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Esperienze applicative del rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363 bis c.p.c. – Prima Puntata.
Di Antonio Briguglio -
In guisa di romanzo d’appendice prende qui avvio, a puntate così da reggere il ritmo, un piccolo commentario agli iniziali vagiti del rinvio pregiudiziale alla Cassazione.
Comincio naturalmente dai provvedimenti del Primo Presidente, anzi della Prima Presidente, che ammettono o non ammettono il rinvio secondo quanto prevede l’art. 363 bis, c. 3, e qui in particolare da uno assai pregevole (18.4.2023), di seguito indicato insieme alla altrettanto pregevole ordinanza di rinvio della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Agrigento (31.3.2023, n. 428). Proseguirò – sempre senza vincoli cronologici e fin quando affioreranno problematiche degne di interesse sul nuovo istituto – con le chiose ad altre pronunce presidenziali, o ad ordinanze di rinvio, o a provvedimenti collaterali sempre dei giudici di merito, e quando sarà il momento commentando responsi pregiudiziali della S.C., ma solo se tutti tali provvedimenti offriranno spunti interpretativi o sistematici riguardo all’art. 363 bis in quanto tale. I responsi “di merito”, o meglio sulle questioni di diritto sostanziale o processuale oggetto principale del rinvio, resteranno estranei a questo commentario, sicché la riflessione sui vari provvedimenti, ammesso che essa sia utile, rimarrà tale di là da quei responsi “di merito”.
Il commento: chi decide riguardo ai quesiti pregiudiziali sul rinvio pregiudiziale?*
SOMMARIO
1.Premessa – 2. Il quesito sulla giurisdizione e i pregiudiziali quesiti sul rinvio pregiudiziale – 3. Quesiti pregiudiziali “al quadrato” di fronte alla Corte di Giustizia e di fronte alla Cassazione; la Prima Presidente, condivisibilmente, li affida alla decisione del Collegio – 4. Il primo quesito pregiudiziale “al quadrato” sull’applicazione dell’art. 363 bis da parte del giudice tributario: previsione ed auspicio di responso affermativo – 5. Il secondo quesito pregiudiziale “al quadrato”: possono pacificamente convivere rinvio pregiudiziale su questione di giurisdizione e regolamento preventivo di giurisdizione?: auspicio (senza previsione) di responso affermativo – 6. La ritenuta ammissibilità della questione principale (sulla giurisdizione): spunti ricostruttivi di ordine generale su “novità” e “difficoltà”.
1. Premessa
Nell’ambito della cd. Riforma Cartabia – e cioè dell’intervento legislativo sulla giustizia civile più pasticciato, inutile, dannoso e indigesto di ogni tempo – due sole cose importanti (salvo qualche secondario dettaglio, positivo come idea e semmai rivedibile come realizzazione o viceversa) meritano di restare esenti dal sogno di futura e provvidenziale (prima che sia troppo tardi) abrogazione per lo meno limitata a primo grado e secondo grado (ricordate lo sfortunato processo societario….la “Riforma Cartabia” la meriterebbe cento volte di più) che accomuna ormai la stragrande maggioranza di giudici e avvocati insolitamente sintonici. E questi due fiori da salvare dal paludoso pasticcio sono il processo di famiglia nel suo complesso ed il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale.
Istituto sicuramente nuovo, di valenza nomofilattica tutt’altro che necessitata in relazione al sistema interno quanto era invece ed è ancora necessitato in relazione al sistema euro-unitario il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, di non trascendentale ma comunque utile valenza deflattivo-acceleratoria rispetto al contenzioso seriale cui è palesemente funzionale, esso è stato preso sul serio anzitutto dalla Corte di Cassazione, come dimostrano i meditati provvedimenti della Prima Presidente in tema di ammissibilità. Quanto ai giudici di merito (di là dalla pari serietà di singole ordinanze di rinvio – ed anzitutto da quella assai ben confezionata[1] qui in epigrafe – serietà che è agevole evincere anche dalle pronunce presidenziali di loro ammissione) non è semplice ed è comunque prematuro allo stato monitorarne l’approccio complessivo, ed in particolare se esso sia scettico e prodromico ad una futura radicale trascuratezza (rammentate la sorte dell’art. 186 quater o della redazione nominalmente obbligatoria del calendario processuale), ovvero iperattivo e debordante e perciò al postutto pernicioso per il lavoro d’ufficio del Primo Presidente ed inutilmente dilatorio nell’amministrare giustizia concreta. Ci si può solo augurare una sobria via di mezzo, favorita dagli equilibrati atteggiamenti di esordio della Presidenza della S.C..
Per lo studioso del diritto processuale vivente, e cioè dell’unico diritto processuale vero, è intanto assai interessante rivolgere l’attenzione alle iniziali pronunce della Prima Presidente, perché si tratta di una occasione in cui una fondamentale articolazione interna all’organo di vertice del nostro sistema giurisdizionale, quella corrente fra ufficio presidenziale e sezioni giudicanti, è per ragioni normative scoperta e visibile all’esterno (come – absit iniuria verbis – i formicai sotto vetro trasparente che, almeno a me, regalavano da bambino) e con chiara evidenza pubblica, ciò che ad esempio non è accaduto a suo tempo per la mitica “Struttura”.
* * *
2. Il quesito sulla giurisdizione e i pregiudiziali quesiti sul rinvio pregiudiziale.
Il Giudice tributario di primo grado di Agrigento (31.3.2023 n. 428), investito di controversia relativa al diniego (per ragione puramente formale: erronea indicazione dell’IBAN) del contributo a fondo perduto ex art. 25 d.l. n. 34/2020, dubita della propria giurisdizione e, piuttosto che risolvere autarchicamente il dilemma, rimette il corrispondente quesito di diritto alla Cassazione mediante rinvio pregiudiziale.
Nell’ordinanza di rimessione formula tuttavia espressamente un “pregiudiziale” quesito sul rinvio pregiudiziale: si applica il nuovo art. 363 bis c.p.c. anche al processo tributario ?
La Prima Presidente (18.4.2023), in sede di vaglio di ammissibilità della rimessione, evidenzia ancora – ma essa era già segnalata dal remittente – altra pregiudiziale quaestio interpretativo-ricostruttiva del medesimo art. 363 bis: possono attraverso il nuovo istituto veicolarsi alla Cassazione quesiti di diritto relativi alla individuazione della giurisdizione, dal momento che l’ordinamento già conosce un rimedio solutorio preventivo, affidato alla stessa Corte, quale il regolamento di giurisdizione ?
Entrambe tali questioni attengono schiettamente alla ammissibilità del rinvio pregiudiziale e la Prima Presidente potrebbe affrontarle e risolverle, del tutto indifferente risultando che una di esse sia stata espressamente posta dal giudice a quo come oggetto del rinvio e l’altra sia stata sagacemente rinvenuta d’ufficio (anche nel primo caso infatti se il giudice a quo dubita del suo stesso rinvio e formalizza il relativo interrogativo in modo che la risposta sia scontata ben può tale risposta per evidenti ragioni di economia essere data in limine, in un senso o nell’altro, nella pronuncia sulla ammissibilità senza necessità di investirne il Collegio supremo; e nel secondo caso la normalità vorrebbe che qualsiasi organo giurisdizionale il quale si ponga un problema d’ufficio si risponda da solo salvo che non sia previsto altrimenti).
Sennonché – stranamente ma non troppo e come dirò assai condivisibilmente – la Prima Presidente si astiene dal rispondere ed affida le risposte alla Corte e cioè alle Sezioni Unite visto che, oltre all’art. 363 bis in quanto tale, vi è di mezzo l’interpretazione di norme sulla giurisdizione. Di queste ultime le Sezioni Unite dovranno occuparsi solo se risponderanno positivamente ai due quesiti pregiudiziali “al quadrato”[2] concernenti la portata dell’art. 363 bis, ma è comunque gioco forza che la Prima Presidente affronti – nel modo istruttivo di cui dirò al termine di questo commento – il problema della intrinseca ammissibilità, alla stregua delle condizioni ex art. 363 bis, del quesito per così dire principale sulla giurisdizione.
Lo stesso problema è però affrontato e agevolmente risolto anche per i due quesiti “al quadrato”.
Il primo – quello posto espressamente dal giudice a quo sulla estensione del rinvio pregiudiziale al processo tributario – “riveste, prima facie, il carattere della ammissibilità”: oltre che “necessari(o)” [al quadrato appunto] “ai fini del giudizio”, è per definizione nuovo, per definizione suscettibile di proporsi in molti altri giudizi e cioè in tutti i giudizi tributari, ed è anche complesso e non banale visto che come si vedrà infra al par. 4 (e come la pronuncia della P.P. evidenzia) vi sono elementi solutori testuali, paratestuali e sistematici di segno almeno apparentemente contrastante.
Lo stesso vale per il secondo – quello attinente, come si dice in sintesi nella ordinanza presidenziale, alla “applicazione dell’istituto anche per le questioni assoggettabili al paradigma di cui all’art. 360, n. 1 c.p.c. e non solo a quelle di cui all’art. 360 n. 3 e 4” (ma dovrebbe aggiungersi tranquillamente il n. 2 dimenticato a mio avviso solo per lapsus calami) – il quale è anch’esso per definizione nuovo e “seriale” (potendo porsi in astratto addirittura in tutti i possibili giudizi ai quali l’art. 363 bis si applichi), e quanto alla difficoltà interpretativa ed alla corrispondente valenza nomofilattica essa sussiste per ciò stesso che la Prima Presidente si è posta, in articolati e consapevoli termini, l’interrogativo ed ha risolto di non risolverlo.
* * *
3. Quesiti pregiudiziali “al quadrato” di fronte alla Corte di Giustizia e di fronte alla Cassazione; la Prima Presidente, condivisibilmente, li affida alla decisione del Collegio.
L’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario conosce non pochi casi di proposizione alla Corte di Giustizia di “quesito al quadrato” e cioè di preliminare quesito sulla esatta interpretazione delle medesime disposizioni sul rinvio pregiudiziale, seguito da quesiti, eventualmente subordinati, aventi ad oggetto questioni di interpretazione o di validità “sostanziali”. In quel contesto la cosa è inevitabile, non esistendo un filtro di ammissibilità del rinvio che non comporti semmai l’intervento della stessa Corte officiata dell’eventuale responso “sostanziale” e dunque non potendosi divaricare su binari anche temporalmente distinti la risposta sul metodo (oggetto e limiti del rinvio pregiudiziale) rispetto a quella sul merito.
Nel caso dell’art. 363 bis c.p.c. le questioni interpretativo-applicative sul medesimo, vale a dire su oggetto, limiti ed ammissibilità del rinvio pregiudiziale, sono affidate in prima battuta al Primo Presidente che “entro 90 giorni” dall’arrivo della rimessione deve concederle o meno il via libera ed in caso positivo affidare il quesito alle sezioni unite o alla sezione semplice. Perciò è il Primo Presidente l’iniziale interprete dell’art. 363 bis ed in particolare del significato applicativo delle parole del legislatore circa le condizioni concorrenti di ammissibilità del rinvio, quelle per intenderci enumerate ai numeri 1, 2, e 3 del comma primo (rilevanza ossia “necessità” ai fini della “definizione anche parziale del giudizio”, “novità” della questione, “difficoltà interpretativa”, sua attitudine a “porsi in numerosi giudizi”).
In proposito, anzi, non vi è solo che i provvedimenti del Primo Presidente, in un sistema a precedente persuasivo, “fanno giurisprudenza” (ci mancherebbe altro davvero !) su quei disposti processuali al pari di ogni altra pronuncia proveniente da Piazza Cavour (che le motivazioni del Primo Presidente possano “fare giurisprudenza” in senso più sottile e indiretto anche riguardo a disposizioni non già regolatrici ma formanti oggetto del rinvio pregiudiziale, lo vedremo in una delle prossime puntate ed in occasione di altra annotazione di decreto di inammissibilità). Vi è ancora che la declaratoria di inammissibilità del rinvio ad opera del Primo Presidente, nonché la presupposta esplicita o implicita interpretazione dell’art. 363 bis sono ovviamente del tutto insindacabili. Quanto alla declaratoria presidenziale di ammissibilità del rinvio, e se essa possa essere disattesa dalla Corte il discorso è più delicato. Essa è insindacabile, de facto e per ragioni di interna politesse istituzionale perfino dalla Sezioni Unite, nella misura in cui esprima il margine insopprimibile di discrezionalità del Primo Presidente (che a tale discrezionalità si contrapponesse quella di segno contrario della Corte sarebbe davvero spiacevole). Per la stessa ragione di politesse essa sarà ben difficilmente sindacabile nella parte in cui interpreta l’art. 363 bis, ma ancor qui de facto e probabilmente non de iure: anzi la circostanza che già all’esordio la Prima Presidente abbia rimesso alla Corte questioni interpretative siffatte senza risolverle depone sistematicamente nel senso di una prudente e circospetta libertà interpretativa della Corte (e soprattutto delle Sezioni Unite). Meno problematicamente, anche se raramente, ribaltabile de iure dal Collegio investito del rinvio è la ordinanza di ammissibilità del Primo Presidente quando si tratti non della interpretazione in apicibus dell’art. 363 bis, bensì della sua concreta applicazione al caso di specie e si verifichino sopravvenienze o sopravvenuta percezione di fattori originariamente non noti (ad esempio: declaratoria di incostituzionalità della disposizione interpretanda; constatazione, mercé l’attività di ricerca del Massimario o aliunde, della assenza di effettiva vocazione “seriale” della questione; soluzione in sede ordinaria dell’identico interrogativo che ne elida la novità, pur se in tal caso il rinvio, a mio avviso, non diviene affatto inammissibile bensì decidibile mediante semplice relatio ai principi di diritto fissati in via ordinaria è però con utile effetto vincolante per il giudice di merito a quo, il quale proprio a questo effetto mirava con la rimessione e non merita di essere deluso).
Sia come sia vi è da approvare toto corde il buon senso concreto e l’equilibrio della Prima Presidente: specialmente in sede di prime esperienze, specialmente quando si tratti non di specifiche minuzie applicative (è o non è “seriale” o “nuovo” il quesito rimesso dal giudice del merito ecc.) dell’art. 363 bis, ma di questioni generali attinenti alla sua interpretazione, specialmente poi quando si tratti, come nella specie, non di decifrazione del contenuto dei nn. 1, 2 e 3 del comma primo (il che può risultare, in punto di interpretazione astratta, piuttosto banale), ma di ricostruzione dell’area di operatività del nuovo istituto nel complesso del sistema, ebbene è più che giusto che i quesiti “al quadrato” sul rinvio pregiudiziale siano opportunamente incorniciati dalla pronuncia presidenziale ma affidati al plenum (e direi sempre alle Sezioni Unite ex art. 374, c. 2, ed anche quando non vi sia di mezzo la giurisdizione) per una loro più compiuta e definitiva soluzione, la quale è naturaliter a vocazione “seriale”.
* * *
4. Il primo quesito pregiudiziale “al quadrato” sull’applicazione dell’art. 363 bis da parte del giudice tributario: previsione ed auspicio di responso affermativo.
Ammesso il rinvio ed investita opportunamente la Corte anche dei quesiti pregiudiziali sul rinvio pregiudiziale, vi è da chiedersi come questi saranno risolti.
Quanto al primo di essi è più che auspicabile ed a mio avviso altresì prevedibile che la Corte dirà applicabile il rinvio pregiudiziale anche nell’ambito del processo tributario (la sintetica rappresentazione degli argomenti contrapposti mi pare nella ordinanza della P.P. avallare tale prognosi).
L’argomento paraletterario di segno contrario starebbe, come rammenta la pronuncia presidenziale, nello “stralcio dell’istituto dalla riforma del processo tributario”. Il ripensamento e la eliminazione dell’apposita previsione dalla riforma del processo minore è però “del tutto coerente con l’inserimento del nuovo strumento nel corpus codicistico” e cioè in quello del processo maggiore. Ed in ogni caso troppo forte e assorbente è il consueto argomento sistematico dato dal rinvio ex art. 1, c. 2, d.lgs n. 546/1992 alle norme del codice di rito civile – e perciò anche all’art. 363 bis – come senz’altro applicabili al processo tributario ove non diversamente disposto[3]; tanto più in un sistema in cui il processo nasce “tributario” ma culmina nel paradiso “civile”, e cioè in pieno e senza differenze innanzi all’unica Cassazione (se la corte suprema tributaria fosse invece distinta ed apposita vi sarebbe oggi, tutto sommato, di che rallegrarsi, ma questa è un’altra storia).
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5. Il secondo quesito pregiudiziale “al quadrato”: possono pacificamente convivere rinvio pregiudiziale su questione di giurisdizione e regolamento preventivo di giurisdizione?: auspicio (senza previsione) di responso affermativo.
Sull’altro e ben più complesso problema – quello della pacifica coesistenza o meno fra regolamento preventivo di giurisdizione e rinvio pregiudiziale avente ad oggetto questione di diritto attinente alla giurisdizione – piuttosto che una velleitaria prognosi mi permetto un sommesso auspicio: nel senso della possibilità e non della preclusione di un rinvio di fatto sostitutivo del regolamento di giurisdizione (sulla conseguente questione “principale”, quella effettivamente posta dal giudice remittente e che riguarda in realtà anch’essa profilo processuale attinente appunto alla giurisdizione, preferisco per il momento e nello spirito complessivo di questo piccolo commentario non esprimere valutazioni, salvo a sottolineare come qualunque questione attinente alla giurisdizione, se il rinvio è ammesso e dunque se la questione è nuova, dovrebbe prendere de plano la strada delle Sezioni Unite – come in effetti risolve la ordinanza presidenziale – essendo piuttosto ovvio che nell’applicare il nuovo art. 363 bis ci si adegui alla ratio dell’art. 374, c. 1, pur se la lettera del medesimo non ha subito integrazioni riferite al nuovo istituto, integrazioni che sarebbero state, per altro, solo pedanti)[4].
5.1. Mi induce all’auspicio non tanto l’argomento pragmatico e di apparente buon senso secondo cui una volta introitata la rimessione, riunitosi il Collegio, espletato il contraddittorio previsto dal c. 4 dell’art. 363 bis, suonerebbe alquanto beffardo che la Corte rispondesse al quesito sull’art. 363 bis in modo da non poter rispondere al quesito effettivo involvente il profilo della giurisdizione, quanto piuttosto un solido argomento sistematico. Sebbene occasionalmente suggeribile dalla parte, il rinvio pregiudiziale non è una iniziativa della parte bensì una iniziativa officiosa del giudice. Per converso, sebbene anch’esso connotato dal carattere della preventività, il potere di proporre alla Cassazione il regolamento di giurisdizione pertiene (come la pronuncia della Prima Presidente non manca utilmente di sottolineare al par. 4 lett. c)) alla parte e non al giudice. Perciò i due mezzi non stanno in rapporto di alternatività escludente bensì di complementare concorrenza. Sul piano funzionale, poi, la vocazione “seriale” del responso pregiudiziale conferma l’assunto, nel senso che essa ben può orientare la discrezionalità del giudice del merito a chiedere, e la Suprema Corte a rispondere (entrambi previa verifica, ciascuno per quanto di ragione, della effettiva sussistenza della condizione di cui al n. 3 dell’art. 363 bis, c. 1), senza che possa far da freno la circostanza che le parti, con riguardo alla loro privata contesa, non si siano avvalse dello strumento preventivo del regolamento; e senza cioè che la circostanza che il rinvio pregiudiziale faccia in tal caso, anche in quel singolo giudizio di merito, sostanzialmente le veci del regolamento preventivo possa nascondere e mortificare la sua valenza pro futuro, anche a tacere del dato pratico della verosimile maggior celerità del responso pregiudiziale della Corte rispetto alla pronuncia sul regolamento.
5.2. Così ragionando si ha insomma, anche a contatto con il nuovo istituto, una non piccola conferma della possibile coesistenza pacifica fra ius litigatoris e ius constitutionis; o se si vuole del fatto che quando il giudice di merito provvede al rinvio ex art. 363 bis egli non si limita a chiedere aiuto interpretativo ad una Corte Superiore iperspecializzata in proposito (quel che, a differenza della Corte di giustizia nel suo contesto, non è la Corte di Cassazione, la quale per converso potrebbe al postutto discrezionalmente negare, attraverso il suo Primo Presidente, quell’aiuto ermeneutico, mentre ben minori possibilità di diniego al di fuori dei formali casi di inammissibilità ha la Corte di giustizia).
5.3. Viceversa non vi è influsso dello ius constitutionis che, ove il regolamento preventivo di giurisdizione sia proposto, riesca ad evitare la inammissibilità di un rinvio pregiudiziale sulla identica questione di giurisdizione proveniente dal medesimo giudizio a quo: inammissibilità non riferibile ad alcuna delle condizioni di cui al comma 1 dell’art. 363 bis, salvo quella della “non necessità” di cui al n. 1 (nonostante la astratta rilevanza) coincidente con il difetto di interesse del giudice a quo ad un doppio responso della Corte. Non è infatti dato neppure de facto postulare una così significativa differenza pro futuro ed erga omnes del responso pregiudiziale rispetto ad ogni altro “precedente” della Cassazione (una qualche differenza può esservi, data se non altro dall’attitudine più oracolare che il Collegio della S.C. assumerà di solito rispondendo ex art. 363 bis, ma non così tanta) da giustificare, in nome dello ius constitutionis appunto, il doppio responso. Altro discorso, naturalmente, ove il rinvio pregiudiziale provenga da giudizio di merito diverso da quello nel corso del quale è stato proposto regolamento preventivo e quest’ultimo non sia ancora definito. In tal caso – come ho già segnalato altrove[5] – la semplice pendenza di un procedimento “ordinario” innanzi alla S.C. non esclude certo la “novità” della quaestio prospettata con il rinvio e non può privare di per sé l’“altro” giudice di merito del potere di interrogare pregiudizialmente la Corte. Semmai spetterà all’Ufficio del Primo Presidente (eventualmente sollecitato da questo o quell’avvocato interessato) convogliare la discussione di rinvio e regolamento alla medesima udienza pubblica (ben inteso ove possibile, quanto al regolamento, ai sensi dell’art. 374; ma nel caso di coevo rinvio pregiudiziale, ed ove la Corte ne sia consapevole, la deroga prevista dal c. 1 dell’art. 374 rispetto al n. 4 del c. 2 dovrebbe sempre operare indirizzando il regolamento sempre alla pubblica udienza). Altrimenti, e se i due binari non hanno modo di convergere, il responso della Cassazione emesso sull’uno sarà utilmente richiamato per relationem dal successivo responso sull’altro.
5.4. Va aggiunto che la ordinanza presidenziale, nel prospettare i dubbi che la inducono ex officio ad investire le Sezioni Unite anche del quesito pregiudiziale “al quadrato” di cui ora ci occupiamo, non si limita al rilievo del carattere preventivo vuoi del regolamento vuoi del rinvio pregiudiziale, e riferisce i “profili di problematicità” ad altre notazioni nell’ambito di una visione sistematica più ampia.
Sebbene una simile impostazione risulti, nel momento in cui si prospetta un dubbio alle Sezioni Unite, senz’altro coerente e condivisibile, a me pare tuttavia che nessuno di quegli altri elementi sia ostativo alla ammissibilità del rinvio pregiudiziale su questione di giurisdizione, e che in definitiva la considerazione e sistematica più ampia non presenti alcun autentico “profilo di problematicità” se non quello che si è cercato di superare nel paragrafo precedente.
Si dice (par. 4 lett. a) della pronuncia) che “la Corte di Cassazione a sezioni unite è già l’organo regolatore della giurisdizione (art. 360 n. 1 c.p.c.)”. Incontestabile. Ma ciò non esclude certo che essa lo sia anche in applicazione del nuovo istituto ex art. 363 bis quando la quaestio iuris si riferisca alle norme sulla giurisdizione, bensì solo comporta che su un rinvio pregiudiziale di tal fatta debbano pronunciare le Sezioni Unite.
Si dice (par. 4 lett. b)) che “il sindacato relativo alla individuazione della giurisdizione è inscindibilmente collegato all’esame del fatto da cui scaturisce la situazione giuridica soggettiva che definisce la giurisdizione, tanto che le Sezioni Unite sono eccezionalmente per queste controversie giudici del fatto”. E si aggiunge (par. 4 lett. f)) che “gli effetti della pronuncia sul rinvio pregiudiziale sul giudizio a quo possono non essere rilevanti se sganciati dal collegamento con la fattispecie concreta”. Tutto vero. Ma nella misura in cui le sia possibile dalla ordinanza di rinvio e dagli atti eventualmente allegati[6] (o perfino da una richiesta di precisazioni fattuali che la Corte indirizzi – del tutto coerentemente con la “cooperazione fra giudice e giudice” la quale non è solo appannaggio della CGUE – al giudice di merito onde sceverare meglio la quaestio iuris e dare alla sua soluzione un effetto più utile possibile vuoi ai fini del giudizio a quo vuoi pro futuro) nulla esclude che le Sezioni Unite siano, nel congruo senso, “giudici del fatto” anche quando replicano a quesito pregiudiziale involvente la giurisdizione. E d’altra parte il possibile iato fra responso pregiudiziale in diritto della Cassazione e successivi nuovi accertamenti o ripensamenti sul fatto in sede di giudizio di merito è uno scotto fisiologico che il nuovo istituto sconta in ogni caso è non solo quando il rinvio coinvolga la giurisdizione[7]. E pertanto e soprattutto: che la questione di giurisdizione nel suo complesso sia davvero definita e risolta quando la Corte “regola” la giurisdizione ex art. 360 n. 1 o pronunciando sul regolamento preventivo, e potrebbe invece ed in casi comunque marginali non essere definitivamente risolta quando la Corte si limita a rispondere in via pregiudiziale a quesito interpretativo di norme sulla giurisdizione, è situazione che non differenzia il nostro caso da qualsiasi altro caso di rinvio pregiudiziale su questione interpretativa di norme sostanziali o di altre norme processuali. Non perciò il rinvio pregiudiziale è inutile (lo sarebbe allora sempre) o inammissibile nel singolo caso. E nella nostra ipotesi si ritorna in definitiva al punto di partenza: se nessuna delle parti ha proposto regolamento preventivo, non si vede davvero perché il giudice di merito in ambasce – ricorrendo ben inteso tutte le condizioni di cui all’art. 363 bis – debba risolvere necessariamente da solo e senza ausilio della Cassazione le questioni di diritto concernenti la giurisdizione.
Si dice infine (par. 4 lett. c, d, e)) che il trend ordinamentale è fortemente “acceleratorio” riguardo alla soluzione delle questioni di giurisdizione, come attestano: “il potere endoprocessuale di dichiarare il difetto di giurisdizione e di indicare il giudice munito di giurisdizione”, con conseguente translatio e “potere officioso” di quest’ultimo “di sollevare conflitto di giurisdizione”, nonché la nota dottrina sul giudicato implicito sulla giurisdizione “ove il potere [di rilievo] officioso non sia esercitato entro il primo grado di giudizio e non vi sia impugnazione sul punto”. Mentre “il rinvio pregiudiziale determina al contrario la sospensione necessaria del processo a quo”.
Di fronte a queste – ancora una volta e astrattamente considerate inossidabili notazioni – pare sufficiente osservare: che la formazione del giudicato implicito sulla giurisdizione, come pure la declinatoria ex officio stanno tutte a valle e non a monte del rinvio pregiudiziale e della soluzione della quaestio iuris relativa alle norme sulla giurisdizione coinvolte, e l’art. 363 bis dà al giudice di merito, ovviamente solo ove ancora non si sia formato il giudicato sulla giurisdizione, una nuova facoltà (implicante inevitabile dilazione) senza distinzioni di sorta, mentre se il legislatore avesse voluto precludere tale facoltà a proposito delle questioni di giurisdizione ed in nome del relativo trend acceleratorio non avrebbe mancato di dirlo. D’altro canto la dilazione prevista dall’art. 363 bis sarà sperabilmente piuttosto contenuta (e lo è anche normativamente in caso di non ammissione: v. il c. 3) ed è ulteriormente temperata dalla provvidenziale eliminazione di qualunque onere riassuntivo (arg. ex art. 363, c. 5, che implica all’evidenza una semplice iniziativa officiosa del giudice a quo per la prosecuzione del giudizio innanzi a lui) che si confida non risorga in via pretoria come il fantasma di Banquo.
Ciò su cui può semmai riflettersi, per accedere probabilmente a soluzione per lo meno de facto e fors’anche de iure preclusiva del rinvio pregiudiziale, è la sola situazione ben rara in cui esso sarebbe alternativo alla denuncia officiosa del conflitto di giurisdizione ex art. 362.
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6. SacrLa ritenuta ammissibilità della questione principale (sulla giurisdizione): spunti ricostruttivi di ordine generale su “novità” e “difficoltà”.
La questione per così dire principale proposta dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Agrigento (non si sarà forse un tantino esagerato in pompa nella nuova denominazione?) riguarda la giurisdizione ed appunto la sussistenza o meno della giurisdizione tributaria su controversia avente ad oggetto (non il recupero del contributo a fondo perduto illegittimamente percepito bensì) la mancata erogazione del contributo a fondo perduto.
In proposito – rinviando semmai ogni ulteriore commento alla soluzione che le Sezioni Unite ne daranno – vi è da dire che l’ordinanza di rimessione come pure e soprattutto quella presidenziale che ritiene de plano ammissibile il rinvio anche a riguardo suggeriscono dati non trascurabili all’interprete dell’art. 363 bis.
Nel prospettare la questione entrambi i provvedimenti rappresentano non già un contrasto di giurisprudenza (di merito), bensì la contrapposizione fra una giurisprudenza delle commissioni tributarie sostanzialmente univoca ed estensiva nel ritenere la giurisdizione ed invece il tenore letterale della disposizione di riferimento (art. 25, c. 12 d.l. n.34/2020) che parrebbe invece deporre in senso contrario riferendosi alle sole controversie relative al recupero del contributo da parte della Agenzia delle Entrate. La Prima Presidente – scontata la rilevanza nonché la condizione della “serialità” – riconosce ad un tempo “novità” e “difficoltà” della questione, accomunando sinteticamente per altro le due condizioni di cui ai n. 1 e 2 dell’art. 363 bis, c. 1, nella espressione “rilievo nomofilattico” (“anche per questa seconda questione i requisiti della necessità per il giudizio, del rilievo nomofilattico, e della capacità espansiva sussistono”).
Ne traggo i seguenti criteri applicativi espliciti o impliciti, in ordine alla necessaria correlazione fra le due condizioni della “novità” e della “difficoltà”, con tutto il relativismo e la corrispondente discrezionalità affidata al Primo Presidente che esse comportano.
(i) La “novità” della questione è elisa solo dalla sua già intervenuta soluzione in seno alla S.C. (“non è stata ancora risolta della Corte di cassazione”) e aggiungerei senza contrasti ed incertezze al suo interno; che permanga, ciò nonostante, un contrasto o una riottosità nella giurisprudenza di merito potrà esser sintomo di perdurante “difficoltà” interpretativa, ma il rinvio dovrà comunque essere negato per assenza di “novità”, mercé un decreto presidenziale di inammissibilità che possibilmente evochi in modo espresso il già intervenuto orientamento della Cassazione e dunque richiami i giudici di merito, tuttora disorientati, sulla retta via (una sottile linea vi sarà poi – ed avrò modo di occuparmene in altro prossimo commento – fra la necessità/opportunità che la ordinanza presidenziale non semplicemente citi, bensì chiosi esplicativamente la già intervenuta soluzione della S.C., e la constatazione invece che la chiosa esplicativa dovrebbe essere tutt’altro che rapida ed invece meditata ed approfondita ed allora tanto vale considerare la quaestio non ancora definitivamente è chiaramente risolta ed ammettere il rinvio affidando alla Corte l’interpretazione di se stessa).
(ii) Per contro, se anche la questione è ancora “nuova” e cioè non risolta in Cassazione, di fronte ad una giurisprudenza di merito pressoché costante riguardo ad essa, dovrà di regola escludersi la “grave difficoltà”: la costanza della soluzione in sede di merito può considerarsi insomma sintomo evidente della sua facilità, ed anche in situazioni “seriali” non vi è bisogno di scomodare preventivamente la Cassazione, pur restando questa in futuro libera di smentire, in occasione più concreta e specifica data da un giudizio ordinario, il luogo comune invalso fra i giudici di merito.
(iii) Non però quando la uniforme giurisprudenza di merito sia, come nella specie, almeno prima facie ultra-testuale o contra-testuale: allora sì la soluzione interpretativa può apparire ardua ed in ipotesi forzata e perciò la questione in sé difficile, e può risultare in definitiva utile, in presenza della potenziale serialità, un intervento preventivo della S.C. che corregga o convalidi.
* Il presente saggio sarà pubblicato in versione cartacea su Il Processo.
[1] Una maggior sintesi in sede di rimessione pregiudiziale, tuttavia, non guasterebbe.
[2] Utilizzo questa espressione in senso evidentemente diverso da come l’ho utilizzata nel mio Il rinvio pregiudizialeinterpretativo alla Corte di Cassazione in Il Processo, 2022, 947 ss., riferendomi lì all’eventuale innesto del rinvio costituzionale o “comunitario” sul rinvio ex art. 363 bis c.p.c.
[3] In questo senso ineccepibilmente anche ROMANO G., Il rinvio pregiudiziale alla Cassazione, in La Magistratura, 1/2023, 27 ss., spec. 31.
[4] Affermare (v. SANTAGADA, in La riforma Cartabia del processo civile, a cura di R. Tiscini, Pisa, 2023, 538) che “il laconico dettato della disposizione” [l’art. 363 bis, c. 3] deporrebbe “a favore di una scelta [fra sezione semplice e sezioni unite] affidata alla mera discrezionalità del Primo Presidente” è francamente erroneo. Quel tenore letterale è giustamente ed economicamente laconico perché in realtà la discrezionalità vincolata (e non già mera) del Primo Presidente è orientata normativamente degli artt. 374, ed all’occorrenza 375, i quali si applicano per evidenti ragioni sistematiche anche in relazione al nuovo istituto (come la A. cit. non manca infine di riconoscere).
[5] BRIGUGLIO, Il rinvio, cit. 968 ss. In tal senso anche ed argomentatamente ROMANO G., Il rinvio pregiudiziale in Cassazione, cit., 33
[6] Nella specie la ordinanza di rinvio girgentana, consapevole del problema, si premura di fornire gli elementi utili.
[7] Cfr., se vuoi, ancora BRIGUGLIO, Il rinvio, cit. 952 ss. ove si sottolinea la essenziale libertà del giudice a quo in ordine al momento opportuno per l’effettuazione di rinvio (nonostante il fisiologico scotto cennato nel testo).
Fin troppo (ed inutilmente) preoccupata del problema (e probabilmente poco consapevole della esperienza – qui utile comparativamente – del rinvio pregiudiziale “comunitario”) appare la CAPASSO, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione ed il “vincolo” di troppo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2022, 587 ss., spec. 592. Più cauto ma anch’egli troppo preoccupato SCARSELLI, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, in www.giustiziainsieme.it., n. 3.
In arg. v. già SCODITTI, Brevi note su nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in assunzione, in Questioni Giustizia, 3/2021, 105.