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La Cassazione sul regime transitorio dell’abrogazione del requisito della nuova procura speciale nel procedimento di definizione accelerata dei ricorsi ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. (Cass. sez. un. 4 giugno 2025 n. 14986)
Di Marco Farina -
1.Il D.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 (d’ora in poi, anche solo il Decreto Correttivo)[1] ha interessato solo in minima parte il giudizio di cassazione.
Al di là, infatti, dell’esplicito chiarimento relativo al fatto che, anche qualora il controricorso contenga un ricorso incidentale, esso andrà semplicemente depositato (nei quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale) e non anche notificato[2], il Decreto Correttivo si è limitato a modificare l’art. 380-bis c.p.c.[3] eliminando, al secondo comma, le parole «munito di una nuova procura speciale».
Il regime transitorio dell’unica effettiva[4] modifica apportata dal Decreto Correttivo al giudizio di cassazione, diversamente da quanto avvenuto nel D.lgs. 149/2022, non è divenuta, tuttavia, oggetto di una specifica ed apposita disciplina[5].
Se ne è (almeno) inizialmente desunto che a trovare applicazione per individuare l’ambito di applicazione ratione temporis (anche) dell’art. 380-bis c.p.c., nella versione risultante dalla modifica apportata a tale norma dall’art. 3, comma 3, lett. n), del D.lgs. 164/2024, dovesse essere la disposizione (generale) contenuta al primo comma dell’art. 7 dello stesso Decreto Correttivo, ai sensi del quale «ove non diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023».
Un tal modo di intendere il regime transitorio della previsione relativa alla eliminazione della necessità di una nuova procura speciale per il deposito dell’istanza di decisione collegiale del ricorso a seguito della notificazione della proposta del presidente o del consigliere delegato produceva, tuttavia, alcune incongruenze applicative: in primo luogo, poiché l’art. 380-bis c.p.c. si applica a tutti i giudizi di cassazione pendenti al 1° gennaio 2023 per i quali non era stata ancora fissata, a quella data, l’udienza pubblica di discussione o l’adunanza in camera di consiglio, si sarebbe, allora, dovuto ritenere che, in caso di proposta ex art. 380-bis c.p.c. notificata in relazione ad un giudizio di cassazione pendente al 1° gennaio 2023, l’istanza di decisione avrebbe dovuto continuare ad essere necessariamente corredata di una nuova procura speciale a pena di nullità, ancorché il termine per il suo deposito tempestivo, idoneo ad evitare la presunzione di rinuncia del ricorso, scadesse dopo l’entrata in vigore del Decreto Correttivo (ossia, dopo il 26 novembre 2024); per altro verso, nei casi di proposta notificata in relazione ad un giudizio di cassazione iniziato con ricorso notificato dopo il 28 febbraio 2023, sorgeva il dubbio se un’istanza, depositata prima del 26 novembre 2024, priva della procura speciale imponesse al collegio, in ogni caso chiamato a pronunciarsi sulla sua ritualità[6], di prendere atto della (radicale ed immutabile) inidoneità di detta istanza a provocare il dovere decisorio della Corte sul ricorso proprio in ragione del difetto di procura, oppure imponesse alla Corte di rendere una decisione sul fondo del ricorso in ragione della (oramai) sopravvenuta validità della istanza stessa allorché – si intende – l’adunanza in camera di consiglio si fosse svolta dopo il 26 novembre 2024.
2.Su entrambe le questioni si sono pronunciate le sezioni unite[7] della Cassazione con sentenza n. 14986 del 4 giugno 2025, all’esito dell’udienza pubblica di discussione fissata a seguito dell’ordinanza interlocutoria del 7 gennaio 2025 nella quale era stata segnalata la rilevante importanza della questione relativa all’applicazione ratione temporis della nuova formulazione del secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c.[8]
La sentenza n. 14986/2025 ha, innanzi tutto, escluso che la disciplina transitoria relativa alla modifica del secondo comma dell’art. 380-bis debba ricavarsi dalla norma “generale” contenuta nel primo comma dell’art. 7 del Decreto Correttivo.
Al contrario, secondo le sezioni unite, il riferimento contenuto nel primo comma dell’art. 7 ai procedimenti introdotti dopo il 28 febbraio 2023 non può che alludere ai soli giudizi di primo (e secondo grado[9]), nel senso che la norma transitoria ivi dettata deve intendersi esclusivamente riferita alle modifiche “correttive” apportate dal Decreto Correttivo alle disposizioni dettate per il giudizio di primo grado (e per il giudizio di appello[10]).
La lettura della disciplina transitoria del Decreto Correttivo da parte delle sezioni unite è, insomma, tale per cui i) le norme del d.lgs. 164/2024 che hanno interessato il giudizio di primo grado (e quello di appello) si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Correttivo, purché iniziati dopo il 28 febbraio 2023[11]; ii) l’unica norma del Decreto Correttivo che ha concretamente inciso sul giudizio di cassazione – ossia la norma che ha eliminato il requisito della procura speciale originariamente previsto dal terzo comma dell’art. 380-bis – si applicherà, come già avveniva nel vigore dell’art. 35, comma 6, D.lgs. 149/2022, ai giudizi di cassazione pendenti al 1° gennaio 2023.
Tale conclusione viene fatta discendere, oltre che da argomenti testuali, dall’osservazione secondo la quale è stato lo stesso legislatore ad aver chiarito, nella relazione che accompagna il Decreto Correttivo, di aver voluto operare un saldatura tra la disciplina transitoria del d.lgs. 149/2022 e quella del Decreto Correttivo stesso, di modo che l’interpretazione dell’art. 7 del Decreto Correttivo deve essere tale da dare attuazione, ove non diversamente previsto in modo espresso dallo stesso articolo 7, al principio generale per cui non può e non deve differenziarsi l’applicazione nel tempo delle disposizioni corrette rispetto a quella delle corrispondenti norme originariamente introdotte e/o modificate dal D.lgs. 149/2022[12].
Chiarito, quindi, che l’eliminazione del requisito della procura speciale per il deposito dell’istanza di decisione del ricorso ai sensi del secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c. vale per tutti i giudizi di cassazione pendenti al 1° gennaio 2023[13], rimaneva da verificare se l’applicazione del nuovo e più liberale requisito di validità dell’istanza in esame i) sia limitata alle sole istanze depositate a fronte di proposte di definizione comunicate dopo il 26 novembre 2024 o, comunque, alle sole istanze depositate dopo questa stessa data[14], ancorché a fronte di proposte di definizione notificate precedentemente, ovvero ii) possa estendersi anche ad istanze depositate prima del 26 novembre 2024 e sulle quali, a questa medesima data, non sia stato già assunto un provvedimento che abbia portato alla definitiva chiusura del procedimento.
La soluzione adottata dalle sezioni unite è quella per cui la soppressione del requisito della nuova procura speciale vale solo per le istanze depositate a decorrere dal 26 novembre 2024 (incluso)[15], ancorché a fronte di proposte di definizione accelerata notificate in una data precedente.
Secondo la sentenza che qui si segnala, non può infatti condividersi la tesi[16] per cui, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Correttivo e della correlata eliminazione della necessità per il difensore del ricorrente di munirsi di una nuova procura speciale per il deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, potrebbe così dirsi verificata una generalizzata sanatoria delle invalidità prodottesi nel vigore della vecchia norma, in quanto ciò contrasterebbe sia con la regola generale per cui la legge non può che disporre che per l’avvenire[17], sia con il principio tempus regit actum[18].
Il regime di validità dell’atto processuale – in questo caso, l’istanza di decisione collegiale del ricorso – è, infatti, quello vigente al momento in cui l’atto è stato compiuto, cosicché non può aver rilievo la circostanza per cui uno dei requisiti che la legge prevede affinché l’atto possa produrre gli effetti che gli sono propri venga meno per effetto di una norma entrata in vigore dopo che l’atto stesso è stato posto in essere.
Poiché, prima del 26 novembre 2024, l’istanza di cui al secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c., per produrre il suo effetto di imporre alla Cassazione la decisione collegiale sul merito del ricorso, doveva non solo essere depositata entro il termine di 40 giorni dalla notificazione della proposta (pena, altrimenti, l’estinzione del procedimento in ragione della presunzione assoluta della rinuncia al ricorso) ma, di più, essere sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, si dovrebbe allora concludere nel senso che la sottoscrizione ed il deposito dell’istanza da parte del difensore non munito di una nuova procura speciale allorché era ancora in vigore la norma che ne prevedeva la necessità integrerebbero una violazione oramai definitivamente consumatasi ed insanabile, tantomeno con effetti ex tunc.
Anche, infatti, a voler ammettere che la sopravvenuta soppressione di detto requisito formale possa operare, a decorrere comunque dal 26 novembre 2024, per istanze depositate precedentemente, dovrebbe, in ogni caso, rilevarsi che la sopravvenuta validità e/o ammissibilità dell’istanza potrebbe prodursi in un momento successivo alla scadenza del termine entro il quale l’istanza stessa deve essere depositata per evitare la presunzione (assoluta) di rinuncia del ricorso e la sua chiusura con un decreto di estinzione del presidente ai sensi dell’art. 391 c.p.c.
Da ciò, in effetti, le sezioni unite sembrerebbero ricavare la regola secondo la quale ciò che rileva ai fini dell’applicazione ratione temporis della più benevole disciplina formale dell’istanza non è tanto il momento in cui l’istanza è stata depositata ma, diversamente, il momento in cui è scaduto inutilmente il termine di quaranta giorni dalla notificazione della proposta di definizione: se questo termine scade dopo il 26 novembre 2024, l’istanza sottoscritta dal difensore non munito di una nuova procura speciale sarà idonea ad imporre alla Corte il dovere di decidere il ricorso sur le fond ancorché detta istanza sia stata, per accidente, depositata prima della data di entrata in vigore del Decreto Correttivo.
Questa, in effetti, è la lettura che parrebbe imporsi della decisione della Cassazione, alla luce di quanto espressamente rilevato nella motivazione in merito al fatto che «nei procedimenti di definizione accelerata il cui termine per richiedere la decisione sia scaduto dopo il 26.11.2024, deve applicarsi la nuova disciplina e, quindi, l’eventuale carenza della nuova procura speciale non è di ostacolo per l’esame e la decisione del ricorso in adunanza camerale o in pubblica udienza, risultando superflua una nuova istanza che, dato il mutato quadro normativo, non richiederebbe il deposito di una nuova procura».
Nel caso concretamente posto alla sua attenzione, pertanto, la Corte ha dichiarato l’estinzione del processo «ai sensi dell’art. 391, comma primo, c.p.c., con possibilità di proporre istanza ai sensi dell’art. 391, comma terzo, c.p.c., per la verifica sulla regolarità della statuizione adottata», ritenendo che l’assenza del requisito formale costituito dalla nuova procura speciale conduca al medesimo esito cagionato dalla istanza radicalmente mancante. Ciò che, come anticipato, sembra in effetti giustificare la correttezza della soluzione più rigorosa infine fatta propria dalle sezioni unite in merito all’impossibilità di dare rilievo ad una sorta di sopravvenuta validità della istanza a seguito dell’entrata in vigore, successivamente alla scadenza del termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis, della norma che ha disposto l’abrogazione del requisito della procura[19].
3.A nostro modo di vedere, tuttavia, vi era anche un altro modo di impostare la questione ed esso avrebbe consentito di adottare la soluzione più liberale, ossia consentire anche ad istanze irrituali per difetto di procura depositate prima dell’entrata in vigore del Decreto Correttivo di provocare, in ogni caso, il dovere decisorio della SC sul merito del ricorso all’esito di un’adunanza in camera di consiglio o di un’udienza pubblicata fissate (si intende) dopo il 26 novembre 2024.
Tale conclusione, in effetti, si sarebbe potuta raggiungere qualora si fosse ritenuta meritevole di adesione la ricostruzione che, a quanto ci consta, la prevalente giurisprudenza della Cassazione offre della fattispecie della istanza tardiva o irrituale ai sensi del secondo comma dell’art. 380-bis.
Questo orientamento[20] esprime il seguente principio di diritto: «quando l’istanza di definizione del giudizio dopo la formulazione della proposta sia stata fatta in modo irrituale, il Collegio fissato in adunanza camerale definisce il giudizio in conformità alla proposta per ragioni di rito impedienti la discussione su di essa con piena applicazione del comma 3 dell’art. 380-bis c.p.c.».
L’istanza tardiva o irrituale[21] non determina, quindi, di per sé l’estinzione del procedimento ma impone, comunque, una decisione sul ricorso, ancorché in termini esattamente corrispondenti a quelli della proposta, ritenuta non discutibile per ragioni di rito, ossia per inesistenza di un atto avente i requisiti di cui al secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c.
Aderendo a questa ricostruzione, si sarebbe potuto ritenere che l’istanza (al tempo) viziata per difetto di procura (allora richiesta ai fini della sua ritualità), così come (al pari di quella tardiva) conduceva il collegio ad una decisione del ricorso ancorché in (obbligata) conformità alla proposta – non imponendogli, pertanto, di rendere una decisione di (mera) ricognizione della estinzione del procedimento già verificatasi al momento della inutile scadenza del termine di quaranta giorni dalla notificazione della proposta di definizione o, comunque, del tempestivo deposito di una istanza viziata o irrituale – poteva allora (anche) giustificare l’attualizzarsi del dovere decisorio della SC sul merito del ricorso (in conformità o meno alla proposta, insomma) in ragione della necessità di operare la valutazione della (ir)ritualità della istanza in tale successivo momento e non, invece, al momento della scadenza del termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis c.p.c.
Ciò detto, deve, tuttavia, anche osservarsi che l’orientamento in esame, dopo aver premesso quanto sopra sintetizzato in termine di ricostruzione della fattispecie della istanza tardiva o irrituale, adopera una formula decisoria del ricorso che sembra in contraddizione con questa stessa ricostruzione; e ciò perché nei tre casi segnalati, la SC dichiara il ricorso inammissibile assegnando al difetto di procura la capacità di cagionare l’inammissibilità della istanza allo stesso modo in cui è essa è cagionata dal difetto di procura speciale per la proposizione del ricorso stesso ai sensi dell’art. 365 c.p.c.
Se così fosse, però, alla istanza tardiva o irrituale non potrebbe riconoscersi alcuna capacità di far transitare il procedimento alla fase della decisione del ricorso ancorché in obbligata conformità alla proposta di definizione accelerata (ciò che invece viene postulato dalle pronunce indicate) in quanto l’inammissibilità della istanza tardiva o irrituale dovrebbe condurre a ritenere quest’ultima tamquam non esset e, dunque, per definizione idonea a produrre una situazione equivalente a quella della mancanza tout court dell’istanza cui consegue l’estinzione del procedimento ai sensi dell’art. 391 c.p.c. (per il ricorrere di una fattispecie di tipizzata ed ex lege rinuncia tacita).
Delle due l’una, verrebbe da dire: i) se l’istanza tardiva o irrituale è, comunque, capace di attualizzare un dovere decisorio collegiale della Corte ancorché in obbligata conformità della proposta, si deve ritenere che il sopravvenire della eliminazione del requisito della nuova procura speciale allorché questo dovere decisorio viene disimpegnato giustifica la conclusione circa la (se si vuole) sopravvenuta ritualità dell’istanza depositata prima del 26 novembre 2024, seppur al tempo viziata per difetto di procura; ii) al contrario, se l’istanza tardiva o irrituale è tamquam non esset e determina, sin da subito, una situazione equivalente a quella della mancanza tout court dell’istanza stessa, la soluzione adottata dalle sezioni unite è l’unica possibile.
Poiché, come visto, nella giurisprudenza della Corte prevale la soluzione sintetizzata sub i), la sentenza in esame avrebbe, quantomeno, dovuto prospettare la possibilità di una soluzione diversa ed opposta a quella (molto rigorosa) infine adottata.
[1] Il Decreto Correttivo è entrato in vigore il 26 novembre 2024.
[2] L’opportunità del chiarimento (non anche la sua necessità, a dire il vero) è dipesa dal fatto che l’art. 371, quarto comma, c.p.c. continuava a prevedere, anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 149/2022, che il controricorso al ricorso incidentale andasse depositato «a norma dell’articolo precedente». Poiché l’articolo precedente (ossia, l’art. 370 c.p.c.) prevede che il controricorso al ricorso principale vada depositato entro quaranta giorni dalla «notificazione del ricorso» (principale), allora il rinvio alle modalità di cui all’art. 370 c.p.c. che compariva nell’art. 371, quarto comma, c.p.c. poteva essere inteso (con notevole sforzo, ad essere sinceri) nel senso che questo controricorso (del ricorrente principale) andasse pure esso depositato entro quaranta giorni dalla «notificazione del ricorso» (incidentale) di cui, quindi, poteva supporsi fosse allora necessaria la notificazione (da farsi nello stesso termine di quaranta giorni previsto per il deposito), ancorché l’art. 370 c.p.c. prevedesse che il controricorso (ossia, l’atto che deve contenere il ricorso incidentale) dovesse essere (semplicemente) depositato. Per eliminare qualsiasi dubbio, il legislatore del correttivo ha modificato il quarto comma dell’art. 371 eliminando le parole «a norma dell’articolo precedente» e sostituendole con quelle «entro quaranta giorni dal deposito dell’atto di cui al primo e al secondo comma». Così, appunto, chiarendo che (anche) il controricorso al ricorso principale che contenga un ricorso incidentale deve essere semplicemente depositato (e non anche notificato).
[3] La norma, come noto, ha introdotto un meccanismo di decisione accelerata dei ricorsi manifestamente infondati, inammissibili o improcedibili. In via di estrema sintesi, il meccanismo della norma prevede che il presidente della sezione cui è stato assegnato il ricorso (o un consigliere da questi delegato) può comunicare alle parti una proposta di definizione del ricorso nei casi di inammissibilità, improcedibilità e manifesta infondatezza del ricorso; a questo punto, il ricorrente deve chiedere la decisione del ricorso con istanza depositata entro 40 giorni dalla notificazione della proposta, altrimenti il ricorso si intende rinunciato.
[4] Come chiarito nella nota 2, la modifica dell’art. 371, quarto comma, c.p.c. non ha alcun reale valore precettivo, nel senso che si limita a chiarire, al di là di ogni possibile dubbio, il funzionamento di una norma già esistente. Anche le altre minimali modifiche che riguardano l’eliminazione, negli articoli 371-bis, 373 e 384 c.p.c. del riferimento al deposito in «cancelleria» – oramai non più attuale a seguito della definitiva implementazione del processo civile telematico – sono prive di effettivo valore precettivo.
[5] Ai sensi dell’art. 35, commi 5 e 6, le norme del D.lgs. 149/2022 che hanno modificato il giudizio di cassazione sono state divise in due gruppi: per quelle relative agli atti introduttivi (ricorso e controricorso), al quinto comma se ne è prevista l’applicazione ai giudizi iniziati con ricorsi notificati dopo il 1° gennaio 2023; per quelle relative al procedimento, il sesto comma ha previsto che esse si applichino (pure) ai procedimenti pendenti al 1° gennaio 2023 rispetto ai quali, tuttavia, a quella medesima data non risultasse ancora fissata l’adunanza in camera di consiglio o l’udienza pubblica di discussione. Ulteriore disposizione transitoria relativa al giudizio di cassazione è anche quella di cui al comma 7 dell’art. 35 D.lgs. n. 149/2022, il quale ha disposto l’applicabilità del rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363-bis c.p.c. in tutti i giudizi di merito pendenti al 1° gennaio 2023.
[6] Per il senso e l’importanza di questa precisazione v. infra.
[7] Il fatto che la decisione sia stata resa dalle sezioni unite dipende esclusivamente dalla circostanza che il ricorso era stato proposto contro la decisione del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia per motivi di giurisdizione. Deve, tuttavia, osservarsi che le sezioni unite, ancorché inconsapevolmente, hanno assunto una decisione in contrasto con altra resa dalla terza sezione con ordinanza n. 2526 del 3 febbraio 2025, nella quale – seppure in una fattispecie dai contorni a dir poco singolari – si è ritenuto che la soppressione del requisito della procura si applicasse anche a proposte di definizione notificate al di là di quaranta giorni prima del 26 novembre 2024 (v. infra per il senso di quest’ultima affermazione). È non è, peraltro, irrilevante notare che l’ordinanza della terza sezione 2526/2025 (pure evocata nella sentenza delle sezioni unite che si sta esaminando) ha ritenuto che, in caso di deposito tardivo o viziato dell’istanza di fissazione, ciò produca senz’altro l’effetto legale di una rinuncia (tacita) al ricorso con conseguente automatica estinzione del procedimento. Aderendo senz’altro a questa configurazione – che, tuttavia e come si vedrà, non è quella prevalente nella giurisprudenza della SC – diventa impossibile o, comunque, sommamente difficile consentire ad una istanza di decisione antecedente al 26 novembre 2024 di provocare la decisione sul fondo del ricorso, se sottoscritta da un difensore non munito di una nuova procura speciale. Ma su questo aspetto v. subito infra.
[8] L’ordinanza è pubblicata su questa rivista con nota di commento di B. Capponi, La “nuova procura speciale” in Cassazione e il pasticcio del correttivo.
[11] Conviene precisare che le norme del Decreto Correttivo che hanno modificato il giudizio di appello si applicheranno, come già avveniva ai sensi dell’art. 35, comma 4, del D.lgs. 149/2022, agli appelli iniziati dopo il 28 febbraio 2023, indipendentemente dall’inizio del giudizio di primo grado e dalla data della pronuncia della sentenza che aveva definito questo stesso primo grado di giudizio. In realtà, le sezioni unite limitano l’applicazione dell’art. 7, comma 1, del Decreto Correttivo alle sole norme di quest’ultimo che hanno modificato il giudizio di primo grado; tuttavia, le stesse ragioni che inducono, come vedremo, le sezioni unite a ritenere applicabile alla modifica del terzo comma dell’art. 380-bis la medesima disciplina transitoria di cui al comma 5 dell’art. 35 D.lgs. 149/2022, possono essere addotte anche con riferimento alle norme del Decreto Correttivo che hanno modificato il giudizio di appello. Anche per queste, quindi, varrà, come detto, la regola per cui esse troveranno applicazione, ove possibile, agli appelli pendenti al 26 novembre 2024, purché iniziati dopo il 28 febbraio 2023.
[12] Ovviamente, si tratta di regola o principio di applicazione solamente tendenziale e non assoluta, perché come opportunamente chiarito da due precedenti contributi pubblicati su questa medesima rivista (B. Capponi, Noterella sulla disciplina transitoria del decreto legislativo 31 ottobre 2024, n. 164; P.G. Attanasio, Clausola di retroattività nel Correttivo alla Riforma Cartabia? Riflessioni sull’esatta interpretazione dell’art. 7, comma 1, d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164), l’applicazione del Decreto Correttivo non potrà in nessun caso essere retroattiva; nel senso che, ad es., la previsione che ha modificato l’art. 183-ter c.p.c. – originariamente introdotto dal D.lgs. 149/2022 e applicabile, inizialmente, ai soli giudizi iniziati dopo il 28 febbraio 2023 (su questo punto, il comma 3 dell’art. 7 del Decreto Correttivo è intervenuto sancendo che le ordinanze di cui agli artt. 183-ter e 183-quater siano applicabili anche ai giudizi pendenti al 28 febbraio 2023) – sancendo che essa è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale varrà sì per le ordinanze emesse nell’ambito di giudizi pendenti in primo grado al 28 febbraio 2023 ma solo se rese dopo l’entrata in vigore del Decreto Correttivo. L’attitudine dell’ordinanza di accoglimento a costituire titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale sancita da una norma entrata in vigore il 26 novembre 2024 non può, infatti, incidere retroattivamente sul regime di una ordinanza emessa allorché quella attitudine era esclusa.
[13] E non solo per quelli iniziati con ricorso notificato dopo il 28 febbraio 2023, come si sarebbe dovuto ritenere qualora avesse trovato applicazione il primo comma dell’art. 7 del Decreto Correttivo. A dire il vero, le sezioni unite vanno oltre ed osservano che, volendo applicare il primo comma dell’art. 7 del Decreto Correttivo anche alla modifica del secondo comma dell’art. 380-bis, si sarebbe, allora, dovuto concludere nel senso che questa modifica interessava i soli giudizi di cassazione avverso provvedimenti resi nel contesto di giudizi iniziati in primo grado dopo il 28 febbraio 2023. In realtà, a tanto non si sarebbe comunque potuti arrivare, anche ammettendo l’applicabilità alla nuova formulazione del secondo
comma dell’art. 380-bis della regola generale di cui al primo comma dell’art. 7. In questo caso, si sarebbe, al più, trattato di dover riconoscere che i “procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023” erano (anche) i giudizi di cassazione iniziati con ricorsi notificati dopo questa data. Anche in tal caso, tuttavia, ci si sarebbe trovati al cospetto di una disposizione assai irragionevole, atteso che davvero non avrebbe avuto alcun senso discriminare l’applicabilità nel tempo della novella disposizione introdotta dal Decreto Correttivo sulla base di un dato temporale diverso da quello utilizzato per l’applicazione originaria della norma poi corretta.
[14] Che, conviene ribadirlo, è la data di entrata in vigore del Decreto Correttivo. Su questo specifico profilo v., peraltro, quanto verrà osservato subito infra.
[16] Problematicamente affacciata nell’ordinanza di rimessione alla pubblica udienza, al cui esito è stata resa la sentenza delle sezioni unite che si sta esaminando.
[17] Mentre, dicono le sezioni unite, se si ritenesse che anche istanze non munite di procura depositate prima del 26 novembre 2024 possano dar luogo ad un valido esercizio del potere di evitare la chiusura in rito del procedimento se l’adunanza che dovrebbe decretarla si tenga dopo il 26 novembre 2024, allora ciò significherebbe applicare retroattivamente la norma perché essa finirebbe con il regolare un atto posto in essere prima della sua entrata in vigore.
[18] Per la cui applicazione al caso di specie militerebbe, proseguono le sezioni unite, proprio quanto rilevato nella relazione al Decreto Correttivo ove espressamente si dice che la disciplina transitoria somministrata dall’art. 7 del Decreto Correttivo ha il significato e l’effetto di far sì che le norme corrette si applicheranno agli atti ed ai provvedimenti posti in essere dopo il 26 novembre 2024 ancorché nell’ambito di giudizi pendenti a quella data (e che, salve le eccezioni previste dallo stesso art. 7, siano iniziati dopo il 28 febbraio 2023).
[19] Impregiudicato quanto osserveremo infra in merito ad un possibile diversa ricostruzione degli effetti prodotti da una istanza tardiva o irrituale nell’ambito del procedimento di definizione accelerata dei ricorsi di cui all’art. 380-bis c.p.c., deve comunque segnalarsi l’improprietà, a nostro avviso, del riferimento che la Corte ha compiuto alla dichiarazione di estinzione di cui al primo comma dell’art. 391 c.p.c. ed alla correlata possibilità di chiedere la fissazione dell’udienza ai sensi di quanto previsto dal terzo comma del medesimo art. 391 c.p.c. per contestare la ritualità della così pronunciata chiusura del procedimento. Non sfuggirà, in effetti, che l’estinzione, in questo caso, è stata pronunciata con sentenza a seguito di udienza pubblica, di modo che davvero non si comprende il riferimento al decreto presidenziale di cui al primo comma dell’art. 391 c.p.c., né tantomeno si comprende perché mai alla parte, che ha partecipato all’udienza, possa darsi un’ulteriore possibilità di interloquire sul contenuto del provvedimento.
[20] Fatto proprio da Cass. civ., Sez. III, 17 ottobre 2024, n. 26975, Cass. civ., sez. V, 22 febbraio 2024, n. 4773 e Cass. civ., Sez. III, 15 novembre 2023, n. 31839.
[21] Nei casi esaminati dalle decisioni menzionate nella nota precedente, l’istanza era stata sottoscritta da un difensore non munito di una nuova procura speciale.