Il CSM dinanzi all’emergenza nella giustizia civile

Di Bruno Capponi -

Il 16 luglio u.s. il Plenum del CSM ha approvato, a maggioranza, un pacchetto di proposte su possibili interventi a supporto degli uffici giudiziari in vista della scadenza degli obiettivi del PNRR al dichiarato scopo di non perdere i fondi vincolati al raggiungimento, entro giugno 2026, dell’obiettivo di riduzione del disposition time civile in misura del 40% e dell’abbattimento dell’arretrato civile fino al 90%.

Le proposte sono di contenuto emergenziale: nei tribunali si va dal richiamo in ruolo dei magistrati addetti al civile andati in pensione dal 2020 a oggi (circa 550), all’applicazione da remoto in uffici “critici” di non più di 500 magistrati (nei soli procedimenti arrivati a decisione senza istruzione orale) in servizio presso uffici non “critici”, all’utilizzo temporaneo dei magistrati onorari transitati negli uffici del Giudice di Pace.

Inutile dire del vulnus ai principi costituzionali (il giudice naturale di cui parla l’art. 25 Cost.), alle regole di competenza fissate nel c.p.c., all’ordinamento giudiziario, alle sentenze della Consulta sull’utilizzo della magistratura onoraria; lo strappo si dà per presupposto, con l’aggravante che non si tratta qui di (almeno tentare di) risanare lo sfascio che da decenni è sotto gli occhi di tutti, bensì di raggiungere un anomalo picco di produttività finalizzato soltanto all’accesso ai finanziamenti. Su cosa dovrebbe avvenire dopo, non si hanno idee chiare.

Se da un lato la preoccupazione del CSM non può che essere meritoria; dall’altro lato, sembra inevitabile pensare (e temo lo penseranno anche in Europa) che il raggiungimento degli obiettivi PNRR non può essere il frutto di episodici e temporanei interventi emergenziali, realizzati in violazione delle regole. Non si tratta di una gara da vincere utilizzando qualsiasi mezzo disponibile.

Meglio di qualsiasi statistica, l’iniziativa del CSM fotografa lo stato di irreversibile crisi dell’amministrazione della nostra giustizia civile.