Il rapporto fra l’assegnazione ex art. 553 c.p.c. di canoni di locazione a scadere e il successivo pignoramento immobiliare del cespite in relazione all’art. 2912 c.c.

Di Alessandro Renda -

Sommario: 1. La vicenda processuale. – 2. La ricostruzione in diritto operata dalla Suprema Corte. – 3. Considerazioni conclusive.

1.La vicenda processuale

Nel recente arresto nomofilattico di cui alla Sentenza n. 17195 del 26/06/2025, la Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione si occupa dell’opponibilità dell’ordinanza di assegnazione ex art 553 c.p.c., emessa in sede di espropriazione presso terzi ed avente ad oggetto canoni di locazione a scadere, nei confronti del successivo pignoramento dell’immobile locato.

Nello specifico, la questione di legittimità sottoposta al Collegio prende le mosse dall’intersezione fra le due procedure esecutive, entrambe esperite avanti al Tribunale di Trento, risultante dall’autorizzazione del giudice dell’esecuzione immobiliare in favore del custode giudiziario a riscuotere i canoni a scadere rivenienti dalla locazione dell’immobile già assegnati in sede di espropriazione presso terzi.

Tale circostanza induceva il creditore assegnatario di quelle pigioni a spiegare la propria opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., positivamente definita nella fase di merito da parte del giudice di prime cure, il quale poneva a suffragio della propria decisione di accoglimento un corredo motivazionale tripartito.

In primo luogo, osservava il decidente che l’assegnazione dei canoni operata in sede di espropriazione presso terzi fosse da modularsi sullo schema operativo della cessione del credito pro solvendo, nel senso cioè di determinare, ai fini dell’adempimento, l’immediato effetto traslativo dei canoni a scadere fino a concorrenza del credito da soddisfare, sicché l’assegnatario diveniva in forza di tal provvedimento l’unico soggetto legittimato a pretendere il pagamento delle pigioni da parte del debitor debitoris ([1]).

Difatti, aggiungeva prontamente il Tribunale, una volta emessa l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. i canoni di locazione, ancorché a scadere, non appartenevano più al debitore esecutato e non potevano più essere attratti nella successiva procedura esecutiva immobiliare ai sensi dell’art. 2912 c.c.

In ultima istanza, il giudice dell’opposizione precisava che l’opponibilità dell’assegnazione alla procedura espropriativa immobiliare successivamente avviata non soggiaceva al termine previsto dall’art. 2918 c.c., disposizione questa che, oltre a risultare applicabile alle sole cessioni volontarie dei crediti, doveva ritenersi presidio del creditore – anche assegnatario – contro gli atti dispositivi posti in essere a suo danno dal debitore esecutato.

La sentenza emessa dal giudice dell’opposizione veniva prontamente censurata in sede di legittimità, invero da uno dei creditori intervenuti nell’espropriazione immobiliare, ma il ricorso per cassazione come proposto veniva dichiarato inammissibile per vizio di notificazione. Ciononostante, in accoglimento della sollecitazione sul punto formulata dal Procuratore Generale, la Corte ha ritenuto di dover pronunciare nell’interesse della legge ai sensi dell’art. 363, terzo comma, c.p.c., quei principi di diritto ritenuti di particolare importanza per la materia trattata.

Ciò premesso, veniamo ad una analisi dei tratti salienti dei profili nomofilattici oggetto di scrutinio da parte del giudice di legittimità.

2.La ricostruzione in diritto operata dalla Suprema Corte

Il tema che convoglia la riflessione ermeneutica del Collegio investe la sovrapposizione tra una procedura di espropriazione di bene immobile e una procedura di espropriazione presso terzi avente ad oggetto i canoni di locazione generati da detto immobile, con particolare riguardo all’ipotesi in cui la prima sia azionata solo successivamente all’emanazione, nella seconda, di una ordinanza di assegnazione delle pigioni a scadere.

Il nodo della questione, come si può intuire, attiene alla possibilità di ritenere opponibile al ceto creditorio in sede di esecuzione immobiliare l’assegnazione dei canoni di locazione a scadere operata all’esito dell’espropriazione presso terzi, soluzione questa condivisa dal Tribunale di Trento in primo grado, o se, invece, il corrispettivo della locazione debba ritenersi assorbito dal pignoramento della cosa, superando così anche l’assegnazione di data anteriore.

Nella ricostruzione del tessuto motivazionale della pronuncia in esame, il giudice di legittimità muove dal presupposto, aderente al dato normativo, secondo il quale i canoni di locazione, in quanto frutti civili della cosa locata ai sensi dell’art. 820 c.c., risultano esposti al vincolo del pignoramento della cosa in base all’art. 2912 c.c.([2]).

Tuttavia, osserva il Collegio che i canoni di locazione – che pur seguono il bene fruttifero pignorato –   ex se considerati costituiscono un’utilità economica suscettibile di autonoma circolazione, nonché di espropriazione parimenti autonoma rispetto al bene da cui promanano.

Ritenuta pacifica la possibilità di una isolata espropriazione, il Collegio ritiene che il vincolo pignoratizio possa investire altresì i canoni di locazione non ancora scaduti alla data del pignoramento, e ciò in forza sia di un consolidato orientamento nomofilattico([3]), sia del puntuale riferimento positivo all’espropriazione dei «fitti e pigioni a scadere alle rispettive scadenze» operato dall’art. 72 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 in materia di riscossione coattiva a mezzo ruolo, ma – ad opinione della S.C. – espressione di un principio generale, valevole, quantomeno per evitare irrazionali disparità di trattamento, pure nelle espropriazioni di diritto comune.

Orbene, esclusa nella fattispecie la possibilità di addivenire ad una riunione delle procedure esecutive condividenti parte del compendio staggito([4]), stante la definizione dell’espropriazione presso terzi in data anteriore all’espropriazione immobiliare([5]), muovendo dai suddetti principi ritiene il Collegio che la soluzione ermeneutica debba ravvisarsi negli effetti sostanziali del provvedimento ex art. 553 c.p.c., il quale – per consolidato orientamento della Corte – produrrebbe un effetto traslativo la cui operatività verrebbe a modularsi sullo schema della cessione del credito, con la conseguenza che il terzo pignorato diverrebbe obbligato ad adempiere la propria prestazione unicamente in favore del creditore assegnatario.

L’effetto traslativo, che – precisano gli ermellini – opererebbe con immediatezza, risulterebbe comunque pienamente compatibile con l’art 821, terzo comma, c.c. sull’acquisto dei frutti civili “giorno per giorno”, poiché tale disposizione prescinderebbe dall’accertamento della titolarità del bene produttivo di quei frutti civili all’epoca della maturazione del frutto, finendo altrimenti per precludere in radice l’assegnabilità dei crediti aventi ad oggetto i frutti futuri([6]).

Pertanto, conclude la Corte che l’antinomia espropriativa dovrebbe allora risolversi secondo il criterio della priorità, nel senso che laddove l’assegnazione dei canoni a scadere sia di data certa anteriore rispetto al pignoramento del cespite, quegli stessi canoni – fino a concorrenza dell’importo corrispondente al credito azionato nell’espropriazione presso terzi – dovranno ritenersi estranei al compendio staggito in sede di espropriazione immobiliare in quanto già separati e resi autonomi rispetto alla cosa a mezzo del provvedimento ex art. 553 c.p.c.

3. Considerazioni conclusive

La Suprema Corte manifesta un’acuta lucidità nell’esprimere la propria soluzione nomofilattica, maturata sulla scorta di un iter motivazionale che sembra poggiare su solide fondamenta normative.

Il cuore del principio espresso dagli ermellini deve senz’altro ravvisarsi nella qualificazione dei canoni locatizi a scadere in termini di utilità economica autonoma: muovendo da tale presupposto, infatti, i canoni vengono ad essere suscettibili di circolazione, assegnazione o espropriazione anche nell’ipotesi in cui non rimanga immutata la titolarità del cespite.

In questo senso, nulla osterebbe all’equiparazione fra canoni di locazione a scadere e crediti futuri.

Postulata la circolazione autonoma dei frutti civili della locazione, deve a quel punto necessariamente ammettersi che ove il bene sia in epoca posteriore a tale circolazione aggredito in sede esecutiva, il vincolo pignoratizio – che normalmente si estende ai frutti ex art. 821 c.c. – non potrebbe propagarsi sino a quei canoni che, per disposizione o assegnazione, risultino già disancorati dal cespite da cui promanano.

Condivisibile appare la modulazione dell’operatività del meccanismo in esame sullo schema della cessione del credito, tenuto conto che in forza di tale provvedimento il terzo – debitor debitoris – viene ad essere obbligato ad eseguire la prestazione direttamente nei confronti del creditore assegnatario.

Pertanto, l’efficacia contingente dell’assegnazione ex art. 553 c.p.c. non è dissimile da quella della cessione del credito, con l’unica differenza che la titolarità attiva del rapporto giuridico in esame viene a mutare non già per volontà del creditore originario quanto per il suo assoggettamento all’espropriazione.

Tuttavia, deve riscontrarsi come la pronuncia in esame non vada esente da criticità, se non altro per la latente contraddittorietà – invero meramente potenziale – inerente al coordinamento sistematico tra l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. e la cessione del credito.

L’assunto trova ragione nel fatto che, nel seguire il proprio percorso argomentativo, la Suprema Corte ritiene meritevole di reiezione la censura profilata dal ricorrente secondo la quale l’assegnazione dei canoni a scadere, in quanto avente ad oggetto crediti futuri, potrebbe produrre unicamente effetti obbligatori, postergando così l’effetto traslativo al momento in cui il canone diviene esigibile.

Secondo la prospettazione del ricorrente, il pignoramento immobiliare anteriore alla scadenza di quei canoni finirebbe inevitabilmente per inglobarli nel compendio staggito ai sensi dell’art. 2912 c.c., poiché fino a quel momento – stante l’effetto obbligatorio della assegnazione – essi, anche se assegnati ex art. 553 c.p.c., permarrebbero in seno all’immobile.

La censura – fondata sull’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 553 e 559 c.p.c. e degli artt. 820, 2912 e 2914 c.c. – viene superata dagli ermellini sulla scorta di quell’orientamento([7]) che riconosce all’ordinanza di assegnazione efficacia traslativa immediata e che, correlativamente, differisce unicamente l’efficacia satisfattiva all’adempimento da parte del terzo debitor debitoris.

Deve però rilevarsi che v’è altro solido orientamento della giurisprudenza di legittimità che riconosce invece alla cessione di crediti futuri unicamente efficacia obbligatoria, ravvisando che l’effetto traslativo – il quale prescinde altresì dalla preesistenza del credito([8]) – possa verificarsi solamente nel momento in cui il credito ceduto venga ad esistenza([9]).

Tale orientamento finirebbe inevitabilmente per concretare la paventata latente contraddittorietà afferente al compendio argomentativo della pronuncia in esame, stante la difficoltà nel coordinare l’effetto traslativo immediato connaturato all’ordinanza di assegnazione con l’effetto traslativo differito della cessione di crediti futuri, istituto questo sul cui schema operativo – proprio a detta della Corte – viene a modularsi il provvedimento ex art. 553 c.p.c.

A fronte dell’equiparazione tacitamente operata dalla Corte che conduce all’assimilazione dell’ordinanza di assegnazione ad una cessione coattiva del credito, propendere per l’esegesi antagonista implicherebbe quindi che la prospettata incompatibilità non potrebbe a quel punto superarsi se non ammettendo che l’effetto traslativo sia differito alla scadenza dei canoni, i quali risulterebbero così suscettibili di attrazione nel compendio staggito con pignoramento immobiliare successivo all’assegnazione ma anteriore alla scadenza dei canoni stessi([10]). Soluzione, questa, che invero risulterebbe conforme alla censura del ricorrente, ma in palese contrasto con quella fatta propria dall’arresto oggetto di scrutinio.

Non può non darsi conto però che l’orientamento poc’anzi evocato, ed implicitamente disatteso dalla Suprema Corte, sembrerebbe comunque aver trovato un freno in quelle pronunce che, lungi dal postulare un differimento dell’effetto traslativo, finiscono piuttosto per ravvisare nella scadenza una condizione per l’esazione del credito: l’effetto traslativo, quindi, sarebbe immediato, ma il credito ceduto/assegnato potrebbe venir soddisfatto solo nell’eventualità in cui tale credito venga ad esistere e divenga esigibile([11]).

Ebbene, avendo gli ermellini aderito proprio a tale ultima soluzione, sarebbe stato certamente auspicabile che ne fosse richiamata in maniera dettagliata la genesi ermeneutica, offrendo altresì chiarimenti sulla menzionata condizione che, anche nelle pronunce ove se ne fa menzione, risultano trascurati.

Ancor di più, la sentenza in esame palesa come la questione relativa alla cessione di crediti futuri sia tutt’ora vittima di un’antinomia esegetica, la quale avrebbe forse suggerito un’investitura del Supremo Consesso utile a dirimere un contrasto sinora oggetto di scrutinio unicamente da parte delle sezioni semplici.

D’altro canto, muovendo dalla equiparazione fra l’assegnazione di canoni di locazione a scadere ai sensi dell’art. 553 c.p.c. e la cessione di crediti futuri, la questione relativa alla collocazione cronologica dell’effetto traslativo si pone in termini evidentemente pregiudiziali rispetto alla fattispecie sottoposta alla Corte.

Conseguenza di ciò è che si è avanti ad una pronuncia che, di fondo, può ritenersi logica, a condizione però di ammettere la veridicità di un presupposto ermeneutico tutt’ora discusso e che, con la sentenza in esame, si è probabilmente perduta l’occasione di dirimere.

[1] Conseguenza della ricostruzione offerta in sede di merito è che il giudice dell’espropriazione immobiliare avrebbe potuto autorizzare il custode a riscuotere unicamente i canoni di locazione successivi a quelli utili al soddisfacimento del credito azionato nell’espropriazione presso terzi, gli unici che avrebbero potuto dirsi estranei al precedente vincolo pignoratizio.

[2] La Suprema Corte non lo esplicita, ma conseguenza di ciò è che il debitore esecutato viene a soggiacere al generale obbligo di non fare disposizione – oltre che dell’immobile pignorato – anche dei frutti civili della cosa laddove attratti nel compendio staggito, pena l’inefficacia relativa ex art. 2913 c.c., nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti, dell’atto di disposizione avente ad oggetto quei canoni.

[3] V. in tal senso Cass. 24/05/2023, n. 14419 e Cass. 27/10/2022, n. 31844.

[4] Sul punto, cfr. Cass. Civ., 30 aprile 2024, n. 11698, ove il giudice di legittimità ravvisava proprio nella riunione fra i procedimenti di espropriazione uno strumento utile al raccordo delle procedure in quanto in grado di scongiurare sovrapposizioni fra i compendi staggiti. La pronuncia è richiamata anche dalla sentenza in esame, con il Collegio che si propone di dare seguito ai pertinenti principi di diritto nei limiti della compatibilità fra le due fattispecie.

[5] È opinione pacifica che l’ordinanza di assegnazione emessa in sede di espropriazione presso terzi determini la conclusione della procedura esecutiva, come affermato, su tutte, da Cass. 06/06/2023, n. 15822; Cass. 23/08/2011, n. 17520; Cass. 24/02/2011, n. 4505, anch’esse espressamente richiamate dalla Sentenza in esame.

[6] Sotto questo profilo, il giudice di legittimità torna ad evocare gli argomenti di Cass. Civ., Sent. n. 11698 del 2024, nella parte in cui afferma che: “ogni espropriazione presso terzi si conclude irritrattabilmente con l’ordinanza di assegnazione, anche quando relativa a crediti futuri o periodici: sicché è quest’ultimo provvedimento che, operando una sostituzione ope iudicis del creditore nel rapporto obbligatorio che ne era stato oggetto, sarà poi posto in esecuzione dal creditore assegnatario contro il già terzo, dando vita ad una autonoma vicenda esecutiva, indipendente da quella processuale al cui esito il provvedimento stesso è stato emanato”. Stando a tale orientamento, l’assegnabilità dei crediti aventi ad oggetto frutti futuri sarebbe corroborata proprio dalla natura estintiva del provvedimento di assegnazione, in grado di esplicare la propria funzione satisfattiva anche mediante la modificazione soggettiva attiva del rapporto obbligatorio strumentale al saldo.

[7] Sul punto, la Corte richiama espressamente Cass. 23/06/2023, n. 18123; Cass. 29/11/2018, n. 30862; Cass. 07/06/2016, n. 11660; Cass. 11/12/2007, n. 25946.

[8] Il richiamo è qui alla pronuncia Cass. civ., Sez. I, Ord., 14/02/2024, n. 4085 ove si precisa che, non sussistendo norma alcuna che vieta la disponibilità dei diritti futuri, ancorché meramente eventuali, si deve ritenere che: “la venuta ad esistenza del credito futuro integra un requisito di efficacia della cessione, ma non della sua validità”.

[9] Segnatamente loquace in tal senso appare la Sentenza Cass. civ. n. 19341/2017, ove – in relazione al factoring – la Suprema Corte precisa che: “nella cessione di crediti futuri l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui questi vengono ad esistenza e non invece anteriormente, all’epoca di stipulazione del contratto”. Con riferimento invece alla cessione del credito stricto sensu, cfr. Cass. civ. n. 551/2012 e Cass. civ. n. 6422/2003, le quali palesano come l’orientamento in questione sia stato costantemente evocato negli anni dalla giurisprudenza di legittimità.

[10] Spostato in avanti l’effetto traslativo, onde determinare quale sia l’espropriazione prevalente sul piano cronologico non dovrebbe più guardarsi al rapporto tra pignoramento immobiliare e ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. ma, piuttosto, a quello fra pignoramento immobiliare e scadenza dei canoni assegnati.

[11] Sull’effetto traslativo immediato nell’ipotesi di cessione di crediti futuri v. Cass. civ., Sez. III, Sent., 03/10/2013, n. 22601 e, più nello specifico, sulla condizione per l’esazione cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent., 10/12/2018, n. 31896, pronuncia quest’ultima richiamata anche dalla più recente Cass. civ., Sez. I, Ord., 14/02/2024, n. 4085 che la eleva a riferimento per il superamento dell’orientamento che promuove l’efficacia meramente obbligatoria della cessione di crediti futuri.