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I rimedi esperibili nelle controversie in tema di immissioni rumorose tra privati
Di Gianluca Cascella -
1.Premessa. – 2. Cosa si intende per immissioni. – 3. La tutela dalle immissioni tra normativa civilistica e normativa pubblicistica.- 4. Onere della prova e mezzi di accertamento. – 5. Quale criterio per la misurazione delle immissioni intollerabili: assoluto o relativo? – 6. Danni da immissioni: natura e riflessi probatori. – 7. Rimedi. – 8. Conclusioni.
1.Premessa.
L’occasione per questa breve riflessione nasce dalla considerazione che, sui ruoli dei tribunali italiani, si riscontra con non trascurabile frequenza la presenza di un consistente contenzioso in materia di immissioni nocive, a riprova del fatto che la problematica è indubbiamente diffusa e suscettibile di originare problemi di non trascurabile rilievo sociale.
Si pensi, tanto per fare un esempio, al caso in cui, alla posizione del proprietario di un appartamento in condominio oggetto di lavori di ristrutturazione si contrappone la situazione degli occupanti (proprietari e/o conduttori ovvero detentori qualificati non rileva) di un appartamento contiguo, che lamentano dai lavori in questioni immissioni sonore intollerabili, astrattamente idonee a causare problemi alla salute.
Invero, come autorevolmente si afferma in dottrina, il peso, sul contenzioso totale, delle liti di vicinato, per l’evidenza della non sempre (anzi, raramente) facilità dei rapporti di vicinato, risulta estremamente rilevante.[1]
Incidenza indubbia, e che assume un rilievo ancora maggiore ove si tenga presente quanto affermato da altra autorevole dottrina, ovvero che lo strumento di tutela degli assetti proprietari dell’art. 844 c.c si trovi, in pratica, ad operare in territori non previsti dal legislatore del 1942.[2]
Il confronto ed il contemperamento non si verifica (se non di rado) tra proprietà ed attività industriale, quanto e soprattutto tra il diritto di proprietà e la tutela della salute e dell’ambiente,[3] profili che, inevitabilmente, il legislatore del 1942 non aveva (né avrebbe potuto, invero) prendere in considerazione nel dettare la regola in questione.
Le immissioni, oltre alle doglianze per la intollerabilità del quotidiano vivere nell’abitazione, non di rado originano anche una ulteriore lamentela, per un pregiudizio al bene salute, ritenuta compromessa dalle immissioni intollerabili.
In ogni caso, va comunque tenuto presente che, in pratica, è impossibile evitare il prodursi di immissioni seppur di contenuta entità e scarsa frequenza, se non a prezzo di conseguenze troppo pesanti, per i proprietari dei fondi/immobili non meno che per le attività produttive.[4]
2. Cosa si intende per immissioni.
Dopo tale premessa, si rivela quantomai opportuno un breve accenno a come il concetto di “immissioni” viene ricostruito dal formante giurisprudenziale e da quello dottrinale.
Innanzitutto, per la S.C. se ne può fare una tripartizione: i) le immissioni che non superano la normale tollerabilità, e che devono essere tollerate;[5] ii) le immissioni eccedenti tale livello, che tuttavia, trovano la loro giustificazione nelle esigenze produttive, che ne impediscono il divieto appunto in quanto connesse ad esigenze della produzione delle imprese, proprie di un determinato tipo di società, da valutare in considerazione delle circostanze di luogo e tempo in cui il fenomeno si produce;[6] iii) infine, le immissioni che oltrepassano la normale tollerabilità ma che non trovano alcuna giustificazione in eventuali esigenze produttive, come tali sempre illecite e da vietare.[7]
Per la dottrina, una loro definizione quale “fenomeno” emerge dall’art. 844 c.c., che le identifica come propagazioni di fumo, calore, esalazioni, rumori e scuotimenti, alle quali – seppure prive della materialità che caratterizza le prime – vanno aggiunte radiazioni ed onde elettromagnetiche;[8] si precisa inoltre che sono immissioni solo quelle aventi natura indiretta (con esclusione, quindi, di quelle compiute da un soggetto all’interno dell’altrui fondo e/o immobile) mentre il requisito della vicinanza tra i fondi non può essere interpretato in modo rigido e letterale, dal momento che possono verificarsi casi di immissioni anche tra fondi e/o immobili che vicini non sono.[9]
Sempre con riguardo alle loro caratteristiche, da parte di altri si osserva come il carattere peculiare delle immissioni risulti rappresentato dalla loro “mediatezza,” nel senso che le stesse tali si potranno definire solo ove consistano nel riflesso e/o prodotto, sull’altrui fondo (e/o immobile) di una attività compiuta all’interno di un fondo (e/o immobile) di altro soggetto,[10] con conseguente esclusione di loro qualificabilità nei suddetti termini, ove detto carattere risulti assente.
3. La tutela dalle immissioni tra normativa civilistica e normativa pubblicistica.
La fattispecie in questione è oggetto di diverse previsioni di legge, di differente natura, a riprova del fatto che la stessa incide (rectius, è suscettibile di incidere) su plurimi interessi, di natura tra loro differenziata.
Con riguardo alla tutela civilistica, la norma fondamentale è rappresentata dall’art. 844 c.c., per il quale, come è noto, il discrimen tra immissioni lecite ed immissioni illecite è rappresentato dal parametro della c.d. normale tollerabilità.
Vi sono poi svariate norme di carattere pubblicistico che si interessano del tema, con particolare riguardo alle attività produttive ed alle immissioni (di rumore e non solo) originate da esse, oltre a norme di carattere penalistico
Con riguardo alle norme pubblicistiche, va ricordato innanzitutto il DPCM 5 dicembre 1997, attinente agli standards di rumorosità passiva che devono rispettare gli edifici: l’art. 1, al comma 1, di tale disposizione, individua il perimetro applicativo del decreto in questione, stabilendo che esso, in attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447,[11] determina i requisiti acustici delle sorgenti sonore interne agli edifici ed i requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti in opera, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore; ancora, va segnalato il D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito in l. n. 13 del 27 febbraio 2009,[12] il cui art. 6 ter detta specifiche prescrizioni con riguardo alle modalità di accertamento delle immissioni ed emissioni acustiche ai sensi dell’art. 844 c.p.c..[13] Si riscontra, poi, anche una previsione (introdotta sempre tramite un decreto ministeriale) relativa al rilevamento dei rumori c.d. “a tempo parziale” (ovvero quel rumore che si protrae per un tempo non superiore a 60 minuti), rappresentata dal d.m. 6 marzo 1998, in merito al quale, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come le disposizioni in esso contenute non incidano in alcun modo sulla formulazione del giudizio previsto dall’art. 844 c.c.[14]
Orbene, come afferma la S.C., se è indubbio che il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz’altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino – ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi – devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico,[15] ciò non significa che, ove i limiti di rumore stabiliti dalle disposizioni legislative e regolamentari siano rispettati, tanto sia sufficiente ad escludere che, nel singolo caso concreto, le immissioni possano comunque ritenersi intollerabili, e quindi civilisticamente illecite.
Infatti, per la giurisprudenza di legittimità, se da un lato è senz’altro illecito il superamento dei limiti massimi di tollerabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti nell’interesse della collettività, non è detto che, al contrario, il rispetto della soglia di accettazione renda le immissioni senz’altro lecite, risultando necessario a tal fine che il giudice di merito operi un bilanciamento degli interessi in gioco, in relazione al caso concreto e secondo i principi dettati dall’art. 844 c.c.[16]
Si afferma, in conseguenza, che le immissioni che non superino la soglia di accettabilità possono comunque essere illecite in quanto intollerabili rispetto alla proprietà del vicino, ancor più esposto degli altri, in ragione della vicinanza, agli effetti dannosi dei rumori stessi.[17]
A tanto va poi aggiunto che la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che ove le immissioni non superino i livelli minimi previsti dalla l. del 26 ottobre 1995 n. 447, tanto non costituisce automatica dimostrazione della loro non illiceità e non ne implica senz’altro la liceità, occorrendo in ogni caso verificare che le stesse, nel caso concreto, non siano suscettibili di pregiudicare la salute.[18]
In ogni caso, il rapporto intercorrente tra le normative tecniche speciali che prescrivono i livelli di accettabilità delle immissioni e la normativa civilistica di cui all’art. 844 c.c. è stato dalla Suprema Corte ricostruito ponendo la distinzione tra rapporti verticali e rapporti orizzontali.
Si è affermato, infatti, che tali normative speciali, perseguendo esclusivamente interessi pubblici, operano in negativo nei rapporti fra privati e pubblica Amministrazione (nei rapporti, cioè, verticali), al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete, per cui non vengono in rilievo allorquando il rapporto sia tra privati;[19] il che non esclude, comunque, le stesse possano valere come indici valutativi del limite di intollerabilità nei rapporti orizzontali di vicinato, ai sensi dell’art. 844 c.c.[20]
Va infine tenuto presente, con riguardo alla tutela penalistica del fenomeno, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il superamento della soglia per le immissioni acustiche imposta dalla l. n. 447/95 configura solo un illecito amministrativo e, da solo, non integra di per sé il reato ex art. 659 c.p. (“Disturbo del riposo delle persone”); né l’ipotesi risarcitoria può trovare fondamento nell’art. 2 cost., atteso che il diritto alla tranquillità domestica non pare rientrare in tale norma,[21] per cui viene esclusa la risarcibilità, a titolo di danno non patrimoniale, del pregiudizio che assume aver subito il proprietario di un appartamento che lamenta il disturbo della propria tranquillità domestica a causa dei rumori provenienti da un ristorante attiguo alla sua abitazione: affinché ricorra l’ipotesi di cui all’art. 2059 c.c., occorre, infatti, dimostrare, in ossequio alla giurisprudenza univoca della Cassazione, la sussistenza di un fatto illecito che costituisce reato o la lesione di un valore della persona tutelato dalla Costituzione.[22]
Tale principio è stato ribadito con recente decisione, in cui si è affermato come i parametri dettati dall’art. 4 del D.P.C.M. del 14.11.1997 sono volti a proteggere la salute pubblica, per cui non trovano applicazione nei rapporti tra privati, disciplinati invece dall’art.844 c.c., che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni: giudizio che non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.[23]
Principio che la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente precisato con successiva decisione, con il ribadire che, in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione.[24]
4.Onere della prova e mezzi di accertamento.
Emerge dal consolidato orientamento della giurisprudenza, di merito e di legittimità, che l’onere della prova nelle azioni volte a far valere la illiceità delle immissioni è tutto incentrato (e concentrato) nell’allegazione e dimostrazione, da parte dell’attore, che, nel caso concreto, le immissioni travalicano la normale tollerabilità.
A tale riguardo, si riscontra un mutamento, negli ultimi tempi, dell’orientamento della S.C.
Inizialmente, la Cassazione si era espressa in termini restrittivi, affermando come il rispetto ovvero il superamento della c.d. “normale tollerabilità” può essere accertato soltanto attraverso una valutazione di carattere tecnico, la quale può essere formulata esclusivamente attraverso il ricorso ad una consulenza tecnica di ufficio, [25] avente ad oggetto, in casi del genere, le c.d. “verifiche fonometriche”
Orientamento restrittivo, questo che più di recente i giudici di legittimità sembrano aver mitigato, aprendo la strada alla possibilità di provare, anche attraverso la prova testimoniale, il superamento del limite della normale tollerabilità, individuando il presupposto per tale apertura nella circostanza che le rilevazioni di natura tecnica non sono volte alla regolamentazione dei rapporti di vicinato, a maggiore ragione allorquando una verifica strumentale delle immissioni risulterebbe molto difficile, se non addirittura impossibile, in ragione della natura delle stesse.[26]
Anche la giurisprudenza di merito successiva alla richiamata decisione di legittimità si è posta nella medesima direzione, sottolineando che è possibile dare ingresso alla prova testimoniale in materia di immissioni allorquando riguardi fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti.[27]
Tale apertura, di tutta evidenza, appare coerente con l’orientamento, già in precedenza palesato dalla S.C. proprio in una controversia avente ad oggetto una richiesta di inibitoria di immissioni intollerabili, allorquando è stata ritenuta ammissibile la prova testimoniale con la quale si richiedeva al testimone di riferire se un rumore fosse udibile dall’interno di un appartamento con le finestre chiuse.[28]
Peraltro, anche in successiva decisione, invero, la S.C. aveva ammesso il ricorso alla prova testimoniale per la prova delle immissioni, ritenuta ex se sufficiente a tal fine, anche se occorre tenere presente che la vicenda in sé era molto particolare, poiché si trattava di immissioni di fumo che costringevano la danneggiata a tenere sempre chiuse le finestre della propria abitazione,[29] ben potendo, quindi, costituire oggetto di diretta percezione sensoriale da parte dei testi.
Vai poi considerato che, come afferma autorevole dottrina, allorquando a chiedere il risarcimento è il proprietario del fondo che si assume danneggiato dalle immissioni contro il proprietario del fondo da cui si assume esse provengano, si verifica una ipotesi di culpa in re ipsa, che sfiora una responsabilità oggettiva,[30] dal momento che sono le stesse modalità di verificazione del fatto che si assume illecito a fornire la prova della condotta colposa (id est, dell’elemento soggettivo) poichè è il fatto stesso che contrasta con la previsione dell’art. 844 c.c.[31]
Si osserva inoltre che, nell’indagine volta a verificare la normale tollerabilità o meno delle immissioni, l’attività svolta dal loro autore non possiede alcuna rilevanza, essendo invece fondamentale la considerazione della situazione ambientale, con peculiare riguardo alle condizioni in cui si trova il luogo nel quale vive il soggetto che di esse si duole.[32]
5.Quale criterio per la misurazione delle immissioni intollerabili: assoluto o relativo?
A tale interrogativo – che giocoforza si inserisce nel profilo relativo all’onere della prova ed alla verifica del suo assolvimento da parte dell’attore – ha risposto la giurisprudenza di legittimità in svariate decisioni, affermando che il criterio fondamentale è quello comparativo.
Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai considerato assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (in ciò consistendo il cd. criterio comparativo),[33] per cui si afferma che la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, globalmente considerata.[34]
Ancora più di recente si è affermato che l’utilizzo del criterio in questione, da parte del giudice di merito, non incontra deroghe neanche nel caso in cui, in presenza di limiti posti da regolamenti, le stesse non superino i suddetti limiti,[35] poichè il solo rispetto dei limiti regolamentari non consente, ex se, di considerare senz’altro lecite le immissioni, dal momento che la loro tollerabilità deve necessariamente essere valutata avendo riferimento alla situazione concreta, e quindi tenendo in considerazione i luoghi, gli orari, le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti;[36]va poi tenuto presente che, con tutto sommato recente decisione, la giurisprudenza di merito ha individuato un parametro quantitativo senza dubbio preciso al fine di stabilire la intollerabilità dell’emissione acustica, affermando che sono da ritenersi intollerabili quelle immissioni che superano di tre decibel il rumore di fondo, anche nelle ore diurne[37].
In pratica, la limitazione che i proprietari dei fondi (e/o abitazioni) confinanti subiscono è reciproca, poichè se il proprietario di un fondo subisce immissioni, nel contempo può, specularmente, anche provocarle:[38] il carattere indubbiamente generico del criterio di cui all’art. 844 c.c. secondo la dottrina riflette una precisa scelta legislativa, volta ad estenderne al massimo possibile il perimetro applicativo.[39]
L’immissione, abitualmente, si caratterizza per essere, al tempo stesso, istantanea ma reiterata, ed è proprio tale suo carattere, unitamente al suo livello, che la rende intollerabile.[40]
Tale carattere, per converso, mette in evidenza la ragione per la quale il legislatore non ha inteso introdurre un criterio valutativo rigido, ritendo all’evidenza un criterio generico meglio rispondente all’esigenza di non limitare l’utilizzo dei beni a fini produttivi.[41]
Inoltre, il criterio introdotto dall’art. 844 c.c. si giustifica, da un lato, in considerazione del fatto che sono da evitare, indubbiamente, limitazioni eccessive all’attività che ciascun proprietario svolge nel proprio fondo e, dall’altro, che se una immissione non supera il livello preso in considerazione dalle norme, i terzi nemmeno riescono a percepire la stessa come un qualcosa di illecito e nocivo.[42]
Secondo altra opinione, seppur non recente, quello del contemperamento tra esigenze proprietarie ed esigenze produttive è un criterio la cui operatività non è immediata, essendo destinato a venire in rilievo in un momento successivo a quello della valutazione sulla normale tollerabilità o meno delle immissioni, allorquando il ricorso al primo non si riveli risolutivo.[43]
Il ricorso a tale secondo criterio è possibile solo nel caso in cui non sia stata accertata la intollerabilità delle immissioni, dal momento che, in tale eventualità, si è in presenza di una situazione di illecito che esclude in radice la possibilità del ricorso a tale criterio.[44]
La suddetta esclusione è motivata sul rilievo che quello previsto dall’art. 844 c.c. costituisce un tipico giudizio di bilanciamento, affidato al giudice di merito, che prende a riferimento una situazione di partenza nella quale le contrapposte esigenze sono poste sul medesimo piano, senza che l’una prevalga sull’altra, il che non si verifica nel caso di accertata intollerabilità delle emissioni, aprendosi in tal caso la strada alla tutela, sia inibitoria sia risarcitoria[45].
In ogni caso, la più recente giurisprudenza di legittimità è compatta nel ritenere che è sempre da privilegiare l’obiettivo di garantire una normale qualità della vita, essendo tale valore da ritenersi sempre prevalente rispetto alle esigenze della produzione.[46]
Per concludere sul punto, va ricordato come i giudici di legittimità hanno chiarito che, in ipotesi di zone a vocazione mista (quelle cioè in cui sono presenti sia insediamenti industriali sia abitazioni) l’accertamento che il giudice è chiamato a svolgere al fine di valutare la normale tollerabilità o meno delle immissioni è molto approfondito[47].
6.Danni da immissioni: natura e riflessi probatori.
In ordine alla tematica dei danni risarcibili in caso di immissioni nocive e della loro natura, possono formularsi le seguenti considerazioni.
La questione riguarda la natura del danno da immissione dal punto di vista, in particolare, della sua configurabilità come danno in re ipsa ovvero come danno conseguenza.
Il profilo dell’allegazione e dell’asseverazione assume un rilievo ancora maggiore con riguardo alla prova dei pregiudizi conseguenza di immissioni intollerabili.
Innanzitutto, al riguardo secondo le SS.UU. il danno non patrimoniale riferibile alla lesione del diritto alla tranquillità domestica, rinvenibile nell’art. 8 CEDU, conseguente ad immissioni illecite, è risarcibile indipendentemente dalla prova del danno biologico in senso stretto, ove dimostrabile anche solo mediante presunzioni basate su nozioni di comune esperienza.[48]
In ogni caso, la giurisprudenza di merito fornisce un apprezzabile chiarimento al fine di evitare confusioni e fraintendimenti, osservando come, se è vero che la prova del pregiudizio sofferto a causa delle immissioni intollerabili può essere fornita attraverso presunzioni, ciò, tuttavia, è ben diverso dall’affermare che il danno da immissioni intollerabili sia da considerare in re ipsa.[49]
A tale ultimo riguardo, invero, occorre tenere presente che una cosa è sostenere che il danno è presunto (con inversione dell’onere della prova, addossandosi al danneggiante quello di provare il contrario) altra, invece, è affermato che può essere provato per presunzioni.[50]
Con ancora maggiore chiarezza, poi, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’allegazione fattuale, da parte del preteso danneggiato, deve essere idoneamente circostanziata, onde consentire la necessaria verifica, in concreto, della gravità della lesione del diritto e della serietà del danno alla serenità familiare asseritamente causato dalle immissioni intollerabili.[51]
In conseguenza di tale precisazione, si afferma che la sussistenza di tale danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, e la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice sulla base non di valutazioni astratte, bensì della valutazione del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato.[52]
In ogni caso, va tenuto presente che il suddetto preciso e rigoroso onere di allegazione e prova non può esitare in una prova impossibile o comunque troppo difficile da fornire per il danneggiato, atteso che, come affermato dai giudici di merito, il danno non patrimoniale conseguente alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare e al riposo notturno, pur non potendosi considerare in re ipsa, può essere provato anche mediante presunzioni basate sulla gravità e frequenza delle immissioni[53].
Va infine osservato che, secondo le SS.UU., risarcibilità del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane sono svincolate dalla necessaria presenza di una lesione del diritto alla salute, in ragione del fatto che i diritti in questione sono garantiti sia costituzionalmente, sia dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo, per cui tale “copertura” costituzionale ne giustifica la loro autonoma risarcibilità in caso di turbativa, pur in assenza di una contestuale lesione del diritto alla salute.[54]
In ogni caso, occorre tenere ben presente che, per il risarcimento di un danno non patrimoniale al soggetto che si assume leso da immissioni intollerabili, non può prescindersi dal riscontro della sussistenza, nel caso concreto, di una ingiustizia costituzionalmente qualificata.[55]
7.Rimedi.
Dal punto di vista rimediale, la dottrina è orientata a riconoscere al soggetto passivo delle immissioni la teorica possibilità di utilizzare una ampia gamma di strumenti rimediali, quali quelli inibitori, ripristinatori ed anche risarcitori.[56]
Si tratta di rimedi il cui utilizzo, secondo altra opinione, nella ricorrenza di determinate condizioni, non può ritenersi precluso nemmeno a colui che le immissioni provoca,[57] ovvero nel caso in cui il soggetto passivo delle immissioni, per tutelarsi, pur nella legittima autotutela, abbia a sua volta causato danni al fondo da cui provenivano le immissioni:[58]ciò, ad avviso di chi scrive, appare essere logica conseguenza di quella situazione di reciprocità che, secondo alcuni, caratterizza il fenomeno delle immissioni.[59]
La S.C., pur rimarcando la distinzione tra l’azione ex art. 844 c.c. e quella ex art. 2043 c.c. per la lesione del diritto alla salute, allo stesso tempo riconosce la piena ammissibilità del loro concorso.
Si afferma infatti, innanzitutto, che l’azione esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l’eliminazione delle cause di immissioni rientra tra le azioni negatorie, di natura reale, a tutela della proprietà, siccome rivolta a far accertare, in via definitiva l’illegittimità delle immissioni e ad ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per farle cessare,[60] anche se questo non costituisce l’unico fine perseguibile, con il suo esercizio; al riguardo, si aggiunge che l’azione inibitoria ex art. 844 cod. civ. può essere esperita dal soggetto leso per conseguire la cessazione delle esalazioni nocive alla salute, salvo il cumulo con l’azione per la responsabilità aquiliana prevista dall’art. 2043 cod. civ., cui può cumularsi la domanda di risarcimento del danno in forma specifica ex art. 2058 cod. civ.[61]
Dal punto di vista processuale non osta, a tal fine, l’evidente differenza tra le due azioni, dal momento che, se la questione della lesione del diritto alla salute presuppone una domanda autonoma, ciò non esclude che, con il medesimo atto, sia possibile proporre le distinte domande, dirette ad ottenere la tutela dei differenti diritti soggettivi (proprietà e salute), che si assumono lesi.[62]
Ci troviamo di fronte, pertanto, ad un ampliamento del novero dei mezzi di tutela concretamente esperibili nei confronti delle immissioni nocive.
Ampliamento che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto necessario in ragione del fatto che il cumulo tra l’azione ex art. 844 c.c. e quella ex art. 2043 c.c. risulta indispensabile in conseguenza del riconoscimento della potenzialità lesiva delle immissioni, che non tocca solo il diritto di proprietà, potendo attingere anche il bene salute.[63]
Per concludere sul punto, va osservato come l’insieme dei rimedi appare ancora più ampio guardando la questione dalla prospettiva della analisi economica del diritto.
Non può non richiamarsi, in proposito, il notissimo studio di uno dei padri fondatori di tale disciplina, nel quale sostanzialmente i rimedi (e le regole che sottendono agli stessi) son così ricostruiti: i) Tizio non può inquinare, a meno che il suo vicino Caio non lo consenta, di guisa che in tal caso il rimedio a disposizione del vicino, in caso di dissenso, è di natura inibitoria;[64] ii) Tizio può inquinare ma deve risarcire il suo vicino Caio, che quindi dispone del solo rimedio risarcitorio;[65] iii) le immissioni di Tizio non possono essere inibite dal vicino Caio, per cui il primo ha a disposizione un rimedio di natura inibitoria se il vicino prova a contrastarle e/o fermarle;[66] iv) infine, Tizio può inquinare, e nel contempo Caio può impedirlo, ma nel caso lo faccia è tenuto a risarcire il primo: in tale ultima ipotesi, coesistono una tutela inibitoria in favore del soggetto destinatario delle immissioni, e, specularmente, una tutela risarcitoria per l’autore delle stesse. [67]
Non può, tuttavia, trascurarsi di evidenziare che, per autorevole opinione, risulta tutt’altro che agevole la compatibilità e la praticabilità di un sistema di rimedi del tipo di quello ipotizzato dai citati autori statunitensi.[68]
In ogni caso, occorre tenere ben presente la natura dell’azione prevista dall’art. 844 c.c., che introduce un’azione di natura reale rientrante tra le azioni negatorie a tutela della proprietà, finalizzate a far accertare l’inesistenza di qualsiasi diritto e l’illegittimità di turbative e molestie in danno del fondo, onde conseguirne la cessazione, oltre al risarcimento del danno patrimoniale da lesione del diritto dominicale.[69]
Una volta accertata l’intollerabilità, spetta al giudice la scelta tra i vari rimedi, ovvero inibitoria negativa, inibitoria positiva, indennizzo, da riconoscere a tutela del soggetto leso dalle immissioni.[70]
Il riflesso sulla natura del giudizio sulla normale tollerabilità è che esso (e non potrebbe essere altrimenti) necessariamente si rivela un giudizio parametrato sulle peculiarità della singola vicenda.
Da tando discende che, dalla sua formulazione, sono esclusi valori e/o stime stabiliti e/o individuati a monte, ex ante (quali sono appunto quelli previsti dalle normative tecniche speciali) poiché deve venire condotto sulle peculiarità, oggettive e soggettive, del caso concreto, da vagliare secondo il prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c., ben tenendo presente che è molto difficile, se non impossibile, che esistano due vicende uguali, perfettamente sovrapponibili in tutto e per tutto,[71] in quanto il giudizio di intollerabilità delle emissioni costituisce esercizio di attività discrezionale di merito rimesso al prudente apprezzamento del Giudice.[72]
Per alcuni è la salute l’unico parametro da prendere in considerazione, non potendo ritenersi affidabile il criterio comparativo accolto dalla giurisprudenza a tal fine,[73] in quanto, per un verso, tale criterio non assicura parità di trattamento, riconoscendo una tutela maggiore a coloro che vivono in una zona meno inquinata e degradata, mentre, per altro verso, prescinde dalla considerazione dell’eventuale pregiudizio alla salute:[74] salute che deve essere intesa in una accezione ampia, che non consideri la sola integrità fisica della persona, ma che riguardi anche – e non di meno – la qualità della vita.[75]
Tale prospettiva appare condivisa dalla S.C. riconoscendosi la sussistenza di una stretta connessione tra immissioni e diritto alla salute, in una interpretazione della norma costituzionalmente orientata,[76] in ragione della quale il imite della tutela della salute è da considerarsi ormai intrinseco nell’attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato,[77] svuotando di ogni valenza e riducendo in maniera estremamente significativa il perimetro applicativo del criterio indennitario, dovendo considerarsi ormai indubbiamente prevalente, rispetto alle esigenze della produzione, il soddisfacimento di una normale qualità della vita.[78]
8.Conclusioni.
Per concludere queste righe, occorre riflettere sul fatto che, se oggi, in simili ipotesi, il livello di tutela per il danneggiato appare indubbiamente elevato, lo si deve ad un mutamento di orientamento della giurisprudenza di legittimità, ispirato dalle considerazioni di attenta dottrina e sfociato nell’abbandono del criterio (più che altro una prassi) c.d. indennitario, sostituito dal – ben più, di tutta evidenza, coerente ed adeguato al perseguimento dell’obiettivo di una effettiva tutela del danneggiato – criterio della normale tollerabilità, che negli anni “70” dello scorso secolo era ancora confinato, dalla stessa Corte Costituzionale, nel perimetro della tutela del solo diritto di proprietà, escludendosi che lo stesso potesse trovare applicazione per la tutela della salute umana e/o dell’integrità dell’ambiente naturale.[79]
In tale scia si pose anche la giurisprudenza di legittimità che, con decisioni successive a quella innanzi richiamata della Consulta, ebbe sostanzialmente a ribadire la tesi della non idoneità – e quindi della impossibilità ad utilizzarlo – dell’art. 844 c.c. a valere quale strumento di tutela della salute ed, in generale, di tuti i diritti fondamentali della persona.[80]
Nelle more, la dottrina più attenta inziava a prendere le distanze da tale atteggiamento di chiusura, affermando come occorresse fare riferimento, e tenere presente, ad una graduazione dei valori oggetto di copertura costituzionale che ponesse al centro la tutela della dignità e dei diritti inviolabili dell’individuo, in quanto strumento necessario per eliminare le disparità economiche e sociali che impediscono il pieno dispiegamento delle potenzialità umane.[81]
In aggiiunta, si sosteneva, da parte di altra dottrina, la necessità di svincolare l’art. 844 c.c. dallo statuto proprietario e conseguentemente estenderne il perimetro applciativo anche a coloro i quali non possono vantare alcun diritto di proprietà;[82] conclusione motivata dal rilievo per il quale l’art. 844 c.c., appunto in ragione del fatto che si tratta di una norma pensata per situazioni differenti da quelle che abitualmente vengono poste a fondamento di azioni ex art. 2043 c.c., appare preferibile, dal punto di vista applicativo, come strumento di tutela esperibile in tutte quelle situazioni in cui si è in presenza di immissioni che incidono sul benessere piscofisico della persona.[83]
Con una successiva decisione delle Sezioni Unite la Cassazione, iniziando a mostrare condivisione per le posizioni espresse dalla dottrina sopra richiamata, riconobbe la possibilità dell’esperimento della azione inibitoria ex art. 844 c.c. al fine di conseguire la cessazione delle esalazioni nocive alla salute, salvo il suo cumulo, al fine di ottenere il risarcimento del danno, con l’azione ex art. 2043 c.c.[84]
Una volta imboccata tale strada, i giudici di legittimità sono poi pervenuti a riconoscere la necessità di accogliere una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 844 c.p.c., sancendo il definitivo superamento della vetusta ed inadeguata prassi sorta con l’applicazione del principio indennitario, il cui spazio applicativo resta ormai circoscritto alle sole ipotesi in cui le immissioni non pregiudicano la salute e/o la qualità della vita. [85]
Orientamento ormai consolidatissimo e ribadito anche di recente,[86] per la cui formazione senza dubbio bisogna essere riconoscenti alla sensibilità di quella dottrina che da, oltre quattro decenni, ha posto l’accento sulla necessità di fare ricorso, per la tutela della salute e della qualità della vita, a tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento, sia direttamente sia, indirettamente utilizzabili attraverso il ricorso a tecniche ermeneutiche quali a interpretazione secundum constitutionem, in virtù dell’apprezzabile e condivisibile affermazione, da parte della S.C., della sussistenza di una differenziazione (con conseguentemente diversa valenza, e quindi meritevolezza di tutela) tra tutti i tra tutti i valori costituzionalmente tutelati.[87]
Occorre infatti tenere ben presente che, alle esigenze della produzione, può ormai riconoscersi un rilievo solo secondario e limitato, circoscritto alla sola possibilità che, attraverso l’adozione di opportuni accorgimenti, l’attività produttiva sia in grado di continuare assicurando che le immissioni prodotte da essa non superino la normale tollerabilità, poiché in caso contrario l’esercizio della stessa non può ritenersi consentito.[88]
E allora, ben si comprende perché, rispetto alla tutela della salute in tutte le sue declinazioni, in dottrina si sia acutamente osservato come l’azione inibitoria ex art. 844 c.c. si rivela lo strumento da preferire.[89]
Le – indubbiamente condivisibili, ad avviso di chi scrive – ragioni di tale preferenza sono da individuare nel fatto che la predetta azione, in tale prospettiva, mira a far valere una responsabilità che possiede natura indubbiamente oggettiva, con i correlati riflessi positivi sul versante dell’onere della prova e della sua ripartizione, dal momento che non impone al soggetto danneggiato di provare l’elemento soggettivo della fattispecie, e quindi il dolo e/o la colpa.[90]
[1] G. PONZANELLI, Immissioni intollerabili da sciacquone rumoroso e un nuovo intervento sull’art. 139 c.ass., in Danno e Responsabilità, 2022, 2, 194, rileva come “dopo la circolazione auto, le tensioni condominiali ed i rapporti di vicinato occupano il secondo posto a livello quantitativo nell’ambito della giustizia civile ordinaria”.
[2] C.M. BIANCA, Diritto Civile, vol. 6, La proprietà, 2^ ed., Milano, 2017, p. 159-160.
[4]Per P. TRIMARCHI, La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, 3^ ed., Milano, 2021, p. 199, infatti “Immissioni minime e sporadiche sono praticamente inevitabili: un divieto assoluto, che rinserri ogni proprietario entro i confini del suo fondo sarebbe – da una parte – eccessivamente rigoroso rispetto allo scopo pratico, che è quello della difesa degli interessi dei proprietari confinanti contro danni effettivi, e avrebbe – d’altra parte – l’inconveniente di costituire un grave freno alle attività, perché sono rare le attività materiali che, se compiute in un fondo di dimensioni ridotte, non implichino nessuna minima immissione nei fondi contigui.”
[5] Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 1982, n. 1115, in Foro it., 1983, I, 1066.
[6] Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 1982, n. 1115, cit.
[7] Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 1982, n. 1115, cit.
[8] F. BOCCHINI, E. QUADRI, Diritto Privato, Napoli, 8^ ed., p. 546 e ss.
[9] F. BOCCHINI, E. QUADRI, Diritto privato, cit., p. 547.
[10] C. SALVI, voce Immissioni, in Enc. Giur., Milano, 1988, I, 1.
[11]Legge quadro in materia di inquinamento acustico, che detta i princìpi fondamentali in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 117 della Costituzione (art. 1)
[13] L’articolo in questione, infatti, significativamente rubricato Normale tollerabilità delle immissioni acustiche, al comma 1 stabilisce che, nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’art. 844 c.c., sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso; mentre, al comma 1-bis stabilisce che, per la concreta attuazione di quanto previso al comma precedente, trova applicazione i criteri di accettabilità del livello di rumore previsti dalla l. 26 ottobre 1995, n. 447 e dalle relative norme di attuazione.
[14]Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2017, n. 1606, in Giust. civ., Mass., 2017, ha infatti affermato “In materia di immissioni, i criteri dettati dal d.m. 16 marzo 1998 attengono al superamento dei valori limite differenziali di immissione di rumore nell’esercizio e nell’impiego di sorgente di emissioni sonore, di cui all’art. 6, comma 2, della l. n. 447 del 1995 e, perseguendo la finalità pubblica di proteggere la salute mediante la predisposizione di un apposito illecito amministrativo, operano nei rapporti tra P.A. e privati sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili, nei singoli casi, ex art. 844 c.c., sicché le disposizioni ministeriali sulle modalità di rilevamento dei rumori cd. “a tempo parziale” non rilevano ai fini del giudizio di tollerabilità ai sensi della richiamata disposizione codicistica.”
[15] Cass. civ., sez. II, 26 giugno 2024, n. 17562; Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2024, n. 5074; Cass. civ., sez. II, 17 luglio 2023, n. 20447; Cass. civ., sez. II, 20 dicembre 2018, n. 32943; Cass. civ., sez. II, 6 novembre 2013, n. 25019; Cass. civ., sez. II, 20 marzo 2012, n. 4394.
[16] Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2011, n. 939, in Giust. civ., Mass., 2011.
[17] Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2011, n. 939, cit.
[18] Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2019, n. 6906, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2019, 3, I, 656, ha statuito che “In materia di immissioni acustiche, il mancato superamento dei livelli minimi previsti dalla l. del 26 ottobre 1995 n. 447 non ne implica senz’altro la liceità, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità essere effettuato alla stregua del caso concreto, anche in prospettiva della tutela del bene salute, il quale, se posto in pericolo, impone l’inibitoria dell’attività emissive anche a discapito delle esigenze produttive dell’emittente”.
[19] Cass. civ., sez. II, 1 ottobre 2018, n. 23754, in Rivista Giuridica dell’Edilizia, 2019, 1, I, 217.
[20] Cass. civ., sez. II, 1 ottobre 2018, n. 23754, cit.
[21] Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564, in Giust. civ., Mass., 2010.
[22] Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564, cit.
[23] Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2024, n. 21479, in Giust. civ., Mass., 2024.
[24] Cass. civ., sez. III, 10.1.2025, n. 631, in Giust. civ., Mass., 2025.
[25] Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2017, n. 1606, cit.
[26] Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2023, n. 1823, in Guida al Diritto, 2023, 18, ha infatti affermato “In tema di immissioni (nella specie di rumori provocati da un ricovero per cani), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’articolo 844 del Cc non debbono essere necessariamente di natura tecnica, non venendo in rilievo l’osservanza dei limiti prescritti dalle leggi speciali (in particolare la legge n. 477 del 1995 sul cosiddetto inquinamento acustico) la cui finalità è quella di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato. Pertanto, è ammissibile la prova testimoniale quando la stessa, avendo a oggetto fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, non può ritenersi espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi), e ciò tanto più nell’ipotesi in cui – trattandosi di emissioni rumorose discontinue e spontanee – le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un piano sperimentale.”
[27] C. App. Firenze, sez. III, 7 settembre 2023, n. 1798, in banca dati De Jure.
[28] Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2006, n. 2166, in Arch. Locazioni, 2006, 4, 407.
[29] Cass. civ., sez. II, 20 marzo 2012, n. 4394, in Giust. civ., 2012, 6, I, 1438.
[30] M. FRANZONI, L’illecito, in Trattato della Responsabilità Civile, diretto da M. Franzoni, 2^ ed., Milano, 2010, p. 190.
[32] A. GAMBARO, La proprietà, in Trattato di Diritto Privato, a cura di Iudica e Zatti, II^ ed., Milano, 2017, p. 272-283.
[33] Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2018, n. 28201, in Giust. civ., Mass., 2018; conforme, Cass. civ., sez II, 5 agosto 2011, n. 17051, in Guida al Diritto, 2011, 37, 57.
[34] Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2018, n. 28201, cit.; conforme, Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2011, n. 17051, cit.
[35] Cass. civ., sez. II, 9 luglio 2024, n. 18676, in Giust. civ., Mass., 2024; conforme, Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2024, n. 21479, cit.
[36] Cass. civ., sez. II, 9 luglio 2024, n. 18676, cit.
[37] Trib. Bologna, sez. III, 12 gennaio 2024, n. 132, in banca dati De Jure.
[39] M. CIANCIMINO, Danno non patrimoniale da immissioni e tutela della proprietà. Nuovi profili interpretativi, in Diritto della Famiglia e delle Persone, 2018, 3, 823, afferma infatti che “l’oggetto dell’art. 844 c.c. è volutamente vago, duttile, giacché offre la possibilità di tutelarsi avverso qualunque forma di turbativa alle situazioni giuridiche dominicali. In virtù di ciò, siffatta formulazione del giudizio di accertamento ben può consentire all’interprete di modellare ed adeguare l’apparato rimediale alle innumerevoli sfaccettature che il caso concreto possa di volta in volta offrire.”
[40] A. CONVERSO, Immissioni rumorose:una novella da nulla, in Foro it., 2019, I, 3, 856.
[41] L. BIGLIAZZI GERI, U. BRECCIA, F. D. BUSNELLI, U. NATOLI, La proprietà, cit., affermano infatti “Risulta abbastanza evidente che il legislatore si è preoccupato del fatto che, in molti casi, le suddette immissioni sono strettamente legate alla normale utilizzazione e destinazione economica del bene, sicchè esse, se si mantengono nei limiti tacitamente riconosciuti in una convivenza civile, presentano un’utilità che è destinata a prevalere su un interesse oggettivamente non apprezzabile nella stessa misura”.
[43] A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni e rapporto proprietario, Napoli, 1984, p. 319 e ss.
[44] Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2014, n. 8094, in Giust. civ., Mass., 2014.
[45] Cass. civ., sez. II, 7 aprile 2014, n. 8094, cit.
[46] Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2018, n.21504, in Giust. civ., Mass., 2018.
[47] Al riguardo, infatti, Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2024, n. 29393, in Giust. civ., Mass., 2025, ha affermato “Il giudice di merito, dunque, non può limitarsi ad accertare la mera presenza, all’interno di una determinata zona, di insediamenti industriali o di abitazioni residenziali, ma deve innanzitutto indicare quale sia, secondo il suo prudente apprezzamento, il parametro di riferimento in concreto applicabile all’area oggetto della sua valutazione, tenendo conto delle relative caratteristiche e peculiarità; deve poi individuare, alla luce del parametro suindicato, quale sia la soglia di tollerabilità delle immissioni in concreto applicabile nella zona e deve verificare se, in base alle emergenze istruttorie, vi sia stato, o meno, il superamento di detta soglia”
[48] Cass. civ., Sez. Un., 1 febbraio 2017, n. 2611, in Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), 2018, 3, I, 801; conforme, Trib. Catania, sez. III, 20 giugno 2019, n. 2646, in www.condominioelocazione.it
[49] C. App. Genova, sez. II, 24 febbraio 2021, n. 222, in banca dati De Jure.
[50] C. App. Genova, sez. II, 24 febbraio 2021, n. 222, cit.
[51] Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2024, n. 2203, in Giust. civ., Mass., 2024, ha affermato “In tema di responsabilità civile, la lesione del diritto alla “serenità personale e familiare” conseguente a immissioni illecite può generare un danno risarcibile, che, tuttavia, non è in re ipsa, ma deve essere, innanzitutto, allegato in maniera circostanziata, con riferimento a fatti specifici, concreti e indicativi del lamentato peggioramento qualitativo della vita (attraverso il raffronto tra la situazione precedente e quella successiva alle immissioni), e, poi, provato, anche mediante presunzioni”.
[52] Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2018, n. 31537, in Giust. civ., Mass., 2019.
[53] Trib. Napoli, X^ sez. civ., 20 gennaio 2025, n. 604, reperibile al link:https://i2.res.24o.it/pdf2010/S24/Documenti/2025/01/23/AllegatiPDF/sentenanapolirumore.pdf
[54] Sez. Un., 1 febbraio 2017, n. 2611, cit., al riguardo ha espressamente affermato “L’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni.”
[55] G. PONZANELLI, Le immissioni intollerabili e il rimedio del danno non patrimoniale, in Danno e Responsabilità, 2010, 8-9, 780 e ss.
[56]A. GAMBARO, Immissioni intollerabili, espropriazioni senza spossessamento e rimedi proprietari, in Corriere giur., 2015, 174, 185.
[57]U. MATTEI, in Il mercato delle regole. Analisi economica del diritto civile, vol. 1. Fondamenti, di R. COOTER, U. MATTEI, P.G. MONATERI, R. PARDOLESI, T. ULEN, Bologna, 2006, p. 275.
[59] P. TRIMARCHI, La responsabilità civile, cit., p. 200.
[60] Cass. civ., Sez. Un., 15 ottobre 1998, n. 10186, in questa Rivista, 1999, 107; conformi, Cass. civ., sez. II, 23 marzo 1996, n. 2598; Cass. civ., sez. II, 4 agosto 1995, n. 8602.
[61] Cass. civ., Sez. Un., 15 ottobre 1998, n. 10186, cit.; conforme, Cass., Sez. Un. 9 aprile 1973, n. 999.
[62] Cass. civ., Sez. Un., 15 ottobre 1998, n. 10186, cit. Cass. civ., Sez. Un., 29 luglio 1995, n. 8300; Cass. civ., Sez. III, 20 marzo 1995, n. 3223
[63] A.L. DE CESARIS, Immissioni: secondo le Sezioni Unite della Cassazione, per la tutela del diritto alla salute l’azione inibitoria ex art. 844 c.c. da sola non basta, in Riv. giur. amb. 1999, 3-4, 503 e ss.
[64] G. CALABRESI, A. DOUGLAS MELAMED, Property Rules, Liability Rules, and Inalienability: One View of the Cathedral, in Harward Law Review, 1972, 85, 6, 1115-1116.
[65] G. CALABRESI, A. DOUGLAS MELAMED, Property Rules, Liability Rules, and Inalienability: One View of the Cathedral, cit.
[68] P. PARDOLESI, La matrice degli strumenti rimediali da immissioni intollerabili, in Foro it., 2015, 6, 1, 2113.
[69] Trib. Firenze, sez. II, 15 ottobre 2020, n. 2215, in Guida al Diritto, 2021, 20.
[70] Trib. Firenze, sez. II, 15 ottobre 2020, n. 2215, cit.
[71] Di guisa che anche l’esperienza eventualmente derivante da casi simili può risultare non sufficiente né tantomeno determinante, se non vagliata dalla sensibilità, prudenza e rigore valutativo da parte del giudice di merito, per evitare sia di trattare ingiustificatamente in modo uguale situazioni diverse, sia, specularmente, di trattare, altrettanto ingiustificatamente, in modo diverso situazioni uguali
[72] Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2006, n. 2166, cit.
[73] V. SCALISI, Immissioni di rumore e tutela della salute, in
[76] Cass. civ., sez. II, 2 aprile 2015, n. 6786, in Resp. Civ. e Prev., 2015, 4, 1291; conforme, Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2006, n. 8420.
[77] Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5554, cit.
[78] Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5554, cit.
[79]Corte Cost., 23 luglio 1974, n. 247, in https://giurcost.org/decisioni/1974/0234s-74, ebbe ad affermare “La norma è infatti destinata a risolvere il conflitto tra proprietari di fondi vicini per le influenze negative derivanti da attività svolte nei rispettivi fondi. Si comprende quindi che il criterio della normale tollerabilità in essa accolto vada riferito esclusivamente al contenuto del diritto di proprietà e non possa essere utilizzato per giudicare della liceità di immissioni che rechino pregiudizio anche alla salute umana o all’integrità dell’ambiente naturale, alla cui tutela è rivolto in via immediata tutto un altro ordine di norme di natura repressiva e preventiva.”
[80] Sez. Un., 19 luglio 1985, n. 4253, in Giust. civ., 1986, I,128 affermava infatti “Occorre riferirsi all’art. 32 cost. dettato per la tutela del diritto alla salute ai fini del giudizio sulla denuncia di immissioni di odori spiacevoli, in quanto dall’ambito dell’art. 844 c.c. esulano i diritti personali. Per la tutela di questi diritti sono applicabili le disposizioni contenute negli artt. le disposizioni contenute negli art. 2052 e 2058 c.c.”
[82] R. SIMONE, Danni in materia civile. Proprietà, in Foro it., 1990, C. 3304, F. 11, Parte 1; V. SCALISI, Immissioni di rumore e tutela della salute, in Riv. dir. civ., 1982, 161 ss
[85] Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8420, in Foro it., 2006, 12, I, 3412; Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564, cit.
[86] Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2024, n. 29393, in Giust. civ., Mass., 2024, ha infatti inequivocamente affermato che qualora venga accertato il superamento della soglia di normale tollerabilità, è escluso qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, rientrando la fattispecie nello schema dell’azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., e che il contemperamento tra esigenze della produzione e ragioni della proprietà, previsto dal secondo comma dell’art. 844 c.c., può essere preso in considerazione solo in assenza di superamento dei limiti di tollerabilità.
[87] Cass. civ., sez. III, 10 gennaio 2025, n. 631, cit.
[88] Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564, cit.
[89] G. GRASSELLI, Le immissioni, in La proprietà immobiliare, a cura di Grasselli, Milano, 2010, p.181.