Critica ai progetti di riforma del Titolo IV della Costituzione “La magistratura” nascosti all’interno della riforma sulla separazione delle carriere

Di Giuliano Scarselli -

La civiltà dei popoli si misura non tanto dalla bontà delle leggi che li reggono, quanto dal grado di indipendenza raggiunto dagli organi che queste leggi sono chiamati ad applicare

PIERO CALAMANDREI, Governo e magistratura, Siena, 2021, 7.

Sommario: 1. I progetti di riforma costituzionale volti a separare la carriera della magistratura giudicante da quella requirente contengono ulteriori modificazioni dell’ordine giudiziario di particolare allarme. Analisi di queste altre proposte di riforma. 2. Prima ulteriore proposta: la modifica della composizione dei membri del CSM. 3. Seconda ulteriore proposta: l’abolizione del principio secondo il quale i magistrati si distinguono soltanto per funzioni. 4. Terza ulteriore proposta: la riscrittura dell’art. 106, 3° comma Cost. e il venir meno della regola secondo la quale l’accesso alla magistratura ordinaria si dà solo per concorso pubblico. 5. La contrarietà di queste proposte al principio di divisione dei poteri e il dovere di tutti i cittadini di difendere l’indipendenza della magistratura.

 

 

1.Sono in discussione in Parlamento più disegni di modifica della nostra Carta costituzionale rubricati Norme per l’attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura: in tal senso possono essere richiamati i progetti A.A.C. 23, 434, e 824, che presentano testi identici, e poi la proposta A.C. 806, che presenta, rispetto a quelli, solo piccole differenze.

Tutte queste proposte prevedono di separare le carriere della magistratura giudicante da quella requirente.

Ora, però, a mio sommesso parere, il punto non è questo, il punto è che sotto l’etichetta di una modifica che riguarderebbe (solo) la separazione delle carriere, in realtà si profilano novità dell’ordine giudiziario di più vasta e più incisiva gravità, e che viceversa non emergono ne’ nei titoli delle riforme, che continuano a definirsi Norme per l’attuazione della separazione delle carriere, ne’ nel dibattito pubblico.

Queste novità appaiono, così, nascoste, inserite in questi progetti quali fossero accessori di alcun significato, mentre al contrario, oltre a costituire interventi che non hanno niente a che vedere con la c.d. separazione delle carriere, sono altresì modifiche di grande impatto sull’assetto degli artt. 101 e ss. Cost. per come voluto dai nostri costituenti all’uscita dal fascismo e dalla guerra.

Mi sembrano questioni che meritino di essere discusse.

2.La prima riforma è questa: i progetti menzionati intendono modificare la composizione dei membri del CSM rispetto a quella esistente, e dispongono che il rapporto tra membri togati e membri laici non dovrà più essere quello di 2/3 di membri togati e un 1/3 di membri laici, ma dovrà trasformarsi invece in un rapporto di parità, ovvero metà dei membri dovrà essere nominata tra i magistrati ordinari secondo criteri fissati dalla legge, e l’altra metà dovrà al contrario comporsi di avvocati e professori universitari nominati dal Parlamento (oppure dal Parlamento e dal Presidente della Repubblica nella misura di ¼ ciascuno).

Al riguardo, infatti, si propone di modificare l’art. 104 Cost., che al 4° comma andrebbe a statuire che: “Gli altri componenti (del CSM giudicante) sono scelti per metà tra i giudici ordinari con le modalità stabilite dalla legge, e per l’altra metà dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo quindici anni di esercizio”; parimenti il nuovo art. 105 bis Cost. sul CSM requirente disporrebbe che: “Gli altri componenti sono scelti per metà tra i pubblici ministeri ordinari con le modalità stabilite dalla legge e per l’altra metà dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo quindici anni di esercizio”.

E’ evidente che se la maggioranza dei membri del CSM è come oggi togata, è possibile considerare l’amministrazione della giurisdizione distanziata dall’attività politica; ma se al contrario i membri laici saranno in parità di numero rispetto ai togati, e vice-presidente resterà egualmente un membro laico, andrà da sé che gli equilibri dell’organo non saranno più gli stessi, e l’idea dei nostri costituenti di una amministrazione della giurisdizione non subordinata alla classe politica, se non ai governanti di turno, andrà persa.

L’incidenza della politica sulla giurisdizione, così, potremmo dire, si istituzionalizzerebbe, ed entreremo in questo modo in una nuova fase costituzionale della magistratura.

Peraltro, va ribadito, si tratta di progetto di riforma che non ha niente a che vedere con la separazione delle carriere tra requirenti e giudicanti.

3.La seconda importante novità, contenuta anch’essa nei progetti di riforma qui a commento, è la soppressione del 3° comma dell’art. 107 Cost.

Quella disposizione recita, come è noto, che: “I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni”.

Si tratta di un momento essenziale dell’organizzazione della magistratura, volto a significare che tutti i giudici sono eguali fra loro, e sono soggetti soltanto alla legge, e che quindi la magistratura, come da più parti negli anni è stato sostenuto, costituisce funzione diffusa, priva di strutture gerarchiche.

Nelle schede di lettura su tale intervento predisposte dalla Camera dei Deputati a pag. 24 si legge che: “La modifica appare consequenziale rispetto alla separazione formale dell’ordine giudiziario nelle due categorie della magistratura giudicante e della magistratura requirente”.

Certamente questa contrapposizione sarà la prima che caratterizzerà i magistrati se si arriverà ad una simile riforma; tuttavia questa contrapposizione non dovrebbe egualmente impedire che i vari magistrati, ognuno poi nel proprio ordine, continuino però a distinguersi solo per diversità di funzioni.

Se si giungerà, invece, all’abrogazione integrale del 3° comma dell’art. 107 Cost. senza nient’altro specificare, pare evidente che la novità potrà essere invece non solo funzionale alla nuova contrapposizione tra magistratura giudicante e requirente, ma anche idonea ad incidere sulla struttura e l’organizzazione delle due magistrature, con il rischio che a questo punto tutti gli ordini giudiziari, giudicanti o requirenti che siano, perdano il modello di magistratura diffusa fino ad oggi avuto, e si assimilino così, puramente e semplicemente, alle altre pubbliche amministrazioni.

Ed il tema, sia consentito, è di particolare delicatezza, poiché  l’idea di immaginare una gerarchia nell’esercizio della funzione giurisdizionale, e di limitare la libertà dei singoli giudici di interpretare la legge, è purtroppo una realtà già in atto; cosicché, se il valore costituzionale secondo il quale i giudici si distinguono solo per funzioni verrà meno, allora davvero si potrà immaginare un ordine giudiziario futuro con dei giudici sovra-ordinati e dei giudici sotto-ordinati, con dei giudici di serie A e altri giudici di serie B; e la novità costituzionale non inciderebbe più, solo e soltanto, sull’art. 107, 3° comma Cost., bensì anche, conseguentemente, su tutte le altre norme costituzionali che regolano la magistratura.

 

4.La terza novità concerne la modifica dell’art. 106, 3° comma Cost., che andrebbe a disporre che: “La legge può prevedere la nomina di avvocati e di professori ordinari universitari a tutti i livelli della magistratura giudicante”.

Si ricorda che il 3° comma dell’art. 106 Cost. prevede invece che: “Su designazione del CSM possono essere chiamati all’ufficio di consigliere di cassazione per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”, e la materia è attualmente disciplinata nel dettaglio dalla legge 5 agosto 1998 n. 303.

Le differenze tra un testo e l’altro sono evidenti: ca) nel primo caso il potere di inserire in magistratura soggetti aspiranti fuori concorso è affidato al CSM, nel secondo caso viene invece trasferito alla legge, che evidentemente potrà regolare il fenomeno in modo del tutto discrezionale, non essendo fissati in Costituzione criteri per ciò; cb) nel primo caso si tratta di accedere solo presso la Corte di cassazione, mentre ora si immagina che il fenomeno possa estendersi a tutti i livelli della magistratura giudicante; cc) nel primo caso la condizione per accedere senza concorso alla magistratura è quella di aver conseguito meriti insigni, mentre oggi pare che ogni professore e ogni avvocato, anche senza meriti insigni e senza anzianità particolare, possa accedere ad ogni tipo di magistratura.

Si comprende, così, non solo che l’istituto verrebbe totalmente snaturato da questa novellazione, ma anche che vi sarebbe il rischio di far accedere in magistratura soggetti privi di idonea formazione, fuori da ogni regola e da ogni controllo del CSM.

E soprattutto ciò potrebbe rappresentare l’abbandono del principio secondo il quale l’accesso in magistratura è dato esclusivamente per concorso pubblico, e potrebbe costituire il presupposto affinché un domani vi siano dei magistrati nell’ordine giudiziario che debbano dire grazie a qualcuno per essere diventati tali.

In ogni caso, di nuovo, si tratta di riforma che non ha niente a che vedere con la separazione delle carriere.

5.Nel nostro sistema costituzionale i tre cardini sui quali poggia il principio di indipendenza della magistratura sono quelli:

a) di avere un organo di amministrazione della giurisdizione il quale, seppur non composto di soli magistrati, sia comunque indipendente dal potere politico;

b) di avere una magistratura ordinaria alla quale si acceda solo per concorso pubblico;

c) e infine di avere una magistratura soggetta solo alla legge, strutturata in modo non gerarchico, e distinta al proprio interno esclusivamente in base alla funzioni svolte.

Se queste tre caratteristiche vengono meno, la stessa idea di magistratura quale corpo che si distingue dalle altre amministrazioni dello Stato viene meno.

E io credo che una rivoluzione costituzionale di questo genere, che disegnerebbe un’altra magistratura rispetto a quella che fino ad oggi abbiamo avuto, sia programma che abbiamo il dovere di disapprovare.

E non si tratta, al riguardo, di avere opinioni di destra oppure di sinistra; le prime proposte di riforma del Titolo IV della nostra Costituzione, infatti, furono avanzate nel 2019 da forze politiche di centro sinistra, mentre le ultime, dello scorso anno del 2023, sono state presentate da forze politiche di centro destra.

A questi progetti, di destra o di sinistra che siano, dobbiamo solo ricordare che difendere l’indipendenza della magistratura non significa difendere i giudici (con, alle volte, le loro arroganze nella gestione quotidiana della vita giudiziaria): significa difendere la democrazia dello Stato, significa custodire la libertà di tutti i cittadini: perché nessun avvocato avrà una funzione nel processo se il giudice che gli sta di fronte non ha l’indipendenza del decidere, nessuno cittadino sarà mai libero se non saranno liberi i giudici, nessuno Stato potrà definirsi democratico se il suo governo pretende di incidere nello svolgimento della funzione giurisdizionale.

Abbiamo tutti il dovere di proteggere l’assetto attuale degli artt. 101 e ss. Cost,, non possiamo rimanere silenti.

[1] Intervento tenuto il 24 febbraio 2024, in Napoli, nella biblioteca De Marsico, a Castel Capuano, in occasione del convegno Dialoghi sull’indipendenza del magistrato.