La legittimazione del terzo alla opposizione avverso il decreto di omologazione del concordato fallimentare e la necessaria verifica ex post dell’interesse (in) concreto

Di Andrea Jonathan Pagano -

Cass. Civile, Sez. I, 24 ottobre 2022 n. 31402 – Pres. Magda – Rel. Cons. Zuliani – Cons. Morbelli – S. s.p.a. (avv. Tomasso) – M. P.l.c. (avv. Villani, avv. Bovo) – Fallimento S. s.p.a., – R. s.p.a. – I. R. – V. F. – C. F. – R. M. F. Cassa con rinvio App. Palermo, 6 marzo 2018.

 

Concordato fallimentare – Opposizione – Legittimazione – Terzo – Socio – Fallimento – Ammissibilità

 

[articoli di legge – artt. 129 e 131 R.D. 16 marzo n. 267 (artt. 245 e 247 D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14)]

 

È legittimato il socio terzo della società fallita a proporre opposizione al decreto di omologazione del concordato fallimentare allorquando prospetti la concreta incidenza negativa che la soluzione offerta, rispetto al fallimento, sia idonea a determinare sul suo interesse sostanziale a realizzare, attraverso la liquidazione, il valore della partecipazione.

(massima non ufficiale)

SOMMARIO: Abstract; 1. Il caso di specie 2. L’omologazione del concordato fallimentare. Problemi (ir)risolti 3. Il perimetro applicativo dello strumento dell’opposizione al decreto di omologazione 4. La legittimazione del terzo ad impugnare il decreto di omologazione 5. La soluzione della Suprema Corte 6. Conclusioni

Abstract

L’ordinanza di legittimità in commento consente all’Autore di delineare l’ambito applicativo della possibilità, concessa a “qualsiasi altro interessato” (e, nel caso di specie del terzo, in qualità di socio della fallita), di opporsi al decreto di omologa del concordato fallimentare ed, in particolare, di tratteggiare funditus i presupposti processuali e sostanziali necessari per presentare il gravame.

Abstract

The commented order allows the Author to outline the scope of the possibility, granted to any third party (and, in this case, as a shareholder of the insolvent company), to appeal the decree of approval of the arrangement and, in in particular, to outline funditus the necessary requested procedural and substantive conditions.

1.Una s.p.a. azionista di una società fallita proponeva opposizione avverso l’omologazione del concordato fallimentare proposto da un terzo mediante il quale era previsto il soddisfacimento dei chirografari nella misura del 111% a fronte della cessione, in favore del proponente, dell’intera massa attiva della società decotta.

Il Tribunale di prime cure provvedeva con la omologazione del concordato e la Corte d’Appello confermava suddetta decisione a seguito della instaurazione del giudizio di reclamo. La s.p.a. ricorreva allora in Cassazione.

2.Il concordato fallimentare, nell’alveo del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, pur evolutosi, prima facie con la novella del 2006[1] e conclusosi – ad oggi – con la promulgazione del Codice della Crisi, non è stato destinatario di una qualche norma afferente agli specifici effetti processuali[2] scaturenti dalla omologazione.

Proprio alla luce di tale peculiarità, spesso, nella pratica, i soggetti coinvolti nella esecuzione del piano, pur omologato, allorquando siano occorsi dei gravami, hanno prudentemente[3] atteso la definitività dell’omologazione, sostanziatasi dal fisiologico esaurimento dell’eventuale giudizio di cassazione[4], per procedere alla attuazione del piano.

Difatti, anche nella formulazione odierna, la previsione di cui all’art. 246 c.c.i.[5] (fu art. 130 l.fall.) sibillinamente statuisce che la proposta concordataria acquisti efficacia esclusivamente alla scadenza dei termini previsti per l’impugnativa alla omologazione ovvero a far data dall’esaurimento dei gravami di cui all’art. 245 c.c.i.

A contrario, dunque, non sembra che la norma in qualche guisa possa far discendere un principio di immediata esecutività del decreto, come invece si evinceva dalla stesura della l.fall antecedentemente alla – forse infausta – novella del 2006 che, sul punto, è rimasta (da allora) silente.

Da tale angolo visuale, ne discende – in assenza di una espressa disposizione nell’abrogato art. 130 l.fall., i cui numerosi equivoci sono stati mantenuti nel c.c.i. – che il dubbio sulla efficacia non possa essere agevolmente risolto.

Al più, a parere di chi scrive, sembra plausibile ricavare, da un lato, una generale efficacia differita del decreto, almeno sino all’esaurimento delle impugnative concesse, senza tuttavia escludere de plano – quantomeno sul piano teorico – la immediata efficacia di cui il decreto potrebbe astrattamente essere munito sin dalla emissione[6].

3.L’odierno art. 245 c.c.i.[7] statuisce espressamente che il decreto di omologazione sia soggetto ad opposizione[8]anche da parte di qualsiasi

Interessato […] entro un termine non inferiore a quindici giorni e non

superiore a trenta giorni[9].

Una siffatta lata clausola determina per i Conditores l’ingrato compito di delimitare l’ambito di destinazione della tutela impugnatoria sì da circoscrivere ed identificare puntualmente i terzi interessati legittimati all’azione, sostanziandosi in una effettiva legittimazione processuale idonea a correre lungo quelle linee guida di tutela giurisdizionale che, a mente degli insegnamenti della Suprema Corte, “è tutela di diritti [i cui] fatti possono essere accertati dal Giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri”.

Orbene, pare opportuno verificare quali fattispecie abbia inteso tutelare il legislatore, operando un quanto mai necessario distinguo tra l’interesse giuridico propriamente detto – inteso come il presupposto idoneo ad incidere su posizioni meritevoli di tutela nella sfera del soggetto opponente – e quello di mero fatto, quale presupposto di conseguenze strictu sensu fattuali.

Ed in ambito di opposizione[10] non può sorprendere come, anche nell’alveo di un peculiare gravame come quello di cui all’art. 245 c.c.i., sia solo il portatore di un interesse giuridico ad essere, altresì, legittimato ad agire ovvero, comunque, a spiegare intervento nella procedura de qua.

Se in astratto, appare di tutta evidenza come, ontologicamente, l’interesse ad agire si sostanzi nell’effettivo intento di tutelare (o prevenire) un interesse protetto, non sembra così immediato il riconoscimento e la valutazione dell’interesse de quo talché la legittimazione ad agire debba soggiacere ad un necessario accertamento giudiziale ex post dal quale debba emergere sine ullo dubio una oggettiva motivazione dell’opponente al gravame avverso il piano concordatario in stretta comparazione con l’alternativa fallimentare, recte liquidatoria.

Prima di affrontare nel paragrafo susseguente la precipua fattispecie dell’impugnativa promossa dal terzo a mezzo della opposizione, sembra opportuno ricordare che, allorquando la proposta concordataria[11] sia corredata della limitazione[12], qualitativa e quantitativa, nei confronti  dei soli creditori insinuati[13] e, parimenti, veda inserita la clausola liberatoria in favore del fallito ovvero determini il trasferimento al soggetto assuntore[14] della massa degli assets della società fallita, risulta complesso negare che la posizione giuridica[15] dei soggetti non (ancora) insinuatisi sia fisiologicamente deteriore operando una comparazione con l’alternativa coattiva, nelle cui more, invero potrebbero esperire il rimedio della domanda tardiva[16].

Tale tutela, invece, non sarebbe accordata mediante la chiusura[17] della procedura liquidatoria tramite il concordato dacché la massa attiva sarebbe definitivamente sottratta alla procedura originaria ed il credito dei soggetti de quibus rimarrebbe insoddisfatto.

4.Se il prodromo è l’opposizione da parte del terzo – previo accertamento in concreto della effettiva legittimazione ad agire – la deriva, non oggetto, comunque, del presente contributo, si getta in un “delta bipartito” sostanziato, rispettivamente ed alternativamente tra loro, dall’istituto del reclamo del ricorso straordinario in cassazione[18].

Dunque, l’opposizione assume la veste di strumento, sì prodromico, ma parimenti preventivo per procedere alla impugnativa talché l’azione sottesa si atteggi quale elemento primo e necessario per l’esercizio della stessa in tutti i gradi di giudizio.

Volendo tirar le fila sul perimetro applicativo dell’azione e sulla posizione soggettiva giuridica del terzo, è di tutta evidenza che, mentre il curatore, l’imprenditore decotto ed il proponente medesimo sono (e non potrebbe essere altrimenti) parti necessarie del giudizio di omologazione[19], il terzo, debitamente legittimato, ha l’onere di proporre tempestivamente il rimedio della opposizione.

Da tale angolo visuale, dunque, sembra che il rimedio ex art. 245 c.c.i. assuma la veste – volgendo la mente alla disciplina squisitamente processual-civilistica – di un intervento ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c., che non modifica la natura del giudizio principale (l’omologazione sarebbe occorsa in qualsivoglia guisa) ma, al più, esplica la facoltà concessa ai terzi di intervenirvi mediante un litisconsorzio facoltativo (ex post e meramente eventuale).

Da quanto ut supra delineato si evince come sia proprio l’esito del giudizio di omologa, – astrattamente idoneo ad incidere sulla posizione soggettiva del terzo – a consentire di spiegare ed esperire un rimedio ordinario processuale.

E l’opposizione promossa dal terzo può rilevare sul giudizio – e sul decreto – con diverse gradazioni di intensità a seconda che il gravame sia diretto nei confronti del solo proponente assuntore[20] ovvero dell’intera pletora de iure, così, nel primo caso il gravame assume i caratteri di un intervento adesivo autonomo, mentre nel secondo quelli di uno principale.

Vi è, invero, anche l’ipotesi de residuo per cui il terzo spieghi gravame “accodandosi” mediante intervento adesivo[21] alla opposizione, già promossa da altro soggetto sicchè, in questo caso, l’ambito applicativo della legittimazione dell’intervenuto risulta assai compresso, limitandosi alla impugnativa avverso le singole fattispecie del provvedimento volte direttamente ed immediatamente ad imprimere effetti sulla posizione giuridica de qua.

5.La soluzione della Suprema Corte

Tornando all’interessante e peculiare caso di specie, secondo la Corte di gravame, il socio della società insolvente non era legittimato a spiegare intervento e proporre la opposizione alla omologazione del concordato fallimentare.

Il socio, dunque, ricorreva in Cassazione, eccependo che il terzo assuntore (proponente), avesse, tra le altre, sollevato la (asserita) carenza dell’interesse del reclamante ad impugnare il decreto di omologa del concordato ex art. 131 l.fall., ma la Corte d’Appello – erroneamente – aveva fondato l’intero provvedimento sul difetto di legittimazione a proporre l’opposizione[22] disciplinata ai sensi e per gli effetti dell’art.  129, comma 2, l.fall..

Tralasciando l’error evidente tra il petitum ed il pronunciato (giudicato), risultava parimenti leso il diritto al contraddittorio in quanto l’asserita mancanza di legittimazione sollevata dal proponente era rilevata d’ufficio, violando le disposizioni di cui all’art. 101, comma 2, c.p.c.[23].

Inoltre, la sentenza di gravame sembrava non essere conforme ai limiti di cui al c.d. giudicato interno, in quanto la ricorrente, ab initio soccombente già dinanzi al Tribunale di prime cure, non aveva proposto reclamo – come invece sarebbe stato necessario e coerente con la disciplina processuale – devolvendo, invece l’intera quaestio iuris in appello.

La decisione della Suprema Corte – risoltasi in un accoglimento delle questioni in rito eccepite dal socio ricorrente – assume profili di rilievo allorquando si ponga la mente alla dissertazione operata sul distinguo ontologico e processuale in ordine ai gravami disquisiti, intesi come istituti distinti, sostanzialmente e processualmente.

Gli Ermellini hanno, dunque, chiarito come, allorché l’assuntore (resistente) avesse avuto la voluntas di eccepire sic et simpliciter il difetto di interesse e di legittimazione a spiegare l’opposizione ex art. 129 l.fall, avrebbe, invero dovuto proporre un reclamo incidentale.

A tal proposito, a conforto della decisione, era richiamato l’orientamento[24] secondo cui il solo rimedio alla soccombenza in primo grado avente per oggetto una eccezione di merito non possa che avere luogo mediante il reclamo incidentale, non essendo, dunque, ammissibile il rilievo d’ufficio.

Nel caso de quo il terzo aveva eccepito che il patrimonio[25] attivo della fallita fosse estremamente superiore al quantum proposto dall’assuntore[26] sicchè, l’opposizione fosse stata spiegata (correttamente) quale strumento volto a tutelare il valore economico della partecipazione sociale, sostanziando, dunque, i crismi minimi per venire riconosciuto ex post l’interesse concreto ad agire mediante il rimedio ex art. 129 l.fall..

6.Conclusioni

La pronuncia della Suprema Corte riveste i caratteri dell’arresto primario che consente ai Conditores la presa di coscienza delle linee guida tratteggiate dalla penna degli Ermellini sul foglio del regio decreto, appena spostata sulla tela bianca del Codice.

Sarà onere della dottrina verificare se la entrata in vigore del Codice consentirà, effettivamente, la prosecuzione, de facto e de iure, della tutela, ivi espressa e perseguita per cui a mente dell’art. 245 c.c.i., accordata a “qualsiasi altro interessato” di proporre opposizione al decreto di omologa del concordato fallimentare.

[1] Norelli, Il concordato fallimentare «riformato» e «corretto», in Judicium, 2008.

[2] Per un’analisi dei profili processuali endofallimentari, si veda per tutti Spiotta, Il concordato fallimentare. Sezione II. Profili processuali, in Jorio – Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, Milano, 2017, 183-231.

[3] Per una disamina del profilo, si veda App. Torino, 23 agosto 2022.

[4] Sui generali profili processuali nell’ambito del giudizio di omologazione, si veda, ex multis, Pagni, L’omologazione del concordato fallimentare e le impugnazioni, in Vassalli – Luiso – Gabrielli (a cura di), Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2014, 1053.

[5] Per un esame funditus sulla novella disciplina del concordato fallimentare, si veda Nardecchia, Il concordato nella liquidazione giudiziale, in Fallimento, 2019, 1247.

[6] Come ricorda Fabiani, Concordato fallimentare, revoca dell’omologazione ed effetto espansivo esterno, in Fallimento, 2021, 605, “la nozione di esecutività e quella di immediata efficacia non sono equivalenti perché la prima rimanda all’idea che quel provvedimento giudiziario possa costituire titolo per procedere con l’esecuzione forzata, mentre la seconda evoca il fatto che il provvedimento produca subito i suoi effetti, a prescindere dall’impatto esecutivo”.

[7] Per un approfondimento sulla specifica disciplina codicistica, si veda Spiotta, Liquidazione giudiziale, in Cottino (a cura di), Lineamenti di Diritto Commerciale, Bologna, 2022, 616.

[8] Per un generale inquadramento sul rimedio della opposizione, si ricorda Cavalagno, Commento all’art. 129, in Jorio (diretto da), Il Nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2010, 2015.

[9] Vale la pena ricordare come la giurisprudenza, in ordine al termine accordando, non sia incline a ritenere applicabile la sospensione feriale dei termini. Sul punto Cass. Civ. 25 settembre 2017, n. 22271, in Il Caso, statuisce che “Poiché l’opposizione all’omologazione del concordato fallimentare si propone mediante ricorso a norma dell’art. 26 L.fall., richiamato dall’art. 129, comma 3, L.fall., trova applicazione l’art. 36-R.D. 16/03/1942, n. 267, Art. 36-bis – (Termini processuali) bis L.fall. a mente del quale tutti i termini processuali previsti negli artt. 26 e 36 L.fall. non sono soggetti alla sospensione feriale”

[10] Sul ruolo del Tribunale nell’alveo del concordato fallimentare, si veda Penta, I poteri di controllo del tribunale in sede di omologazione di un concordato fallimentare, in Dir. Fall., 2011, II; 20418.

[11] Un interessante spunto sulla pluralità di rimedi concessi in sede di gravame è offerta da Ranieli, Dalla pluralità al concorso di proposte di concordato fallimentare: vizi procedimentali e rimedi, in Fallimento, 2020, 1453.

[12] Sulla legittima compressione dei diritti dei creditori e sul favor concesso al terzo a che possa provvedere al pagamento dilazionato dei privilegiati, si veda per tutti Spiotta, Proposta di concordato fallimentare con pagamento dilazionato e diritto di voto dei creditori privilegiati, in Fallimento, 2017, 15.

[13] Sul profilo specifico, si veda Farina, Limitazione di responsabilità del terzo proponente un concordato fallimentare e sorte delle ipoteche iscritte a garanzia di crediti esclusi ex art. 124, ultimo comma, l.fall., in Fallimento, 2020, 258.

[14] Sulla posizione dell’assuntore quale soggetto legittimato a concorrere alla presentazione della domanda di concordato, si veda Farolfi, Applicazione analogica dell’art. 185 l.fall. al concordato fallimentare, in Fallimento, 2019, 511.

[15] Montanari, La gestione camerale degli interessi nel fallimento (e nella liquidazione giudiziale), in Giur. It., 2020, 2779.

[16] Seguendo il ragionamento di Benincasa, Nuove questioni in tema di esdebitazione e di “second chance”, in Giur. It., 2018, 493, anche quando la massa de residuo dovesse rimanere estranea al fallimento fino alla sua chiusura, si potrebbe comunque contare sulla responsabilità del fallito, allorché tornato in bonis.

[17] Tra i profili critici post chiusura della procedura fu fallimentare, vi è sicuramente l’esdebitazione, come analizzato da Botti, L’esdebitazione nella nuova liquidazione giudiziale (Artt. 278, 279, 280 e 281 c.c.i.i.), in Leggi Civ. Comm., 2021, 1017.

[18] La consecuzione dei gravami è affrontata da Donzelli, Sul ricorso straordinario in cassazione avverso il decreto che omologa il concordato fallimentare in assenza di opposizioni, in Dir. Fall., 2012, 20207.

[19] Sulla omologazione quale modalità alternativa di chiusura della procedura liquidatoria, si veda, per tutti, Spiotta, Chiusura (anche ‘‘finta’’ e per concordato) della liquidazione giudiziale, in Giur. It., 2019, 2004-2014.

[20] Per un interessante approfondimento sulle derive patologiche della figura dell’assuntore, si veda Raucci, La legittimazione del curatore del concordato fallimentare a proporre domanda di insinuazione al passivo del fallimento dell’assuntore, in Judicium, 2010.

[21] In senso conforme, Trib. Vicenza, 28 giugno 1993, con nota di Macchia, Concordato con trasferimento dei beni a persona diversa dall’assuntore, in Fallimento, 1994, 85.

[22] Sui profili patologici afferenti alla introduzione del giudizio di omologazione, si veda De Simone, La tardività nell’introduzione del giudizio di omologazione del concordato fallimentare, in Fallimento, 2021, 340.

[23] Per una disamina processual-civilistica, si rimanda a Luiso, Diritto processuale civile. Vol. 1: Principi generali, Milano, 2022, 184.

[24] Cass. Civ., 16 luglio 2021, n. 20320, in One Legale.

[25] Sul tema della valutazione del compendio aziendale soggiunge Cass. Civ., 29 luglio 2011, n. 16738, con nota di Bottai, Abutendo juribus? Il concordato fallimentare tra mercato, equità e giusto processo, in Fallimento, 2012, 51

[26] Cass. Civ., 31 ottobre 2016, n. 22045, con nota di Spiotta, Proposta di concordato fallimentare con pagamento dilazionato e diritto di voto dei creditori privilegiati, in Fallimento, 2017, 15.