Informativa sul trattamento dei dati personali (ai sensi dell’art. 13 Regolamento UE 2016/679)
La vigente normativa in materia di trattamento dei dati personali definita in conformità alle previsioni contenute nel Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (Regolamento generale sulla protezione dei dati, di seguito “Regolamento Privacy UE”) contiene disposizioni dirette a garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, con particolare riguardo al diritto alla protezione dei dati personali.
Finalità del Trattamento e base giuridica
Il trattamento dei dati personali è finalizzato a:
– fornire il servizio e/o prodotto richiesto dall’utente, per rispondere ad una richiesta dell’utente, e per assicurare e gestire la partecipazione a manifestazioni e/o promozioni a cui l’utente ha scelto di aderire (richiesta e acquisto abbonamento periodici; richiesta e acquisto libri; servizio di fatturazione; invio periodici in abbonamento postale, invio newsletter rivolte a studiosi e professionisti).
– inviare newsletter promozionale di pubblicazioni a chi ne ha fatto richiesta; ferma restando la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali invii in qualsiasi momento.
– inviare all’utente informazioni promozionali riguardanti servizi e/o prodotti della Società di specifico interesse professionale ed a mandare inviti ad eventi della Società e/o di terzi; resta ferma la possibilità per l’utente di opporsi all’invio di tali comunicazioni in qualsiasi momento.
– gestire dati indispensabili per espletare l’attività della società: clienti, fornitori, dipendenti, autori. Pacini Editore srl tratta i dati personali dell’utente per adempiere a obblighi derivanti da legge, regolamenti e/o normativa comunitaria.
– gestire i siti web e le segreterie scientifiche per le pubblicazioni periodiche in ambito medico-giuridico rivolte a studiosi e professionisti;
Conservazione dei dati
Tutti i dati di cui al successivo punto 2 verranno conservati per il tempo necessario al fine di fornire servizi e comunque per il raggiungimento delle finalità per le quali i dati sono stati raccolti, e in ottemperanza a obblighi di legge. L’eventuale trattamento di dati sensibili da parte del Titolare si fonda sui presupposti di cui all’art. 9.2 lett. a) del GDPR.
Il consenso dell’utente potrà essere revocato in ogni momento senza pregiudicare la liceità dei trattamenti effettuati prima della revoca.
Tipologie di dati personali trattati
La Società può raccogliere i seguenti dati personali forniti volontariamente dall’utente:
nome e cognome dell’utente,
il suo indirizzo di domicilio o residenza,
il suo indirizzo email, il numero di telefono,
la sua data di nascita,
i dettagli dei servizi e/o prodotti acquistati.
La raccolta può avvenire quando l’utente acquista un nostro prodotto o servizio, quando l’utente contatta la Società per informazioni su servizi e/o prodotti, crea un account, partecipa ad un sondaggio/indagine. Qualora l’utente fornisse dati personali di terzi, l’utente dovrà fare quanto necessario perchè la comunicazione dei dati a Pacini Editore srl e il successivo trattamento per le finalità specificate nella presente Privacy Policy avvengano nel rispetto della normativa applicabile, (l’utente prima di dare i dati personali deve informare i terzi e deve ottenere il consenso al trattamento).
La Società può utilizzare i dati di navigazione, ovvero i dati raccolti automaticamente tramite i Siti della Società. Pacini editore srl può registrare l’indirizzo IP (indirizzo che identifica il dispositivo dell’utente su internet), che viene automaticamente riconosciuto dal nostro server, pe tali dati di navigazione sono utilizzati al solo fine di ottenere informazioni statistiche anonime sull’utilizzo del Sito .
La società utilizza i dati resi pubblici (ad esempio albi professionali) solo ed esclusivamente per informare e promuovere attività e prodotti/servizi strettamente inerenti ed attinenti alla professione degli utenti, garantendo sempre una forte affinità tra il messaggio e l’interesse dell’utente.
Trattamento dei dati
A fini di trasparenza e nel rispetto dei principi enucleati dall’art. 12 del GDPR, si ricorda che per “trattamento di dati personali” si intende qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione. Il trattamento dei dati personali potrà effettuarsi con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati e comprenderà, nel rispetto dei limiti e delle condizioni posti dal GDPR, anche la comunicazione nei confronti dei soggetti di cui al successivo punto 7.
Modalità del trattamento dei dati: I dati personali oggetto di trattamento sono:
trattati in modo lecito e secondo correttezza da soggetti autorizzati all’assolvimento di tali compiti, soggetti identificati e resi edotti dei vincoli imposti dal GDPR;
raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, e utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;
esatti e, se necessario, aggiornati;
pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o successivamente trattati;
conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati;
trattati con il supporto di mezzi cartacei, informatici o telematici e con l’impiego di misure di sicurezza atte a garantire la riservatezza del soggetto interessato cui i dati si riferiscono e ad evitare l’indebito accesso a soggetti terzi o a personale non autorizzato.
Natura del conferimento
Il conferimento di alcuni dati personali è necessario. In caso di mancato conferimento dei dati personali richiesti o in caso di opposizione al trattamento dei dati personali conferiti, potrebbe non essere possibile dar corso alla richiesta e/o alla gestione del servizio richiesto e/o alla la gestione del relativo contratto.
Comunicazione dei dati
I dati personali raccolti sono trattati dal personale incaricato che abbia necessità di averne conoscenza nell’espletamento delle proprie attività. I dati non verranno diffusi.
Diritti dell’interessato.
Ai sensi degli articoli 15-20 del GDPR l’utente potrà esercitare specifici diritti, tra cui quello di ottenere l’accesso ai dati personali in forma intelligibile, la rettifica, l’aggiornamento o la cancellazione degli stessi. L’utente avrà inoltre diritto ad ottenere dalla Società la limitazione del trattamento, potrà inoltre opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati. Nel caso in cui ritenga che i trattamenti che Lo riguardano violino le norme del GDPR, ha diritto a proporre reclamo all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ai sensi dell’art. 77 del GDPR.
Titolare e Responsabile per la protezione dei dati personali (DPO)
Titolare del trattamento dei dati, ai sensi dell’art. 4.1.7 del GDPR è Pacini Editore Srl., con sede legale in 56121 Pisa, Via A Gherardesca n. 1.
Per esercitare i diritti ai sensi del GDPR di cui al punto 6 della presente informativa l’utente potrà contattare il Titolare e potrà effettuare ogni richiesta di informazione in merito all’individuazione dei Responsabili del trattamento, Incaricati del trattamento agenti per conto del Titolare al seguente indirizzo di posta elettronica: privacy@pacinieditore.it. L’elenco completo dei Responsabili e le categorie di incaricati del trattamento sono disponibili su richiesta.
Ai sensi dell’art. 13 Decreto Legislativo 196/03 (di seguito D.Lgs.), si informano gli utenti del nostro sito in materia di trattamento dei dati personali.
Quanto sotto non è valido per altri siti web eventualmente consultabili attraverso i link presenti sul nostro sito.
Il Titolare del trattamento
Il Titolare del trattamento dei dati personali, relativi a persone identificate o identificabili trattati a seguito della consultazione del nostro sito, è Pacini Editore Srl, che ha sede legale in via Gherardesca 1, 56121 Pisa.
Luogo e finalità di trattamento dei dati
I trattamenti connessi ai servizi web di questo sito hanno luogo prevalentemente presso la predetta sede della Società e sono curati solo da dipendenti e collaboratori di Pacini Editore Srl nominati incaricati del trattamento al fine di espletare i servizi richiesti (fornitura di volumi, riviste, abbonamenti, ebook, ecc.).
I dati personali forniti dagli utenti che inoltrano richieste di servizi sono utilizzati al solo fine di eseguire il servizio o la prestazione richiesta.
L’inserimento dei dati personali dell’utente all’interno di eventuali maling list, al fine di invio di messaggi promozionali occasionali o periodici, avviene soltanto dietro esplicita accettazione e autorizzazione dell’utente stesso.
Comunicazione dei dati
I dati forniti dagli utenti non saranno comunicati a soggetti terzi salvo che la comunicazione sia imposta da obblighi di legge o sia strettamente necessario per l’adempimento delle richieste e di eventuali obblighi contrattuali.
Gli incaricati del trattamento che si occupano della gestione delle richieste, potranno venire a conoscenza dei suoi dati personali esclusivamente per le finalità sopra menzionate.
Nessun dato raccolto sul sito è oggetto di diffusione.
Tipi di dati trattati
Dati forniti volontariamente dagli utenti
L’invio facoltativo, esplicito e volontario di posta elettronica agli indirizzi indicati su questo sito comporta la successiva acquisizione dell’indirizzo del mittente, necessario per rispondere alle richieste, nonché degli eventuali altri dati personali inseriti nella missiva.
Facoltatività del conferimento dei dati
Salvo quanto specificato per i dati di navigazione, l’utente è libero di fornire i dati personali per richiedere i servizi offerti dalla società. Il loro mancato conferimento può comportare l’impossibilità di ottenere il servizio richiesto.
Modalità di trattamento dei dati
I dati personali sono trattati con strumenti manuali e automatizzati, per il tempo necessario a conseguire lo scopo per il quale sono stati raccolti e, comunque per il periodo imposto da eventuali obblighi contrattuali o di legge.
I dati personali oggetto di trattamento saranno custoditi in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
Diritti degli interessati
Ai soggetti cui si riferiscono i dati spettano i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/2003 che riportiamo di seguito:
1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.
2. L’interessato ha diritto di ottenere informazioni:
a) sull’origine dei dati personali;
b) sulle finalità e modalità del trattamento;
c) sulla logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;
d) sugli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;
e) sui soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.
3. L’interessato ha diritto di ottenere:
a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;
b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
Dati degli abbonati
I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 e adeguamenti al Regolamento UE GDPR 2016 (General Data Protection Regulation) a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore Srl – Via A. Gherardesca 1 – 56121 Pisa. Per ulteriori approfondimenti fare riferimento al sito web http://www.pacinieditore.it/privacy/
Subscriber data
Subscriber data are treated according to Italian law in DLgs, 30 June 2003, n. 196 as updated with the UE General Data Protection Regulation 2016 – by means of computers operated by specifically responsible personnel. These data are used by the Publisher to mail this publication. In accordance with Art. 7 of the above mentioned DLgs, 30 June 2003, n. 196, subscribers can, at any time, view, change or delete their personal data or withdraw their use by writing to Pacini Editore S.r.L. – Via A. Gherardesca 1, 56121 Ospedaletto (Pisa), Italy. For further information refer to the website: http://www.pacinieditore.it/privacy/
Cookie
Che cos’è un cookie e a cosa serve?
Un cookie e una piccola stringa di testo che un sito invia al browser e salva sul tuo computer quando visiti dei siti internet. I cookie sono utilizzati per far funzionare i siti web in maniera più efficiente, per migliorarne le prestazioni, ma anche per fornire informazioni ai proprietari del sito.
Che tipo di cookie utilizza il nostro sito e a quale scopo? Il nostro sito utilizza diversi tipi di cookie ognuno dei quali ha una funzione specifica, come indicato di seguito:
TIPI DI COOKIE
Cookie di navigazione
Questi cookie permettono al sito di funzionare correttamente sono usati per raccogliere informazioni su come i visitatori usano il sito. Questa informazione viene usata per compilare report e aiutarci a migliorare il sito. I cookie raccolgono informazioni in maniera anonima, incluso il numero di visitatori del sito, da dove i visitatori sono arrivati e le pagine che hanno visitato.
Cookie Analitici
Questi cookie sono utilizzati ad esempio da Google Analytics per elaborare analisi statistiche sulle modalità di navigazione degli utenti sul sito attraverso i computer o le applicazioni mobile, sul numero di pagine visitate o il numero di click effettuati su una pagina durante la navigazione di un sito.
Questi cookie sono utilizzati da società terze. L’uso di questi cookie normalmente non implica il trattamento di dati personali. I cookie di terze parti derivano da annunci di altri siti, ad esempio messaggi pubblicitari, presenti nel sito Web visualizzato. Possono essere utilizzati per registrare l’utilizzo del sito Web a scopo di marketing.
Come posso disabilitare i cookie?
La maggior parte dei browser (Internet Explorer, Firefox, etc.) sono configurati per accettare i cookie. Tuttavia, la maggior parte dei browser permette di controllare e anche disabilitare i cookie attraverso le impostazioni del browser. Ti ricordiamo però che disabilitare i cookie di navigazione o quelli funzionali può causare il malfunzionamento del sito e/o limitare il servizio offerto.
Per avere maggiori informazioni
l titolare del trattamento è Pacini Editore Srl con sede in via della Gherardesca n 1 – Pisa.
Potete scrivere al responsabile del trattamento Responsabile Privacy, al seguente indirizzo email rlenzini@pacinieditore.it per avere maggiori informazioni e per esercitare i seguenti diritti stabiliti dall’art. 7, D. lgs 196/2003: (i) diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali riguardanti l’interessato e la loro comunicazione, l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge; (ii) diritto di ottenere gli estremi identificativi del titolare nonché l’elenco aggiornato dei responsabili e di tutti i soggetti cui i suoi dati sono comunicati; (iii) diritto di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati relativi all’interessato, a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazioni commerciali.
Per modificare le impostazioni, segui il procedimento indicato dai vari browser che trovi alle voci “Opzioni” o “Preferenze”.
Per saperne di più riguardo ai cookie leggi la normativa.
Brevi note sulla nomofilachia nei cento anni della Cassazione unitaria
Di Giuseppe Miccolis -
Sommario: 1. La funzione nomofilattica della Cassazione prima della soppressione delle Corti regionali – 2. La riforma del 1923 – 3. L’art. 65, primo comma, della legge sull’Ordinamento giudiziario e la consacrazione della funzione nomofilattica della Cassazione – 4. La Costituzione, l’art. 111 e la conservazione della unitarietà della Corte – 5. Il codice del 1940 e la convivenza tra le due funzioni della Corte – 6. La crisi della Cassazione e le riforme susseguitesi dal 2006 – 7. L’implementazione della funzione nomofilattica con il nuovo art. 363 bis c.p.c.
1.La funzione nomofilattica della Cassazione prima della soppressione delle Corti regionali
La Corte di cassazione non nacque con lo scopo di esercitare la funzione nomofilattica. Il Tribunale de cassation è nato in Francia nel 1790, all’indomani della Rivoluzione, quale longa manus del potere legislativo, per il controllo sul potere giudiziario, che, ancora legato all’ancien régime, avrebbe potuto, attraverso l’interpretazione delle nuove leggi, vanificare il vento nuovo portato dalla Rivoluzione[1].
Successivamente la Cassazione, pur rientrando nei ranghi della giurisdizione (Court de cassation), non cambiò la sua funzione originaria, limitandosi a cassare la sentenza contra legem del giudice di merito, senza esprimere l’interpretazione corretta o il “principio di diritto” a cui oggi il giudice di merito deve conformarsi[2].
In quest’ultima connotazione, la Cassazione è stata importata in Italia negli Stati preunitari.
Dopo l’Unità d’Italia sopravvissero le quattro corti c.d. regionali (Torino, Firenze, Napoli, Palermo), a cui si è aggiunta nel 1875 la Corte romana, che aveva una limitatissima competenza esclusiva extraterritoriale (in materia di procedimenti disciplinari per i magistrati)[3].
L’art. 122 r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626 (prima legge sull’Ordinamento giudiziario dell’Italia unita) prevedeva soltanto che «La corte di cassazione è istituita per mantenere l’esatta osservanza delle leggi». Il che diceva tutto e non diceva nulla, giacché tutti i giudici dovrebbero assolvere a questa funzione. Osservava Calamandrei che questa, più che una definizione, è ciò che il legislatore si aspetta dalla Cassazione: è come dire che i Tribunali sono istituiti per dare giustizia[4]. In tale definizione non v’è ancora traccia del riconoscimento della funzione nomofilattica esercitata della Corte di cassazione.
Del resto con le corti regionali la funzione nomofilattica, ossia «l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale», avrebbe potuto essere assicurata solo da una ulteriore corte sovraordinata.
Nel 1877 nacquero le sezioni unite presso la Cassazione romana, che, costituendo un organo sovraordinato, avrebbe potuto esercitare la funzione nomofilattica di uniformare l’interpretazione della legge su tutto il territorio nazionale. Sennonché in quell’epoca Calamandrei non era ancora nato e ben altri erano i problemi che l’unificazione stava ponendo. Infatti, alle sezioni unite, al fine, appunto, di risolvere questi altri problemi, furono, con la l. 31 marzo 1877, n. 3761, attribuite soltanto le questioni di giurisdizione ed in particolare quelle relative ai conflitti di attribuzione tra autorità giudiziaria e pubblica amministrazione, che nulla hanno a che vedere con la funzione nomofilattica. L’obiettivo specifico era quello di attribuire alle sezioni unite, vicine alla neonata governance italiana, il potere, per il tramite della dichiarazione del difetto di giurisdizione in favore della pubblica amministrazione, di definire il processo nel merito negando all’attore il diritto. Ciò determinò un ritorno alle origini della Cassazione, giustificato dalle medesime ragioni che avevano portato alla nascita nel 1790 del Tribunale del cassation, quale organo di controllo sul potere giudiziario ancora legato all’ancien régime. Basti considerare le ragioni politiche, prima che giuridiche, che furono addotte per giustificare l’introduzione, con la legge del 1877, del mezzo straordinario e preventivo, riprodotto, poi, nel codice del 1940, negli artt. 41, secondo comma e 368 c.p.c., fortemente “caldeggiato” da Pasquale Stanislao Mancini che prevalse sul giurista Giuseppe Mantellini, nonostante la strenua opposizione di questo[5], al fine di sottrarre alle corti regionali, soprattutto del Sud Italia legate al latifondismo locale, le cause risarcitorie che avrebbero potuto determinare il “default” del neonato Stato unitario[6]. Ciononostante, questa legge determinò un passo avanti rispetto alla disciplina precedente regolata dalla l. 20 novembre 1859, n. 3780, che, sopravvissuta in forza dell’art. 13 l. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, risolveva i conflitti di attribuzione, affidando alla stessa pubblica amministrazione il potere di decidere se si fosse trattato di un diritto politico o civile[7].
Con la l. 6 dicembre 1888, n. 5825 furono ampliate le attribuzioni alle sezioni unite, ma si era sempre lontani dall’organo deputato a presidio della uniforme interpretazione della legge su tutto il territorio nazionale.
Peraltro, la Cassazione nemmeno vincolava, almeno in prima battuta, il giudice del rinvio, come oggi avviene ai sensi del citato art. 384, secondo comma, c.p.c. Il meccanismo prevedeva che il giudice del rinvio non fosse vincolato a quanto statuito dalla Corte regionale. Avverso la sentenza che non si era uniformata alla Corte regionale era possibile ricorrere alle sezioni unite romane (giudice di quinta istanza) che, in caso di cassazione della sentenza, avrebbero vincolato il giudice del secondo rinvio, che «… se eventualmente nell’uniformarsi incorreva in qualche diverso errore di diritto, di nuovo questa sentenza era impugnabile dinanzi alla Cassazione regionale, e la trafila ricominciava …»[8].
2.La riforma del 1923
Il r.d. 24 marzo 1923, n. 601, con efficacia dal 1° novembre successivo, abolì le quattro corti regionali. Conseguentemente al vertice della “catena giudiziaria” rimase la unica Corte di cassazione con sede in Roma, ancorché articolata nelle sezioni semplici e nelle sezioni unite.
«Mussolini, dunque, in pochi mesi riuscì a fare quello che non si era riusciti a fare in sessant’anni, sopprimere, per di più in un sol colpo, quattro corti di cassazione e, soprattutto, degradare, ancorché sull’altare della nomofilachia, quattro primi presidenti e quattro procuratori generali»[9].
Nello stesso anno con una «infame norma ad personam»[10] (art. 3, secondo comma, r.d. 3 maggio 1923, n. 1028), furono messi a riposo d’ufficio tutti i primi presidenti e i procuratori generali delle Corti di cassazione (non solo di quelle soppresse), che, però, dal 1° novembre sarebbero stati solo quelli della unica Cassazione del Regno, ossia rispettivamente gli “scomodi” Lodovico Mortara (figlio del Rabbino di Mantova) e Raffaele De Notaristefani (noto antifascista).
È assai probabile, quindi, che l’affermazione della funzione nomofilattica non fu lo scopo primario della unificazione della Corte di cassazione, giacché l’art. 61 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2786 riprodusse integralmente l’ambiguo testo del precedente art. 122 r.d. 6 dicembre 1865, n. 2626, con la sola aggiunta che «ed è unica per tutto il regno, con sede in Roma», senza alcun riferimento alla naturale funzione nomofilattica che la Corte romana, in quanto, appunto, «unica per tutto il regno», era naturalmente destinata a svolgere.
Come è stato esattamente osservato, questa noncuranza verso la funzione nomofilattica della Corte suprema, anche dopo l’abrogazione delle corti regionali, è comprensibile considerando la funzione originaria della Cassazione[11]. Peraltro, nel 1923 Calamandrei, poco più che trentenne, nonostante avesse tre anni prima pubblicato i due volumi de La Cassazione civile, aveva un peso ed un’autorevolezza che non erano certamente quelli di cui avrebbe goduto quindici anni dopo.
3.L’art. 65, primo comma, della legge sull’Ordinamento giudiziario e la consacrazione della funzione nomofilattica della Cassazione
Il riconoscimento giuridico della funzione nomofilattica della Cassazione giunse con l’art. 65, primo comma, r.d. 30 gennaio 1941, n.12, T.U. sull’Ordinamento giudiziario, tutt’ora in vigore, in virtù del quale «la corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza della legge e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale»[12].
Si fa “verbo” l’idea di Calamandrei, «autorevole ma anche (almeno allora) non poco sensibile al clima autoritario»[13], tanto da avere il compito di scrivere la Relazione al Re al codice di procedura civile, firmata dall’allora Guardasigilli Dino Grandi[14].
Questa disposizione indica le due anime della funzione della Corte di cassazione: quella di assicurare, per il passato, l’esatta osservanza delle leggi sì da evitare che l’ordinamento e le parti subiscano, da parte dei giudici di merito, decisioni contra legem e, per il futuro, una guida interpretativa unitaria offerta non solo ai giudici, ma anche a tutti gli altri operatori del diritto.
Del resto, la Corte di cassazione, dal momento in cui è unica ed è il giudice dell’ultima istanza, svolge la doppia funzione: quella attinente allo ius litigatoris, diretta a valutare, nella fattispecie concreta, la corretta applicazione e interpretazione della norma di legge da parte del giudice di merito, pronunciando, appunto, l’ultima parola su chi ha torto e chi ha ragione nel caso sottoposto alla sua attenzione, e quella attinente allo ius constitutionis, mediante la pronuncia del principio di diritto, ossia quella attinente alla funzione nomofilattica[15].
4.La Costituzione, l’art. 111 e la conservazione della unitarietà della Corte
I nostri Padri costituenti, nelle discussioni sull’art. 102, poi diventato art. 111, secondo comma ed oggi settimo comma, Cost., si posero la questione se ripristinare, oppure no, le cassazioni regionali. La unitarietà della Cassazione scontava il peccato originario, ossia la paternità di Mussolini. Infatti, da una parte, per il ripristino delle cassazioni regionali, era schierato in prima fila Palmiro Togliatti, mentre, dall’altra, per il mantenimento della unitarietà della Cassazione, è facile intuire, in veste, questa volta di Padre costituente, era schierato in primissima fila Piero Calamandrei. Nell’adunanza del 27 novembre 1947 dell’Assemblea costituente, è memorabile l’accorata difesa di Calamandrei per la unicità della Cassazione, il quale, nel “rimpiangere” ironicamente il periodo della Cassazione fiorentina, raccontava che questa teneva una udienza settimanale in cui si discuteva un solo ricorso, per il quale gli avvocati erano costretti a discutere per almeno tre ore per non arrecare dispiacere ai giudici, i quali, altrimenti, avrebbero dovuto ritornare a casa troppo presto; ma poi tuona, di certo non ironicamente, affermando che «voler parlare di una Cassazione plurima è una mostruosità!» e che sarebbe stato meglio piuttosto abolire la Cassazione, rinunciando alla nomofilachia, che renderla plurima[16].
Per fortuna, ma in realtà “non vi fu partita”, prevalse Calamandrei[17].
Risolta tale querelle restava il nodo della impugnabilità in Cassazione non solo di tutte le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari, ma anche di tutte quelle pronunciate dagli organi giurisdizionali “speciali”. La questione fu risolta, come è noto, con l’inserimento, nell’attuale settimo comma dell’art. 111, delle sentenze pronunciate dai giudici speciali, ma con la limitazione, posta dall’attuale ottavo comma, per Consiglio di Stato e Corte dei conti alle “decisioni” per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Di certo allora nessuno avrebbe mai potuto immaginare la crescita esponenziale del contenzioso in Cassazione degli anni successivi e soprattutto le conseguenze disastrose dell’inserimento dell’inciso «o speciali» nel settimo comma, che ha determinato, come tutti sanno, l’invasione dal 1992[18], dopo 44 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, dei ricorsi tributari; conseguenze disastrose solo parzialmente mitigate dalla istituzione nel 1999 della V Sezione della Corte dedicata, appunto, ai ricorsi tributari. Fatto sta che oggi questi intasano per oltre il 50% i ruoli della Cassazione civile.
5.Il codice del 1940 e la convivenza tra le due funzioni della Corte
Il codice del 1940, contestuale al r.d. n. 12 del 1941, che, come si è detto, ha consacrato la funzione nomofilattica della Cassazione, contiene, almeno sino alla riforma del 2006, solo qualche riferimento a tale funzione. Le uniche tracce erano contenute negli artt. 363, 374, secondo comma e 142 disp. att. c.p.c. Il codice del 1940 introdusse, però, l’efficacia vincolante per il giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., del principio di diritto enunciato dalla Corte unitamente alla cassazione della sentenza.
Pertanto, nonostante fossero oramai trascorsi quasi vent’anni dalla istituzione della Cassazione unitaria e l’autorevolezza di Piero Calamandrei, non vi fu una vera e propria “spinta” normativa sulla funzione nomofilattica della Cassazione, che è, comunque, esercitata naturalmente in quanto unitaria e posta al vertice della “catena giudiziaria” [19]. Tanto è vero che l’art. 363 c.p.c., intitolato “Ricorso nell’interesse della legge” è rimasta sino al 2006 una norma pressoché inutilizzata. L’art. 374, secondo comma, c.p.c. (non modificato dalla riforma del 2006) affida, come è giusto che sia, la funzione nomofilattica alle sezioni unite, soprattutto allorché vi è contrasto tra le sezioni semplici.
Il che trova piena conferma nell’art. 142 disp att. c.p.c., in virtù del quale, prima della riforma del 2006, nell’ipotesi in cui non tutte le questioni trattate fossero di “competenza” delle sezioni unite, era necessaria la doppia decisione, quasi a non volere contaminare la decisione nomofilattica delle sezioni unite, con le questioni di “competenza” delle sezioni semplici. Sennonché in virtù di una saggia prassi[20], anche prima della riforma del 2006, le sezioni unite decidevano sempre il ricorso interamente.
6.La crisi della Cassazione e le riforme susseguitesi dal 2006
La crisi della giustizia civile determinata dall’elevato numero di giudizi pendenti non può che riflettersi, per il tramite dell’art. 111, settimo comma, Cost., nella crisi della Cassazione, che, conseguentemente, è costretta a “cimentarsi” con un numero elevatissimo di ricorsi, anche bagatellari.
Come detto, un grosso contribuito alla crisi della Cassazione è dato dall’inserimento nel settimo comma dell’art. 111 Cost. dell’inciso «o speciali» che causa l’intasamento dei ruoli con i ricorsi avverso le decisioni delle Commissioni tributarie regionali, pari ad oltre il 50% dell’intero contenzioso in Cassazione. Un discreto contributo l’ha dato anche l’interpretazione offerta in passato dalla stessa Cassazione che, nella stagione in cui la crisi della giustizia civile non “mordeva” e il numero delle cause pendenti in Cassazione era evidentemente ancora tollerabile, ha aperto a larghe maglie il ricorso ex art. 111 Cost. anche per l’impugnazione di provvedimenti non targati “sentenza”, dilatando il concetto di natura decisoria e definitiva del provvedimento[21].
Sennonché la funzione nomofilattica esercitata dalla Corte suprema può essere naturalmente assicurata da un’impugnazione straordinaria, all’interno di un “tempio” composto da venti “sacerdoti” che indicano la via “spirituale”[22], non già, come nel nostro caso, da un’impugnazione ordinaria costituzionalmente garantita per tutte le sentenze, nella forma e nella sostanza, all’interno di una ”fabbrica” con circa 180 addetti alla “catena di montaggio” che pronunciano circa 33/34.000 provvedimenti all’anno.
Pertanto, l’esigenza di consentire alla Corte suprema di esercitare regolarmente la funzione nomofilattica, ha costituito il leit motiv delle riforme susseguitesi dal 2006 in poi, che, senza intaccare il settimo comma dell’art. 111 Cost, hanno partorito l’art. 366 bis prima e, con l’abrogazione di questo, l’art. 360 bis dopo; il potenziamento dell’art. 363, con la riscrittura del primo comma, che evidentemente, l’ha svegliato dopo 65 anni di torpore, l’inserimento dell’”odioso” terzo comma; il terzo comma dell’art. 374 e la rimodulazione dell’art. 142 bis disp. att.; l’inserimento dell’art. 420 bis, pressoché inutilizzato.
Sennonché dietro la “bandiera” della funzione nomofilattica, la Cassazione ha anche legittimato la rigidissima interpretazione, per l’ammissibilità del ricorso, in merito ai requisiti minimi del “quesito di diritto” e, abrogato questo, in merito ai requisiti minimi del ricorso per il rispetto della regola dell’autosufficienza. Sempre nell’esercizio della funzione nomofilattica la Cassazione era solita “apporre la ciliegina sulla torta dell’inammissibilità del ricorso” con la pronuncia del principio di diritto ai sensi dell’art. 363, terzo comma, c.p.c., semmai da parte della sezione semplice, nonostante il presupposto per l’applicazione della norma è che la “questione decisa” sia “di particolare importanza”. Giova precisare che quella “stagione” è oramai, per fortuna, alle spalle.
A fronte di questa “valorizzazione” e implementazione della funzione nomofilattica non vi è stato un corrispondente pieno affidamento di tale funzione, come è giusto che sia, alle sezioni unite, se si eccettua il terzo comma dell’art. 374 c.p.c.
Basti soltanto considerare le acrobazie terminologiche contenute nelle disposizioni normative per differenziare fattispecie sostanzialmente del tutto assimilabili, per le quali le sezioni unite sono, chiamate a decidere se il ricorso presenta «una questione di massima di particolare importanza» (art. 374, secondo comma, c.p.c.), mentre non lo sono necessariamente «quando la questione di diritto è di particolare rilevanza» (art. 375, primo comma, c.p.c. dopo la riforma Cartabia e prima di questa secondo comma), giacché in questa ipotesi sia le sezioni unite, sia la sezione semplice deve fissare l’udienza di discussione, o quando «la questione è di particolare importanza» (art. 363, terzo comma, c.p.c.), in cui, in caso di inammissibilità del ricorso, anche la sezione semplice può enunciare il principio di diritto in funzione nomofilattica. Occorre rilevare che in quest’ultima ipotesi, ossia in quella disciplinata dall’art. 363, terzo comma, c.p.c., la Corte enuncia il principio di diritto solo in funzione nomofilattica e solo quando, appunto, la «questione è di particolare importanza». è Bascorrere i repertori per rendersi conto che le pronunce ai sensi dell’art. 363, terzo comma, c.p.c. delle sezioni semplici sono ben superiori a quelle delle sezioni unite[23].
Ne consegue che la bandiera della “funzione nomofilattica” è ben sventolata quando serve ad alzare le barriere di ingresso, ma poi è spesso ammainata quando deve regolare il funzionamento interno della Corte[24].
7.L’implementazione della funzione nomofilattica con il nuovo art. 363 bisp.c.
La riforma Cartabia ha introdotto il rinvio pregiudiziale da parte del giudice di merito alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione di diritto quando questa: a) è necessaria per la risoluzione anche parziale del giudizio ed è inedita, ossia non è stata ancora risolta in cassazione; b) presenta gravi difficoltà interpretative; c) è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
È questa sicuramente una norma diretta a favorire la funzione nomofilattica della Corte, con le controindicazioni della sospensione del giudizio a quo e dell’inevitabile incremento dei ricorsi[25].
La norma, sin dalla legge delega, è stata accolta con favore[26], anche dalla Corte[27].
Questo nuovo istituto non può essere paragonato a quello previsto dall’art. 420 bis c.p.c. per l’interpretazione dei contratti collettivi, peraltro scarsamente utilizzato, in quanto in quest’ultimo istituto la Cassazione interviene sempre in via di impugnazione proposta dalla parte avverso la sentenza pronunciata in limine litis sulla questione pregiudiziale.
Il nuovo rinvio pregiudiziale costituisce una ulteriore ingerenza del giudice nell’attività tipica della parte quale ordinaria fonte di approvvigionamento del materiale con il quale la Corte suprema esercita la funzione nomofilattica.
La Corte di cassazione esercita normalmente, quale organo supremo e unitario della giustizia, la funzione nomofilattica, non in limine litis, ma alla fine del processo, dopo che hanno “parlato” addirittura ben nove stakeholders (due avvocati e un giudice in primo grado, due avvocati e un giudice in secondo grado, due avvocati e un procuratore generale in Cassazione). Per il corretto esercizio della funzione nomofilattica, il giudizio, soprattutto quando la questione in oggetto è inedita, presenta gravi difficoltà interpretative ed è destinata ad essere ripetitiva, deve percorrere l’intero tragitto nei gradi di merito, con il “fatto” sempre a fianco[28]. Il lavoro svolto nelle precedenti fasi di merito, da giudici e avvocati, è preziosissimo per la Cassazione, e funziona anche quale brain storming per la decisione e l’enunciazione del principio di dirittoPer contro, forse, il rinvio pregiudiziale avrebbe potuto avere una qualche utilità nel caso in cui sulla questione di diritto vi sia contrasto nella giurisprudenza della Cassazione; ossia nel caso in cui la fattispecie rientri nella prima delle due ipotesi previste dall’art. 374, secondo comma, c.p.c. In tale caso, non si correrebbe il rischio di rimettere «le gravi difficoltà interpretative», come dice Giorgio Costantino, «all’estro del singolo magistrato», ma queste sarebbero oggettive tanto che le sezioni semplici (o addirittura due collegi della stessa sezione) hanno offerto due diverse interpretazioni.
In tale ultima ipotesi, qualora il rinvio pregiudiziale sia stato preceduto dalla rimessione della stessa questione di diritto in altra causa alle sezioni unite da parte del Primo presidente ai sensi dell’art. 374, secondo comma, c.p.c., quest’ultimo restituirà prontamente la causa al giudice a quo, il quale, semmai, sospenderà di fatto la decisione in attesa della pronuncia delle sezioni unite. Nel caso in cui la questione non è ancora stata rimessa alle sezioni unite, il giudice con il rinvio pregiudiziale anticipa la rimessione, per favorire e accelerare la decisione nomofilattica delle sezioni unite, indispensabile considerato il contrasto giurisprudenziale.
Un’ultima considerazione.
Appare legittimo sostenere che la decisione debba, in ogni caso, essere assunta dalle sezioni unite, nonostante l’art. 363 bis c.p.c. consenta al Primo presidente la possibilità di assegnare la questione alla sezione semplice[29]. Del resto, non v’è alcun dubbio che questo istituto nasce con il “marchio di qualità” della funzione nomofilattica. Non fosse altro per il presupposto delle «gravi difficoltà interpretative» che deve presentare la questioni di diritto. E chi meglio delle sezioni unite esercita tale funzione per appore un milestone soprattutto per questioni che si preannunciano “seriali” (termine coniato da Briguglio)?
Il rinvio pregiudiziale, considerato che implica un “costo” per la Corte suprema, che deve fare fronte a tali nuovi ingressi, e per il processo in corso, che subisce l’inevitabile sospensione necessaria, deve costituire un’ipotesi eccezionale, da impiegare quando la questione di diritto è di particolare importanza e quindi nell’ambito applicativo dell’art. 374, secondo comma, c.p.c.
Inoltre, l’affidamento alla sezione semplice potrebbe rivelarsi una inutile perdita di tempo. Basti considerare l’ipotesi in cui contemporaneamente la stessa questione di diritto sia trattata da una diversa sezione o diversa composizione del collegio della medesima sezione[30] e sia decisa diversamente[31], proprio considerando la grave difficoltà interpretativa. In tale caso la decisione nomofilattica nascerebbe già “zoppa” e necessiterebbe, appena nata, dell’intervento delle sezioni unite per dirimere il contrasto.
[1] P. Calamandrei, La Cassazione civile(Parte prima), ora in Opere giuridiche, VI, 1976, rist. Roma, 2019, 417 ss.
[2] V. C. Punzi, La Cassazione da custode dei custodi a novella fonte di diritto?, in Rivista di storia giuridica dell’età medioevale e moderna, http://www.historiaetius.eu – 1/2012 – paper 4.
[3] V. A. Briguglio, Appunti sulle sezioni unite civili, in Riv. dir. proc., 2015, 16 ss., spec. par. 2.
[4] P. Calamandrei, La Cassazione civile(Parte seconda), ora in Opere giuridiche, VII, cit., 20.
[5] Il Mantellini con riferimento all’art. 4 della legge, che corrisponde all’attuale art. 386 c.p.c., stigmatizza l’inserimento, avvenuto nel passaggio al Senato, dell’inciso «quando prosegua il giudizio», che avrebbe rischiato di attribuire alle ss.uu. il potere, per il tramite della questione di giurisdizione, di negare l’azione: v. G. Costantino, C’era una volta un re. Postilla a «Il giudice amministrativo come risorsa» di G. Montedoro ed E. Scoditti, in Questione giustizia, 2021, par. 3.
[6] V. l’ampio studio di Franco Cipriani con Il regolamento di giurisdizione, Napoli, prima edizione, 1977, 16 ss.
[7] G. Costantino, A. Carratta, G. Ruffini, Per la salvaguardia delle prerogative costituzionali della Corte di cassazione, in Foro it., 2018, V, 71 ss.
[8] Così P. Calamandrei nella discussione in Assemblea costituente sul progetto di Costituzione della Repubblica italiana riportato nei Verbali dell’Assemblea Costituente nella Seduta pomeridiana del 27 novembre 1947, 2576.
[9] Così F. Cipriani, Storie di processualisti e di oligarchi. La procedura civile nel regno d’Italia (1866 – 1936), Milano 1991, 235.
[11] Così A. Briguglio, Appunti sulle sezioni unite civili, cit., 20 s.
[12] V. E. Lupo, La funzione nomofilattica della Corte di cassazione e l’indipendenza funzionale del giudice, in Cass. pen., 2020, 911 ss.
[13] Così C. Consolo, La Cassazione multifunzionale nella compiuta globalizzazione socio-economica (diagnosi e prognosi progredienti, al di là del puro anelito di nomofilachia), in Questione giustizia, 2017, 23. V. anche F. Cipriani, Piero Calamandrei e la Procedura civile. Miti, leggende, interpretazioni, documenti, Napoli, 2007, 89 ss.
[15]V. M. Taruffo, La Corte di cassazione e la legge, in Il vertice ambiguo. Saggi sulla Cassazione civile, Bologna, 1991, 64 ss.; L. Passanante, Il precedente impossibile. Contributo allo studio di diritto giurisprudenziale nel processo civile, Torino, 2018. V. anche G. Scarselli, Sulla distinzione tra ius constitutionis e ius litigatoris, in Questione giustizia, 2017, http://questionegiustizia.it/articolo/sulla-distinzione-tra-ius-constitutionis-e-ius-litigatoris_13-01-2017.php. Sulla prevalenza dell’una o dell’altra funzione della Cassazione v. E. Scoditti, La nomofilachia naturale della Corte di cassazione. A proposito di un recente scritto sulla «deriva della Cassazione», in Foro it., 2019, V, 415 ss..
[16] V. i Verbali dell’Assemblea Costituente nella Seduta pomeridiana del 27 novembre 1947, rispettivamente pagg. 2575 ss. (per Calamandrei) e 2581 ss. (per Togliatti).
[17] Per risolvere la crisi della Cassazione determinata anche dal varco tenuto sempre spalancato dell’art. 111, settimo comma, Cost., vi è chi, sul presupposto dell’art. 23 dello Statuto speciale della Regione Siciliana, in virtù del quale «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione», attuato solo per il Consiglio di Stato, ha prospettato un ritorno alle Cassazioni regionali (cfr, in senso critico, Briguglio, Appunti sulle sezioni unite civili, cit., 41 ss.). Non sembra questa una soluzione condivisibile, senza necessariamente spingersi sino alle considerazioni formulate da Calamandrei in Assemblea costituente. Basti solo considerare che la crisi della giustizia civile coinvolge anche l’edilizia giudiziaria, che, oltre ad affrontare le problematiche inerenti all’allocazione dei tribunali e delle corti di merito, dovrebbe affrontare anche quella delle corti regionali di legittimità.
[19]V per tutti, con riferimento al valore del “precedente”, M. Taruffo, Dimensioni del precedente giudiziario, in Riv. trim. dir e proc. civ., 1994, 411 ss.; Id., Precedente e giurisprudenza, ibidem, 2007, 709 ss.; C. Consolo, Il valore del precedente tra interpretazione giuridica e scandaglio del fatto del caso concreto, in Diritto processuale amministrativo, 2018, 25 ss. (fasc. 1). V. anche l’ampio studio di L. Passanante, Il precedente impossibile, cit. V. anche G. Canzio, Le buone ragioni di un Memorandum, in Foro it., 2018, V, 66.
[20] A. Briguglio, Appunti sulle sezioni unite civili, cit., 40, definisce «salutare ed economico» la prassi di trattenere e decidere integralmente il ricorso.
[21]B. Sassani, La deriva della cassazione e il silenzio dei chierici, La deriva della cassazione e il silenzio dei chierici, in Riv. dir. proc., 2019, 43 ss. e in Judicium, 3 giugno 2019 cit. V. R. Tiscini, Il ricorso straordinario in Cassazione, Torino, 2005, 63 ss.
[23] V. il mio Nomofilachia, sezioni unite e “questione di particolare importanza”, in Questione giustizia, 2020.
[24] Cfr C. Consolo, La base partecipativa e la aspirazione alla nomofilachia, in Corr. giur., 2019, 1567 ss.
[25] B. Capponi, Prime note sul maxi-emendamento al d.d.l. n. 1662/S/XVIII, in Giustizia Insieme.
[26] P. Biavati, Note sul processo civile dopo l’emergenza sanitaria, in Giustizia Insieme; M Fabiani, Rinvio pregiudiziale alla corte di cassazione: una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, in Riv. dir. proc., 2022, 197 ss., che, però, propone una soluzione intermedia e più soft; A. Giusti, in La riforma della giustizia civile. Prospettive di attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, a cura di Giorgio Costantino, Bari, 2022, 254 ss.;.In senso decisamente negativo, G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in Giustizia insieme, 2021.
[27] R. Frasca, Considerazioni sulle proposte della commissione Luiso quanto al processo davanti alla Corte di cassazione, in Giustizia insieme, par. 8.; A. Mondini, Il rinvio pregiudiziale interpretativo introdotto dal nuovo art. 363 bis c.p.c., in La riforma del processo ciivile, Foro it. Gli Speciali, 2022, 247 ss; V. anche le perplessità di E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, in Questione giustizia fasc. n. 3, 2021, il quale pone alcune questioni che potrebbero manifestarsi sulla vincolatività della decisione della Corte per il giudice rimettente, non sempre equiparabile alla vincolatività di cui all’art. 384, secondo comma, c.p.c. V. sull’argomento anche A. Briguglio Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione, in Judicium, par. 7.
[28] Cfr G. Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in Judicium, par. 5.
[29] Cfr. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, cit., par. 4.
[30] Cfr. A. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione, cit., par. 9