipotesi interpretativa la sottoscrizione con firma digitale o elettronica avanzata non necessiterebbe di certificazione non essendo prevista dalla norma.
Se ragioni “pratiche” inducono a preferire quest’ultima opzione interpretativa, ragioni “sistematiche” portano, invece, a preferire, pur a fronte di problemi operativi praticamente insormontabili e paradossali che ne derivano (ma adducere inconveniens non est solvere argumentum) la prima opzione interpretativa.
[1] Il tema presenta anche profili di interesse in relazione alla normativa europea in materia di Online Dispute Resolution (ODR) di cui, fondamentalmente, al Regolamento europeo (UE) N. 524/2013 del parlamento europeo del 21 maggio 2013.
[2] La nostra attenzione sarà, quindi, dedicata al procedimento di mediazione e non già alle attività “amministrative” che ogni organismo di mediazione e ogni organismo di formazione devono svolgere in relazione ai compiti di vigilanza che spettano al Ministero della Giustizia (come, ad esempio, il flusso telematico relativo ai dati delle mediazioni per finalità statistiche e anche con riferimento ai crediti di imposta).
[3] E ciò salvo che la legge, per qualche esigenza (come è stato per la disciplina emergenziale per la pandemia – sulla quale si veda infra al § 3 – o come prevede, oggi, nell’ambito della disciplina della negoziazione assistita – sulla quale si veda infra al § 6) non preveda la possibilità di ricorrere alla firma autografa (essendo, però, a quel punto necessario una stampante e un sistema, quantomeno, di messagistica come potrebbe essere WhatsApp).
[4] Qualche esempio di procedura di conciliazione per via telematica è quella prevista dall’AGCOM – CoRECom e dell’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente). Quanto alla prima ipotesi , nella Relazione sull’attività del 2021, si legge a pagina 24 che “le modalità di accesso alla piattaforma, per cui si è reso obbligatorio l’utilizzo dello SPID o della carta di identità elettronica per potersi registrare su ConciliaWeb; b) l’introduzione della figura dei “soggetti accreditati”, ovvero di soggetti (al momento avvocati e associazioni di consumatori riconosciute a livello nazionale) abilitati a presentare le istanze e gestire le procedure per conto dei propri assistiti; c) una maggiore elasticità ed efficacia delle procedure di negoziazione diretta e conciliazione semplificata (ovvero quelle svolte tramite lo scambio di messaggi tra le parti su piattaforma” che hanno reso più efficiente la procedura. Nel secondo caso, si veda la disciplina gli incontri tra le parti e il conciliatore che avvengono in “stanze virtuali” (chat room o video-conferenza), ovvero, in alternativa, secondo la valutazione del conciliatore e delle parti, l’incontro può svolgersi tramite l’utilizzo di altri mezzi di comunicazione a distanza (es. call conference, ossia attraverso l’utilizzo del telefono, fisso o cellulare).
[5] Al momento in cui si scrive il Ministero della Giustizia non ha ancora modificato il testo del d.m. 180 del 2010 per adeguarlo alle nuove norme contenute nel d.lgs. n. 28 del 2010 come risultanti dalla riforma Cartabia.
[6] Come si ricorderà l’intervento del legislatore volto a favorire quanto più possibile il ricorso alla telematica e alla forma elettronica per garantire il contemperamento tra erogazione dei servizi e distanziamento sociale non è stato limitato al settore di nostro interesse, ma esteso anche, ad esempio, alle modalità di svolgimento “a distanza” delle assemblee ordinarie o straordinarie delle società per azioni, delle società in accomandita per azioni, delle società a responsabilità limitata, delle società cooperative e delle mutue assicuratrici (art. 106 d.l. n. 18 del 2020) e del condominio (art. 66 disp. att. c.c.) e alla disciplina della sottoscrizione di contratti bancari (art. 4 d.l. n. 23 del 2020) che poteva avvenire in modo semplificato essendosi allora previsto eccezionalmente che “i contratti, conclusi con la clientela al dettaglio come definita dalle disposizioni della Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto ed il termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 soddisfano il requisito ed hanno l’efficacia di cui all’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, anche se il cliente esprime il proprio consenso mediante comunicazione inviata dal proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, a condizione che l’espressione del consenso sia accompagnata da copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del contraente, faccia riferimento ad un contrattoidentificabile in modo certo e sia conservata insieme al contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità. Il requisito della consegna di copia del contratto è soddisfatto mediante la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole; l’intermediario consegna copia cartacea del contratto al cliente alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza.Il cliente può usare il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto anche per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge”.
[7] Proprio in quei giorni di aprile 2020 era stato pubblicato il Manifesto della Giustizia Complementare alla Giurisdizione da parte del Tavolo Ministeriale sulle Procedure stragiudiziali in ambito civile e commerciale presieduto dalla prof.ssa Paola Lucarelli nel quale si leggeva che “al fine di evitare un ulteriore rallentamento del servizio Giustizia a causa del contenzioso di natura emergenziale, è sicuramente utile e opportuno affidarne la gestione, per quanto possibile e nel rispetto della legge, alla pratica dell’autonomia privata assistita da professionisti competenti e dal mediatore dei conflitti, cioè nella sede ove è possibile il confronto costruttivo delle posizioni e degli interessi e il perseguimento di soluzioni strategiche a vantaggio di tutte le parti”. Sul manifesto si veda, si vis, F. Valerini, La mediazione come speranza anche per superare l’emergenza, in Diritto e giustizia del 20 aprile 2020.
[8] Sulle potenzialità dell’uso della videoconferenza nella mediazione si può leggere F. Valastro, La mediazione in videoconferenza. Dalla situazione emergenziale agli orizzonti futuri. Dati e note a margine di un’indagine empirica, in Giustizia consensuale, 2022, I, 221 ss. secondo la quale, sulla base di una ricerca svolta presso il Servizio di Conciliazione di Camera Arbitrale di Milano ed indirizzata a raccogliere le opinioni a riguardo di cinquanta avvocati che hanno assistito le parti in mediazioni da remoto e di cinquanta mediatori civili e commerciali, la mediazione in rete ricoprirà nella realtà post-pandemica un ruolo cruciale.
[9] Per un auspicio che la disciplina emergenziale nella parte in cui conteneva innovazioni organizzative (in generale) e telematiche (in particolare) con riferimento al processo civile nonostante le resistenze di parte dell’avvocatura si veda, si vis, F. Valerini, In difesa dell’udienza da remoto, in Judicium, 2020.
[10] Sull’argomento si veda M. Marinaro, La mediazione (telematica) dell’emergenza: un’opportunità per la giustizia civile, in Judicium, 2020.
[11] Il consenso delle parti (ovvero dei loro rappresentanti sostanziali) avrebbe dovuto essere documentato e, quindi, risultare da atto scritto (anche a mezzo mail). In ogni caso, laddove l’incontro si fosse svolto comunque, sarebbe stato opportuno che il mediatore avesse dato atto a verbale che le parti avevano acconsentito alla mediazione telematica e che le parti e gli avvocati hanno potuto prendere parte alla mediazione senza problemi (sul modello della dichiarazione degli avvocati al termine dell’udienza da remoto).
[12]F. Valerini, Conversione del Cura Italia e novità processuali: dall’espropriazione immobiliare, alla mediazione, passando per la procura alle liti, in Diritto e giustizia del 27 aprile 2020.
[13] Qualsiasi sistema di videoconferenza purché il sistema prescelto garantisse la riservatezza (caratteristica qualificante il procedimento di mediazione) e la conformità alle norme in materia di privacy.
[14] Secondo le Linee guida dell’UNAM erano escluse dal divieto di registrazione le ipotesi a fini formativi dei mediatori previste nel regolamento dell’ODM e previo consenso di tutte le parti. A tal proposito, a mio avviso, nell’ambito di una mediazione civile e commerciale (come pure della negoziazione assistita) stante il dovere di riservatezza sussiste quella ragionevole aspettativa (fondata proprio sulle norme di legge) delle parti a che nessuno – neppure tra i presenti – registri all’insaputa dell’altro quanto viene detto e fatto nel corso degli incontri (e ciò in deroga al principio generale consolidato nella giurisprudenza secondo cui è lecita la registrazione di una conversazione all’insaputa dell’altro purché chi effettua la registrazione sia presente).
[15] Nel caso in cui la parte assistita non fosse presente nello stesso luogo fisico dell’avvocato, la previsione della facoltà di certificare l’autografia della sottoscrizione si traduce, con ogni evidenza, in una mera fictio iuris (specialmente in un periodo in cui addirittura la procura alle liti avrebbe potuto essere trasmessa in copia digitale dalla parte all’avvocato senza che quest’ultimo fosse presente – ma questo secondo alcune pronunce della Corte di Cassazione avrebbe potuto anche non essere necessario ai fini dell’autentica (sic!) – e, soprattutto, senza che lo avesse, prima del conferimento della procura, mai conosciuto prima.
[16] Nella Relazione del 24 maggio 2021 della Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi presieduta dal prof. Francesco Paolo Luiso recante proposte normative e note illustrative e indirizzate alla Ministra della Giustizia Prof.ssa Marta Cartabia, si legge, a tal proposito, che “un terzo criterio riguarda la mediazione svolta telematicamente. Le limitazioni derivanti dalle misure di contenimento disposte per l’emergenza sanitaria Covid-19 hanno favorito lo sviluppo della mediazione in videoconferenza, che potrà essere utilmente praticata anche in futuro, soprattutto laddove vi siano esigenze di contenimento di tempi e costi a causa della distanza delle parti o degli avvocati. È opportuno valutare la stabilizzazione delle disposizioni emergenziali (cfr. l’articolo 83, commi 20-bis e 20-ter, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, c.d. “Decreto Cura Italia”) emanate per lo svolgimento della mediazione in via telematica, con un’adeguata previsione all’interno del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, anche attraverso un’ulteriore semplificazione delle modalità di firma delle parti con sistemi OTP”.
[17] La norma sulla mediazione telematica di cui all’art. 8-bis è entrata in vigore a partire dal 28 febbraio 2023. Sulla nuova norma R. Siciliano, sub art. 8 bis, La mediazione telematica, in R. Tiscini (cur.), La riforma Cartabia del processo civile, Pacini, 2023, 1302 ss.
[18] L’importante è che l’Organismo metta a disposizione i locali per la partecipazione in presenza, non che il mediatore sia in presenza.
[19] Sul tema della legge delega con particolare riferimento alla materia della tutela stragiudiziale dei diritti si veda, si vis, F. Valerini, Le deleghe legislative in tema di tutela giurisdizionale e stragiudiziale dei diritti, in E. Rossi (cur.), Le trasformazioni della delega legislativa, Analisi delle tendenze nella XIV e XV legislatura, Cedam, Padova, 2009, 225 e ss.
[20] L’opposta tesi che vorrebbe che una parte potesse condizionare la modalità di partecipazione dell’altra sembra presuppore che la contestuale presenza fisica sia l’unica condizione necessaria per la mediazione (per una simile argomentazione, se ben ho compreso, S. Cusumano, Mediazione on-line e firma digitale: il d.l. “Cura Italia” consente di superare il formalismo di Cass. 8473/2019?, in Judicium, 2020) Ciò non mi sembra, tuttavia, convincente partendo proprio dall’esperienza pratica che dimostra che dopo il COVID la maggiore familiarità con i sistemi di videocollegamento (nell’ambito peraltro di un’era dell’accesso come la definì Jeremy Rifkin) ha facilitato il ricorso alla mediazione. Inoltre, è rilevante anche la circostanza che in molti casi la partecipazione fisica non solo si traduce in un evidente aggravio di costi, ma anche di aumento di conflittualità. In ogni caso è un dato che non può certamente essere trascurato come il ricorso alla mediazione telematica sia in costante aumento e contribuisca all’andamento positivo dell’istituto: sul tema si può fare riferimento a conferma di quanto da me affermato 1) alla Relazione sulle statistiche elaborate dalla Camera Arbitrale di Milano dove nell’anno 2023 (a conferma di un trend già riscontrato negli anni precedenti) dove si può leggere che “è da segnalare, inoltre, il costante aumento dell’utilizzo della modalità telematica: il 96% dei procedimenti si è svolto da remoto, valorizzando le esigenze delle parti e garantendo forme di comunicazione sempre più efficaci ed efficienti”; 2) alla Relazione annuale 2021 dell’AGCOM con riferimento all’attività del CO.RE.COM dove osserva che “pur in presenza dell’emergenza sanitaria e della chiusura degli uffici pubblici, la piattaforma telematica realizzata dall’Autorità ha consentito agli utenti una piena ed efficace tutela dei propri interessi e ai Co.re.com., cui l’attività di risoluzione delle controversie è delegata, di offrire un servizio più efficiente che in passato”.
[21] Nella Circolare del Ministero della Giustizia del 6 aprile 2023 si legge che “al fine di garantire alle parti l’esercizio della facoltà in via generale ora riconosciuta dalla legge di ricorrere alla mediazione telematiche [gli organismi di mediazione] dovranno anzitutto contemplare tale modalità nel proprio regolamento”. Ed infatti, il decreto legislativo ha posto “a carico di tutti gli organismi di mediazione l’obbligo di prevedere nel proprio regolamento la modalità telematica di svolgimento della procedura e di conseguenza di organizzarsi in modo adeguato per celebrare gli incontri da remoto ove richiesto da una o più parti”.
[22] Si ricorda che, secondo la Determinazione dell’AGID n.157/2020 del 23 marzo 2020 recante Emanazione delle Linee Guida per la sottoscrizione elettronica di documenti ai sensi dell’art. 20 del CAD anche lo SPID – dispositivo di autenticazione molto diffuso per l’accesso ai servizi telematici della pubblica amministrazione – può essere utilizzato per la sottoscrizione ovvero per chiedere più semplicemente una firma, anche c.d. one shot, ad una Certification Authority (che, volendo, potrebbe delegare il compito del rilascio allo stesso organismo con costi, però, che ricadono soltanto sulla parte che necessità del servizio “a richiesta”).
[23] Ad esempio, nell’ambito della conciliazione ARERA si legge che “se la conciliazione ha esito positivo, le parti sottoscrivono il verbale di accordo con firma digitale in proprio possesso o, in alternativa, con firma elettronica qualificata rilasciata gratuitamente dal Servizio in modalità one-shot a seguito di una procedura di identificazione in stanza virtuale”.
[24] L’utilità dei c.d. verbali intermedi si apprezza specialmente tenendo conto che la verbalizzazione del procedimento di mediazione svolge almeno due funzioni: la prima è quella di documentare il procedimento tenendo conto della sua rilevanza “esterna” (ai fini del processo, del diritto sostanziale, della disciplina fiscale, della trascrizione et alia), la seconda è quella di avere una rilevanza anche “interna” che attiene al fattoi che tra le parti e l’organismo di mediazione (e tra questo e il mediatore) si instaura un rapporto contrattuale dove, anche ai fini di fornire prova dell’adempimento delle obbligazioni sull’organismo, quest’ultimo avrà interesse a disporre di una documentazione quantomeno di ciò che un procedimento di mediazione è stato attivato, si è svolto e, soprattutto, si è concluso nel rispetto degli obblighi contrattuali.
[25] È vero che l’oggetto potrebbe essere, nella mediazione e nella negoziazione assistita, l’attestazione di non aver raggiunto alcun accordo.
[26] B. Capponi, Un nuovo titolo esecutivo nella disciplina della mediazione/conciliazione, in Judicium.it, si chiede quale sia la funzione della certificazione dell’autografia delle sottoscrizioni da parte del mediatore posto che (a) non consente quell’attività la trascrizione/iscrizione nei pubblici registri immobiliari occorrendo l’intervento del notaio e (b) non consente neppure di ottenere l’efficacia esecutiva occorrendo, ex art. 12, l’exequatur del presidente del Tribunale (oppure, dopo la riforma del 2013, la sottoscrizione degli avvocati che attestino la non contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico e alle norme imperative).
[27] Segue quest’interpretazione L. Lorenzini, La médiation en ligne: la révolution/ les avancées introduites par les nouvelles dispositions italiennes de l’article 8-bis du D.lgs. 28/2010, in corso di pubblicazione (consultato per gentile concessione dell’Autrice).
[28] Si tenga presente che questa argomentazione non potrebbe poggiare su una possibile assonanza terminologica e, cioè, quella per cui la firma digitale o elettronica avanzata sia possibile soltanto previa identificazione del soggetto che la utilizzi da parte di una Certification Autority. Ed infatti, un conto è l’identificazione di questa Certification Autority (che, mutatis mutandis, è quella che fa il Comune quando rilascia una carta di identità), un altro è l’identificazione che deve compiere chi certifica l’apposizione di una firma su un documento (come quell’attività prevista, per l’appunto, dall’art. 11 d.lgs. n. 28 del 2010).