Dal delitto al complotto la strada è assai breve

Recensione a B. Capponi, Delitti in Accademia, Laurana, Milano, 2022

Di  Laura Vasselli -

Comprendere la natura delle ipotesi che si incastrano nel fitto groviglio di fatti e persone per scovare l’assassino dell’illustre professor Trevigiani, misteriosamente ucciso proprio nel suo ateneo, è quasi impossibile se non si tenta in primo luogo di fare premessa di carattere generale.

Nel nostro tessuto sociale coesistono mondi particolarmente complessi e di difficile comprensione da parte di chi ne ignora le dinamiche, semplicemente perché ne è estraneo, però magari di cui – se pur “di striscio” – ha sempre sentito parlare, forse non più di tanto, ma che, con periodica curiosità, si è curato di seguirne le notizie.

Sul piano teorico, si tratta di fenomeni molto studiati all’inizio del secolo scorso e che portarono alla mistica del pluralismo degli ordinamenti, consistente nella inevitabile compresenza, su uno stesso territorio, di gruppi di persone che si riferiscono a ordinamenti giuridici diversi, come tali destinati ad alternare periodi di confliggenza per evitare reciproche sopraffazioni e fasi più pacifiche fondate su scambi amichevoli, a volte utili, a volte un po’ meno.

Del resto, i mezzi di comunicazione occupano costantemente i loro spazi informativi con contenuti sui rapporti tra soggetti teoricamente incompatibili l’uno con l’altro, tipo stato e mafia, vaticano e massoneria, politica e magistratura, solo per citare i più comuni.

L’intricata storia raccontata da Bruno Capponi si svolge in un ordinamento particolare, anzi nell’ordinamento per definizione, quello che senza il quale non esistono cultura, scienza, sapienza e tutto ciò che può portare l’essere umano al massimo della propria potenzialità nell’alto dell’ultima vetta raggiungibile che è l’Università, quella con la “U” maiuscola, ovvero quell’ambitissimo settore ordinamentale di cui tutti gli esperti di qualcosa vorrebbero fregiarsi con il titolo più prestigioso che esista al mondo: l’Accademia, e con essa – a seguire – quella dei Lincei.

Cosa si può desiderare più che essere Linceo? Nulla.

Resta soltanto il dover morire, ma certamente non era quella l’intenzione del povero professor Trevigiani, che avrebbe certamente voluto godersi il suo massimo fregio per molto altro tempo restando in vita.

Del resto, per coltivare l’ambizione di diventare docenti occorrono sforzi e sacrifici inumani, ci si sveglia anche di notte nel costante incubo di sbagliare qualcosa nel corso della complicatissima scalata al potere accademico, fatto di gerarchie rigidissime, di severa sottoposizione a giudizi sui propri scritti, di incontestabili obbedienze, e di irreparabili umiliazioni che possono durare anche molti decenni.

In una rete di nodi inestricabili, le indagini del sostituto procuratore assumono una complessità devastante.

Le piccole realtà satellitari che infatti ruotavano intorno alla vittima, erano – a loro volta – micro-ordinamenti preordinati a un qualcosa di maledettamente importante, ma incomprensibilmente raggiungibile, neanche con la più fervida delle fantasie.

E così, in una specie di meccanismo articolato come scatole cinesi, ecco il gruppo delle tre mogli, dei quattro assistenti numerati in ordine di arrivo e che si odiano ferocemente l’uno contro l’altro nel timore di essere sorpassati al primo attimo di distrazione, dei titolari delle altre cattedre alle spalle della prima, occupata dalla vittima, e degli impiegati e funzionari dell’ateneo, tutti immersi nello stesso immaginario e surreale valzer di segreti, impossibili da decifrare, né tantomeno collegabili tra di essi.

Tra tutti gli insigni accademici, chissà se il titolare della prima cattedra (qui assassinato) fosse consapevole del fatto che, tendenzialmente, “l’allievo è parricida”, che i colleghi sono invidiosissimi, ma anche del fatto che alcune donne sono disposte a tutto pur di garantirsi l’amore esclusivo del Maestro?

Ma davvero, chi era costui?

Cosa ha fatto per meritare tutta la fortuna che gli è capitata?

Ma soprattutto, quale è stato il movente che ha determinato il delitto?

Con una formidabile capacità descrittiva e con note di suspence degne di un thriller, Bruno Capponi ci regala questo sofisticato gioiello, nel quale, l’aura del prestigio accademico si scontra con la durezza dei fatti che – insieme – confondendo le idee degli inquirenti, stupiscono il lettore che, nonostante la tematica delittuosa, riesce anche a divertirsi sorridendo un po’.