Il CCII (ri)corretto: uno sguardo d’insieme.

Di Marina Spiotta -

Sommario: 1. Il decreto correttivo del 2024. – 2. Volontà espressa. – 2.1. Segue: e implicita. – 3. Definizioni: tra nuovi ritocchi e vecchi silenzi. – 4. Scelte di razionalizzazione e riordino. – 5. Norme ‘messe a sistema’ – 5.1. Segue: perduranti asimmetrie e difetti di coordinamento tra alcune novità. – 6. Ruolo dell’interprete.

1.Il decreto correttivo del 2024

Il decreto correttivo (impropriamente definito) ter[1] – emanato (ma anche limitato[2]) in virtù della legge delega n. 20/2019 (che rinviava ai criteri direttivi contenuti nella legge n. 155/2017) e della legge di delegazione europea n. 53/2021 (che invece non ha dettato alcun principio per la sua attuazione[3]), è corposo (consta di 57 articoli, divisi in due Capi[4], che hanno rivisto più di 164 articoli[5]) e denota l’impegno (la pazienza e la modestia) della Commissione di riforma nel perseguire gli obiettivi enunciati nella Relazione illustrativa e nell’assecondare le esigenze di chiarimento  sorte tra gli operatori della materia.

Ciò merita senza dubbio un plauso anche se nel prosieguo non si nasconderà qualche perplessità nel metodo (ogni tratto di penna è ‘pericoloso’ e si presta ad essere un’‘arma a doppio taglio’, in quanto potenzialmente foriero di ulteriori dubbi interpretativi[6]) e nel merito.

Lo scopo di questo breve contributo non è quello di analizzare tutte le correzioni[7], né di approfondire singole novità, ma di offrirne una sorta di rassegna sistematica (tralasciando i profili più strettamente processuali).

2.Volontà espressa

Gli obiettivi del decreto correttivo, esplicitati nella Relazione illustrativa o che comunque traspaiono chiaramente dalla lettura dell’articolato, sono:

i) correggere alcuni difetti di coordinamento normativo armonizzando le due parti del Codice nate da deleghe diverse (l. 20/2019 e l. 53/2021) e in contesti differenti[8];

ii) emendare alcuni errori materiali/refusi/sviste[9];

iii) migliorare la disciplina del sovraindebitamento (che inizialmente era una mera trasposizione della l. n. 3/2012), ma anche quella della liquidazione giudiziale (che oggi è un fallimento non solo ‘rinumerato’, ma anche migliorato) e della liquidazione controllata (che resta un ‘fallimento in piccolo’, ma con proprie peculiarità);

iv) aggiornare alcuni riferimenti normativi[10];

v) affinare[11] ed uniformare[12] il linguaggio tecnico sciogliendo alcune formulazioni ermetiche[13] ed eliminando espressioni sovrabbondanti e fuorvianti[14] o non tecnicamente corrette e asistematiche[15], adeguando il lessico alla riforma del processo civile (c.d. riforma Cartabia)[16], a quella del lavoro (v. in particolare i riscritti artt. 189-191 c.c.i.i.) e non solo[17];

vi) chiarire alcuni dubbi interpretativi e correggere le storture applicative emerse nei primi anni di vigenza del Codice.

«Il tutto» – conclude la Relazione – «con l’intenzione di migliorare la comprensione dei nuovi istituti e di agevolare così l’effettività e l’efficienza del sistema di gestione della crisi e dell’insolvenza tenendo presente la prospettiva adottata dal legislatore europeo in termini di agevolazione della ristrutturazione precoce, dell’esdebitazione e di procedure liquidatorie rapide ed efficienti».

Onestà intellettuale impone di riconoscere che i suddetti obiettivi siano stati in larga parte raggiunti (e gli esempi riportati nelle note a piè pagina dovrebbero confermarlo).

Anche il paziente ed ambizioso sforzo di chiarificazione di alcune norme – rispondendo (indirettamente) alle critiche emerse in dottrina e al fine di arginare alcune interpretazioni difformi da quella che era la volontà del Legislatore – può dirsi in buona parte conseguito. Spesso è stato sufficiente aggiungere un «anche»[18] o, viceversa, togliere un avverbio/congiunzione[19] o un aggettivo[20]; in alcuni casi è bastato uno spostamento strategico[21]; in altri casi è stata modificata la forma ma non la sostanza[22];  altre volte l’intervento normativo è consistito nell’aggiunta[23] di interi commi.

2.1. Segue: volontà implicita

Quelli sopra elencati non sono i soli ambiziosi e lodevoli scopi perseguiti dalla Commissione Pagni in quanto una lettura ‘in controluce’ (e forse un po’ maliziosa) del decreto correttivo consente di individuarne altri, non esplicitati ma altrettanto importanti.

Sempre schematizzando, per esigenze di sintesi, il discorso, si possono estrapolare le seguenti direttrici inespresse:

i) iniettare un boost di energia alla composizione negoziata della crisi (CNC, percorso a competenze gestorie piene e ownership rights inalterati) che, fin dalla sua introduzione con il d.l. n. 118/2021 (poi convertito dalla l. n. 147/2021 e infine trasfuso nel c.c.i.i. dal d.lgs. n. 83/2022) per aiutare l’imprenditore serio con le idee chiare;

ii) ostacolare, viceversa, la domanda con riserva, spesso utilizzata come escamotage per perdere tempo.

i) Ulteriore spinta verso la CNC

Non occorrono particolari doti per ‘decriptare’ la volontà d’incentivare la CNC dietro l’introduzione della transazione fiscale (sulla quale v. infra) e di nuove misure premiali, come l’estensione a centoventi mesi della rateazione delle somme dovute in base agli accordi e la possibilità di emettere la nota di variazione Iva in caso di pagamento ridotto del credito (art. 25-bis, co. 4 e 5. c.c.i.i).

Balza poi agli occhi la specificazione, ripetuta per ben tre volte[24] (ma repetita iuvant!), per cui «la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario», mettendoli così al riparo da future azioni di responsabilità (per abusiva concessione del credito), ma forse (inconsapevolmente) aumentando specularmente la possibilità che alla banca venga ascritta, in assenza dei presupposti fissati dalla disciplina sulla vigilanza prudenziale, una responsabilità per interruzione “brutale” del credito[25]. Peraltro, il tribunale può garantire la prededucibilità ai crediti derivanti (oltre che da «finanziamenti contratti in qualsiasi forma, compresa la richiesta di emissione di garanzie») dalla «riattivazione di linee di credito sospese» (sottinteso: prima dell’accesso alla CNC o ai sensi del ciato co. 5 degli artt. 16 e 18 c.c.i.i.)[26].

Parimenti palese pare l’intento di rileggere i dati statistici emersi a seguito dei report di Unioncamere semplicemente cambiando i criteri di classificazione tra esiti fisiologici/positivi e patologici/negativi di detto percorso[27]. Per la precisione, smentendo un preconcetto, si chiarisce che il concordato liquidatorio semplificato (c.l.s.) non debba essere visto necessariamente come un esito infausto[28]: lo si desume dalla circostanza che la prededuzione resta (art. 22, co. 1-ter, c.c.i.i.) anche in caso di questo exit che va ad aggiungersi (e non è più subordinato) ai contratti o agli accordi di cui al co. 1 dell’art. 23 c.c.i.i. e che l’esperto, nella sua relazione finale, non deve più dichiarare che le trattative «non hanno avuto esito positivo».

A questo punto, è verosimile che si (ri)proporrà il dubbio sulla possibilità per l’imprenditore di accedere alla CNC avendo fin da subito in mente come sbocco (magari solo per alcune imprese del gruppo) il concordato liquidatorio semplificato (c.l.s.)?

Probabilmente la risposta dovrebbe essere negativa giacché detto concordato, pur avendo perso l’accezione di esito infausto, resta un ‘premio’ per il debitore (e un ‘castigo’ per i creditori), anche se non conta il punto di partenza (ossia l’eventuale stato di liquidazione volontaria dell’impresa o la predisposizione di un piano anche liquidatorio), ma quello di arrivo (ossia il raggiungimento di una soluzione comunque migliorativa rispetto alla l.g.).

A fronte di giudici di merito determinati nel ribadire con forza che «deve esservi una ragione di sistema che spieghi la deroga alle regole ordinarie di regolazione della crisi d’impresa e la natura premiale del c.l.s., e questa è data proprio dalla possibilità di preservare la continuità aziendale alla cui salvaguardia le misura protettive sono strumentali»[29], s’iniziano a intravedere segnali di maggiore apertura[30], sempre nell’ottica di aumentare le chances di riuscita della CNC senza trasformarla in un lasciapassare (in uno scivolo) per il concordato semplificato, che non può essere in continuità diretta (al massimo si può ammettere una continuità solo provvisoria in vista di una migliore liquidazione).

I benefici della CNC si dilatano nel tempo[31] purché si dimostri un nesso eziologico con l’attività dell’esperto[32] e solo se l’imprenditore sia in grado di depositare un progetto di piano di risanamento (come richiesto dall’art. 17, co. 3, lett. b, c.c.i.i. per accedere alla CNC) potrà ottenere una serie di vantaggi tra cui (ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. a, c.c.i.) la proroga del termine per completare la domanda con riserva; la possibilità di giovarsi del regime diverso e più blando previsto per gli a.d.r. e il PRO (art. 44, co. 1-quater c.c.i.i.)[33], nonché di ottenere misure protettive atipiche (art. 54, co. 2, ultimo periodo, c.c.i.i.)[34] e un allungamento del periodo di sospensione dei contratti pendenti (art. 97, co. 7, c.c.i.i.).

ii) Freno alla domanda con riserva

Un ulteriore indiretto incentivo al percorso stragiudiziale e volontario della CNC può desumersi in filigrana dalla ‘stretta’ sulla domanda prenotativa (detta anche in bianco o con riserva) che (ai sensi dell’art. 44 c.c.i.i.) comporta, fin da subito, la nomina di un commissario giudiziale; l’assolvimento, da parte del debitore, di obblighi informativi periodici, il versamento di una somma per le spese di procedura e l’applicazione degli effetti di cui all’art. 46 c.c.i.i.[35]. Viceversa, gli effetti (favorevoli) degli artt. 145 e da 153 a 162 (ossia la cristallizzazione della massa passiva, la sospensione del corso degli interessi, la disciplina della compensazione e l’inopponibilità delle formalità successive) si producono solo con la presentazione della domanda piena di c.p. (accompagnata dal deposito di proposta, piano e documentazione).

Ad una più attenta lettura dell’ordito codicistico, ci si rende conto che (non è dato sapere se consapevolmente o inconsapevolmente) è rimasto aperto uno spiraglio, rappresentato dalla (formalmente non preclusa) (ri)proponibilità della stessa domanda[36], che, nella sostanza, equivarrebbe ad una proroga per il completamento dell’iter, senza imporre un mutamento di struttura e il deposito di un progetto di piano.

Mutuando un’efficace metafora[37], si potrebbe dire che mentre la domanda prenotativa si configura come un portale largo, che schiude un sentiero stretto (potendo sfociare nel deposito della proposta di concordato preventivo o nella domanda di omologazione degli a.d.r. o del PRO), la CNC si presenta come un casello più angusto (presupponendo l’inserimento nella piattaforma telematica di un progetto di piano di risanamento), che però schiude un’autostrada a quattro (e più) corsie, permettendo all’imprenditore di scegliere l’exit (o anche gli exits) più adatto/i al caso concreto.

 

3.Definizioni: tra nuovi ritocchi e vecchi silenzi

Anche l’elenco delle definizioni contenuto nell’art. 2 c.c.i.i. ha subito qualche non marginale ritocco, ma nessuna integrazione. Per la precisione nella lett.:

e) si è cercato di rendere più chiara la definizione di «consumatore» esplicitando il principio secondo il quale solo i debiti contratti al di fuori di un’attività produttiva o professionale (e non quelli misti/promiscui) possono essere ristrutturati con il piano del consumatore (che non prevede il voto dei creditori);

m-bis) si è puntualizzato che, oltre alla CNC[38], esulano dall’ampia definizione di «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza» (breviter, SRCI[39]) le procedure di liquidazione giudiziale e di liquidazione controllata[40] (consequenziale la modifica degli artt. 25-quinquies[41] e 40, co. 2, c.c.i.i.[42]), mentre è stato mantenuto l’inciso per cui detti strumenti possono essere «volti al risanamento dell’impresa» (obiettivo ontologicamente incompatibile con il consumatore)[43];

n) (e negli artt. 356 e segg. c.c.i.i.[44]) il riferimento all’«albo» è stato opportunamente sostituito con la parola «elenco» al fine di eliminare una possibile confusione tra gli albi (che contraddistinguono le attività organizzate in ordini professionali) e quello che vuole essere un semplice mezzo funzionale alla selezione e raccolta delle professionalità (non solo e non necessariamente professioni ordinistiche) per la conduzione degli SRCI di cui sopra;

o) proprio in considerazione della circostanza che possono essere iscritti al suddetto elenco anche soggetti non iscritti agli albi (id est, coloro che abbiano svolto funzioni di direzione e controllo in società) e che ciò potrebbe dare, rispetto al passato, minori garanzie in ordine alla professionalità necessaria, si è ritenuto opportuno puntualizzare che il professionista indipendente non deve essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale «tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio» (inciso non aggiunto invece all’art. 16 c.c.i.i. che definisce l’esperto della CNC);

p), in coerenza con la modifica apportata all’art. 54, lett. a), c.c.i.i. si è inteso dissipare i dubbi sorti sulla nozione di «misure protettive» precisando che i loro effetti riguardano non solo le iniziative giudiziarie dei creditori, ma anche condotte, comprese quelle omissive, pregiudizievoli per il buon esito delle trattative o della ristrutturazione;

q), il cui tenore evoca il disposto dell’art. 700 c.p.c., si è precisato che le «misure cautelari» sono funzionali anche ad assicurare l’attuazione delle decisioni adottate nell’ambito degli SRCI.

Forse il decreto correttivo avrebbe potuto cogliere l’occasione per:

-affiancare alla lett. d) ossia alla nozione di «impresa minore» (che ricalca le vecchie soglie numeriche previste dall’art. 1 l. fall.) o (agricola) sotto-soglia[45], quella di piccola-media impresa (PMI)[46];

-aggiungere una lett. l-bis) per definire la nozione di parti/soggetti interessate/i ricomprendente tutti coloro che, pur non avendo ragioni creditorie verso l’impresa, sono interessati alla riuscita dell’operazione di risanamento e, come tali, possono stipulare gli accordi/contratti previsti dagli artt. 23 e 24-quater, lett. a) e c), e dall’art. 56, co. 4, c.c.i.i.;

-ritoccare la lett. r) eliminando il riferimento ai soli creditori o affiancandovi anche i soci al fine di chiarire che il criterio dell’omogeneità (della posizione giuridica e degli interessi economici) vale per la formazione delle classi a prescindere dalla loro composizione;

-inserire una lett. r-bis) per definire anche la «categoria», concetto utilizzato per gli a.d.r. e le convenzioni di moratoria.

Inoltre, l’ultimo restyling ha innestato all’interno del Codice della crisi altre nozioni che forse, per la loro importanza cruciale, anche sistematica (testimoniata dal numero di rinvii), avrebbero trovato una migliore collocazione nell’art. 2 c.c.i.i. Basti pensare alla definizione (realistica[47] e ancorata alla data della domanda proposta dal debitore[48]) della nozione di «valore di liquidazione» (art. 87, co. 1, lett. c, c.c.i.i.) «corrispondente al valore realizzabile, in sede di liquidazione giudiziale, dalla liquidazione dei beni e dei diritti, comprensivo dell’eventuale maggior valore economico realizzabile nella medesima sede dalla cessione dell’azienda in esercizio nonché delle ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili, al netto delle spese». Prescindendo dalla correttezza di tale nozione e dal tema di vertice concernente il rapporto tra scienza e diritto[49], è indubbio che la stessa sia richiamata in numerosi contesti[50] e rappresenta uno snodo fondamentale (floor) per la costruzione di un qualsivoglia piano.

Continua invece a mancare una nozione (e l’esatto perimetro) di «procedura concorsuale» (espressione non utilizzata dalla Direttiva Insolvency), ma il Legislatore, sul punto, ha preferito non ‘ingessare’ l’attività interpretativa[51] e ha forse cercato di rendere questo silenzio meno ‘assordante’ usando tale sintagma il meno possibile. Per es., nell’art. 6, co. 1, lett. d), c.c.i.i. si parla ora di crediti legalmente sorti durante (anziché le procedure concorsuali) le procedure di liquidazione (giudiziale o controllata) oppure successivamente alla domanda di accesso ad uno SRCI. Analoga scelta è stata fatta nell’emendare l’art. 170 c.c.i.i. al fine di rendere più chiara la regola della retrodatazione del periodo sospetto (che ha codificato la teoria della consecuzione) e l’aggettivo «concorsuale» (che non caratterizza tutti gli SRCI) è stato eliminato anche dall’art. 54, co. 6, c.c.i.i. Il tanto famoso quanto sfuggente sintagma, declinato al singolare o al plurale, è però (inevitabilmente) rimasto in altre norme[52] e nello stesso co. 2 del citato art. 6 c.c.i.i, il Legislatore ha dovuto precisare che la prededuzione opera (per definizione) in caso di apertura di un ‘concorso’ (normato da regole legali di distribuzione) e permane anche qualora si susseguano più procedure[53].

4.Scelte di razionalizzazione e riordino

Sfogliando il decreto correttivo (o le tavole sinottiche del d.lgs. n. 14/2019 con evidenziate le modifiche/integrazioni) emergono poi una serie di novità riconducibili a una scrupolosa opera di riordino e razionalizzazione della disciplina e che, se lette nel loro insieme, contribuiscono a disegnare una più chiara cartografia degli SRCI.

 

a) Rapporto tra Cp.Li. e con cessione dei beni e qualche ‘trucco’ per risolvere il “cubo di Rubik

In primis, si è chiarito che il concordato preventivo liquidatorio (Cp.Li.) è il genus, mentre quello con cessione dei beni è una species.

Lo si desume dall’introduzione dell’art. 114 bis c.c.i.i. (Disposizioni sulla liquidazione nel concordato in continuità) e dalla conseguente abrogazione dei commi 8 e 9 dell’art. 84 c.c.i.i., nonché dalla modifica:

-dell’art. 84, co. 1, che menziona tra gli scopi-mezzo per perseguire lo scopo-fine del soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di l.g. «la liquidazione del patrimonio, anche con cessione dei beni»;

-della rubrica e del co. 1 dell’art. 114 c.c.i.i., nonché della rubrica dell’art. 115 (Azioni del liquidatore giudiziale in caso di cessione dei beni) e dell’art. 286 co. 7, c.c.i.i. che consente al tribunale di nominare, qualora il concordato preveda la cessione dei beni, un unico liquidatore giudiziale per tutte le imprese del gruppo.

Dalle suddette modifiche si evince chiaramente che la nomina del liquidatore prescinde dal tipo di concordato, se in continuità o liquidatorio e dal fatto che il concordato liquidatorio sia o meno con cessione dei beni

Il correttivo ha poi accentuato il favor per il concordato preventivo in continuità (Cp.Co.). Lo si desume:

-dall’anticipazione, al momento della semplice richiesta (senza necessità di attendere il provvedimento di concessione) delle misure protettive e cautelari, del divieto di autotutela negoziale (art. 94-bis, co. 1, c.c.i.i.), che però continua a non impedire al contraente in bonis di recedere (salvo il preavviso) ad nutum da un contratto a tempo indeterminato[54];

-dalla circostanza che l’autorizzazione a pagare debiti pregressi può essere chiesta anche successivamente alla domanda di accesso al concordato, ogni qual volta ne sorga l’esigenza (art. 100 c.c.i.i);

-dalla precisazione che «quando sono approvate più proposte di concordato che si fondano su piani differenti è sottoposta a omologazione la proposta che prevede la continuità aziendale» (art. 109, co. 5-bis, c.c.i.i);

-dal fatto che la modifica del piano è consentita solo per quello in continuità (art. 118-bis c.c.i.i).

Il Cp.Co., a sua volta, può essere in continuità diretta o indiretta e (all’art. 87, co. 1, lett. f, c.c.i.i.) si è specificato che anche in quest’ultima ipotesi il piano deve indicare costi e ricavi attesi dalla continuità.

Tutte queste modifiche dovrebbero contribuire a rendere il “cubo di Rubik[55] meno complesso, anche se resta il nodo dogmatico (che si riflette a livello pratico sulla possibilità di un’interpretazione diretta o analogica della disciplina in tema di c.p.) sulla classificazione del concordato liquidatorio semplificato (c.l.s.) come una species del c.p., un tertium genus o un concordato autonomo.

b)Finalità del PRO e nuova linfa al ‘risanamento liquidativo’

Quanto alla disciplina del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (c.d. PRO) l’ultimo decreto correttivo – intervenendo sull’art. 64-bis, co. 9, c.c.i.i. – ha eliso il richiamo all’art. 90, reso applicabile l’art. 114 e individuato come eccezione il successivo art. 114-bis c.c.i.i.

Nella Relazione illustrativa si legge che il PRO, quale strumento utilizzabile dal solo debitore, è incompatibile con proposte di piano presentate da “terzi” (e probabilmente anche dai soci, quali soggetti diversi dal proponente) e che, pur se finalizzato alla continuità aziendale e non potendo essere meramente liquidatorio, potrebbe prevedere la liquidazione di beni non necessari per (o comunque tali da non compromettere) lo svolgimento dell’attività del debitore o della stessa azienda, o di un ramo di essa, purché in esercizio. «Il richiamo all’art. 114 quindi – che ha fatto dubitare della natura dello strumento e della possibilità di utilizzarlo anche con finalità meramente liquidatorie – è stato sostituito dal richiamo all’art. 114-bis, introdotto dallo stesso schema di decreto legislativo, contenente disposizioni applicabili alla liquidazione di beni nell’ambito del concordato in continuità aziendale».

Se non si commettono errori d’interpretazione, forse sarebbe stato più congruo confermare l’inapplicabilità dell’art. 114 c.c.i.i. (che detta le disposizioni sulla liquidazione nel Cp.Li.) e rendere invece applicabile il successivo art. 114-bis c.c.i.i. dal quale si evince che anche il Cp.Co. (e ciò dovrebbe valere anche per il PRO) potrebbe liquidare alcuni cespiti[56].

Peraltro, già alcune pronunce di merito[57] avevano ritenuto il PRO compatibile con un piano avente natura liquidatoria facendo leva, oltre che sul nomen juris[58] e sulla possibilità dello switch in un Cp.Li.:

– sull’assenza di qualsiasi preclusione, comunque superabile con l’unanimità dei consensi;

– sull’esplicito richiamo nell’art. 64-bis, co. 9, all’art. 84, co. 8 (ora abrogato perché sostituito dall’art. 114) e all’art. 87, co. 1, lett. d), sulla possibilità di una ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti perseguibile con «qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni»;

– sull’implicito rinvio all’art. 115 c.c.i.i. sulla legittimazione del liquidatore giudiziale ad agire in responsabilità.

In fondo, se ben si riflette, il tema non è molto diverso da quello (cui si è già sopra fatto cenno) concernente la possibilità per un’impresa di accedere alla CNC prospettando, fin da subito, come sbocco un Cp.Li. (ma non, per le ragioni sopra esposte, un c.l.s.) o la dismissione di alcuni cespiti. Siffatta apertura, propugnata da tempo dagli operatori del settore[59], pare ora avallata dalla riscrittura del capoverso dell’incipit dell’art. 23 (che pone gli sbocchi giudiziali «alternativamente» agli exits stragiudiziali tipicamente pensati per tale percorso) e del co. 1 dell’art. 25-sexies c.c.i.i. (dal quale è stato espunto il riferimento all’esito «non positivo» delle trattative).

Una lettura in controluce di alcune norme riscritte dall’ultimo intervento normativo parrebbe dunque consentire un “risanamento liquidativo” (id est attuato tramite la soddisfazione dei creditori con i proventi della liquidazione dell’attività[60]) o quantomeno un temperamento della primigenia univocità della continuità d’impresa quale unica via per il fisiologico risanamento dell’impresa.

c) SRCI (e non solo c.p.) per le società

Il correttivo ha trasformato l’originaria Sezione VI-bis del Capo III in un Capo autonomo (III-bis) al fine di esplicitare che gli artt. dal 120-bis al 120-quinquis c.c.i.i. sono teoricamente applicabili a tutti gli SRCI anche se pensati soprattutto per il c.p.

Il ‘cerino acceso’ è però rimasto nelle mani dell’interprete, chiamato a ricostruire di volta in volta la sfera applicativa di ciascuna norma e disposizione[61], in quanto:

-gli artt. 120-bis, co. 4; 120-quater e 120-quinques c.c.i.i. presuppongono l’omologazione, fase che manca nel piano attestato di risanamento (PAR) e nella convenzione di moratoria;

-l’art. 120-bis, co. 5, attribuisce ai soci il potere di formulare proposte concorrenti, verosimilmente non più ammissibili neppure nel PRO;

-l’art. 120-ter c.c.i.i. richiede il classamento, tipico del Cp.Co. e del PRO;

-l’art. 120-bis, co. 2, ossia il potere degli amministratori (e liquidatori) d’imporre tutte le modifiche statutarie funzionali al successo del risanamento richiederebbe come contrappeso il diritto di voto, mentre negli accordi di ristrutturazione dei debiti (a.d.r.) i soci potrebbero tutt’al più forse opporsi all’omologazione a norma dell’art. 48, co. 4, c.c.i.i.;

-l’art. 120-quater c.c.i.i., come traspare dalla rubrica, è applicabile ai soli concordati, ma occorre individuare quali[62] e forse la sostituzione del riferimento alle “imprese minori” con il richiamo a precisi limiti dimensionali ha fatto venir meno l’unico appiglio testuale per sostenerne l’applicabilità anche al concordato minore.

d)L.c. ‘fallimento in piccolo’, ma ‘più grande’ nella disciplina

Proseguendo per ordine, ci s’imbatte poi nella nuova rubrica del Titolo V dove (come in altre norme[63]) alla liquidazione giudiziale è stata (correttamente) affiancata la liquidazione controllata. Tale accostamento consentirà di trarne argomenti, in sede interpretativa, per inferirne una visione coordinata dei due istituti, accentuata dalla giurisprudenza[64] e dall’ultimo correttivo chiarendo che può essere aperta anche in assenza di beni da liquidare (arg. desunto dal periodo aggiunto all’art. 268, co. 3, c.c.i.i) e colmando alcuni vuoti normativi (v. per es. il periodo aggiunto all’art. 274, co. 3, c.c.i.i. o il co. 6-bis inserito nell’art. 275 c.c.i.i.).

La l.c. resta un ‘fallimento in piccolo’, ma più completo ed autonomo nella disciplina[65], che, per certi versi, ha superato in melius quella della l.g. È infatti curioso rilevare che alcuni ritocchi (come il co. 3-bis aggiunto all’art. 272 c.c.i.i. sull’impossibilità di apprendere i beni sopravvenuti dopo l’esdebitazione) potranno essere utili anche per l’interpretazione del corrispondente art. 142 c.c.i.i. (ora espressamente richiamato dall’art. 270, co. 5, c.c.i.i.) invocato dalla prima pronuncia della Consulta[66] sul nuovo Codice per colmare una preesistente lacuna della procedura minore, ma tuttora non coordinato con l’istituto del discharge.

e)Riordinata la disciplina dell’esdebitazione

Il Legislatore – recependo, almeno in parte, i rilievi di autorevole dottrina[67] – ha poi riorganizzato la disciplina sull’esdebitazione, dividendo il Capo X, del Titolo V, in tre Sezioni dedicate, rispettivamente: alle disposizioni generali (Sezione I, composta dagli artt. 278-279); all’esdebitazione nella l.g. (Sezione I-bis, artt. 280-281); all’esdebitazione a seguito di l.c. e del sovraindebitato incapiente (Sezione II, artt. 282 e 283).

Lo sforzo di sistematizzazione è apprezzabile, ma il risultato perfettibile. Alcune disposizioni connaturate all’istituto (ad es. la circostanza che non produce effetti sui giudizi in corso e sulle operazioni liquidatorie pendenti) sono ancora ripetute sia per la l.g. che per la l.c. (v. gli artt. 281, co. 5 e 282, co. 2-bis, c.c.i.i.); altre (concernenti le «condizioni temporali di accesso»), pur avendo trovato collocazione nella parte generale, sono poi ribadite, con diversa formulazione, per la l.c.[68].

De jure condendo, è inoltre verosimile che l’istituto sarà esteso alla liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) e all’amministrazione straordinaria (a.s.), approdo, quest’ultimo già argomentato de jure condito facendo leva sull’art. 76-bis del d.lgs. n. 270/1999[69].

5.Norme ‘messe a sistema’

Il decreto correttivo, al fine di evitare una concorrenza diseguale tra i vari SRCI (e tra essi e la CNC), ha poi appianato alcune non trascurabili differenze.

a)Test di risanabilità per misurare lo stato di salute dell’impresa

Innanzitutto, il correttivo ha (saggiamente) trasformato il test di autodiagnosi circa la risanabilità dell’impresa in uno tool generale, utilizzabile dall’imprenditore a prescindere dall’apertura delle trattative della composizione negoziata[70], così perseguendo una migliore attuazione dei principi dettati dalla Direttiva Insolvency sulla predisposizione di sistemi di aiuto alle imprese per l’efficace risoluzione delle situazioni di difficoltà (così la Relazione illustrativa).

b)Nuove simmetrie tra SRCI e organi

In secondo luogo, si è chiarito che anche la domanda di accesso al c.l.s. dà avvio al procedimento unitario regolato dagli artt. 40 e segg. c.c.i.i. e consente di ottenere misure protettive e cautelari[71], nonché la falcidia dei creditori privilegiati nei limiti di capienza del bene[72].

Proseguendo con ordine, sia la modifica dell’art. 57, co. 2, c.c.i.i. (nel quale è stato inserito un rinvio all’art. 116 c.c.i.i. al fine di estendere l’applicazione della disciplina sulle operazioni societarie) che l’inserimento di un co. 4-bis all’interno della stessa norma (e la conseguente modifica degli artt. 99, 101 e 102 c.c.i.i.) possono considerarsi come «il frutto di una riorganizzazione sistematica della disciplina degli accordi di ristrutturazione e di quella del concordato preventivo»[73].

Fugando ogni dubbio interpretativo, si è chiarito che il debitore non può accedere al concordato minore mediante il deposito di una domanda prenotativa[74], che può invece presentare per ‘paralizzare’ un’istanza di liquidazione controllata avanzata da un creditore (art. 271, co. 1, c.c.i.i.), chiedendo nelle more la concessione delle misure protettive previste dall’art. 78, co. 2, lett. d), c.c.i.i., a sua volta modificato per richiamare le ulteriori conseguenze normalmente connesse alla protezione del patrimonio del debitore (ossia la sospensione delle prescrizioni e il non verificarsi delle decadenze). Anche la disciplina del concordato minore liquidatorio è stata allineata a quella del Cp.Li. richiedendo che l’apporto di risorse esterne aumenti in misura apprezzabile (anziché la soddisfazione dei creditori) l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e riformulando l’art. 74, co. 3, c.c.i.i.[75]

Sempre ad un’esigenza di simmetria tra i vari istituti può essere ricondotto l’inserimento dell’art. 93-bis c.c.i.i. (rubricato «Reclami») che colma il vuoto normativo esistente rispetto all’impugnabilità degli atti del commissario giudiziale e dei decreti del tribunale e del giudice delegato, dettando la relativa disciplina con rinvio alle analoghe disposizioni della liquidazione giudiziale. Sarà invece compito della dottrina conciliare la qualifica di pubblico ufficiale con il ruolo di ausiliario (simile a quello dell’esperto-facilitatore della CNC e rafforzato dall’art. 92, co. 3, c.c.i.i.) attribuito al commissario giudiziale. Non solleva problemi la stessa qualifica riferita al curatore anche perché l’unico elemento di distonia, presente nell’originaria formulazione dell’art. 173, co. 4, c.c.i.i., è stata corretta, ammettendo l’opponibilità alla massa di tutti (e non più fino alla metà dell’importo) gli acconti corrisposti prima dell’apertura della l.g. purché il promissario acquirente dimostri di averli versati con mezzi tracciabili[76].

c) Tutela dell’abitazione principale anche per il debitore-non consumatore (ma con una differenza)

E ancora: la possibilità di conservare la proprietà dell’abitazione principale (escludendo l’immobile dall’attivo e il debito ipotecario dal passivo della procedura) e di proseguire nel pagamento del mutuo fondiario, già prevista per la ristrutturazione dei debiti del consumatore, è stata estesa al concordato minore eliminando così un’inspiegabile disparità di trattamento tra il consumatore e il professionista/imprenditore individuale.

Resta però una (consapevole) differenza che tradisce un certo favor per il consumatore[77] in quanto ai sensi dell’art. 75, co. 2-bis, ultimo periodo, c.c.i.i., l’OCC deve attestare anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori. In compenso, mentre nella ristrutturazione dei debiti del consumatore viene introdotta una moratoria di due anni per il pagamento dei crediti prelatizi (art. 67, co. 4, c.c.i.i.), nel concordato minore, stante il silenzio dell’art. 75, co. 2, c.c.i.i. e il generico rinvio alla disciplina del c.p. (art. 74, co. 4, c.c.i.i.), non dovrebbero esserci limiti temporali.

d) T.F. (anche senza cram down)

L’intervento più invocato ed atteso dagli operatori del settore (anche a causa della triste constatazione per cui spesso le imprese italiane si autofinanziano non pagando il fisco[78]) concerne però l’estensione della transazione fiscale (t.f.)[79].

Per la precisione, in linea con quanto già previsto per gli a.d.r. (ma alle condizioni molto più stringenti dettate dal riscritto art. 63 c.c.i.i.[80]), il concordato minore[81] (art. 80, co. 3, c.c.i.i.) e il c.p. (ora anche in continuità grazie al riscritto art. 88 c.c.i.i.[82]), l’istituto è stato esteso:

– alla CNC (art. 23, co. 2-bis), ma solo per i debiti fiscali (non contributivi verso gli enti previdenziali ed assicurativi), esclusi i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea e degli enti locali;

-e al PRO (art. 64-bis, co. 1-bis).

Per ovvie ragioni, non è previsto anche il cram down, incompatibile con la natura stragiudiziale del percorso della CNC e con la necessità dell’unanimità dei consensi per il perfezionamento del PRO.

Il meccanismo dell’adesione forzosa è invece stato inserito nell’art. 245, co. 5, c.c.i.i. per il concordato nella liquidazione giudiziale (c.l.g.) e nel contesto dei gruppi (art. 284-bis c.c.i.i.)[83].

e)Deroga all’art. 2560, co. 2, c.c. e non solo

Anche la deroga alla responsabilità solidale per i debiti aziendali risultanti dalla contabilità sancita dal capoverso dell’art. 2560 c.c. è stata estesa al PRO (art. 64-bis, co. 9-bis c.c.i.i., che ricalca l’art. 22, co. 1, lett. d, c.c.i.i. in tema di CNC). Ciò potrebbe forse (indirettamente) contribuire a dirimere un nodo gordiano, ossia a chiarire che il trasferimento d’azienda autorizzato (sebbene non sia tecnicamente qualificabile come una vendita coattiva e nonostante l’omesso richiamo all’art. 217, co. 2, c.c.i.i.) ha anche effetti purgativi[84].

Nella stesura definitiva del decreto correttivo è stata espunta l’estensione della deroga alla solidarietà anche per i debiti fiscali[85], ma la stessa è rifluita nel d.lgs. n. 87/2024 (c.d. decreto sanzioni) che ha modificato l’art. 14, co. 5-bis, del d.lgs. n. 472/1997.

Nonostante ciò, una recente pronuncia del Tribunale di Parma, richiamando un precedente del Tribunale di Milano, ha ribadito che «appare opportuno, in coerenza con le finalità della CNC, subordinare l’efficacia dell’autorizzazione e della cessione al successo della negoziazione ed alla conclusione del programmato accordo ex art 23 co. 1, lett. c, c.c.i.i.); l’esenzione del trasferimento dei debiti ex art. 2560 c.c. non può infatti considerarsi avulsa dall’esito positivo della composizione negoziata mediante una delle soluzioni tratteggiate dal dato normativo ed anzi presuppone il successo della composizione negoziata, cui la presente autorizzazione resta naturalmente subordinata»[86].

f) Generalizzazione della sospensione del TRoL

Non poteva poi mancare una “messa a sistema” della regola del TRoL (acronimo di trasforma, ricapitalizza o liquida), già prevista dagli artt. 20 (per la CNC); 64 (per gli a.d.r.) e 89 (per il c.p.), richiamato dall’art. 64-bis, co. 9 (per il PRO), ed ora estesa alla domanda con riserva (art. 44, co. 1-bis).

Da notare che nelle predette norme è stato altresì inserito un raccordo[87] precisando che «resta ferma, per il periodo anteriore al deposito della domanda e salvo quanto previsto dall’art. 20, l’applicazione dell’art. 2486 c.c.», ossia la responsabilità per violazione del vincolo della gestione meramente conservativa successivamente al verificarsi di una causa di scioglimento della società.

Per il resto nulla manca: è vero che non è stata sospesa anche la causa di scioglimento per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (art. 2484 n. 2, c.c.), ma, come si è avuto modo di osservare in altra sede[88], l’esigenza pratica alla base della tesi dottrinale che ne aveva proposto l’estensione all’ipotesi di perdita della continuità aziendale può essere ora agevolmente soddisfatta grazie al novellato art. 2086 c.c.

g) Prevalenza del going concern sulla par condicio creditorum

Qualche perplessità potrebbe invece sollevare l’esonero da revocatoria degli atti, pagamenti e garanzie su beni del debitore compiuti in esecuzione (oltre che del c.p., del PRO e degli a.d.r.) del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (c.l.s.), che, come noto, non prevede il voto dei creditori. Se, da un lato, tale inclusione potrebbe sembrare coerente con l’esonero da revocatoria degli atti compiuti durante la CNC[89] e in adempimento dell’‘accordo avallato’ dall’Esperto[90], nonché con la rivalutazione del c.l.s., dall’altro, occorrerà ripensare la ratio (identificata nella tutela della composizione concordata della crisi[91]) dell’esenzione dalla revocatoria concorsuale prevista dall’art. 166, co. 3, lett. e) c.c.i.i. Senza contare che alla luce di quest’ulteriore aggiunta potrebbe risultare ancora più incompleta la seconda parte della lett. e), nella quale (prima dell’inserimento del c.l.s.) si sarebbe potuto usare l’espressione domanda “di accesso unitario” onde comprendere anche il PRO.

h)Inedita centralità del PAR e modificabilità del piano anche di c.p.

Non si può fare a meno di rimarcare l’inedita centralità assunta dal piano attestato di risanamento (PAR): mentre sotto il vigore del r.d. n. 267/1942 era disciplinato incidenter tantum ai soli fini dell’esenzione da revocatoria e dal reato di bancarotta, adesso è normato dal (riscritto) art. 56 c.c.i.i., richiamato dall’art. 57, co. 2 (per gli a.d.r.) e replicato dall’art. 87 (che per il piano di c.p. prevede come ulteriore requisito la previsione di fondi rischi).

Da notare che all’art. 56 c.c.i.i. è stata aggiunta la lett. g-bis (che ricalca l’art. 87, lett. f) per rimarcare l’importanza del rispetto della normativa sulla sicurezza sul lavoro e la tutela dell’ambiente e sono state ritoccate alcune lettere, tra cui:

-la lett. a) per richiedere l’indicazione, oltre che del debitore, anche delle «eventuali parti correlate», il che potrebbe indirettamente contribuire a chiarire (stante il rinvio all’art. 56 contenuto nell’art. 57 c.c.i.i.) che sono escluse dal quorum del 60% necessario per gli ad.r. ordinari;

-la lett. d) eliminando l’inciso «alla data di scadenza» che avrebbe finito per penalizzare il PAR rispetto agli a.d.r. ordinari dove l’imprenditore può fruire di una dilazione fino a centoventi giorni per pagare i creditori estranei.

Grazie all’ultimo correttivo è ora possibile modificare il piano non solo negli a.d.r. (art. 58), ma anche nel contesto di un c.p. in continuità (art. 118-bis c.c.i.i.[92].

5.1. Segue: perduranti asimmetrie e difetti di coordinamento tra alcune novità

Come dovrebbe emergere dalle (seppur schematiche) considerazioni che precedono, molto è stato fatto per migliorare l’impianto Codicistico, ma forse qualcosa si potrebbe ancora fare e chi scrive vorrebbe offrire il suo modesto contributo proponendo qualche (non richiesta) riflessione ad adiuvandum.

Un’analisi trasversale del d.lgs. n. 14/2019, così come emendato dall’ultimo decreto correttivo, svela ancora alcune vecchie disarmonie o scelte distoniche, cui forse si è aggiunto qualche nuovo difetto di coordinamento tra le varie news.

i) Residue asimmetrie: scelte volute o mere sviste?

Sotto il primo profilo, l’art. 265 c.c.i.i., in maniera distonica rispetto all’art. 120-bis c.c.i.i. (dissonanza resa ancor più evidente a seguito dell’affiancamento dei liquidatori agli amministratori), continua a stabilire che la proposta e le condizioni del concordato nella liquidazione giudiziale (c.l.g.), salva diversa disposizione dell’atto costitutivo o dello statuto: a) nelle società di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale; b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori.

Non è poi facile comprendere perché nella disciplina del Cp.Li. (art. 112, co. 5, c.c.i.i.) e dei gruppi (art. 285, co. 3, c.c.i.i.) sia rimasto il riferimento al creditore dissenziente appartenente a una classe dissenziente (ovvero, nell’ipotesi di mancata formazione delle classi, ai creditori dissenzienti che rappresentino il 20% dei crediti ammessi al voto)[93] e la ragione per la quale solo l’art. 285, co. 5, c.c.i.i. consenta espressamente ai soci di opporsi all’omologazione onde far valere il pregiudizio arrecato alla reddittività e al valore della partecipazione sociale dalle operazioni previste.

Restano poi delle discrepanze (che, probabilmente, rispecchiano anche una disparità di vedute tra i componenti della Commissione di riforma) in tema di legittimazione processuale attiva tra i diversi dominus dei vari SRCI[94], ma oggi l’art. 115 c.c.i.i dovrebbe essere applicabile anche al concordato preventivo in continuità con nomina del liquidatore giudiziale e (per effetto del rinvio a tale norma inserito nell’art. 25-septies, co. 1 e già presente nell’art. 64-bis, co. 9, c.c.i.i.), anche nel c.l.s. (e, verosimilmente, nel PRO).

Ad alcune ‘sottigliezze’ è agevole porre rimedio in via interpretativa: ad es. è evidente che il commissario giudiziale dovrebbe espletare il proprio inedito ruolo di aiutante nel fornire le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti anche nei confronti dei soci che ne facciano richiesta. Oggettivamente più difficile è argomentare l’applicabilità del c.l.s. (‘semplificato’ solo nel nome) anche per un gruppo di imprese.

Sarà poi compito degli interpreti ed operatori del diritto offrire un’esegesi degli artt. 120-bis e segg. c.c.i.i. coerente con le restanti norme dello stesso Codice della crisi[95] e del Codice civile[96].

ii) Omesso coordinamento tra alcune news introdotte dall’ultimo correttivo

Sotto il secondo profilo, ci si limita telegraficamente ad osservare che:

-l’art. 120-bis, co. 1, c.c.i.i., accentuando lo spostamento del baricentro decisionale dai soci agli amministratori, ha (correttamente) affiancato a questi ultimi i liquidatori[97], ma (non intervenendo sui commi successivi) pare essersi dimenticato di prevedere anche per loro la garanzia dell’irrevocabilità ad nutum e il dovere di informare i soci dell’avvenuta decisione;

-l’art. 120-bis, co. 5, c.c.i.i. attribuisce la legittimazione a presentare proposte concorrenti ai soci che rappresentino almeno il 10% del capitale sociale, mentre l’art. 90 c.c.i.i. ha dimezzato detta percentuale al fine – come spiega la Relazione illustrativa – di «incrementare l’efficienza delle procedure di concordato preventivo mediante l’agevolazione della presentazione di proposte alternative a quella dell’impresa che possano garantire una migliore soddisfazione dei creditori oppure una più efficace ristrutturazione» (ratio che potrebbe attagliarsi anche alle proposte dei soci);

-l’art. 2394-bis c.c.: a dispetto del criterio direttivo dettato dall’art. 14, co. 1, lett. a), l. n. 155/2017, non è stato abrogato, ma andrebbe aggiornato, in quanto omette ogni riferimento al liquidatore giudiziale nel c.p. e al liquidatore della l.c.;

-il novellato art. 268, co. 3, quarto periodo, c.c.i.i. è stato coordinato con l’art. 66, co. 1, c.c.i.i.[98], ma non con l’art. 33, co. 1-bis, c.c.i.i.[99].

6.Ruolo dell’interprete

Prescindendo dagli eventuali margini di miglioramento, occorre onestamente riconoscere che il Legislatore non si è risparmiato (anzi forse ha ecceduto nell’ambizione/illusione di mettere a tacere tutte le critiche).

Certo ogni grande opera è perfettibile, ma la ‘perfezione è nemica del bene’ e un decreto correttivo non può trasformarsi in una “memoria di replica”, né divenire un aggiornamento periodico di un Codice che, coltivando la visione antropomorfica dell’azienda, è stato paragonato ad una sorta di enciclopedia medica[100].

Sotto il profilo formale, si potrà valutare se:

-asciugare ancora la prosa onde evitare che le norme, che dovrebbero rivestire i caratteri della generalità ed astrattezza, si trasformino in particolari e (pensate per situazioni) concrete, così ostacolando l’interpretazione estensiva/analogica;

-eliminare inutili ripetizioni di singoli concetti (come il mantra della separazione delle masse nelle procedure di gruppo e familiari[101] o la possibilità di distribuire liberamente le c.d. risorse esterne[102]) o periodi (ad es. la precisazione «sia nel caso di apertura di una procedura unitaria, sia nel caso di apertura di una pluralità di procedure» contenuta nell’incipit degli artt. 290 e 291 c.c.i.i.) o interi articoli (ad es. l’art. 289 c.c.i.i. riprende, con alcune differenze[103], gli artt. 284, co. 4, e 286, co. 4, c.c.i.i.);

-correggere alcune formulazioni non ineccepibili, come quella dell’art. 140, co. 2, c.c.i.i. che nell’attribuire al presidente il compito di convocare il comitato dei creditori per le deliberazioni di competenza «o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti» sembra dimenticarsi che i membri di tale organo potrebbero essere cinque.

Sotto il profilo sostanziale, ci sarà tempo per meditare sull’opportunità di introdurre una disposizione simmetrica al co. 5-bis dell’art. 53 c.c.i.i. che consenta alla Corte d’appello, anche d’ufficio, di riformare la (corretta ed ineccepibile in “punta di diritto”) sentenza di diniego dell’omologazione del CpCo. ritenendo prevalente «l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori» rispetto al pregiudizio subito dall’opponente (anche socio) costituitosi nel giudizio di omologa, al quale spetterebbe solo il risarcimento dei danni eventualmente subiti.

Il punto ineludibile, almeno ad avviso di chi scrive, è che criticare è sempre più facile che proporre reali alternative ed occorre essere consapevoli che nessuna legge può essere tanto perfetta da prevenire comportamenti elusivi (la fantasia degli operatori supera sempre quella del Legislatore) che solo l’etica professionale è davvero in grado di arginare.

L’interprete deve quindi fare la sua parte senza far prevalere le proprie convinzioni personali sulle norme, ma collaborando con il Legislatore perché «il rapporto tra la legge e la sua interpretazione non è quello che corre tra una realtà e il suo specchio, ma quello che corre tra il seme e la pianta e perciò la legge vive solo con la sua interpretazione e applicazione che d’altra parte non è affatto mera sua dichiarazione, ma creazione di diritto, tuttavia caratterizzata dalla sua continuità col dato dal quale prende le mosse»[104].

La vera sfida nei prossimi mesi sarà quindi quella (non già di trovare eventuali residui difetti), ma le chiavi di lettura del nuovo ordito codicistico ed è ciò che si è cercato di fare in altra sede[105].

[1] Invero, a rigore, sarebbe il secondo: il primo decreto correttivo è il d.lgs. n. 147/2020, mentre il d.lgs. n. 83/2022 ha recepito la Direttiva c.d. Insolvency n. 1023/2019.

[2] Un decreto correttivo, per definizione, può solo correggere: non esercitare deleghe rimaste inattuate, né (ri)correggere norme già modificate. Peraltro, nel decreto in esame si registra qualche ripensamento (v. per es. l’art. 25-octies c.c.i.i. che ha reintrodotto la segnalazione dei revisori) e ‘aggiustamento di tiro’ (emblematico l’art. 112, lett. d, c.c.i.i. ove si è esplicitato che la c.d. golden class, che da sola consente l’omologazione, deve essere pregiudicata) e, in ossequio alla legge delega del 2017, si è cercato d’incentivare il concordato c.d. incidentale disciplinandolo come chiusura anche della liquidazione giudiziale di gruppo  (v. co. 4-bis dell’art. 240 c.c.i.i.), ma non della liquidazione controllata (exit ritenuto inammissibile da Trib. Milano, 23 luglio 2024, in ilcaso.it, dovendosi interpretare il perdurante silenzio normativo quale «indice significativo della volontà del legislatore di non consentire, in generale, ai sovraindebitati di risolvere la propria crisi attraverso questo strumento»).

[3] Che, ad avviso di F. Lamanna, L’illegittimità costituzionale del Secondo Decreto Correttivo del Codice della crisi e dell’insolvenza e della l. n. 53/2021, in Jus-Crisi d’impresa, 2 ottobre 2023, si risolverebbe in una inammissibile «delega in bianco».

[4] Il Capo I (artt. da 1 a 51) reca disposizioni modificative del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII); il Capo II (artt. da 52 a 57) contiene disposizioni di coordinamento e abrogative conseguenti alle modifiche apportate al codice, nonché disposizioni transitorie.

[5] Il conteggio degli articoli emendati, sia pure con diverso grado di incisività, è tratto da L. Jeantet, P. Vallino, E. Albesano, Il Correttivo-ter e le modifiche in tema di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi degli artt. 37, 40 e 44 c.c.i.i., in Jus-Crisi d’impresa, 22 luglio 2024.

[6] Già in occasione del primo Convegno su Le modifiche del Codice della crisi: analisi e dibattito, Pietrasanta, 10 e 11 maggio 2024, si è auspicato «un correttivo giurisprudenziale al correttivo legislativo»: così, con riferimento all’art. 37, co. 1, c.c.i.i., G. Gaggioli, il cui intervento è disponibile sul sito dirittodellacrisi.it, Sezione Video. Critico anche N. Soldati, la cui presentazione in Power Point è scaricabile dal sito dirittodellacrisi.it, Sezione Podcast e Formazione.

[7] Per un’analisi più approfondita dell’ultimo correttivo si rinvia alle relazioni della prima Sessione (di I. Pagni e M. Fabiani), Uno sguardo sulle modifiche al Codice della crisi, del citato Convegno di Pietrasanta; L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, in dirittodellacrisi.it, 17 luglio 2024; N. de Luca e L. Sicignano, Il terzo correttivo al codice della crisi (parte prima), in Foro it., 2024, 257 ss.

[8] Dall’art. 285, co. 1, c.c.i.i. è stato espunto il criterio della prevalenza dei flussi di cassa, così allineandolo all’art. 84, co. 3, c.c.i.i.; forse il correttivo avrebbe potuto intervenire anche sull’art. 368, co. 4-bis, c.c.i.i aggiungendo un richiamo al PRO, non menzionato perché introdotto successivamente.

[9] Procedendo in ordine sparso: dagli artt. 136, co. 4; 137, co. 2 e 236, co. 1, c.c.i.i. è stato espunto l’erroneo richiamo all’art. 233 anziché all’art. 234 c.c.i.i.; nell’art. 25-quater, co. 7, c.c.i.i. è stato inserito il riferimento al «responsabile dell’organismo di composizione della crisi», anziché al Segretario generale della CCIAA, come soggetto incaricato di liquidare il compenso dell’esperto della CNC; nell’art. 40, co. 8, c.c.i.i. si è chiarito che qualora la notificazione con le modalità ordinarie non vada a buon fine, il deposito dell’atto va fatto, per i non iscritti al registro delle imprese, presso la casa comunale del luogo di residenza e non “presso” la residenza; dall’art. 50 è stato eliminato il riferimento all’art. 35 c.c.i.i, che non contiene termini; nell’art. 97, co. 12, c.c.i.i. si è corretto l’errore di battitura parlando di contratto (e non contatto) di locazione; nell’art. 201, co. 1, c.c.i.i. sono stati menzionati i creditori pignoratizi tra coloro che possono presentare domanda di ammissione al passivo e nella lett. b) del co. 3 inserita l’ipotesi in cui il debitore sia datore di pegno.

[10] A titolo esemplificativo: nell’art. 49, co. 3, c.c.i.i., in tema di trasmissioni telematiche, si è sostituito il riferimento all’abrogato d.l. n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, con il d.lgs. n. 127/2015; nell’art. 310 c.c.i.i. si è provveduto ad aggiornare la disciplina delle domande tardive nella liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.), che era ancora modellata sulla legge fallimentare, nel testo vigente prima delle modifiche apportate con i d.lgs. n. 5/2006 e n. 169/2007.

[11] A livello semantico, il Legislatore è intervenuto sostituendo: negli artt. 66; 67, co. 2, lett. c), e 75, co. 1, lett. d), c.c.i.i. l’espressione atti di «straordinaria amministrazione» (che mal si attaglia all’attività del consumatore, estranea a scopi imprenditoriali) con atti «eccedenti l’ordinaria amministrazione»; nell’art. 120-quater c.c.i.i. il termine «grado» a «rango»; nell’art. 27 c.c.i.i. la preposizione «in» con l’espressione «assoggettabili ad a.s.» [la mente corre al contributo di P. Filippi, Art. 27, primo comma, CCI: l’infelice “in” davanti a “amministrazione straordinaria”. Ci vorrà un intervento correttivo? (Brevi riflessioni sull’ ordinanza n. 19618 del 09/07/2021 della prima Sezione civile della corte di Cassazione, in giustiziainsieme.it]; nell’art. 97 c.c.i.i. la dizione «giudice competente secondo le regole ordinarie» anziché ordinariamente competente; nell’art. 284 e segg. c.c.i.i. l’aggettivo «collegati» a quello «interferenti» (termine, quest’ultimo, che evoca la presenza di un conflitto tra di essi e non la sinergia presupposta dalla ratio della disposizione stessa).

[12] Per es. usando la dicitura «situazione economico-patrimoniale e finanziaria»; menzionando accanto alle banche ed intermediari finanziari i cessionari dei loro crediti. Il Codice, nella sua versione definitiva, continua invece a distinguere tra il «valore eccedente quello di liquidazione» (art. 84, co. 6, c.c.i.i.) ed il «valore risultante dalla ristrutturazione» (art. 120-quater, co. 1, c.c.i.i.) e a parlare nell’art. 64-bis, co. 1, c.c.i.i. di «valore generato dal piano». Probabilmente si tratta di una scelta voluta in quanto, come ha osservato A. Guiotto, Il valore riservato ai soci nel concordato in continuità aziendale, in dirittodellacrisi.it, 13 aprile 2023, mentre il primo è un valore differenziale, il secondo rappresenta un valore assoluto. Parimenti deve ritenersi una scelta ponderata l’aver previsto in certi casi il parametro della «maggiore convenienza in funzione del miglior soddisfacimento dei creditori» (da rapportare alla comparazione tra la proposta dell’impresa inserita nel gruppo e la proposta virtuale della singola impresa monade) e in altri la mera assenza di pregiudizio (che va rapportata alla comparazione tra SRCI e liquidazione).

[13] Emblematica la riformulazione dell’art. 112, co. 2, lett. d), c.c.i.i., ‘sciolta’ per chiarire il significato di «in mancanza» (riferita alla maggioranza delle classi) e che la classe di creditori c.d. con l’‘asso nella manica’ deve essere pregiudicata: per un primo commento v. D. Finardi, La ristrutturazione trasversale nella bozza del Correttivo-ter 2024, in Jus-Crisi d’impresa, 11 luglio 2024.

[14] Come la puntualizzazione «in contraddittorio» espunta dal co. 1 degli artt. 72 e 82 c.c.i.i. (entrambi rubricati «Revoca della sentenza di omologazione», ma riferiti, rispettivamente, alla procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore e al concordato minore) perché superflua discendendo dai principi generali del processo in attuazione dell’art. 24 Cost. (così la Relazione illustrativa), ma rimasta negli artt. 120 e 251 c.c.i.i. (che disciplinano l’annullamento del c.p. e del c.l.g.). Si osserva incidentalmente che proprio per assicurare il rispetto di tale basilare principio costituzionale è stato modificato l’art. 204, co. 5, c.c.i.i. (specificando che «quando il procedimento ha ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione», avendo le relative decisioni efficacia extraconcorsuale, «il debitore può intervenire e proporre impugnazione ai sensi dell’art. 206») ed introdotto una sorta di contraddittorio anticipato anche in tema di esdebitazione (v. ultimo periodo del co. 1 degli artt. 28 e 282 c.c.i.i.).

[15] Per es. nell’art. 83 c.c.i.i. il termine «conversione» di una procedura in un’altra o negli artt. 67, co. 4; 88, co. 1, e 100, co. 2; 240, co. 4, c.c.i.i. il non corretto riferimento «al valore di mercato» (dizione che però sopravvive nel capoverso dell’art. 75 c.c.i.i.).

[16] A tal fine, il riferimento [contenuto negli artt. 51, co. 2, lett. c); 124, co. 3, lett. c) e 207 CCII] alle ragioni/elementi di fatto e di diritto su cui si basa il reclamo, è sostituito con l’indicazione dei «motivi». Probabilmente per una svista la vecchia dicitura è rimasta nell’art. 201, co. 3, lett. c), c.c.i.i.

[17] Negli artt. 90, co. 3, 243, co. 5 e 358, co. 1, c.c.i.i. si parla genericamente di unioni civili tra persone, senza specificare «dello stesso sesso». La specificazione è però rimasta nell’art. 169 c.c.i.i.

[18] Come nell’art. 3, co. 4, c.c.i.i.: i «segnali di emersione dello stato di crisi» (da non confondere con i vecchi «indicatori della crisi» di cui alla prima versione del d.l.gs. n. 14/2019) sono rilevanti «anche» prima dell’emersione dello stato di crisi/insolvenza (ciò spiega le soglie particolarmente basse dell’art. 25-novies c.c.i.i. e il fatto che le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati contengono l’invito alla presentazione dell’istanza di CNC solo «se ne ricorrono i presupposti»; parimenti l’organo di controllo non deve segnalare lo stato pre-crisi); nell’art. 12 c.c.i.i laddove si è chiarito che ai fini dell’accesso alla CNC è sufficiente che l’impresa si trovi «anche soltanto in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario»; negli artt. 24 (e 25-quater, co. 6, c.c.i.i.) si è precisato che «gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell’art. 22 conservano i propri effetti anche se successivamente intervengono un a.d.r., c.p., ecc. e quindi, a fortiori, nel caso degli esiti “fisiologici” di tale percorso.

[19] Ad es. è stato espunto «neppure» dall’art. 90, co. 3, c.c.i.i.; «unitamente» dall’art. 120-bis CCII, avverbio che era stato erroneamente inteso come «contestualmente» escludendo che la riserva di competenza a favore degli amministratori ivi sancita si riferisse anche alla domanda in bianco.

[20] Es. l’aggettivo «mera», riferito al controllo di ritualità, dall’art. 64-bis, co. 4, lett. a), c.c.i.i.; l’aggettivo «giuridica» dagli artt. 70, co. 7, e 80, co. 1, c.c.i.i. che rievoca(va) il discrimen tra fattibilità giuridica ed economica tracciato dalla Sezioni unite.

[21] Sono stati ritoccati i co. 8 e 9 dell’art. 213 c.c.i.i. per chiarire che l’applicabilità della legge Pinto è esclusa qualora il curatore abbia rispettato i termini indicati nel programma (ai sensi del co. 5, siano essi originari o differiti dal giudice delegato), posto che le attività di liquidazione possono essere ostacolate o ritardate da molteplici cause indipendenti dalla sua volontà.

[22]  Si allude alla riscrittura dell’art. 216 c.c.i.i. ai sensi del quale «per i beni immobili il curatore pone in essere almeno» (anziché tre esperimenti di vendita all’anno, cosa difficilmente realizzabile) «un esperimento di vendita per il primo anno e due per gli anni successivi», così agevolando i controlli da parte del giudice.

[23] Si pensi all’art. 255, co. 1-bis, c.c.i.i ai sensi del quale «la legittimazione del curatore si estende anche alle azioni nei confronti degli eventuali coobbligati».

[24] Negli artt. 16, co. 5, e 18, co. 5 e 5-bis, c.c.i.i. (richiamati dall’art. 22 c.c.i.i.). Cfr. L. Filipponi, I rapporti con le banche nella composizione negoziata: un commento alle proposte di modifica del c.c.i.i., in Ius-Crisi d’impresa, 19 luglio 2024.

[25] Arg. desunto dall’art. 16, co. 5, c.c.i.i.

[26] Cfr. A. Colnaghi, Composizione negoziata e autorizzazioni del tribunale nella bozza di Correttivo-ter al c.c.i.i., in Ius-Crisi d’impresa, 2 luglio 2024.

[27] Occorre onestamente riconoscere che numerosi casi classificati come di insuccesso della CNC non sono sfociati nell’apertura di una procedura concorsuale, segno tangibile che detto percorso aveva sortito un qualche effetto benefico.

[28] L’unico esito veramente negativo è l’archiviazione (che va iscritta nel r.i. qualora l’impresa abbia richiesto l’applicazione di misure protettive del patrimonio).

[29] Così Trib. Pavia, 8 luglio 2024, ha reputato inammissibile la richiesta di conferma di misure protettive tipiche nell’ambito della CNC in presenza di un piano di risanamento che prevedeva la liquidazione atomistica del patrimonio aziendale e non la prosecuzione dell’attività.

[30] Cfr. Trib. Perugia, 15 luglio 2024, in Eutekne.info, 23 agosto 2024, con nota di A. Nicotra, Composizione negoziata della crisi compatibile con il piano liquidatorio: «Lo stato di liquidazione di un’impresa che chiede di accedere alla CNC o la predisposizione di un piano liquidatorio da parte dell’impresa istante (in liquidazione o meno) non dovrebbero essere di per sé tali da impedire l’accesso alla CNC (o meglio determinare il rigetto da parte del Tribunale della conferma delle MP eventualmente richieste). Se il valore dei beni da liquidare, insieme ad eventuali altri attivi disponibili, accompagnato da uno stralcio, consente di predisporre un piano potenzialmente accettabile da parte dei creditori (o cmq che possa apparire come ragionevole punto di partenza di una trattativa) non dovrebbe esservi motivo di impedire lo svolgimento della trattativa (e quindi di negare la conferma delle misure protettive)». Anche per Trib. Ferrara, 13 giugno 2024 le misure protettive si giustificano, ed in certa misura si impongono, anche nell’ipotesi in cui appaia improbabile il risanamento dell’impresa e ciò al fine di assicurare alla CNC una qualche possibilità di riuscita, fermo restando che il fine dell’istituto in esame è il raggiungimento di un accordo con i creditori e non già l’ottenimento del lasciapassare per il concordato semplificato.

[31] Scongiurando così sul nascere la necessità di un percorso “di ritorno” [così M. Spiotta, Il percorso (“liquido” ma “solido”) della CNC: solo andata o anche ritorno? in Giur. comm., 2024, I, 595 ss.]. Sull’argomento v. amplius M. Fabiani, Intrecci rovesciati e consecuzione anomala tra composizione negoziata e strumenti di regolazione della crisi, in dirittodellacrisi, 23 febbraio 2024.

[32] Arg. desunto dagli artt.: 22, co. 1-bis («L’attuazione del provvedimento di autorizzazione concesso dal tribunale può avvenire prima o successivamente alla chiusura della CNC se previsto dal tribunale o se indicato nella relazione finale dell’esperto»); 22, co. 1-ter (sull’operatività della prededucibilità a prescindere dall’esito della CNC); 23, co. 2, lett. b (la percentuale è ridotta anche se la domanda di a.d.r. è proposta nei 60 gg. successivi); 23, co. 2-ter (le soluzioni di cui ai co. 1 e 2 possono intervenire durante le trattative o a conclusione della CNC e la sottoscrizione dell’esperto, quando prevista, può essere apposta successivamente). Sull’argomento v. A. Colnaghi, Composizione negoziata e autorizzazioni del tribunale nella bozza di Correttivo-ter al c.c.i.i., cit., 2 luglio 2024.

[33] Cfr. L. Jeantet, P. Vallino, E. Albesano, Il Correttivo-ter e le modifiche in tema di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi degli artt. 37, 40 e 44 c.c.i.i., in Jus-Crisi d’impresa, 22 luglio 2024.

[34] Come ben spiega la Relazione illustrativa, le misure protettive atipiche non possono essere chieste nel procedimento avviato con riserva la cui indeterminatezza non consentirebbe al giudice di valutare la sussistenza dei requisiti per l’accoglimento della relativa istanza.

[35] Ossia, lato debitore, lo spossessamento, sia pure attenuato (e la conseguente impossibilità di compiere gli atti di straordinaria amministrazione se non previa autorizzazione del Tribunale o del giudice delegato); sul versante dei creditori, questi, salvo che vi sia l’autorizzazione, non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti e le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori.

[36] Come rilevato da Trib. Brescia, 1° febbraio 2024 (pronuncia segnalata da T. Nigro, Riproponibile la domanda in bianco nel Codice della crisi. Nessuna preclusione alla nuova domanda in assenza di abuso dello strumento, in Eutekne.info, 1° agosto 2024), mentre l’art. 161, co. 9, l.f. sanciva l’inammissibilità della domanda di concordato c.d. in bianco, quando il debitore, nei due anni precedenti, avesse presentato altra domanda [in bianco] alla quale non avesse fatto seguito l’ammissione alla procedura, analoga preclusione non compare nel CCII con la conseguenza che la riproposizione di una domanda ex artt. 40 e 44 CCII deve ritenersi ammissibile senza i precedenti limiti temporali, purché ciò non si traduca in un abuso dello strumento concordatario.

[37] Immagine usata da N. Abriani, La crisi dell’organizzazione societaria tra riforma delle società di capitali e riforma delle procedure concorsuali, in Fallimento, 2010, 396, per rappresentare in maniera icastica le differenze tra la corresponsabilità dei soci co-gestori di s.r.l. e la teoria dell’amministratore di fatto.

[38] Percorso che può (e dovrebbe auspicabilmente) essere intrapreso anche prima del verificarsi di una vera «crisi».

[39] «Quadri di ristrutturazione» secondo il linguaggio della Direttiva Insolvency.

[40] Resta aperto il dubbio sulla possibilità di far rientrare nella lett. m-bis) il c.l.g., che è un modo di chiusura della l.g. (tanto è vero che si parla anche di concordato successivo o incidentale), svincolato dal procedimento unitario.

[41] In tale norma è stato sufficiente parlare di SRCI per dirimere (in senso affermativo) il dubbio interpretativo sulla possibilità di accedere alla CNC (‘difensiva’) in pendenza dell’istanza di l.g. presentata dai creditori, dal P.M. e dagli organi di controllo (così la Relazione illustrativa). Ma, come spesso accade, il chiarimento di un dubbio ne fa sorgere immediatamente un altro. Nella specie, ci si si potrebbe ora interrogare sul valore preclusivo di un’istanza di auto l.g. o se l’imprenditore possa rinunciarvi e, in caso affermativo, se valga il limite dei quattro mesi precedenti.

[42] Per le società, la domanda di accesso a uno SRCI è approvata e sottoscritta a norma dell’art. 120-bis c.c.i.i., mentre la domanda di apertura della l.g. è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza (del resto, la riserva di esclusività degli amministratori sarebbe incompatibile con l’iniziativa dell’organo di controllo prevista dall’art. 37 c.c.i.i.).

[43] In compenso, novellando l’art. 75, co. 3, c.c.i.i. si è sdoganato il concetto di continuità (non solo aziendale, ma anche) dell’attività professionale.

[44] La rubrica del Capo II del Titolo X è invece rimasta «Albo degli incaricati della gestione e del controllo nelle procedure».

[45] Come spiega la Relazione illustrativa al decreto correttivo, nell’art. 25-quater c.c.i.i. è volutamente rimasta la dicitura impresa sotto-soglia (contenuta nel d.l. n. 118/2021) giacché la lett. d) dell’art. 2 c.c.i.i. prende in considerazione l’impresa commerciale, mentre l’impresa agricola è menzionata alla precedente lett. c). Si è ritenuto dunque necessaria una previsione autonoma che chiarisse che la scelta tra l’applicazione all’impresa agricola degli artt. 23 o 25-quater c.c.i.i. dipende dall’elemento dimensionale.

[46] Il riferimento alle «imprese minori» originariamente contenuto negli artt. 85, co.  3 e 120-quater, co. 2, c.c.i.i. è stato sostituito con il richiamo a precisi limiti dimensionali che sembrano coincidere con i limiti fissati a livello europeo (dalla Direttiva UE n. 2775/2023, che supera i dettami della Raccomandazione UE 361/2003) per l’individuazione delle piccole (ma non anche medie) imprese (c.d. PMI). I requisiti di cui all’art. 85, co. 3, 2° periodo, c.c.i.i. sono richiamati dall’art. 112, co. 2, c.c.i.i. ove si precisa che nel Cp.Co, per la RTD, occorre il consenso del debitore solo se si tratta di P(M)I. Questa sostituzione lessicale ha fatto venir meno l’unico originario appiglio testuale per argomentare l’applicabilità del concordato con attribuzione ai soci anche al concordato minore.

[47] Dalla lett. c) dell’art. 87 c.c.i.i. si evince che la regola è il riferimento al valore atomistico dell’azienda (mentre la cessione dell’azienda in esercizio una mera eventualità) e che per valore s’intende quello realizzabile (e non quello stimato), comprensivo delle ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili.

[48] Il parametro è sempre lo stesso: «alla data della domanda di omologa» dello SRCI (cfr. gli artt. 61, co. 2, lett d); 62, co. 2, lett. c e 64 bis, co. 8, c.c.i.i.): si potrebbe parlare di un approccio rebus sic stantibus, pragmatico, e non illusorio, ossia ‘drogato’ da illusorie prospettive di ‘fare cassa’ in sede di l.g.

[49] Su questi profili tecnici si rinvia al saggio di R. Ranalli, I nuovi principi di attestazione. Un’occasione mancata e (in risposta allo stesso) al Blog di G. La Croce, Il rapporto tra scienza e diritto nel codice della crisi: una scivolosa questione di metodo, entrambi pubblicati nelle rispettive sezioni del sito dirittodellacrisi.it in data 21 agosto 2024 e 2 settembre 2024. Si ricorda per completezza che il decreto correttivo del 2024 ha anche codificato (all’art. 120-quater, co. 2, ultimo periodo, c.c.i.i.) la nozione di «valore effettivo» riservato ai soci.

[50] Basti ricordare che: a) costituisce il parametro per verificare la convenienza rispetto all’unica alternativa percorribile; b) delimita il perimetro applicativo della regola della absolute priority rule (APR) nella distribuzione dell’attivo; c) offre al singolo creditore il diritto di sindacare un potenziale pregiudizio del proprio credito. Per la precisione, il concetto di valore di liquidazione (VL) assume rilievo in 17 contesti: cfr. A. Solidoro, Riflessioni aziendalistiche su valore di liquidazione, valore per i soci e plusvalore da continuità nella prospettiva di modificazione del Codice della crisi, Power Point pubblicato in dirittodellacrisi.it, Sezione Podcast e formazione.

[51] Sintagma tutt’altro che facile da definire e perimetrare: per esigenze di sintesi, sia consentito rinviare a M. Spiotta, É necessaria o inutile una definizione di procedura concorsuale (o di procedura di regolazione della crisi o di quadro di ristrutturazione)? Quando le categorie generali possono conservare funzionalità, in dirittodellacrisi.it, 22 aprile 2022. Peraltro, anche la riforma societaria del 2003 aveva aggirato la difficoltà di (ri)elaborare la nozione di società a seguito dell’introduzione anche della s.p.a. (oltre che della s.r.l.) unipersonale modificando la rubrica dell’art. 2247 c.c. (non più «Nozione», ma «Contratto di società»).

[52] Per es. nell’art. 288 c.c.i.i., norma collocata nel Capo dedicato alla procedura unitaria di l.g. ma rubricata «Procedure concorsuali autonome di imprese appartenenti allo stesso gruppo» e sicuramente applicabile anche al concordato preventivo.

[53] F.M. Cocco, Terzo correttivo al c.c.i.i.: novità in tema di crediti prededucibili, in Jus-Crisi d’impresa, 31 luglio 2024.

[54] La notazione critica è di V. Di Cataldo, Concordati e procedure alternative. Quale futuro? in Giur. comm., 2024, I, 498.

[55] L’efficace espressione è mutuata da M. Fabiani, Codice della crisi e Direttiva sui quadri di ristrutturazione, ovvero il concordato preventivo in mezzo al guado, in Foro it., 2022, V, 30.

[56] Per alcune riflessioni sull’intreccio delle varie discipline sia consentito rinviare a M. Spiotta, Evoluzione del diritto concorsuale e modello concordatario: unitarietà o pluralità? in Fallimento, 2023, 876 ss. dove si era cercato di evidenziare che il Cp.Li (e il c.l.s.) può essere liquidatorio, ma non disgregativo; specularmente il Cp.Co (e il PRO), pur essendo strumenti in continuità, possono contemplare la dismissione di alcuni cespiti.

[57] Cfr. Trib. Vicenza 17 febbraio 2023 e Trib. Roma 3 luglio 2024.

[58] Si parla di piano di «ristrutturazione» (come negli a.d.r. che possono essere liquidatori) e non di «risanamento» (come nel PAR) e di valore «generato dal piano».

[59] L. Jeantet, CNC e concordato semplificato: dal presupposto (oggettivo) alla prospettiva (liquidativa), in Giur. it., 2023, 1469 ss.; P. Vallino, P. Ruzzin e D. Rondinelli, Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione: sola continuità od anche liquidazione? in Ius Crisi d’Impresa, 11 ottobre 2023.

[60] In tal senso si erano già espressi A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, Giappichelli, 2023, 124; L. Jeantet, P. Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, Composizione negoziata e liquidazione. Crepuscolo (giurisprudenziale) dello strumento? in ildirittobancario.it, 23 novembre 2022.

[61] Ad avviso di S. Morri, Le modifiche del Correttivo-ter alla disciplina della regolazione della crisi nelle società: ovvero, e salvo eccezioni, la toppa è peggio del buco? in Jus-Crisi d’impresa, 29 luglio 2024, «questo improvviso e brusco calare della disciplina in questione nel contesto delle diverse forme di ristrutturazione suscita molti interrogativi».

[62] Sul tema v. D. Finardi, I soci nel concordato in continuità e le possibili novità del correttivo 2024, in Jus-Crisi d’impresa, 4 giugno 2024.

[63] Cfr. per es. gli artt. 25-sexies, co. 5; 28, 33, 191 c.c.i.i.

[64] Di recente Cass., 19 agosto 2024, n. 22914, ha chiarito che il creditore fondiario può avvalersi del “privilegio processuale” di cui all’art. 41, co. 2, del d.lgs. n. 385/1993 (c.d. t.u.b.) nel caso di sottoposizione del debitore esecutato tanto alla procedura concorsuale di l.g. quanto a quella di l.c. Questo principio di diritto, se combinato con il novellato art. 268, co. 3, quarto periodo, c.c.i.i., rischia di precludere ai debitori persone fisiche l’accesso alla liquidazione controllata nonostante dispongano di un immobile ipotecato: cfr. F. Cesare, Il privilegio fondiario è applicabile anche al sovraindebitamento, in Il Sole 24 Ore, 22 agosto 2024.

[65] Per una sintesi delle principali novità v. F. Cesare, Commento alle proposte di modifica in tema di liquidazione controllata nel Correttivo-ter, in Jus-Cris d’impresa, 17 luglio 2023.

[66] Corte Cost., 19 gennaio 2024, n. 6, in Dir. fall., 2024, II, 338 ss., con nota di M. Spiotta, il cui dictum è stato recepito dal decreto correttivo integrando l’art. 272, co. 3, c.c.i.i.

[67] V. per tutti D. Vattermoli, L’esdebitazione tra presente e futuro, in Riv. dir. comm., 2018, II, 7 (del PDF), che auspicava un superamento del sistema del doppio binario, ritenendo «più opportuno riunire la disciplina in un unico corpo, limitando le differenze ai soli aspetti veramente qualificanti la procedura di sovraindebitamento, così da evitare possibili sovrapposizioni ed incoerenze del sistema».

[68] Trib. Bologna, 18 maggio 2023, n. 79, in De Jure, enfatizzando le differenze semantiche tra gli artt. 279 (ora collocato nella Sezione I) e 282 c.c.i.i. è giunto alla conclusione che solo nella l.g. si possa conseguire l’esdebitazione in meno di tre anni, mentre nella l.c. il termine triennale sarebbe ‘dilatorio’.

[69] «Ai soci illimitatamente responsabili cui sono stati estesi gli effetti della dichiarazione dello stato di insolvenza si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 278, 279, 280 e 281 c.c.i.i.», il che sembrerebbe sottintendere (ma sarebbe un’«operazione interpretativa decisamente audace»: così A. Nigro e D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, 6ª ed., Bologna, il Mulino, 2023, 665) l’applicazione alle società in a.s. dell’art. 278 c.c.i.i.

[70]  Dalle correzioni apportate al capoverso dell’art. 5-bis c.c.i.i. sembrerebbe lecito desumere una “messa a sistema” anche della check-list, mentre le indicazioni contenute nel decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, aggiornato il 21 marzo 2023, paiono rivestire una portata limitata all’istituto della CNC, non rinvenendosi alcun richiamo alla loro applicazione negli altri strumenti di soluzione della crisi.

[71] Arg. desunto dal richiamo all’art. 25-sexies inserito nell’art. 54, co. 1, c.c.i.i.

[72] L’art. 25-sexies, co. 1, richiama ora espressamente l’art. 84, co. 5, c.c.i.i.

[73] Così la Relazione illustrativa a proposito del co. 4-bis.

[74] L’art. 65, co. 2, c.c.i.i. prevede espressamente l’inapplicabilità dell’art. 44 c.c.i.i.

[75] Per un’analisi più approfondita si rinvia a F.M. Cocco, Terzo correttivo al c.c.i.i.: le novità in tema di concordato minore, in Jus-Crisi d’impresa, 4 settembre 2024.

[76] Sulle modifiche apportate all’art. 173 c.c.i.i. per bilanciare la tutela del credito con quella del promissario acquirente si rinvia a B. Inzitari, Contratto preliminare di immobile ad uso abitativo: conflitto tra diritto alla casa e diritto di credito dalla legge fallimentare al correttivo del codice della crisi, in dirittodellacrisi.it, 2 settembre 2024.

[77] Nella stessa Relazione si ammette che nel caso del consumatore vi è un’espressa eccezione al principio della par condicio creditorum.

[78] Meno frequente è l’omesso pagamento dei contributi in quanto la regolarità contributiva è spesso un requisito per accedere alle gare d’appalto.

[79]  La prima edizione dell’Osservatorio semestrale nazionale sulla crisi d’impresa – realizzato da Unioncamere, in collaborazione con InfoCamere, diffuso il 2 settembre 2024, che copre il periodo dal 2021 ai primi sei mesi del 2024 – rileva il successo degli strumenti che consentono la transazione (contributiva e fiscale) con l’Erario, auspicando che un’analoga possibilità venga prevista anche per la composizione negoziata.

[80] Nel quale sono in parte state trasfuse le novità in materia di cram down già dettate dall’art. 4-quinquies del d.l. n. 145/2023 conv. in l. n. 191/2023, recante la modifica dell’art. 1-bis, co. 1, del d.l. n. 69/2023 conv. in l. n. 103/2023.

[81] Ma non qualora l’Amministrazione finanziaria sia l’unico creditore: cfr. Trib. Alessandria, 4 luglio 2024, in Eutekne.info del 21 agosto 2024.

[82] Tra i contributi (contenenti un’anticipazione dell’ultimo correttivo) si rinvia a V. Zanichelli, Un breve appunto sulla transazione fiscale nel concordato preventivo (in attesa del correttivo ter), in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 6 settembre 2024; G. Andreani e A. Tubelli, Cram down fiscale e concordato in continuità: un rapporto complicato, in Fallimento, 2024, 1125 ss.

[83] Cfr. F. Ioverno, Proposte di modifica del Correttivo-ter inerenti alla regolazione della crisi o insolvenza del gruppo, in Jus-Crisi d’impresa, 15 luglio 2024.

[84] Lo si potrebbe dedurre dal fatto che le vendite (atomistiche) effettuate ai sensi dell’art. 114 c.c.i.i. (ora applicabile anche al PRO-Li per effetto della modifica dell’art. 64-bis, co. 9, c.c.i.i.), sono vendite coattive, al pari di quelle effettuate nel contesto della l.g. (M. Arato, Il piano di ristrutturazione omologato, relazione al webinar organizzato da Convenia il 9 luglio 2024 su Il Decreto Correttivo del codice della crisi).

[85] Nella Relazione illustrativa al testo bollinato, si legge ancora che alla lett. d) dell’art. 22, co. 1, c.c.i.i. è stata inserita anche l’esclusione di operatività della solidarietà fiscale tra cedente e cessionario di cui all’art. 14, co. 1, del d.lgs. n. 472/1997.

[86] Trib. Parma, 30 luglio 2024, che sul punto richiama Trib. Milano, 12 agosto 2023, in Fallimento, 2024, 102, con nota di M. Spiotta, Meglio derogare (all’art. 2560, comma 2, c.c.) quam deficere.

[87] Che potrebbe sollevare qualche perplessità e risolversi in un indebito vantaggio per l’istante laddove la CNC si fosse conclusa con un’archiviazione: così A.J. Pagano, sub art. 89, in Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. Commentario sistematico, a cura di M. Irrera e S. Cerrato, di prossima pubblicazione per i tipi della Zanichelli.

[88] Sia consentito rinviare a M. Spiotta, Sull’(in)configurabilità della perdita del going concern come causa dissolutiva della società, in Giur. it., 2024, 358 ss.

[89] In particolare, sono esonerati dalla revocatoria i finanziamenti soci e/o infragruppo e gli atti di disposizione di aziende o rami di esse autorizzati dal Tribunale (v. combinato disposto degli artt. 22 e 24 c.c.i.i.), ma anche gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento qualora l’Esperto non abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese. I benefici dell’esenzione da revocatoria sono estesi anche alla CNC “di gruppo”, poiché l’art. 25, co. 8, c.c.i.i. consente l’erogazione di finanziamenti in favore di società controllate o sottoposte a comune controllo con esclusione dalla postergazione (quindi, con esenzione dall’eventuale inefficacia “automatica” ex art. 164, co. 3, c.c.i.i.). Cfr. S. Mancinelli, La continuità aziendale prevale sulla par condicio creditorum. Con la composizione negoziata della crisi aumentano le esenzioni da azione revocatoria, in Eutekne.info, 22 agosto 2024.

[90] Ma non per gli atti compiuti in esecuzione del ‘contratto biennale’: arg. desunto dalla differente formulazione delle lett. a) e c) dell’art. 23 c.c.i.i.

[91] Così M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, Piacenza-Roma, La Tribuna, 2023, 375.

[92] Per un primo commento v. S. Morri, L’art. 118-bis nella bozza di Correttivo-ter, ovvero le modificazioni del piano nel concordato preventivo in continuità aziendale, in Jus-Crisi d’impresa, 30 agosto 2024.

[93] Per il c.l.g. l’art. 245, co. 5, c.c.i.i. attribuisce la legittimazione a proporre opposizione al creditore appartenente a una classe dissenziente.

[94] Per una sintesi sia consentito rinviare a M. Spiotta, Le azioni del Curatore e quelle esperibili dalle corrispondenti figure, in Giur. it., 2023, 1747 ss.

[95] A titolo esemplificativo, il diritto di recesso è sospeso solo dall’art. 116, co. 6, c.c.i.i.; non è chiaro se i divieti di voto contemplati dall’art. 109, co. 6, c.c.i.i. valgano anche per i soci e non è agevole il coordinamento dell’art. 120-quinquies con gli artt. 116 e 118, co. 5 e 6, c.c.i.i. Per alcune considerazioni anche alla luce delle modifiche contenute nell’ultimo decreto correttivo si rinvia a I. Pellecchia, Le operazioni straordinarie negli strumenti di regolazione della crisi d’impresa, in Jus-Crisi d’impresa, 25 luglio 2024; F. Platania, Proposte di modifiche agli articoli 116, 118, 118 bis, 120 bis, 120 quater, 120 quinquies della bozza di “Correttivo” al CCII, in dirittodellacrisi.it, Blog del 28 maggio 2024.

[96] Per es., pur nel silenzio del Codice, nell’ipotesi (rara) di trasformazione regressiva da società di capitali in società di persone non sembra potersi prescindere dal consenso espresso dei soci che andranno ad assumersi una responsabilità illimitata e solidale per i debiti della società, dovendosi ritenere prevalente l’art. 2500-sexies, co. 1, c.c. rispetto alla regola del silenzio-assenso sancita dall’art. 120-ter c.c.i.i.

[97] A tale risultato erano già pervenuti in via interpretativa diversi Autori, tra cui S. D’Orsi, sub art. 120-bis, in AA.VV., Il Codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise, G. Di Cecco e D. Spagnuolo, Torino, Giappichelli, 2024, 707 ss.

[98] La norma, ponendo fine a una querelle che aveva diviso la giurisprudenza, precisa che la domanda di l.c. di tipo familiare può essere proposta sebbene uno o più debitori siano incapienti purché, per almeno uno di loro, si possa dimostrare (attraverso una specifica attestazione da parte dell’OCC) la possibilità di acquisire attivo, anche mediante l’esperimento di azioni giudiziarie, da distribuire ai creditori.

[99] Il debitore persona fisica, dopo la cancellazione dell’impresa individuale, può chiedere l’apertura della l.c. anche oltre il termine annuale (al fine di poter così conseguire l’esdebitazione), ma non si è precisato se sia preliminarmente necessario che l’OCC attesti la possibilità di acquisire attivo da distribuire ai creditori (e non solo a quello fondiario che, secondo la sopra citata Cassazione, mantiene il privilegio fondiario), anche mediante l’esercizio di azioni giudiziarie.

[100] Il paragone è stato tracciato dal Ministro della giustizia Carlo Nordio: cfr. M. Longoni, Crisi d’impresa, non cambia l’idea di fondo della riforma, in Italia Oggi Sette – Numero 142, del 17 giugno 2024.

[101] V. gli artt. 66, co. 3; 284, co. 3, e 284-bis, co. 4, c.c.i.i.

[102] V. l’ultimo periodo dei co. 4 e 6 dell’art. 84 c.c.i.i.

[103] Solo l’art. 289 c.c.i.i. contempla l’esercizio di questo potere ‘investigativo’ da parte del tribunale; solo l’art. 286 c.c.i.i. richiede la previa autorizzazione del giudice per il commissario giudiziale. Coerenza impone di fare riferimento all’art. 289 c.c.i.i. per tutti gli SRCI e di considerare necessaria l’autorizzazione anche per il curatore, data la rilevanza dei poteri in questione.

[104] Sono le parole di T. Ascarelli, Antigone e Porzia, in Problemi giuridici, Milano, 1959, t. I, 3 ss., ricordate da I. Pagni in chiusura della sua relazione introduttiva al Convegno di Pietrasanta del maggio 2024. Del resto, l’esperienza di questi primi due anni di applicazione del Codice dimostra che l’interprete/operatore del diritto può anticipare il Legislatore: molti interventi introdotti dall’ultimo correttivo hanno semplicemente codificato risultati ai quali la migliore giurisprudenza era già pervenuta in via interpretativa: lo ha ben sottolineato E. Agnese, Dalle prime esperienze all’impatto delle novità, nella prima Sessione del citato Convegno.

[105] M. Spiotta, Dal “danno ingiusto” (del c.c.) al “pregiudizio giusto” (del c.c.i.i.): un’analisi trasversale e un tentativo di sistematizzazione, in corso di pubblicazione su Dir. fall.