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La figura codicistica dell’imprenditore adeguato tra meritevolezza del credito e presidi antiriciclaggio. Una lettura interpretativa dell’articolo 2086 del codice civile.
Di Cristiano Iurilli -
SOMMARIO: 1. Profili introduttivi. L’art.2086 c.c. tra qualificazioni, concetti e clausole generali. – 2. Il contesto normativo dell’art. 2086 c.c. – 3. La funzione endo ed etero aziendale degli adeguati assetti e l’evoluzione normativa. – 4. I principi EBA in tema di valutazione del merito di credito. Visione di sintesi. – 5. Erogazione del credito e presidi antiriciclaggio. 6. La segnalazione di operazione sospetta. Dall’operazione alla relazione conoscitiva e valutativa del mutuatario. 7. L’articolo 2086 del codice civile, gli adeguati assetti e l’antiriciclaggio.
1.Profili introduttivi. L’art.2086 c.c. tra qualificazioni, concetti e clausole generali.
La nostra tradizione codicistica utilizza sovente concetti, principi o qualificazioni, a volte contenuti in clausole generali[1] (peraltro oggetto di numerosi ed anche recenti approfondimenti da parte della dottrina), in relazione ai quali si evidenzia una possibile contrapposizione tra un contenuto generale della norma, spesso contenente qualificazioni soggettive, ed una sua conseguenza applicativa, ove a dette qualificazioni e principi facciano seguito delle conseguenze giuridiche spesso basate sull’interpretazione, a volte estensiva, delle medesime norme a contenuto generale[2].
Proprio la più recente dottrina che ha inteso approfondire l’argomento[3] fa emergere l’esigenza “…di acquisire un’adeguata consapevolezza di tutta la trama del tessuto che di fatto conforma gli schemi di qualificazione e di trattamento giuridico delle condotte, e cioè di tutti i riferimenti che incidono in maniera sostanziale su quegli schemi, anche se diversi ed ulteriori rispetto a quelli tradizionalmente riconosciuti”, in un binomio che qui intendiamo definire con la relazione “qualificazione-conseguenza”.
Molte sono le norme del codice civile contenenti principi generali o caratteri morfologicamente qualificativi di un comportamento, di un soggetto o della qualità di una relazione, anche contrattuale.
Si pensi ad esempio al classico principio della buona fede (ex multis, artt. 535, 534, 936, 937, 938, 1147, 1153, 1155, 1159, 1162, 1175, 1337, 1358, 1375, 1415, 1416, 1445, 1460 c.c.), alla sua funzione di clausola generale, ed alle differenti impostazioni dottrinali, spesso contrapposte, che attribuiscono alla buona fede a volte una funzione c.d. “debole” di criterio di valutazione del comportamento di un soggetto (senza fare riferimento a principi o a modelli di comportamento prefissati[4]), o a coloro i quali qualificano la buona fede quale fonte autonoma di diritti ed obblighi, attribuendo alla clausola generale la funzione “forte” di regola di condotta[5], o ancora si pensi all’Illustre dottrina che ha inteso attribuire alla buona fede il compito di consentire ai giudici la valutazione del comportamento di un soggetto rispetto al caso concreto, pur in assenza di regole specifiche di condotta, ma comunque alla luce di principi e regole generali rilevanti in quel contesto[6].
Si pensi altresì al (collegato) concetto qualificativo di “padre di famiglia” (ex multis artt. 382, 703, 1001, 1031, 1148, 1176, 1587, 1710, 1768, 1804, 1961 c.c.) il cui utilizzo, quale parametro di valutazione della diligenza del prudens pater familias, ha lasciato spesso emergere diverse criticità in ragione della sua astrattezza[7], mentre in altri casi è stato studiato in funzione gius-economica, come “… scelta che l’operatore economico razionale adotterebbe per una prestazione da rendere a sé medesimo o ai suoi familiari, senza l’anelito di rischiosi risparmi di spesa o profitti speculativi ma, allo stesso tempo, senza la ricerca di cautele e precauzioni improduttive”[8], ma che comunque diviene caratterizzazione soggettiva comportamentale nonché misura qualificativa diretta a regolare l’esattezza di un adempimento, in relazione ad un complesso di qualità e di attitudini[9] normalmente possedute dai componenti di un gruppo umano[10].
Ulteriormente, si può fare richiamo al concetto di “consumatore medio” (artt. 20, 21, 22, 24, Codice del consumo[11]), identificativo di una parte di un rapporto giuridico ed economico[12], oggetto anche di approfondimento da parte della più recente giurisprudenza che ha posto l’interrogativo se la nozione di “consumatore medio” (di cui alla direttiva 2005/29/CE in materia di pratiche commerciali scorrette) debba riferirsi al consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto ovvero se non debba essere piuttosto formulata con riferimento alla miglior scienza ed esperienza e, perciò, rimandare non solo alla nozione classica dell’“homo economicus” bensì anche alle acquisizioni delle più recenti teorie sulla razionalità limitata (così come recepite dalla c.d. Behavioral Law and Economics), secondo cui le persone agiscono sulla base di condizionamenti esogeni e bias cognitivi astrattamente in grado di portare a decisioni “irragionevoli” se parametrate a quelle che sarebbero prese da un soggetto ipoteticamente attento e avveduto)[13]: su detto interrogativo, è recentemente intervenuta la Corte di Giustizia[14] che ha affermato che si debba far riferimento a un consumatore normalmente informato, ragionevolmente attento e avveduto, tuttavia non potendosi escludere che la capacità decisionale di un individuo possa essere falsata da distorsioni cognitive, essendo detta nozione “non statica”.
Sino ad arrivare al concetto, di nostro precipuo interesse, di adeguatezza (rectius, “adeguato”) di cui agli artt. 2086, 2381, 2409 c.c. (ma in particolare in relazione all’art. 2086 c.c. rubricato “Gestione dell’impresa”), che evidenzia ancora una volta l’utilizzo di una attività di normazione per clausole generali o comunque per concetti non chiaramente determinati “da cui trarre forse un innovativo principio giuridico”[15] ed ove, allo schema organizzativo dell’impresa, si attribuiscono conseguenze non meramente endo-aziendali bensì destinate ad incidere su contratti ed su terzi estranei alla compagine imprenditoriale, quali ad esempio gli istituti di credito, sulla base di un principio che da molti è stato definito come una “specificazione della diligenza”[16] nonché quale espressione del generale obbligo di corretto e diligente esercizio del potere di amministrazione[17].
Si tratta di una norma tuttavia che, al pari dell’art. 832 del codice civile, non contiene una definizione (l’art. 832 c.c. non contiene una definizione di proprietà bensì enuclea il contenuto del diritto del proprietario) bensì il contenuto di un obbligo: in tal senso l’art. 2086 c.c. non contiene la definzione del soggetto (l’imprenditore adeguato) bensì degli obblighi gravanti sul medesimo (la realizzazione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili).
Ma è altrettanto chiaro come, in via di interpretazione, anche alla luce di quanto si approfondirà, il codice civile (e le norme del C.C.I. ad esso collegate) sembra enucleare una nuova qualificazione soggettiva, appunto quella di “imprenditore adeguato”, ponendo le basi per una sua interpretazione soggettivamente mirata a collegare specifiche conseguenze giuridiche a tale figura nonché all’assenza di tale “adeguata” qualificazione, specialmente nella relazione con terze parti[18] nonché in funzione del rispetto di controlli ex lege previsti sulla sua figura, quali gli obblighi di adeguata verifica di cui al d.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e successive modifiche ed integrazioni), ove i principi di adeguatezza della verifica, know your costumer, e risk based approach divengono contigui al contenuto di cui all’art. 2086 c.c.: la norma dunque, seppur riconducibile all’alveo delle clausole generali, contiene un principio che chiaramente non è dispositivo bensì di natura imperativa, con chiari collegamenti ad altre disciplina, di fonte nazionale e comunitaria[19].
2.Il contesto normativo dell’art. 2086 c.c.
Il tema degli assetti organizzativi amministrativi e contabili per le imprese organizzate in forma collettiva, pur essendo il frutto di una evoluzione normativa principiata diversi anni addietro, risulta dunque ancora oggi di pieno attualità.
Si tratta di un argomento che è stato riduttivamente collegato alla sola crisi di impresa ma che in realtà riguarda, o dovrebbe riguardare, l’ordinaria operatività aziendale e quindi l’intero svolgersi dell’attività dell’impresa nel suo complesso, la quale sovente risulta oggetto di valutazione da parte di terzi, quali ad esempio gli intermediari bancari e finanziari in particolare nel processo di erogazione del credito.
Le origini di quella che poi risulta oggi essere la nuova disciplina degli assetti organizzativi amministrativi e contabili, risale alla pubblicazione del Testo Unico della Finanza che già aveva introdotto la clausola generale dei principi di corretta amministrazione e dell’adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema amministrativo-contabile nella disciplina della società per azioni quotata, nonché alla riforma del diritto societario, la previsione di obbligatorietà della istituzione degli assetti da parte degli amministratori e della vigilanza sulla loro adeguatezza e sul loro concreto funzionamento da parte del collegio sindacale in tutte le S.p.a.
Allo stesso modo, già dai primi anni duemila, si sono susseguite numerose normative in ambito comunitario[20] al fine di uniformare gli ordinamenti degli Stati membri nell’ambito della disciplina della crisi d’impresa e contemporaneamente di modernizzare i principi su cui questa disciplina risulta imperniata
Può dirsi senza dubbio che la normativa in parola ha come scopo ultimo quello di favorire l’emersione anticipata di una eventuale crisi in modo tale che le altrettanto eventuali azioni atte a scongiurare la crisi medesima siano poste in essere con la dovuta tempestività oltre ad essere mirate specificamente alla correzione e/o rimozione degli aspetti responsabili di aver causato, o di poter causare, la crisi di impresa o l’insolvenza.
Come già accennato, nel novero delle norme antecedenti all’introduzione del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (di seguito anche C.C.I.I.) già erano presenti alcuni principi che sono alla base di detta materia, ad esempio nel caso in cui si indicano i compiti del consiglio di amministrazione di una società per azioni, tra i quali quello che l’organo “valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società;” oppure nella valutazione da parte di organi delegati dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile che deve essere adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa (art. 2381 c.c.[21]), ed ancora sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento quale compito di vigilanza del collegio sindacale (art. 2403 c.c.).
Dunque con l’adozione del nuovo Codice in materia di crisi di impresa[22] (il cui iter di completamento dell’entrata in vigore si è concluso il 15 luglio 2022 con l’attuazione del d.l. 83/2022, il quale implementa i principi giuridici della Direttiva c.d. Insolvency all’interno dell’ordinamento italiano e, contemporaneamente, incorpora nelle disposizioni codicistiche le norme relative alla composizione negoziata inizialmente disciplinata dal D.L. 118/2021 e successivamente convertito nella Legge n. 147/2021) viene data rilevanza a tutte le misure, soggettivamente determinate in house dall’impresa, idonee a rilevare tempestivamente i primi segnali della crisi.
Quindi se da un lato le norme richiamate (artt. 2381, 2403 c.c.) contenevano già importanti indicazioni e principi posti a base della materia in esame, evidenziando come l’argomento fosse già da tempo oggetto dell’opera dal nostro legislatore codicistico, occorre evidenziare che il CCII, oltre a trattare in modo specifico della gestione della crisi di impresa, interviene con norme di valenza civilistica dando maggior incisività alla regolamentazione della materia: l’articolazione normativa per la prevenzione della crisi d’impresa (e non solo), è così costituita dagli obblighi imposti dall’art. 2086, comma 2 c.c., dall’art. 3 CCII dal titolo “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa” e dall’art. 375 CCII rubricato “Assetti organizzativi dell’impresa”.
Dette norme incidono qualitativamente e quantitativamente sul tema degli assetti sviluppandone i contenuti anche con riferimento alla gestione della crisi e alla perdita della continuità: ed infatti il CCII introduce tre tipi di strumenti per la gestione della crisi in precedenza non presenti nell’ordinamento, quali gli strumenti per la prevenzione della crisi che ruotano intorno alla definizione di crisi la quale, nell’art. 2 del CCII recante “Definizioni”, viene indicata come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza, e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi;[23]” nonché all’introduzione della nuova categoria di probabilità di crisi[24].
Inoltre, aspetto non certo di minore portata, l’estensione del dovere di dotarsi di adeguati assetti a tutti gli imprenditori operanti in forma societaria e collettiva evidenzia, a carico di detti soggetti (quantomeno dal 16/03/2019 – data di introduzione del secondo comma dell’art. 2086 c.c.[25]), l’impegno di rilevare tempestivamente segnali di crisi o di perdita della continuità aziendale, obbligo che rileva anche per le imprese individuali ai sensi dell’art. 3 CCII[26].
Risulta utile a questo punto, nell’ambito della presente disamina ricordare, seppur sinteticamente, l’evoluzione normativa subita dall’art. 2086 c.c. ad opera del CCII.
3.La funzione endo ed etero aziendale degli adeguati assetti e l’evoluzione normativa.
A decorrere dal 16 settembre 2019 viene introdotto il dovere dell’imprenditore (societario o collettivo e senza limiti quantitativi) di istituire un assetto organizzativo adeguato anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché quello di attivarsi tempestivamente per il suo superamento: in particolare -con riferimento alle disposizioni della “parte seconda” del codice introdotto con il d.Lgs. 14/2019- l’art. 375 ha modificato la rubrica dell’art. 2086 -intitolato ora “Gestione dell’impresa” e non più “Direzione e gerarchia nell’impresa”- ed ha introdotto nella disposizione un secondo comma, ai sensi del quale: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”[27].
L’art. 377 (rubricato “Assetti organizzativi societari”) ha poi modificato, per parte sua, le norme sull’amministrazione delle società: di persone (art. 2257 c.c.), per azioni (artt. 2380 bis e, per le S.p.a. a sistema dualistico, 2409 novies c.c.) e a responsabilità limitata (art. 2475 c.c.), prevedendo che, indipendentemente dal tipo di società, “la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’art. 2086, secondo comma – con “un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”.
L’art. 2086 c.c. introduce quindi un concetto di proporzionalità[28] per il quale gli assetti da istituire in ogni impresa devono essere adeguati[29] alla natura e alle dimensioni della stessa: ne consegue, nell’ambito dell’organizzazione imprenditoriale, la differenziazione delle procedure, processi e modelli in considerazione della natura e delle dimensioni dell’impresa[30].
In una visione simmetrica, può dirsi che sia il II comma dell’art. 2086 c.c. sia l’art. 3 C.C.I.I. prevedano varie fasi progressive delle iniziative che l’imprenditore debba assumere anche e soprattutto per superare la crisi: insito in ciò è chiaro il richiamo alla corretta amministrazione, le cui regole non attengono esclusivamente alle disposizioni legislative inerenti alla materia in esame, ma anche a tutte quelle regole tecniche proprie delle scienze economico-aziendali[31].
Condizione quindi necessaria per potersi dire che l’organo amministrativo abbia gestito l’impresa orientando le proprie azioni al principio di corretta amministrazione sarà quella, e solo quella, di aver provveduto all’istituzione degli assetti[32] -riguardanti i tre diversi settori organizzativo, amministrativo e contabile- nominati all’interno dell’art. 2086 c.c., assetti che adempiono ad una funzione preventiva e impositiva: la prima attiene strettamente all’individuazione dei primi segnali che la crisi può manifestare, la seconda invece riguarda l’attribuzione di obblighi a contenuto generico che sorgono in capo all’organo amministrativo e che declinano la propria applicazione a seconda delle caratteristiche intrinseche di ogni impresa[33]: da un punto di vista endo-aziendale, la giurisprudenza ha ad esempio inteso considerare la mancata o la inadeguata istituzione di tali strumenti come grave atto di “mala gestio” con conseguenti ed altrettanto gravi responsabilità sull’organo gestorio e con possibili ricadute sull’organo di controllo[34].
Nel contempo è necessario evidenziare come la giurisprudenza maggioritaria abbia circoscritto i limiti della responsabilità dell’organo amministrativo con il richiamo alla c.d. Business Judgment Rule[35], principio giurisprudenziale volto ad evitare che un giudizio esclusivamente a posteriori possa rivelare condotte negligenti in quegli atti di gestione che si siano dimostrati non vantaggiosi per la società[36], la quale implica che all’amministratore di una società non possa essere imputato di avere compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, orientamento del resto confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità[37].
Il dovere di curare l’adeguatezza degli assetti organizzativi dell’impresa costituisce dunque una decisione imprenditoriale poiché la sua natura è discrezionale[38], dunque soggettiva e, diremo, dotata di adeguata professionalità: il presupposto di fatto per l’applicabilità della regola è dunque il compimento di un atto da parte degli amministratori che causi un danno alla società e che si ritenga sia stato compiuto in violazione del dovere di diligenza. Se il giudice accerta che l’atto è stato compiuto in buona fede, con la diligenza propria di una persona ragionevolmente prudente e non in conflitto di interessi, si potrà legittimamente presumere che l’atto sia stato compiuto nel miglior interesse della società e gli amministratori non risponderanno dei danni causati.
Come si avrà modo di evidenziare nel proseguio della trattazione, la soggettività dell’imprenditore, nell’ottica dell’art.2086 c.c., riteniamo che debba essere considerato anche criterio dirimente in funzione della corretta gestione del processo di erogazione del credito, in una visione di rilevanza etero-aziendale di tale qualificazione[39], in quanto può ragionevolmente affermarsi che alle modifiche apportate all’art. 2086 c.c. ha contribuito in modo determinante il ritardo con cui, non di rado, gli imprenditori reagivano alle situazioni di difficoltà delle loro imprese, essendosi visto che il rivelarsi dei segnali di crisi si collocava in un momento di molto antecedente (ad esempio il momento della valutazione del merito di credito in funzione della richiesta di un affidamento) rispetto a quello in cui è stato effettuato l’accesso alla procedura concorsuale, allorquando la crisi medesima era di fatto conclamata e, a volte, in un momento anche antecedente la richiesto di credito al mondo bancario.
Di conseguenza era divenuto necessario che il diritto societario delle imprese in bonis e il diritto della crisi, dall’essere due entità parallele, convergessero in un sistema unitario di gestione dell’impresa[40].
La rilevanza dell’adeguatezza, anche prospettica, dell’impresa e dell’imprenditore, non ha tuttavia una fonte meramente nazionale. All’uopo infatti, soccorrono le determinazioni dell’EBA (European Banking Authority) riconducibili a due aspetti essenzialmente collegati tra di loro: l’erogazione del credito e la corretta valutazione del merito dell’azienda ed i principi in tema di controlli antiriciclaggio.
4.I principi EBA in tema di valutazione del merito di credito. Visione di sintesi.
Come noto l’E.B.A. è un’Autorità indipendente dell’Unione europea la cui funzione principale consiste nell’assicurare un livello di regolamentazione e di vigilanza prudenziale efficace e uniforme nel settore bancario europeo[41], con il precipuo compito di contribuire, attraverso l’adozione di Standard Tecnici(BTS) e Linee Guida vincolanti, alla creazione dell’European Single Rulebook in banking[42].
In questo senso, un passaggio normativo fondamentale si è avuto con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 27 dicembre 2019 della Direttiva UE n. 2019/2177[43], che ha avuto come scopo quello di rafforzare la trasparenza dei mercati finanziari e migliorare il presidio dei rischi di mercato a livello transfrontaliero, per garantire la stabilità del sistema e un più ampio controllo dei rischi di riciclaggio: in particolare, il terzo articolo della suddetta direttiva, nel modificare la direttiva 2015/849 UE, riconosce all’E.B.A. un nuovo ruolo nella prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. L’Autorità difatti è incaricata di emanare ogni due anni un parere relativo allo stato dell’arte dei presidi contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, mettendo i dati a disposizione dei soggetti interessati[44].
Altrettanto significative risultano le attribuzioni e le conseguenti Linee Guida (“Orientamenti”) dell’E.B.A. in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti, oggetto della presente disamina e strettamente collegati al rischio AML, che rappresentano senza dubbio un elemento di rilevante novità nella struttura di regolamentazione bancaria.
Difatti non si era mai verificato in precedenza che il regolatore intervenisse in modo specifico su di un tema che era tradizionalmente estraneo alla regolamentazione finanziaria, poiché il processo di gestione del credito, e in particolare le fasi di concessione e monitoraggio, sono sempre stati considerati come aspetti tipicamente di business e di competenza esclusiva della singola banca, il fulcro per definizione del settore bancario.
Nell’attuale mutato contesto della misurazione del rischio di credito si è così assistito ad una profonda innovazione dei modelli di rating interni utilizzati dagli enti creditizi per la misurazione del rischio di credito che impiegavano generalmente modelli di natura statistica, basati su informazioni storiche dell’azienda e che presentavano una serie di limiti relativi alla capacità anticipatoria degli eventi di default.
La nuova forma di rapporto banca-impresa prospettata dalle Linee Guida E.B.A.-GL LOM (Guidelines on loan origination and monitoring) relative alla concessione e al monitoraggio dei prestiti, nonché la nuova filosofia alla base del Codice della crisi e dell’insolvenza, pongono al centro dell’attenzione la necessità dell’elaborazione di un’adeguata informativa economico-finanziaria, storica e prospettica, qualitativa, quantitativa e strutturale, da parte dell’impresa: si richiede cioè di sviluppare gli attuali modelli di rating, e quindi di valutazione -come detto basati su informazioni storiche e con orizzonte di previsione breve- integrando le valutazioni prospettiche della posizione finanziaria dei clienti, rendendo così i rating maggiormente forward looking[45].
Agli intermediari bancari e finanziari viene cioè richiesto di effettuare un’analisi piena ed esaustiva, nella quale i profili finanziari e qualitativi siano integrati fra di loro, con orizzonte temporale prospettico, che consideri inizialmente un approccio valutativo retrospettivo (c.d. backward-looking approach) per l’analisi dei dati e delle informazioni aziendali di carattere storico e consuntivo, seguito da un approccio valutativo prospettico (c.d. forward-looking approach a cui si è già accennato) per la valutazione dei dati e delle informazioni aziendali future, dove rilievo fondamentale è assunto dalla valutazione della fonte della capacità di rimborso dalla gestione ordinaria, che dovrà risultare da un piano pluriennale, valutazione corredata dalla dichiarazione degli aspetti che ne stanno alla base e dall’evidenza di eventuali condizioni alla loro manifestazione.
Altresì, il processo valutativo, che comprende un percorso di concessione e monitoraggio, prevede dei meccanismi di controllo che integrino un sistema di c.d. early warning[46], allo scopo di intercettare tempestivamente i segnali di difficoltà dell’impresa debitrice e attuare proattivamente misure di tutela del credito.
Le Linee Guida prevedono quindi che gli intermediari, in sede di concessione di nuovi finanziamenti, valutino il merito creditizio della controparte da affidare basandosi non solo sui dati di bilancio, ma anche su informazioni forward looking, svolgendo, se neessario, anche analisi mirate a valutare una potenziale esposizione, ove dovessero verificarsi eventi esterni come l’aumento dei tassi di interesse, l’incremento del prezzo delle materie prime, ecc., circostanze in grado di incidere sulla stabilità economico-finanziaria dell’impresa, così assegnandosi chiara evidenza al concetto di adeguatezza, ed in particolare al concetto di adeguatezza dell’imprenditore nel garantire la c.d. continuità aziendale chiaramente citata dall’art. 2086 del codice civile.
La possibilità, rectius, la necessità per il settore bancario di intervenire tempestivamente ai primi segnali di crisi del cliente, adottando le misure necessarie per favorire una traiettoria diversa da quella altrimenti disegnata dall’inerzia, è peraltro necessariamente condizionata dalla disponibilità di un quadro informativo ampio, aggiornato e affidabile circa la situazione economico-finanziaria di quest’ultima: in questo quadro, il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in combinato disposto con il dettato di cui all’art. 2086 c.c., può rappresentare l’elemento dirimente avendo come principale obiettivo quello di consentire, attraverso l’introduzione delle nuove procedure di allerta, l’anticipata emersione della crisi e una gestione precoce della stessa, prevedendo misure premiali per il debitore per l’iniziativa assunta tempestivamente[47].
Ma il fenomeno che il combinato disposto delle norme codicistiche e di orientamento di vigilanza ora richiamate vogliono inoltre contrastare è altresì quello della concessione abusiva del credito[48] in favore di imprese in stato di crisi economico-finanziaria: nel corso del 2021, con due pronunzie ravvicinate[49], la Suprema Corte ha ridefinito i contorni del tema della responsabilità della Banca per abusiva concessione di credito sistematizzando la definizione della “concessione abusiva di credito” rispetto a due elementi: la legittimazione all’azione e la definizione della fattispecie nel suo presupposto.
In linea generale, la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione è che la banca potrebbe evitare di incorrere in responsabilità laddove sia in grado di provare ex post di avere valutato ex ante, tempestivamente e per tempo, l’adeguatezza del piano industriale predisposto dall’impresa finanziata, anche quando già allora i margini di risanamento fossero limitati, seppur questa prova non possa essere incardinata unicamente in una valutazione meramente discrezionale ed avulsa dagli elementi condivisi cui deve ispirarsi l’operato del “Prudente ed accorto banchiere”.
Strettamente correlati al tema della concessione e monitoraggio dei prestiti sono poi gli Orientamenti relativi alla valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo[50], in virtù della Direttiva (UE) 2015/849 che ha demandato all’E.B.A. l’emanazione di linee guida, rivolte sia ad enti creditizi e finanziari che alle Autorità nazionali competenti, in relazione ai fattori di rischio da considerare e alle misure da adottare nelle situazioni in cui sono opportune misure semplificate e rafforzate di adeguata verifica della clientela. Gli Orientamenti in parola mirano dunque a rafforzare i requisiti per la valutazione del rischio a livello individuale e aziendale e per le misure di adeguata verifica della clientela, ad esempio aggiungendo nuove istruzioni sulle modalità per l’identificazione dei titolari effettivi, e forniscono, rispetto alla versione precedente, ulteriori specifiche in relazione ai fattori di rischio di finanziamento del terrorismo[51].
5. Erogazione del credito e presidi antiriciclaggio.
Anche dall’analisi dei richiamati principi EBA, riteniamo che oramai emerga una stretta correlazione tra il processo di erogazione del credito, funzionale alla sottoscrizione di un contratto (lato sensu) di mutuo, sulla base di una corretta valutazione soggettiva ed oggettiva del merito creditizio della controparte bancaria ed i presidi antiriciclaggio in tema di adeguata verifica della clientela e segnalazione di operazione sospetta: ciò specialmente ove la parte contraente di un’operazione contrattuale di erogazione bancaria di credito sia una persona giuridica.
Se già in passato avevamo ritenuto di affrontare in altra sede l’argomento in questione[52], l’analisi della figura codicistica che abbiamo inteso definire di “imprenditore adeguato” deve nuovamente portare ad una riflessione funzionale a qualificare il contratto di erogazione di credito bancario (nell’operatività corporate) come un contratto anch’esso soggettivamente qualificato (anche se in termini differenti ed antitetici rispetto alla relazione bancaria business to consumers).
Riteniamo infatti che il concetto di adeguatezza sia il minimo comun denominatore tra due processi oggi oramai contigui: il processo di valutazione del merito di credito ed i processi in tema di controlli antiriciclaggio.
Si vuole con ciò significare come oggi l’intermediazione bancaria del credito non richieda più solo un imprenditore finanziariamente affidabile bensì un imprenditore adeguato sia sotto gli analizzati aspetti di cui all’art. 2086 del codice civile sia sotto il profilo dell’adeguatezza di cui al d. Lgs. 231/07 in tema di presidi antiriciclaggio.
Tale adeguatezza diviene oggi condizione soggettiva per l’erogazione del credito (e, dunque, a contrario, per l’astensione dall’erogazione[53]), ma diviene anche condizione per la corretta valutazione di adeguatezza della verifica del cliente in funzione dei controlli antiriciclaggio e per una segnalazione di operazione sospetta, potendo altresì essere causa di nullità di eventuali garanzie statali (Fondo centrale di garanzia) connesse all’erogazione[54], in sede di escussione delle medesime su cliente insolvente.
Dunque l’inadeguatezza dell’imprenditore affidato potrebbe considerarsi anche causa di nullità di un contratto di erogazione di credito[55] ovvero ancora di non opponibilità del credito, anche se privilegiato, in sede di procedure esecutive o concorsuali.
L’analisi soggettiva dell’imprenditore (possibile) mutuatario è processo valutativo in funzione di un giudizio caratterizzato dai principi della tempestività, intercettabilità, coerenza, congruenza ed adeguatezza: e ciò riguarda sia il processo del credito sia la valutazione di anomalie antiriciclaggio, in particolare nel caso in cui si dia evidenza, quale reato presupposto al medesimo, la frode e l’evasione fiscale, ovvero ancora i reati di cui agli artt. 512 bis c.p., e 316 bis e ter c.p., argomentazione questa su cui si procederà ad ulteriori approfondimenti.
Peraltro tale interconnessione non è priva di un fondamento nella prassi ispettiva sia di Banca d’Italia che della Guardia di Finanza nei confronti degli enti eroganti il credito.
Ed infatti, per la prima, è oramai notorio come le ispezioni antiriciclaggio di Banca d’Italia nei confronti degli intermediari vigilati spesso “procedano” da un’analisi sui livelli di patrimonializzazione dell’istituto erogante, sul governo dei rischi, sull’eventuale deterioramento del portafoglio clienti, ove le principali contestazioni afferiscono: a) gravi debolezze nell’istruttoria scarsamente orientata alla sostenibilità del debito da parte delle aziende clienti; b) eccessiva premialità alla presenza di garanzie (rectius controgaranzie) pubbliche, con conseguenti debolezze nel processo di selezione del merito di credito, con privilegio della presenza delle dette garanzie, senza adeguata valutazione di situazioni di crisi patrimoniali e/o squilibri finanziari di dubbia causa; c) a gravi omissioni in sede di onboarding dei clienti, in relazione a gravi profili di incoerenza tra le operazioni richieste e l’attività economica effettivamente svolta dal cliente.
Ma le contestazioni, afferenti più specificamente l’antiriciclaggio, si spingono oltre, in relazione, a titolo di esempio, alla contestata assenza di flussi informativi tempestivi tra funzione AML ed area crediti, per la condivisione tempestiva di gravi elementi di anomalia strutturali del cliente nello svolgimento dei rispettivi compiti, ovvero ancora a carenti giudizi di coerenza sul profilo soggettivo dell’imprenditore (non solo collettivo) nonché sulle controparti economico-finanziarie dell’azienda, la cui conoscenza è ovviamente funzionale a conoscere l’impatto dell’attività imprenditoriale nel settore merceologico di riferimento.
Ma è altresì notorio, nel settore di riferimento, come anche le più recenti ispezioni effettuate dalla Guardia di Finanza siano sempre più ampliate non solo all’aspetto istruttorio della pratica di fido ed alla corretta analisi di valutazione dei documenti ivi allegati (quali ad esempio la coerenza del business plan in relazione alla struttura organizzativa e contabile dell’azienda richiedente) bensì anche all’utilizzo ex post effettuato delle somme oggetto di erogazione.
In tal contesto, come anticipato, assume rilevanza l’analisi della rilevanza del reato presupposto al riciclaggio, il cui sospetto dovrebbe essere intercettato nella fase prodromica la delibera di accoglimento della richiesta di credito: in tal senso si accoglierebbe una visione del riciclaggio non limitata alla classica origine illecita dei fondi bensì ad una sua analisi in relazione ad operazioni con fondi erogati di origine “lecita” ma sulla base di analisi valutative scarne o superficiali sulla struttura “organolettica” e “soggettiva” del richiedente, che avrebbe potuto e dovuto portare l’ente erogante all’astensione dalla prosecuzione della pratica di affidamento e, intercettando tempestivamente il sospetto, anche ad una eventuale segnalazione di operazione sospetta ex art. 35 del d. Lgs. 231/07.
Si pensi, nell’alveo dei reati presupposto al riciclaggio, ad ipotesi riconducibili alla frode fiscale (omessa dichiarazione di redditi)[56], specialmente nel campo delle false fatturazioni (sovra o sotto-fatturazione) per inesistenza totale o parziale delle sottostanti operazioni commerciali, ovvero ancora per fittizietà della controparte commerciale e fiscale di una relazione con soggetti terzi (ad esempio fornitori e clienti)[57]; ovvero ancora all’ipotesi riconducibile all’art. 512 bis del codice penale[58], rubricato “Trasferimento fraudolento di valori”, in relazione al quale si potrebbero evidenziare, in sede di controlli, ipotesi di attribuzione fittizia a terzi (figlio, parenti o terzi privi di capacità reddituale o professionale) di titolarità di aziende, di fatto gestite da altri, al fine di agevolare la commissione del delitto di cui all’art. 648-ter c.p., anche al fine dell’impiego, nella gestione delle aziende medesime, di denaro di provenienza delittuosa ricavato dalla fittizia cessione di un ramo di azienda (e ciò specialmente ove dette aziende chiedano di lavorare su basi passive)[59].
E da ultimo si pensi all’ ipotesi di cui all’art. 316 bis c.p., rubricato “Malversazione di erogazioni pubbliche”[60], reato che si incentra sulla condotta di omessa destinazione di risorse pubbliche (conseguite lecitamente o meno) alla precipua finalità cui le stesse sono preposte, la quale, come di sovente viene specificato, può declinarsi mediante azioni distrattive oppure in veste integralmente passiva (c.d. malversazione pura)[61], nonché all’art. 316 ter c.p., rubricato “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”[62] ove si attribuisce rilevanza all’utilizzo di documenti falsi o dichiarazioni attestanti cose non vere, funzionali al conseguimento di erogazioni pubbliche, comunque denominate: si tratta di due previsioni legislative, riconducibili alla categoria di reati presupposto al riciclaggio, per le quali “la giurisprudenza, sin dalle prime pronunce, ha affermato che i finanziamenti evocati dalla fattispecie della malversazione sono «una sottofamiglia dei contratti di credito e/o di garanzia… [che] si caratterizzano per …l’esistenza di un’onerosità attenuata rispetto a quanto sarebbe comportato dalle regole economiche di mercato». Ragione che ha consentito di affermare, all’emergere di nuove forme di sostegno pubblico, che la malversazione prevista dalla formulazione previgente dell’art.316-bis c.p. non deve necessariamente avere ad oggetto pecunia publica ma può avere anche ad oggetto finanziamenti erogati in ragione della presenza di una garanzia pubblica. In termini problematici, invero, la dottrina aveva segnalato come le tipologie di erogazioni elencate dalla norma avessero modesta capacità selettiva e d esponessero a censure di indeterminatezza: nell’alveo della disposizione incriminatrice era ricompreso, infatti, qualsiasi finanziamento funzionale allo sviluppo economico del Paese, a prescindere dal nomen juris, purché di provenienza pubblica, gravato da vincolo di destinazione e reso a condizioni più favorevoli di quelle praticate sul mercato. Quanto ai “mutui agevolati”, inseriti nel corpo dell’art. 316-bis c.p. dall’art. 28bis, cit. la nozione è delineata dall’art. 1183 c.p., identificando il contratto reale, di natura sinallagmatica, da cui scaturisce un’obbligazione restitutoria; l’agevolazione può riguardare diversi profili, spaziando dalle condizioni del piano di rientro, alle prestazioni accessorie, come le garanzie. La dottrina maggioritaria faceva già rientrare nella norma incriminatrice le condotte distrattive di denaro derivanti da mutui agevolati, ritenendo che il vocabolo «finanziamento» fosse comprensivo del concetto di finanziamento “agevolato””[63].
6. La segnalazione di operazione sospetta. Dall’operazione alla relazione conoscitiva e valutativa del mutuatario.
Non crediamo sia revocabile in dubbio che la relazione contrattuale funzionale all’erogazione di un credito debba essere ontologicamente analizzata in senso ampio, assumendo rilevanza il “contatto” relazionale e non solo il “contratto” formale: il passaggio “dal contratto al contatto” amplia il tempus di riflessione e di valutazione funzionale alla conoscenza del cliente, ed ove l’interconnessione tra il concetto di imprenditore “adeguato” ex art. 2086 c.c. nonché l’ampiezza del concetto di auto riciclaggio in funzione dei controlli e l’obbligo segnaletico ex art. 35 d. Lgs. 231/07[64], devono portare ad ulteriori riflessioni sul più moderno concetto di segnalazione di operazione sospetta.
Sia a livello culturale sia per dettato normativo di cui al d. Lgs. 231/07 si potrebbe essere indotti a collegare l’obbligo segnaletico all’operazione effettuata, senza attribuire rilevanza ai concetti di “tentativo” e di “operazione in corso” che, ove connessi alla valutazione meritoria del credito, devono invece portare a disancorare l’obbligo (di cui al citato art. 35) dall’operazione e collegarlo alla conoscenza relazionale del cliente, alla valutazione della struttura soggettiva, organizzativa, contabile ed aziendale, attribuendo così rilevanza al concetto di “loan origination and monitorig”, in relazione al quale l’EBA, come in precedenza richiamata, afferma che gli enti dovrebbero disporre di processi interni volti ad assicurare che le informazioni ottenute ai fini della valutazione del merito creditizio, siano utilizzate anche nei processi di prevenzione e contrasto al riciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo (AML/CFT)[65].
Ecco dunque che nella fase di valutazione del merito di credito non si possa più procedere ad una mera e formale valutazione di dati di bilancio o finanziari e men che meno ad una semplice allegazione dei medesimi ovvero ancora all’allegazione di business plan a volte fittizi o di fatture palesemente ed artatamente utilizzate per ottenere credito, bensì procedere ad una analisi più sostanziale del possibile beneficiario del credito, specialmente se collegato ad una garanzia statale o all’erogazione di fondi pubblici.
7.L’articolo 2086 del codice civile, gli adeguati assetti e l’antiriciclaggio.
Mediante l’utilizzo del dettato di cui all’art. 2086 c.c. si intende sottolineare quel passaggio generazionale tra la mera sostenibilità finanziaria e la più sostanziale sostenibilità aziendale del credito, anche in funzione dei controlli AML.
Si intende cioè rispondere all’interrogativo: l’organizzazione contabile dell’azienda rispecchia la sostenibilità delle singole voci di bilancio? L’organizzazione aziendale e la struttura societaria, nonché la professionalità (come qualificazione soggettiva) dell’imprenditore nel garantire, ex art. 2086 c.c., la continuità aziendale dell’impresa richiedente il credito, è stata analizzata specialmente in relazione ad un necessario giudizio di adeguatezza e coerenza tra la persona giuridica e le persone fisiche connesse ad essa (siano esse soci, titolari effettivi, legali rappresentanti o garanti terzi)?
Orbene, la risposta a tali interrogativi trova uno dei suoi maggiori criteri interpretativi negli adeguati assetti contabili ed organizzativi, la cui valutazione può dipendere da numerose variabili.
Proponiamo dunque in questa sede una lettura di sintesi delle previsioni ex art 2086 c.c. come elemento cruciale nella valutazione creditizia delle PMI, poiché la determinazione del merito creditizio in funzione di una valutazione di continuità aziendale (e conseguente prevenzione della crisi)[66] basata sulla valutazione prospettica dell’andamento aziendale (c.d. Forward Looking Approach) si rifletterà in una sempre più pervasiva analisi dell’adeguatezza della struttura organizzativa aziendale, ed in particolare del sistema amministrativo-contabile e di pianificazione finanziaria del soggetto richiedente il credito, non ultimo, a titolo di esempio, per l’apprezzamento della ragionevolezza del business plan, strumento cardine nella valutazione della capacità di rimborso dei finanziamenti: proprio quest’ultimo diviene oggi uno dei principali criteri interpretativi.
Si ricorda infatti come l’accesso al credito dipenda essenzialmente dalle informazioni in possesso dell’intermediario, ove una migliore informazione permette una migliore stima dei rischi e una migliore valutazione delle prospettive dell’impresa.
Tali informazioni possono avere una duplice utilità, ovvero una valutazione coerente del progetto di investimento e del merito di credito ed una valutazione di congruità e coerenza tra le informazioni assunte e la conoscenza dell’impresa, in particolare della sua forza economico finanziaria reale.
L’informazione diviene così la chiave per la misurazione più accurata sia del rischio di credito che del rischio riciclaggio.
Se il principale focus nelle decisioni su una richiesta di prestito è il grado di rischio che il prestito rappresenta per l’intermediario, questo si misura attraverso la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa sufficienti per la copertura del prestito e attraverso la valutazione delle garanzie reali o specialmente personali offerte dall’impresa: proprio in funzione di quel giudizio di sostenibilità aziendale, la adeguata valutazione delle garanzie concesse dall’imprenditore, connesse ad eventuali garanzie statali, sono solo uno tra gli elementi necessario a supporto del prestito, ma non l’unico, in quanto troppo spesso il prestito è solo debolmente collegato con le caratteristiche personali nonché professionali dell’imprenditore evincibili dalla corretta valutazione di un progetto di business realistico. Esso permette di descrivere un’idea o un progetto imprenditoriale futuro e di
delineare e individuare il contesto nel quale sarà realizzato, le scelte strategiche e le scelte operative necessarie per realizzare il progetto, le prospettive economiche e il fabbisogno finanziario: utilità questa rilevante al fine di valutare anche la fittizietà della richiesta di investimento in funzione antiriciclaggio.
Il business plan è un documento estremamente importante per l’impresa che lo redige, in quanto permette sia di descrivere un’idea o un progetto imprenditoriale futuro, sia di delineare e individuare il contesto nel quale sarà realizzato, le scelte strategiche e le scelte operative necessarie per realizzare il progetto, le prospettive economiche e il fabbisogno finanziario: utilità questa rilevante al fine di valutare anche la fittizietà della richiesta di investimento, sia in relazione allo scopo sia in relazione al suo utilizzo.
Dunque i tre elementi notoriamente caratterizzati il modello divengono elementi di interpretazione per i due fini oggetto del nostro approfondimento: si pensi al sistema di offerta, ovvero cosa si vuole offrire, realizzare o produrre per il cliente, agli elementi materiali dell’offerta (il prodotto principale e i prodotti accessori o complementari), agli elementi immateriali (l’immagine del prodotto e lo status che il prodotto conferisce) e anche gli elementi economici (il sistema dei prezzi, i tempi e le modalità di pagamento e di consegna e i tempi di garanzia); si pensi poi alla struttura (ovvero come si realizza ciò che si vuole offrire al cliente), che comprende tutte le risorse materiali e immateriali necessarie per lo svolgimento delle attività produttive, commerciali, logistiche, amministrative e di ricerca e sviluppo legate al prodotto e al servizio da realizzare. Ed infine al target di mercato.
Se esso diviene un elemento fondante la valutazione del rischio di credito di controparte, diviene anche un elemento fondante l’adeguata verifica in funzione segnaletica.
Ma il modello di business ha anche una stretta correlazione con gli aspetti contabili e di bilancio[67]: si pensi alla voce debiti verso soci, in collegamento a operazioni di finanziamenti o restituzione finanziamento soci, ed a quelle società con ristretta base societaria ove i soci siano percettori di redditi esigui, a fronte invece di rilevanti finanziamenti soci, prestiti soci o apporto capitali, ed ove il principio della postergazione ex art. 2467 c.c. diviene criterio interpretativo anche in funzione dei controlli antiriciclaggio.
Si pensi altresì, e sempre a titolo di esempio, all’esistenza di movimenti finanziari tra società e soci sotto forma di “distribuzione di riserve” e l’utilizzo di risorse sociali per finalità estranee all’attività sociale, anche mediante prelevamenti da parte di soggetti terzi alla compagine sociale, per effettuare pagamenti relativi a spese estranee all’attività sociale, spese voluttuarie, rimborsi di viaggi e cene, rate di mutuo e prelievi in denaro, articoli sanitari, generi alimentari, etc…[68], con ciò evidenziando una dispersione patrimoniale rilevante sia ai sensi dell’art. 2086 c.c. sia in sede di eventuale segnalazione di operazione sospetta AML.
Si pensi alla voce debiti verso terzi, mediante una valutazione di anomale concentrazioni di fatturato passivo su controparti ricorrenti; alla voce immobilizzazioni materiali, in funzione di un giudizio di coerenza con il fatturato complessivo, ed alla presenza di leasing e loro coerenza con attività prevalentemente svolta; si pensi ancora alle rimanenze di magazzino, in funzione di un giudizio valutativo della loro coerenza con la struttura organizzativa e produttiva del cliente.
Ed ancora si pensi all’assenza di un compenso amministratore non giustificata da particolari esigenze imprenditoriali o societarie, in particolar modo ove in capo ad esso si concentrino numerose cariche societarie incoerenti sia con il suo profilo economico e finanziario ma altrettanto incoerenti con le esigenze di professionalità sottese al dettato di cui all’art. 2086 c.c.[69], nonché incoerenti con “…quell’elevato personalismo (richiesto) nella conduzione aziendale”.[70]
E da ultimo, si pensi alla voce crediti verso soci, spesso tendente a “occultare” divisioni di utili non sottoposte a tassazione, specialmente nella forma del finanziamento infruttifero a tempo indeterminato.
Dunque l’analisi dei suindicati aspetti potrebbe, a titolo di esempio, artatamente portare ad evidenziare uno squilibrio patrimoniale del mutuatario, connesso ad inadeguati assetti organizzativi e contabili, e derivante non da cause fisiologiche (ad esempio aumento dei consti delle materie prime, aumento delle immobilizzazioni, ad esempio immateriali nella loro essenza di costi o investimenti su beni di terzi), bensì derivare da flussi finanziari anomali tra società e soci o tra società ed amministratori: in tal senso, una valutazione di anomalia ex art. 2086 c.c., ed una collegata incapacità dell’azienda a far fronte ai propri impegni finanziari proprio a cagione di tali squilibri patrimoniali[71], diviene possibile valutazione di sospetto ex art. 35 d. Lgs. 231/07, in correlazione con i citati reati presupposto al riciclaggio.
L’art. 2086 c.c. diviene norma imperativa e, dunque precettiva[72], qualificativa (e non a valenza meramente endo-aziendale) di un elemento soggettivo strutturalmente condizionante l’erogazione del credito, la cui necessaria applicazione, appunto soggettivamente, va a qualificare sia l’imprenditore morfologicamente “adeguato” sia l’ente erogatore del credito per la sua qualificazione di soggetto in buona fede nel processo valutativo del credito stesso.
Quanto cioè la carenza di controlli di adeguatezza ex art. 2086 c.c. potrebbe portare, in sede di ammissione al passivo su cliente insolvente ovvero in sede di escussione di una garanzia pubblica[73], alla prova di una incolpevole consapevolezza sulla situazione finanziaria del debitore dell’ente erogatore del credito? L’adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, quale espressione di una reale procedimentalizzazione dell’organizzazione e dell’attività d’impresa, diviene elemento fondante i processi di valutazione del merito di credito e di adeguata verifica della clientela in funzione di una eventuale segnalazione di operazione sospetta.
Altresì, il dettato di cui all’art. 2086 è elemento qualificate la prova della diligenza[74] nella corretta valutazione del merito di credito, ma altrettanto qualificante, ad esempio, una ipotesi di nullità del mutuo supportato da garanzia pubblica sostenendo la consapevolezza da parte dell’istituto di credito, al momento dell’erogazione del prestito, dello stato di decozione in cui versava la società finanziata[75] (per carenza di controlli sulla continuità aziendale, sulla eccessiva dipendenza dall’azienda da vicende personali dell’imprenditore, su strani passaggi generazionali anche endo-familiari, sulla limitatezza delle risorse economiche personali dell’imprenditore).
Da ultimo, e parallelamente, l’art. 2086 c.c. diviene norma qualificante una valutazione di corretta esecuzione dei controlli antiriciclaggio[76], funzionale a valutare se, ad esempio, l’intermediario del credito avesse la possibilità di intercettare, in fase di pre-delibera, situazioni di anomalia tali da far emergere una possibile strumentalità del processo del credito (e, dunque, non solo dell’utilizzo dell’erogato) a profili di riciclaggio, rectius, di auto riciclaggio e, dunque, in connessione ai reati presupposto come in precedenza citati.
L’omessa valutazione di adeguatezza ex art. 2086 c.c., in connessione con gli obblighi di segnalazione di operazione sospetta tempestiva, potrebbero avere come conseguenza la possibile applicazione di una adeguata sanzione amministrativa, appunto per omissioni nella collaborazione attiva come richiesta all’intermediario dal d. Lgs. 231/07.
[1]Sulla natura giuridica e sulla funzione delle clausole generali cfr., DI MAJO A., Clausole generali e diritto delle obbligazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, 59 e ss.; CASTRONOVO C., L’avventura delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, 21 e ss.; RESCIGNO P., Appunti sulle “clausole generali”, in Riv. dir. civ., 1998, 1 e ss.; FALZEA A., I principi generali del diritto, in Riv dir. civ., 1991, I, 455 e ss.; RODOTÀ S., Il tempo delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 709 e ss.; RESCIGNO P., Le clausole generali: dalle codificazioni moderne alla prassi giurisprudenziale, in AA.VV., Clausole e principi generali nell’argomentazione giurisprudenziale degli anni novanta, a cura di CABELLA PISU L. e NANNI L., Padova, 1998; D’AMICO G., Note in tema di clausole generali, in Iure Praesentia, 1989, 426 e ss..
[2] LIBERTINI M., Gli assetti organizzativi dell’impresa, Quaderno 18, 2022, 77 e ss., secondo cui “…deve ritenersi superata la vecchia concezione per cui le clausole generali sarebbero “norme in bianco” rivolte al giudice per attribuirgli la massima discrezionalità nella soluzione del caso concreto. Sono invece norme facenti parte del sistema e la loro interpretazione/concretizzazione deve avvenire facendo capo a principî (che sono, a loro volta, anch’essi norme di diritto positivo). Il problema dell’indeterminatezza linguistica è solo un problema di misura”.
[3] RICCI F., Presentazione della ricerca, in Princìpi, clausole generali, Argomentazione e fonti del diritto, a cura di Francesco Ricci, Milano, 2019.
[4] NATOLI U., L’attuazione del rapporto obbligatorio, I, Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. CICU e F. MESSINEO, XVI, 1974, 6.
[5] LOI M. L., TESSITORE F., Buona fede e responsabilità precontrattuale, Milano, 1975, 19.
[6] BIANCA C.M., La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, in Riv. dir. civ., 1983, I, 205 e ss.
[7] NATOLI U., L’attuazione del rapporto obbligatorio, II, Il comportamento del debitore, in Tratt. dir. civ. e comm., dir. da Cicu A. e Messineo F., continuato da Mengoni L., XVI, 2, Milano, 1984, 92.
[8] BELFIORE A., La colpa come criterio di responsabilità: la nozione, in Studium iuris, 2007, 680.
[9] TRIMARCHI P., (Voce) Illecito in Enciclopedia del diritto, volume XX, Milano, 1970, 110, secondo cui “Il diritto non impone regole di condotte impossibili da osservarsi e non colpisce di sanzione se non laddove la minaccia di questa svolge una funzione preventiva. Ne deriva che la sanzione è applicabile solo quando il comportamento lesivo sia imputabile a colpa dell‟agente. La colpa, considerata nella fattispecie disposta dall‟art 1227 c.c., va valutata con riferimento ad uno standard medio che si trovi nella stessa situazione del danneggiato (in senso oggettivo), anziché con riferimento al soggetto stesso (criterio soggettivo). Il parametro per la valutazione del comportamento del danneggiato deve essere costituito da ciò che si sarebbe potuto pretendere dall‟uomo medio e non da ciò che si sarebbe potuto pretendere del danneggiato stesso. Si ammette però che l‟uomo medio” debba essere inteso con riferimento alla classe di persone alla quale appartiene, definita da alcune caratteristiche oggettivamente accertabili; il che vale quanto dire che alcune caratteristiche soggettive del danneggiato siano rilevanti. Le caratteristiche che rilevano al fine della valutazione della responsabilità sono di carattere fisico, poiché oggettivamente accertabili, e di carattere intellettuale, sempreché sia agevole accertarle; nel caso in cui i magistrati non fossero in grado di valutarle allora sarebbero da considerare escluse per la totalità delle parti in causa”.
[10] DI PRISCO N., Concorso di colpa e responsabilità civile, Napoli, 1973, 392.
[11] In dottrina, sulla nozione di consumatore medio cfr. ANTONINI A., Marchi comunitari, similitudini e protezione del consumatore, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2005, 876 ss.; BIGLIA L., Il marchio di forma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, in Riv. Dir. Ind., 2004, 399 ss.; BONELLI G., Marchio recettivo e consumatore medio, in Dir. Ind., 2001, 259 ss.; PARODI G., Tendenze attuali della comunità economica europea nel settore della tutela dei consumatori, in Giur. Merito, 1980, 965 ss.
[12] CAMARDI C., Pratiche commerciali scorrette e invalidità, in Obbligazioni e Contratti, 2010, 408, secondo cui “Il diritto dei consumi tenderebbe ad allontanarsi dal modello di un diritto privato dei consumatori, per avvicinarsi ad un modello sempre di più di diritto delle imprese e del mercato”.
[13] Con l’ordinanza 10 ottobre 2022 n. 8650, il Consiglio di Stato (Sezione VI) (in giustizia-amministrativa.it), ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea le seguenti questioni pregiudiziali: A) Se la nozione di consumatore medio di cui alla Direttiva 2005/29/CE inteso come consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto – per la sua elasticità ed indeterminatezza – non debba essere formulata con riferimento alla miglior scienza ed esperienza e di conseguenza rimandi non solo alla nozione classica dell’homo oeconomicus ma anche alle acquisizioni delle più recenti teorie sulla razionalità limitata che hanno dimostrato come le persone agiscono spesso riducendo le informazioni necessarie con decisioni “irragionevoli” se parametrate a quelle che sarebbero prese da un soggetto ipoteticamente attento ed avveduto acquisizioni che impongono una esigenza protettiva maggiore dei consumatori nel caso – sempre più ricorrente nelle moderne dinamiche di mercato – di pericolo di condizionamenti cognitivi. B) Se possa essere considerata di per sé aggressiva una pratica commerciale nella quale, a causa dell’incorniciamento delle informazioni (framing) una scelta possa apparire come obbligata e senza alternative tenendo conto dell’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva che considera ingannevole una pratica commerciale che in qualsiasi modo inganni o possa ingannare il consumatore medio «anche nella sua presentazione complessiva.
[14] Corte di giustizia, Quinta Sezione, 14 novembre 2024 Compass Banca s.p.a. contro Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), in accademiaassociazionecivilisti.it. La Corte ha chiarito che la pratica commerciale consistente nel proporre simultaneamente al consumatore un’offerta di finanziamento personale e un’offerta di un prodotto assicurativo non collegato a tale prestito non costituisce in sé né una pratica commerciale aggressiva né sleale. Qualora, tuttavia, un’autorità nazionale la ritenesse nel caso concreto sleale o aggressiva, la direttiva non osta a una misura che conceda al consumatore un periodo di riflessione ragionevole tra le date della sottoscrizione del contratto di assicurazione e del contratto di finanziamento.
[15] In tal senso NAZZICONE L., L’art. 2086 c.c.: uno sguardo d’insieme, in Gli assetti organizzativi dell’impresa, Quaderno 18, 2022, 21 e ss.
[16] SPOLIDORO M.S., Note critiche sulla «gestione dell’impresa» nel nuovo art. 2086 c.c. (con una postilla sul ruolo dei soci), in Riv. società, 2019, 253 e ss.
[17] BENEDETTI L., L’applicabilità della business judgment rule alle decisioni organizzative degli amministratori, in Riv. società, 2019, 413 ss.
[19] Sul tema, in dottrina si rinvia a: AMBROSINI S., Assetti adeguati e «ibridazione» del modello s.r.l. nel quadro normativoriformato, in La società a responsabilità limitata: un modello transtipico alla prova del codice della Crisi, Studi in onore di Oreste Cagnasso, a cura di M. Irrera, Torino, 2020, 433; IRRERA M., Assetti e modelli organizzativi nella corporate governance delle società di capitali, Bologna, 2016; RORDORF R., La responsabilità degli organi di società alla luce del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Rivista delle Società, n. 5/6, 2019, 929; FORTUNATO S., Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Rivista delle Società, n. 5/6, 2019, 952.
[20] Tra queste si ricordano la Raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza, che mira a fornire un quadro comune per le norme nazionali in materia di insolvenza, il Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza e la Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (c.d. Direttiva Insolvency) riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza), che contribuirà ad ispirare in modo significativo il contenuto del Codice della Crisi e dell’Insolvenza adottato in recepimento della stessa.
[21] D. Lgs. 12 gennaio 2019, n.14, Codice della crisi di mpresa e dell’insolvenza, in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155.
[22] L’art. 2381 c.c. al comma 5 testualmente recita: “Gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e riferiscono al Consiglio di Amministrazione e al Collegio Sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni 6 mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate”.
[23] La definizione inizialmente proposta dal d. Lgs 14/2019 recava la locuzione “stato di difficoltà”, termine che è stato ritenuto troppo ampio e che è poi stato variato dal d. Lgs. 147/2020 con la sostanziale modifica apportata del termine “difficoltà” con la più specifica espressione di “squilibrio economico-finanziario”, andando in questo modo a posticipare il momento in cui l’imprenditore (e l’organo amministrativo) dovranno intervenire ad un momento in cui la difficoltà sia maggiormente significativa ma non irreversibile. Successivamente con l’ulteriore novella recata dal d. Lgs. 83/2022, che ha previsto l’integrale sostituzione della lettera a) del comma 1 dell’art. 2 del CCII, per crisi si intende “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza”. E’ utile ricordare che mentre il legislatore del 1942 non si era occupato di dare una definizione univoca allo stato di crisi, circoscrivendola semplicemente allo stato antecedente all’insolvenza, nel corso dell’iter di approvazione del Codice della crisi sono state fornite, come detto, ben tre diverse definizioni di tale concetto, al fine di rendere chiaro quale fosse il presupposto oggettivo per l’accesso alle procedure, dove l’accesso a queste ultime rappresenta un aspetto che non corrisponde più a un suggerimento del legislatore, bensì a un obbligo che egli stesso ha imposto tramite le modifiche apportate al Codice Civile. In dottrina è stato osservato che “Il concetto di crisi permette di distinguere lo stato patologico, ossia la presenza di eventi straordinari, dallo stato fisiologico contraddistinto da una fase evolutiva con cui le imprese si devono confrontare”: in tal senso TEDESCHI-TOSCHI A., Crisi d’impresa tra crisi di sistema e dottrina manageriale, in Finanza Marketing e Produzione, 1990, n. 2, 77, 79, 116.
[24] La nozione di “probabilità di crisi” è per così dire anticipatoria e va letta quale risultato dello sviluppo di piani previsionali che espongano le dinamiche future della gestione, e che si sostanziano nella -migliore possibile- comparazione tra i flussi di cassa futuri e le obbligazioni di pagamento dell’impresa, da intendersi in modo generale e quindi non solo quelle afferenti debiti finanziari. Il tutto, in un orizzonte temporale che il Codice estende ora a 12 mesi che, per certi aspetti, come ha evidenziato anche la Corte di Cassazione nella Relazione del 15 settembre 2022 (in cortedicassazione.it), consente di superare il verificarsi di eventuali scostamenti finanziari temporanei che l’impresa è in condizione di poter assorbire entro quell’orizzonte temporale: “In particolare, la crisi viene definita nel nuovo Codice in funzione prospettica, come probabilità di futura insolvenza […]. In questo senso si segnala, altresì, il nuovo testo dell’art. 3, comma 4, c.c.i. che elenca i seguenti indici di “allarme” ai fini della rilevazione della crisi: a) esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; b) esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; c) esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; d) esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25 novies, comma 1”.
[25] Si ricorda che il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha avuto un iter piuttosto travagliato: approvato con il d. Lgs. n. 14/2019 in attuazione dei principi direttivi contenuti nella l. n. 155/2017, l’articolato è stato profondamente modificato prima ancora della sua entrata in vigore con il c.d. correttivo di cui al d. Lgs. n. 147/2020. L’articolo 5, comma 1, del d.l. n. 23/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 40/2020, emanato nel pieno della c.d. “prima ondata” della pandemia da Covid-19, aveva poi rinviato l’entrata in vigore del CCI al 1° settembre 2021. Quindi l’art. 1 del già citato d.l. n. 118/2021 ha posticipato l’entrata in vigore del nuovo Codice al 16 maggio 2022 e rinviato alla fine del 2023 l’entrata in vigore dell’intero Titolo II, dedicato all’allerta ed alla composizione assistita davanti agli OCRI – Organismi di composizione della crisi. Infine, il decreto PNRR 2 ha rinviato di circa due mesi (dal 16 maggio al 15 luglio 2022) l’entrata in vigore del nuovo Codice.
[26] Quando si parla di adeguati Assetti organizzativi, amministrativi e contabili si fa riferimento in particolare alle previsioni dell’art. 3 -rubricato “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa”- ove si dispone sia il dovere in capo all’imprenditore individuale di “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere, senza indugio, le iniziative necessarie a farvi fronte” (primo comma), sia il dovere in capo all’imprenditore collettivo di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative” (secondo comma).
[27] E’ stato giustamente osservato come la novità normativa è il frutto di una evoluzione regolamentare operata dal legislatore nell’ultimo ventennio, sia con riferimento alle società azionarie ed alle società a partecipazione pubblica, sia agli enti collettivi che al comparto bancario e assicurativo, che “ha progressivamente consacrato la regola di adeguatezza degli assetti organizzativi come principio di corretta gestione imprenditoriale, in quanto tale destinata a valere in tutte le realtà imprenditoriali in forma collettiva o societaria”: così ABRIANI N. e ROSSI A., Nuova disciplina della crisi di impresa e modficazioni del codice civle: prime letture, in Società, 2019, 393 ss. Si è ritenuto, peraltro, che “nella generalizzazione di un principio originariamente formulato nella sola sede della società azionaria ai sensi dell’art. 2380-bis, si attui una singolare ‘eterogenesi dei fini’” (FORTUNATO S., Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Riv. società, 2019, 952 ss).
[28] Concetto che viene richiamato anche in tema di MOG (Modello Organizzativo e di Gestione ex d. lgs. 231/2001, strumento di analisi e di valutazione dei fattori di rischio a cui sono sottoposte le aziende, c.d. risk management) essendo previsto, in virtù dell’art. 7 del d. Lgs. 231/2001, che le misure di prevenzione e gestione del rischio devono essere attuate in base alla natura, alla dimensione e alla struttura organizzativa dell’ente.
[29] Nelle fonti primarie non paiono esistere indicazioni da cui possa evincersi cosa siano gli “assetti adeguati” e quale sia il loro contenuto. Le finalità esplicitate nell’art. 2086 c.c. rivelano che che gli assetti in questione adempiono ad una funzione preventiva e impositiva: la prima attiene strettamente all’individuazione dei primi segnali che la crisi può manifestare, la seconda invece riguarda l’attribuzione di obblighi a contenuto generico che sorgono in capo all’organo amministrativo e che declinano la propria applicazione a seconda delle caratteristiche intrinseche di ogni impresa. Secondo le “Norme di comportamento del Collegio sindacale per le società non quotate”, redatte dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), si intende per assetto organizzativo: (i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità, (ii) il complesso procedurale di controllo, iii) flussi informativi attendibili e efficaci tra organi e funzionali aziendali.
In linea generale, sicuramente può dirsi che un assetto organizzativo è adeguato se presenta una struttura compatibile alle dimensioni della società, nonché alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, nonché alla rilevazione tempestiva degli indizi di crisi e di perdita della continuità aziendale e possa quindi consentire, agli amministratori preposti, una sollecita adozione delle misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione.
[30] In dottrina è stato incisivamente spiegato che, pur sembrando dalla lettera dell’art. 3 del Codice della crisi, che le misure idonee, specificate con riferimento ai doveri dell’imprenditore individuale, siano contrapposte agli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati che connotano gli obblighi dell’imprenditore collettivo, tale distonia appare più formale che sostanziale, trattandosi di presidi organizzativi che dovrebbero connotare ogni realtà imprenditoriale, RORDORF R., Doveri e responsabilità degli organi della società alla luce del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Riv. Soc., 5, 2019, 929 e ss.; ROSSI A., Dagli assetti organizzativi alla responsabilità degli organi sociali nel Codice della crisi (Appunti per una lezione), in dirittodellacrisi.it, 13 giugno 2023.
[31] Ad esempio l’art. 2403 c.c., il quale pone in capo al collegio sindacale il compito di verificare che l’amministrazione rispetti i principi di corretta amministrazione, oppure l’art. 2409 terdecies c.c. il quale propone gli stessi valori ma applicati nell’ambito del sistema duale di amministrazione.
[32] Il Trib. Milano. Sez. imprese, sentenza n. 11105/2019 del 03.12.2019, in Giur. It., 2020, 12, 2708, con nota di Fregonara, ha osservato che: “E’ necessario dunque coniugare l’obbligo che grava anche sugli amministratori di S.r.l. semplificate di ocnservazione dell’integrità patrimoniale ….. e a tal fine vengono in soocrso criteri per la verifica in ottica ex ante dell’attività gestoria …. Ai quali ad oggi è stato riconosciuto rango di veri e propri “obblighi di legge” con l’introduzione del secondo comma dell’art. 2086 c.c. che formalizza il dovere, per gli imprenditori e per gli amministratori di tutte le società di capitale: -di adottare assetti organizzzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e dimensioni dell’impresa e finalizzati a mantenere e rilevare tempestivamente situazioni patologiche che potrebbero sfociare nella definitiva perdita della continuità aziendale intesa nella capacità dell’impresa di poter continuare a svolgere la propria attività; -di attiviarsi senza indugio per l’adozione e l’attuaizone di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero dell’attività aziendale”.
[33] Il Documento di ricerca Assetti organizzativi, amministrativi e contabili: profili civilistici ed aziendalistici, redartto dal C.N.D.C.E.C. – Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, del 07 luglio 2023, individua le principali variabili che caratterizzano un adeguato assetto organizzativo nella struttura organizzativa, nello stile di leadership e nei i sistemi operativi: “Le variabili appena descritte disegnano gli assetti organizzativi. La loro differente strutturazione costituisce un evidente segnale di come l’impresa tenga al profilo organizzativo, da cui si attivano una serie di decisioni ed azioni, strategiche ed operative, all’interno di un quadro strategico ben definito. È importante, inoltre soffermarsi sugli assetti organizzativi, poiché da essi derivano anche informazioni sulle responsabilità, dei soggetti decisori e di coloro ai quali sono assegnati compiti e mansioni, sulla scorta di procedure che dovrebbero essere adeguatamente formalizzate”.
[34] In decisioni di merito immediatamente successive all’entrata in vigore della norma in esame, veniva rilevata la condotta di mala gestio degli amministratori, con conseguente assoggettamento delle condotte alla responsabilità di cui all’art. 2476 c.c., per non aver dotato l’azienda di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili: “le condotte degli amministratori non in linea con i doveri gestori oggi predicati dall’art. 2086 secondo comma costituiscono una grave irregolarità nella gestione, alla quale è collegata la reazione della denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. (quindi anche da parte di altri soci) nonché la conseguente revoca dell’organo amministrativo con la nomina di un amministratore giudiziario”: in tal senso Tribunale di Milano, Sez. Imprese, 21.10.2019, in Giur. it., 2020, 363, con nota di Cagnasso; anche il Tribunale di Roma, con sentenza del 08.04.2020, in Società, 2020, 1339, nell’affrontare il tema della responsabilità dell’amministratore di società per un profilo inerente l’adeguatezza degli assetti organizzativi adottati nell’impresa in attuazione di quanto prescritto sia dall’art. 2381, 3° comma e soprattutto dell’art. 2086, 2° comma, rilevava la condotta di mala gestio: “…deve ritenersi che la condotta tenuta dai sig.ri (…), consistita nell’aver imprudentemente assunto un numero esorbitante di personale dipendente a tempo indeterminato, integri un atto di mala gestio da cui è scaturito un danno al patrimonio sociale, in misura pari ai costi per il personale (circa Euro 1.650.000,00) sostenuti dalla società”.
[35] Il Tribunale di Roma, nella sentenza del 15/9/2020, in Società, 2021, 2, 239, il quale nel considerare la mancata predisposizione degli adeguati assetti un atto di mala gestio, sottolinea però che le scelte adottate possono essere sindacate, ma nei limiti della cosiddetta business judgment rule: se, da un lato, la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporta una responsabilità dell’organo amministrativo, dall’altra non si potrà ritenere responsabile un amministratore che abbia comunque predisposte delle misure che, con una valutazione ex ante, risultavano adeguate alla individuazione tempestiva del venir meno della continuità aziendale. In precedenza sempre il Tribunale di Roma, con sentenza del 08.04.2020, già cit., ha espresso la posizione favorevole all’applicazione del principio facente capo alla business judgment rule, relativamente alla insindacabilità delle scelte operate dagli amministratori sulla definizione degli assetti organizzativi dell’impresa, sino a quanto gli stessi risultino conformi a criteri di legittimità e di ragionevolezza. In tal modo, si conferma l’idea che si tratterebbe sempre di scelte attinenti alla gestione (nello specifico, fra le più strategiche, per così dire), considerando che l’assetto organizzativo adeguato è oggetto di un obbligo gravante sugli amministratori, ma di carattere generale e dunque non predeterminato nel suo contenuto, sicché il limite non può che essere quello della irrazionalità, ossia delle scelte gestionali connotate da imprudenza e negligenza professionale. Ed infatti: “Il principio della Business Judgement Rule si applica anche alle scelte organizzative degli amministratori, che rimangono pur sempre decisioni afferenti al merito gestorio, per le quali vale il criterio della insindacabilità, a condizione che la scelta effettuata sia razionale (o ragionevole), non sia ab origine connotata da imprudenza, tenuto conto del contesto, e sia stata accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico”.
[36] DE NICOLA A., Commento sub Art. 2392 c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2005, 557, nota 45, specifica che “Business Judgment Rule è un’espressione di derivazione statunitense ove vige la regola giurisprudenziale secondo la quale i giudici non potranno ritenere gli amministratori responsabili dei danni provocati da una loro delibera se questa è stata assunta in buona fede, nell’onesto convincimento che fosse nel miglior interesse della società e dopo aver assunto adeguate informazioni”.
[37] La Corte di Cassazione, Sez. II Civile, con l’ordinanza 20 settembre 2024, n. 25260, in Quotidiano Giuridico, 2024, ha ribadito che: “non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società: ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, e quindi, l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste l’adempimento dei suo doveri sociali previsti dall’art. 2932 c.c.”. In precedenza i giudici di legittimità, con ordinanza n. 4849 del 16.02.23, in CED Cassazione, 2023, (rv. 666996-01),.oltre a ricordare la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori e i requisiti affinché la stessa possa essere avviata (i.e. sussistenza delle violazioni, verificarsi di un danno e nesso di causalità fra condotta e danno), hanno ribadito che “all’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex art. 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico e il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire scelte di gestione (o le modalità e circostanze di tali scelte), anche se presentino profili di rilevante alea economica”
[38] Secondo BENEDETTI L., “L’applicabilità della business judgement rule alle decisioni organizzative degli amministratori”, in Rivista delle società, Fascicolo 2-3, 2019, l’applicabilità della Business Judgment Rule alle scelte gestorie in materia di assetti è confermata adducendo la motivazione per cui l’ambito discrezionale entro il quale gli amministratori possono agire è insito alla clausola generale dell’adeguatezza: non si può quindi definire un dovere specifico in quanto il contenuto degli assetti non viene esplicitamente previsto dalla legge.
[39] E’ stato rilevato da SCIARELLI S. (1995), La crisi d’impresa, Il percorso gestionale di risanamento nelle piccole e medie imprese, Padova, 4, che “In assenza di opportuni interventi di risanamento le situazioni di squilibrio reddituale e patrimoniale, ossia l’incapacità di creare valore e di coprire i debiti, si protraggono nel tempo trasformandosi in crisi”. Inoltre: “Da un punto di vista giuridico, l’impresa si ritiene in crisi quando ricorre alle procedure concorsuali o quando è dichiarata fallita; mentre da quello aziendalistico, il mancato raggiungimento degli obiettivi di medio/lungo periodo portano a definire l’impresa in crisi:,cfr. PODESTÀ S., La crisi d’impresa in Italia: efficacia e limiti delle forme di intervento adottate, in Finanza Marketing e Produzione, 1984, n. 1, 9-48, in spec. 34.
[40] RORDORF R., Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, in I contratti, 2019, 2, 134, ha chiaramente affermato che “uno degli obiettivi del progetto di riforma consisteva nel realizzare un miglior coordinamento tra la disciplina concorsuale e quella societaria contenuta nel codice civile”, ed ancora “l’impresa è sempre un’attività economica organizzata, e perciò qualunque imprenditore, quale che sia la dimensione della sua impresa, deve comunque porsi in condizione di sapere per tempo se la sua attività è in grado di proseguire efficientemente o se vi siano sintomi di una crisi che potrebbe preludere all’insolvenza danneggiando così anche i suoi creditori”.
[41] Regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione.
[42] Nel sito dell’Autorità (www.eba.europe.eu) viene chiarito che: “Il Single Rulebook mira a fornire un unico insieme di norme prudenziali armonizzate che le istituzioni in tutta l’UE devono rispettare. Il termine Single Rulebook è stato coniato nel 2009 dal Consiglio europeo per riferirsi all’obiettivo di un quadro normativo unificato per il settore finanziario dell’UE che completerebbe il mercato unico dei servizi finanziari. Ciò garantirà un’applicazione uniforme di Basilea III in tutti gli Stati membri. Colmerà le scappatoie normative e contribuirà quindi a un funzionamento più efficace del mercato unico”.
[43] Direttiva (UE) 2019/2177 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2019, che modifica la direttiva 2009/138/CE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II), la direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, e la Direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
[44] Nell’ambito delle sue attribuzioni, in data 31 gennaio 2022, l’EBA ha lanciato la sua banca dati centrale per l’antiriciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Questo sistema europeo di segnalazione delle debolezze materiali CFT/AML, denominato EuReCA, sarà fondamentale per coordinare gli sforzi delle autorità competenti e dell’EBA per prevenire e contrastare i rischi di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo nell’Unione.
[45] Si ricorda che, letteralmente, con tale espressione si intende guardare avanti, guardare al futuro, e che, nel contesto che qui interessa, la locuzione assume il significato dell’adozione di nuove metodologie di analisi e valutazione prospettica che non solo aiutano a mitigare i rischi e a garantire la continuità aziendale ma che consentono anche una gestione anticipatoria e proattiva delle criticità, aiutando ad acquisire ed analizzare rapidamente dati e informazioni rilevanti che possono minacciare la vita aziendale.
[46] Gli Early Warning System sono modelli di intercettamento dei primi segnali di deterioramento del credito, con aspettative in termini di indicatori, criteri, dati e frequenze; quindi modelli predittivi in grado di individuare in modo tempestivo le posizioni di credito a rischio di deterioramento.
[47] Difatti il Codice promuove all’interno del mondo delle imprese una cultura manageriale basata sull’impiego di presidi organizzativi e strumenti gestionali adeguate e funzionali a un migliore controllo della situazione economico-finanziaria e reagire tempestivamente alle eventuali situazioni di squilibrio.
[48] Secondo Cassazione del 27 ottobre 2023, n. 29840, in CED Cassazione, 2023::“L’erogazone del credito è qualificabile come “abusiva”, qualora effettuata, con dolo o colpa, ad un’impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in assenza di concrete prospettive di superamento della crisi; in tale evenienza l’erogazione del credito integra un illecito del soggetto finanziatore, per esser questi venuto meno ai suoi doveri primari di prudente gestione, ed obbliga il medesimo soggetto al risarcimento del danno, ove ne discenda un aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività di impresa (cfr. Cass. (ord.). 30.6.2021, n. 18610 (Rv. 661819-01)”. Ed ancora specificando: “Propriamente, “concessione abusiva di credito” “designa l’agire del finanziatore che conceda, o continui a concedere, incautamente credito in favore dell’imprenditore che versi in istato d’insolvenza o comunque di crisi conclamata” (così in motivazione Cass. (ord.) n. 18610/2021).
[49] Cass., 30 giugno 2021, n. 18610, in Fallimento, 2021, 8-9, 1044 e Cass., 14 settembre 2021, n. 24725, in Foro It., 2021, 12, 1, 3897. La prima sentenza chiarisce che “L’erogazione del credito che sia qualificabile come “abusiva”, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere egli venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa”.
[50] “Orientamenti ai sensi dell’articolo 17 e dell’articolo 18, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2015/849 sulle misure di adeguata verifica della clientela e sui fattori che gli enti creditizi e gli istituti finanziari dovrebbero prendere in considerazione nel valutare i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo associati ai singoli rapporti continuativi e alle operazioni occasionali (“Orientamenti relativi ai fattori di rischio di ML/TF”), che abrogano e sostituiscono gli orientamenti JC/2017/37”., EBA/GL/2021/02, del 01.03.2021. Detti Orientamenti sono stati successivamente integrati dagli “Orientamenti sulle politiche e sui controlli per la gestione efficace dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (ML/TF) nel fornire accesso ai servizi finanziari” del 31.03.2023, EBA/GL/2023/04, entrambi in www.eba.europe.eu.
[51] La Banca d’Italia ha dato attuazioneagli Orientamenti E.B.A. in parola, c.d. di de-risking, nel mese di ottobre del 2023, attuazione con la quale gli Orientamenti assumono valore di orientamenti di vigilanza. Con nota n. 34 e n. 35 del 03 ottobre 2023, rispettivamente per gli Orientamenti EBA sulle politiche e sui controlli per la gestione efficace dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo (ML/TF) nel fornire accesso ai servizi finanziari (EBA/GL/2023/04), e per gli Orientamenti EBA di modifica agli Orientamenti in materia di fattori di rischio per l’adeguata verifica della clientela per quanto concerne i clienti che sono organizzazioni senza scopo di lucro (EBA/GL/2023/03), in www.bancaditalia.it.
[52] IURILLI C., Mutui e nullità di scopo, Milano, 2022, 183 e ss.
[53] Secondo BASTIA P. e RICCIARDIELLO E., Gli adeguati assetti organizzativi funzionali alla tempestiva rilevazione e gestione della crisi: tra principi generali e scienza aziendale, in Il Mulino – RivistaWeb, Banca Impresa e Società, 2020, 1 e ss., l’art. 20286 c.c. attribuirebbe “alla gestione dell’impresa una connotazionedel tutto speciale caratterizzata dall’obbbligo di prevenzione della crisi”, ove dunque i concetti di prevenzione e tempestività divengono un obbligo di fonte legale.
[54] Tribunale di Torino in data 4 ottobre 2022 (in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it) che, in sede di opposizione allo stato passivo, ha escluso dal concorso un credito riveniente da un finanziamento chirografario con garanzia del Mediocredito Centrale concesso ai sensi del dell’art. 13, comma 1, lett. m), d.l. 23/2020 (quindi un finanziamento “Covid”), per averlo la Banca accordato ad una società già in crisi, senza valutarne il merito creditizio, violando perciò il principio della “sana e prudente gestione” di cui all’art. 5 TUB.
[55] Si pensi a fattispecie riconducibili anche alla concessione abusiva di credito, ricollegata all’aggravamento del dissesto, in relazione a contenziosi fra banche e procedure concorsuali, declinato in termini di validità o invalidità dei contratti con i quali la finanza “abusiva” sia stata erogata. Sul tema cfr. Tribunale di Vicenza del 19 maggio 2022 (in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it) con cui si è dichiarata la nullità di due mutui concessi ad una società, poi fallita, la quale avrebbe manifestato, all’epoca delle stipulazioni, segnali di dissesto; finanziamenti, quelli, che da un lato sarebbero stati utilizzati per estinguere pregressi crediti chirografari del mutuatario nei confronti della banca stessa, dall’altro avrebbero aggravato il dissesto societario per importo almeno pari a quello dei finanziamenti erogati.
[56] Si pensi ad esempio a: ripetuti afflussi di bonifici, genericamente riferiti a fatture e/o versamenti di assegni, specie se di importo tondo e/o riconducibili a un’unica impresa o a un numero limitato di imprese controparti.
[57] Si pensi alle ipotesi di: imprese che hanno denunciato l’inizio di attività presso sedi legali fornite da prestatori di servizi di domiciliazione; imprese prive di strutture organizzative reali, funzionali allo svolgimento di un’attività economica effettiva, per l’incongruenza del numero degli addetti, di attrezzature, attivi e locali (desumibili, ad esempio, dalle relative voci di bilancio); imprese la cui partita IVA risulta cessata4 ovvero la cui partita IVA non risulta inclusa nell’archivio dei soggetti autorizzati a effettuare operazioni intracomunitarieimprese con mezzi patrimoniali limitati, in quanto prive di adeguata capitalizzazione, di finanziamenti da parte di soci e/o di terzi o di affidamenti bancari; imprese con frequenti variazioni della compagine proprietaria o amministrativa, della sede sociale o dell’oggetto sociale; imprese con oggetti sociali particolarmente ampi ed eterogenei; imprese i cui soci o amministratori hanno un dubbio profilo reputazionale per precedenti penali (connessi per lo più a reati patrimoniali, fiscali e fallimentari), sono gravati da eventi pregiudizievoli (quali protesti o fallimenti) oppure risultano nullatenenti o irreperibili.; imprese con legali rappresentanti o soci che, per il profilo soggettivo e/o per l’assenza di una adeguata conoscenza dell’impresa, sembrano essere meri prestanome. Possibili elementi rappresentativi dell’incoerenza rispetto al ruolo ricoperto sono, a titolo esemplificativo, l’età, lo status lavorativo/reddituale (ad esempio, percezione di eventuali prestazioni assistenziali erogate dall’INPS), la discordanza delle dichiarazioni rese in sede di adeguata verifica, la mancanza delle competenze e delle conoscenze attese per il tipo di attività, la difficoltà di comprensione della lingua italiana, la presenza di soggetti terzi che, pur non rivestendo ruoli formalizzati nell’impresa, mostrano di avere interesse alle dinamiche imprenditoriali.
[58] Salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648 648-bis e 648-ter è punito con la reclusione da due a sei anni. La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi, al fine di eludere le disposizioni in materia di documentazione antimafia, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di imprese, quote societarie o azioni ovvero di cariche sociali, qualora l’imprenditore o la società partecipi a procedure di aggiudicazione o di esecuzione di appalti o di concessioni.
[59] L’art. 512-bis c.p., quindi, prevede una fattispecie a forma libera, che si concretizza nella dolosa determinazione di una situazione di apparenza giuridica e formale della titolarità o della disponibilità del bene, difforme dalla realtà, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, ovvero al fine di agevolare la commissione di reati relativi alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza. In tal senso cfr., Cass. Pen. Sez. II, 12 luglio 2022, n. 26902, in Rivista italiana dell’antiriciclaggio, 2022, 287 e ss. Altresì, secondo la Seconda Sezione della Corte di Cassazione (Sentenza del 22 settembre 2022, n. 35455, in dirittoeconomiaimpresa.it), che si è soffermata sui rapporti tra i delitti di cui all’art. 648 ter1 e 512 bis c.p., ha chiarito che il delitto di trasferimento fraudolento di valori, di cui all’art. 512 bis c.p., concorre con il delitto previsto dall’art. 648 ter 1, in quanto la condotta di autoriciclaggio non presuppone nè implica che l’autore di essa ponga in essere anche un trasferimento fittizio ad un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto. Secondo la Suprema Corte, tale principio si pone in perfetta continuità con la giurisprudenza di legittimità che, da epoca precedente l’introduzione della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 648 ter 1 c.p., ritiene che il delitto di trasferimento fraudolento di valori possa fungere da reato presupposto dei delitti di cui agli artt. 648 bis e 648 ter c.p., giacché, alla luce della ratio della disposizione, tesa ad impedire la divaricazione tra titolarità formale e reale di beni appartenenti a soggetti sottoponibili a misura di prevenzione, deve riconoscersi carattere illecito al profitto delle attività oggetto di fittizia intestazione in quanto facenti capo formalmente a soggetto diverso da quello esposto all’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale e alla conseguente ablazione.
[60] L’articolo 316 bis è stato aggiunto nel codice penale sotto la rubrica di “Malversazione a danno dello Stato”, dall’art. 3, L. 26 aprile 1990, n. 86, in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione; successivamente è stato modificato dall’art. 1, l. 7 febbraio 1992, n. 181, che ha inserito un espresso riferimento alle Comunità europee. Secondo detto articolo, “chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunita’ europee contributi, sovvenzioni ((, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o piu’ finalita’, non li destina alle finalita’ previste)), e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. Con la sentenza n. 331 del 7 gennaio 2021 (in ipsoa.it/documents/quotidiano/2021/02/24/malversazione-reato-presupposto-autoriciclaggio-rischi-professionisti) la Suprema Corte si è pronunciata circa la configurabilità del reato di malversazione ai danni dello Stato quale “presupposto” integrativo del distinto reato previsto e punito dall’art. 648 ter 1 cp, rectius, autoriciclaggio.
[61] Sul tema, ex multis, cfr., ROMANO M., I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali: art. 314-335-bis cod. pen., Commentario sistematico, Milano, 2019, 72; LOMBARDO V., La malversazione a danno dello Stato, in Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, a cura di Romano-Marandola, Milano, 2020, 106.
[62] “Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per se’ o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunita’ europee e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
[63] In tal senso, DI VIZIO F., I nuovi abusi penali nelle sovvenzioni pubbliche: dalla direttiva pif al decreto sostegni-ter, in Teoria ed empiria del riciclaggio e dell’autoriciclaggio”, diritto penale e modelli economici nella dimensione nazionale ed internazionale, a cura di De Flammineis, Guerrini e D. Micheletti, Napoli, 2024.
[64] L’impianto della normativa di contrasto del riciclaggio e del terrorismo scaturisce dalle fonti internazionali ed è incentrato sul concetto di segnalazione di operazione sospetta, la cui rilevazione è affidata alla capacità dei segnalanti di individuare gli eventuali comportamenti criminogeni dei clienti/utenti e alla loro propensione alla collaborazione attiva. Si tratta di un’attività il cui valore aggiunto risiede nella valutazione e ponderazione degli elementi di rischio della clientela da parte dei gate keeper del sistema, ovvero un’ampia e diversificata platea di segnalanti, cui appartengono banche, intermediari finanziari e di pagamento.
[65] Secondo i principi EBA, “in particolare, nelle situazioni in cui il rischio ML/TF associato al singolo rapporto è accertato, gli enti dovrebbero adottare misure sensibili al rischio per capire se i fondi utilizzati per il rimborso del credito, compreso il contante o mezzi equivalenti forniti come garanzia, provengono da fonti legittime. Nel considerare la legittimità della provenienza dei fondi, gli enti dovrebbero tenere conto dell’attività che ha generato i fondi e valutare se tali informazioni sono credibili e coerenti con la conoscenza che l’ente ha del cliente e della sua attività professionale.”
[66] In dottrina sul tema, ex multis cfr., BENAZZO P., Il Codice della crisi d’impresa e l’organizzazione dell’imprenditore ai fini dell’allerta: diritto societario della crisi o crisi del diritto societario?, in Rivista delle società, n. 2-3, 2019; BOCCHINI E., Riforma organica della disciplina della crisi d’impresa ed economia dell’informazione: una lettura, in Studi dedicati a Federico Martorano, Napoli, Esi, 2006; FAUCEGLIA G., Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Giappichelli, Torino, 2019; FORTUNATO S., Codice della crisi e codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Rivista delle società, n. 5-6, 2019.
[67] Si pensi alle interconnessione tra il contenuto del business plan e la capacità di generare cash flow a regime rispetto al fatturato e al servizio del debito; i ricavi; il risultato operativo; l’incidenza dei costi specifici; gli oneri finanziari e fiscali; la politica dei dividendi e l’utile realizzato; le modalità di finanziamento e le garanzie offerte; le risorse esterne e interne e, non da ultimo, gli indici di bilancio (ad esempio il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi, il rapporto tra indebitamento a breve e a lungo termine, la copertura delle immobilizzazioni, il capitale circolante…).
[68] Si ricorda infatti come la gestione aziendale, oltre a un corretto assetto patrimoniale, deve garantire un continuo
rinnovamento delle risorse monetarie mediante flussi in entrata e in uscita, tale da sostenere adeguatamente il complesso flusso di costi e ricavi legato al ciclo economico.
[69] Si ricorda come uno dei principali criteri valutativi EBA in sede di controlli AML sia “Il background del cliente o del titolare effettivo è coerente con le informazioni note all’impresa riguardanti la sua attività economica precedente, attuale o prevista, il volume d’affari delle sue attività, l’origine dei fondi e del patrimonio del cliente o del titolare effettivo?”.
[71] Tale aspetto è di fondamentale importanza specialmente in ipotesi di una carenza di liquidità, a fronte dell’esigenza di far fronte ai pagamenti a breve termine per i quli si richiede un finanziamento bancario. In merito a ciò, il rendiconto finanziario è uno tra gli strumenti più idonei a fornire le informazioni sulle variazioni (flussi) intervenute nelle risorse finanziarie e patrimoniali (stock) e sulle cause originanti.
[72] Per ulteriori approfondimenti, cfr., MERUZZI G., L’informativa endo-societaria nella società per azioni, in Contratto e impresa, 3, 2010, 751.
[73] Un mutuo garantito dalla garanzia statale del Mcc (Mediocredito centrale) potrebbe essere affetto da nullità se la banca abbia approfittato della garanzia omettendo di eseguire gli opportuni e diligenti controlli di valutazione del merito creditizio dell’impresa finanziata, approfittando della possibilità di erogare finanza garantita, magari utilizzando la stessa liquidità per rientrare delle proprie esposizioni pregresse. Le operazioni di finanziamento messe in atto dalle banche senza adeguata attenzione si porrebbero dunque in contrasto con il già citato art. 316-ter c.p., a cagione delle omesse le informazioni dovute per l’erogazione dei finanziamenti e relative al merito dello stato di insolvenza della società che hanno beneficiato, dunque, indebitamente della garanzia statale.
[74] BIANCA M., Le norme positive ed i concetti in tema di assetti organizzativi dell’impresa prima della riforma dell’art. 2086 c.c., in Gli assetti organizzativi dell’impresa, Quaderno 18, 2022, 87), ha inteso affermare che “…con la riforma del 2003 la predisposizione di assetti adeguati alla natura ed alla dimensione dell’impresa diviene, quindi, una vera e propria regola di condotta. La sua inosservanza, se causa di conseguente pregiudizio, può comportare – secondo i rispettivi criteri di imputazione – la responsabilità dei componenti degli organi di gestione e di controllo”. Sul tema anche MONTALENTI P., I principi di corretta amministrazione: una nuova clausola generale, in AA.VV., Assetti adeguati e modelli organizzativi, diretto da M. Irrera, Bologna, 2016, 3.
[75] Secondo il Tribunale di Asti (sentenza n.105 dell’8 gennaio 2024, in dirittobancario.it), “il negativo andamento economico patrimoniale della società finanziata era facilmente desumibile a priori dall’analisi dei dati risultanti dai bilanci depositati al registro imprese, aventi natura pubblica e la corrispondenza intercorsa tra le parti e riferita alla stipula del contratto di mutuo dava evidenza dell’assenza di una anche minima attività istruttoria compiuta dall’istituto di credito prima di concedere il finanziamento. La banca, al contrario, avrebbe dovuto svolgere una reale e approfondita istruttoria circa la solvibilità della società, a maggior ragione considerate le risultanze dei bilanci e della centrale dei rischi della Banca d’Italia. Tale condotta dimostrerebbe la consapevolezza delle reali condizioni di solvibilità della società e la piena l’accettazione del rischio di erogazione del finanziamento”. Si legge altresì nella pronuncia “… la società aveva un’altissima percentuale di crediti insoluti emergente dalle rilevazioni della centrale rischi della Banca d’Italia, derivante dalla pratica di emissione di fatture per consegne in realtà non effettuate e presentazione delle stesse agli istituti di credito per l’anticipazione con successiva sostituzione delle fatture con altre efeffettivamente corrispondenti a prestazioni compiute, ciò che produceva, laddove non fosse possibile per carenza di liquidità richiamare la prima fattura, il mancato paganmento della stessa con conseguente rilievo dell’insoluto e addebito del credito anticipato da patte delle banche … in vista dell’erogazione del mutuo non era stata svolta dall’istituto alcunn seria istruttoria, come emergeva dagli scambi di comunicazioni e-mail intercorsi tra le parti, dai documenti ad esse allegati e nonostante le indicazioni normative e regolamentari richiedessero di valutare realisticamente le possibilità di rientro delle imprese ai fini dell’erogazione di finanziamenti destinati ad avere accesso alle garanzie pl!bbliche e le indicazioni operative fornite dal Ministero per lo sviluppo economico demandassero agli istiruti bancari la valutazione del merito creditizio e la verifica delle condizioni dell’impresa beneficiaria.”
[76] Si ricordano al proposito le parole di BIANCA M., op. cit., 89, secondo cui “… nel lessico del codice civile, in particolare nel compendio di norme che compongono lo statuto dell’imprenditore, l’organizzazione è fatta di uomini e di mezzi. Dato che, almeno sul piano sistematico, è quantomeno auspicabile che i termini mantengano (almeno) nel codice il medesimo significato, non è banale chiedersi se gli assetti organizzativi in questione non comprendano, assieme a funzioni, procedure e direttive, anche l’apprestamento ed il coordinamento dei beni atti a far sì che queste funzionino realmente…”.