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Banca dati di merito tra automatismo decisionale e umanità del diritto
Di Carmela Perago, Manila Orlando, Alessia Albanese -
Sommario: 1. Circolarità delle decisioni giudiziarie e deflazione del contenzioso: il ruolo del funzionario dell’Ufficio per il processo. I risultati del progetto StartUpp. – 2. Profili evolutivi dell’Ufficio per il Processo: da modello ideale a struttura organizzativa istituzionalizzata. – 3. Funzione ordinante delle nuove banche dati di giurisprudenza di merito tra intelligenza artificiale e capitale umano. – 4. Disfunzioni dei sistemi di archiviazione tradizionale. – 5. Linee guida per la redazione di abstract di provvedimenti di merito. – 6. Struttura dell’abstract. – 7. Banca dati di merito del Ministero della Giustizia.
1.Circolarità delle decisioni giudiziarie e deflazione del contenzioso: il ruolo del funzionario dell’Ufficio per il processo. I risultati del progetto StartUpp
La grande pressione della conflittualità privata sulla giurisdizione civile è un problema in tutte le democrazie occidentali, ma nel nostro Paese assume connotazioni di particolare gravità, in quanto la nota lentezza della risposta giudiziale alla domanda di giustizia rappresenta non solo un serio ostacolo alla realizzazione dei diritti controversi, ma si traduce, nelle ipotesi di small claims, in un motivo di allontanamento dalla giurisdizione.
Al problema della durata si aggiunge il problema del costo dei processi: il costo medio sopportato dalle imprese italiane rappresenta circa il 30% del valore della controversia stessa, a fronte del 19% della media OCSE.
Il problema dei costi e della durata dei processi rappresenta quindi quella che gli economisti definiscono una delle “esternalità negative” per lo sviluppo del nostro Paese e della nostra economia. Le esternalità negative individuano fattori di inefficienza del mercato ed hanno anche un impatto negativo sul benessere generale dell’intera collettività. «Il funzionamento della giustizia civile, oltre a essere un fattore essenziale di tutela dei diritti e delle persone, soprattutto quelle più deboli, ha importanti riflessi sull’economia. La letteratura empirica ha fornito ampia evidenza del fatto che una giustizia efficiente, garantendo la protezione dei diritti di proprietà e la tutela dei contratti, favorisce l’accumulazione di capitale, il finanziamento delle imprese, l’efficiente allocazione delle risorse e, in ultima analisi, la competitività e il potenziale di crescita di un territorio»[1].
I dati divulgati dalla Commissione europea per l’efficacia della giustizia (la “CEPEJ”, istituita in seno al Consiglio d’Europa) hanno confermato la condizione non ottimale in cui versa il nostro sistema: nel contesto di 45 paesi europei, l’Italia resta il fanalino di coda per durata dei processi civili. Le rilevazioni – rese disponibili a fine 2020, ma relative all’anno 2018 (e, quindi, in un periodo antecedente alla pandemia e al lockdown) – hanno evidenziato che una causa civile dura mediamente, in Italia, più di sette anni e tre mesi nei suoi tre gradi di giudizio (2.655 giorni), a fronte di una durata pari a circa quattro anni e tre mesi in Grecia (1.552 giorni), tre anni e quattro mesi in Francia (1.221 giorni) e in Spagna (1.238 giorni), un anno e mezzo in Romania (530 giorni), un anno in Svezia (377 giorni), appena nove mesi e mezzo in Portogallo (285 giorni).
Non è un caso che la Commissione Europea nell’ambito del Recovery Fund, ribattezzato “Next generation Eu” abbia rivolto all’Italia quattro raccomandazioni specifiche 1) intervenire sul sistema sanitario; 2) intervenire sul mondo del lavoro per garantire un’adeguata protezione dei lavoratori, in particolare degli atipici, ma anche mettendo in campo politiche attive; 3) rafforzare l’insegnamento e le competenze a distanza, incluse quelle digitali; assicurare l’applicazione delle misure che forniscono liquidità all’economia reale; 4) migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficienza della pubblica amministrazione.
All’ambizioso progetto di riforme, noto come Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è seguita l’approvazione della legge di riforma del processo civile, penale, nonché la istituzione dell’UPP (Ufficio per il processo).
Il percorso di transizione che vede quale protagonista il sistema giudiziario nel suo complesso costituisce il leitmotiv di una serie di azioni intraprese dal Ministero della Giustizia con l’obiettivo di contribuire al rafforzamento della capacità organizzativa e funzionale degli uffici giudiziari e al potenziamento delle infrastrutture digitali che consentano l’efficiente gestione delle attività processuali e la riduzione del tempo del giudizio, che oggi continua a registrare medie del tutto inadeguate. Tra queste rientra il finanziamento del progetto StartUpp “Modelli, sistemi e competenze per l’implementazione dell’Ufficio per il Processo”, finanziato dal Ministero della Giustizia nell’ambito del PON Governance e capacità istituzionale Asse I – Obiettivo specifico 1.4 – Azione 1.4.1 “Azioni di miglioramento dell’efficienza e delle prestazioni degli Uffici Giudiziari attraverso l’innovazione tecnologica, il supporto organizzativo alla informatizzazione e telematizzazione degli Uffici Giudiziari, disseminazione di specifiche innovazioni e supporto all’attivazione di interventi di changemenagement”. Il progetto si è caratterizzato per i seguenti driver e strumenti di progettazione: chance management, innovazione diffusa, approccio multidisciplinare. Considerata l’ampiezza della macroarea di intervento[2], esso è stato condotto in partenariato tra l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro (capofila), Politecnico di Bari, Università del Salento, Università della Calabria, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro, Università di Foggia, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Università di Salerno. La creazione di una community professionale interdisciplinare (giuristi, economisti, aziendalisti, ingegneri informatici e gestionali) ha consentito approfondimenti tematici e la condivisione di strumenti operativi, casi di studio, know-how, in condivisione con i referenti degli UU.GG., al fine di suggerire l’innovazione organizzativa più idonea a supportare l’Ufficio per il Processo nelle sezioni civili e lo sviluppo di nuove prassi di lavoro per favorire efficaci sinergie operative tra i magistrati e la nuova figura di funzionario destinato all’Ufficio per il Processo, e di modelli stabili di cooperazione all’interno dell’UPP.
Le interlocuzioni con i magistrati hanno messo in luce la necessità di attivare applicativi idonei a supportare una banca dati per le sentenze di merito del Distretto, che non fosse solo un repository, ma permettesse una efficace ricerca dei precedenti decisi nel contesto locale, creando le premesse per una circolarità delle decisioni, nel superamento del “monadismo” giudiziario, che si sostituisse allo scambio volontaristico tra colleghi o alla pubblicazione sulla rivista di settore. Si è dato avvio, quindi, al cantiere sulla “massimazione” che è stato diretto dalla Task Force dell’Università del Salento.
Il prototipo proposto persegue tre obiettivi: 1) affidamento all’UPP – in linea con il d. lgs. 151/2022 – della redazione di abstract che mettano in evidenza anche la quaestio facti; 2) conseguente intercettazione delle cause seriali, che dando origine ad un contenzioso massivo, si prestano a decisioni contrastanti anche in secondo grado; la consultazione degli abstract, oltre ad evitare le questioni legate alla involontaria diffusione di dati sensibili, realizza la trasparenza delle decisioni e la loro potenziale prevedibilità, innescando un positivo circuito utile alla deflazione; 3) individuazione di cause “mediabili” attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento (artt. 185, 185 bis c.p.c. e mediazione demandata).
Le tecnologie e i software proposti sono, così, veramente al servizio dell’istituzione giudiziaria, poiché da essa controllati, evitando il pericolo di derive “predittive” che limitino lo ius dicere. Come si vedrà nei prossimi paragrafi, negli UU.GG. di Taranto e di Lecce nel corso dello scorso anno, si è sperimentata sia una nuova metodologia organizzativa, in cui alcuni funzionari sono stati indirizzati allo specifico studio dei fascicoli e alla individuazione delle cause seriali, sia una formazione specifica che li ha resi autonomi nella redazione degli abstract. Un modello ideale in grado di supportare le continue sfide vissute dagli uffici giudiziari per una giustizia sostenibile e di prossimità.
2.Profili evolutivi dell’Ufficio per il Processo: da modello ideale a struttura organizzativa istituzionalizzata
Muovendo dalla premessa, la storia dell’Ufficio per il Processo è sicuramente da inquadrare nella ostinata ricerca, in un momento storico di grande difficoltà, di una giustizia civile efficiente, in grado di informare a correttezza e a legalità tanto i rapporti sociali, tanto quelli economici. Ne è prova la sua evoluzione[3]: essa, seppur segnata da tappe di tendenza eterogenea influenzate dal sentimento sociale e politico del momento, si è sempre mossa, nell’ottica di un ripensamento dell’assetto organizzativo delle sedi giudiziarie, sul binomio ‘innovazione tecnologica – qualità della giustizia’, ai fini dell’attuazione del principio della ragionevole durata del processo[4]. Al fondo, il convincimento che il lavoro solitario del magistrato, chiamato a svolgere una robusta mole di incombenze talvolta poco afferente alla relativa professionalità, è tra le possibili cause del rallentamento della macchina giudiziaria, in parte risolvibile proprio attraverso una conduzione partecipata delle attività del medesimo[5].
In origine, già a partire dagli anni ‘80, la ricerca di uno strumento di supporto all’attività giurisdizionale, ispirata ai modelli virtuosi di organizzazione giudiziaria presenti negli ordinamenti stranieri, è stata al centro di una proficua quanto incompiuta riflessione[6]. L’Upp vede i suoi timidi natali solo nel 2014, ad opera dell’art. 50 del d.l. n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, il quale ha inserito nel corpo del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, l’art. 16 octies[7], rimasto tuttavia pressoché inapplicato per carenza di fondi e di risorse utili alla sua attuazione[8]. Il disegno rinnovatore prende forma con il d.lgs. n. 116 del 2017, che ha previsto l’impiego dei giudici onorari di pace all’Upp declinandone le funzioni tra quelle di supporto all’attività dei giudici togati e quelle propriamente giurisdizionali su delega di questi ultimi[9]. Lo strumento, tuttavia, ancora non riceveva una sua dignità strutturale ed organica, della quale invece si è compiutamente occupato il d.l. n. 80 del 2021, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2021, n. 113 (c.d. Decreto reclutamento), che, nel perseguire gli obiettivi del PNRR[10], ha previsto la figura degli “addetti all’Ufficio per il processo” ed il reclutamento di personale amministrativo da adibire a simile ruolo per la riduzione dell’arretrato[11]. Il perfezionamento strutturale dell’istituto in parola è da ascrivere però al d.lgs. n. 151 del 2022, attuativo della l. delega n. 206 del 2021, il quale ha ripensato lo strumento dell’Ufficio per il Processo nella sua interezza, distinguendo l’Upp penale da quello civile, estendendo lo strumento anche alla Corte di Cassazione e costituendo l’ufficio spoglio, analisi e documentazione presso la Procura Generale della medesima Corte[12].
L’operazione chirurgica in atto volta a svecchiare il sistema giustizia e correggerne le storture, in un contesto di riforma che tiene ad avere quale promessa quella di condurre finalmente la nostra giustizia in Europa, deve necessariamente passare da un radicale ripensamento degli assetti organizzativi degli uffici che intervengono sul processo dall’esterno e dalla adozione di un programma di riassorbimento dell’arretrato presente in molti Distretti del territorio italiano. Si delinea così la nuova anima dell’UPP, di là da quelli che sono o saranno i suoi concreti risvolti pratici nella cornice della pressione restauratrice in corso nel nostro Paese.
Venendo ai caratteri propri dell’attuale Upp civile, esso sul piano organico si presenta variamente articolato, composto dai giudici onorari di pace per gli uffici costituiti presso i Tribunali e dai giudici ausiliari per quelli costituiti presso le Corti di Appello[13]; ancora, dai tirocinanti di cui all’art. 73 del d.l. 69 del 2013 e di cui all’art. 37, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011; non meno, dal personale di cancelleria; altresì, dagli addetti di cui all’art. 11 ss. del d.l. n. 80 del 2021 e di cui all’art. 1, commi 19 e 27, della l. 206 del 2021; nonché da ogni altra figura professionale istituita dalla legge per lo svolgimento di una o più attività previste dal d.lgs. n. 151 del 2022. Le richiamate professionalità devono essere assegnate agli Upp secondo un progetto organizzativo che volge al perseguimento degli obiettivi presupposti, tenendo conto dell’analisi dei flussi e delle criticità rilevate.
L’evidente potenziamento qualitativo del personale dà la misura della funzione della struttura in oggetto, concepita essenzialmente, si diceva, per l’accelerazione della macchina della giustizia e per lo smaltimento dell’arretrato. Per i compiti, infatti, l’art. 5 d.lgs. n. 151 del 2022, che ha recepito quanto espressamente in merito ha puntualizzato la legge delega[14], affida agli Upp istituiti presso i Tribunali ordinari e le Corti di Appello una serie di mansioni di natura promiscua, quali attività preparatorie e di supporto ai magistrati, di coordinamento tra l’operato delle cancellerie e i servizi amministrativi degli uffici giudiziari con i magistrati referenti, di monitoraggio e di progettazione organizzativa per incrementare la produttività dell’Ufficio ed abbattere l’arretrato, di supporto per l’utilizzo dei sistemi informativi, nonché di catalogazione e archiviazione dei provvedimenti dell’Ufficio, anche attraverso banche dati di giurisprudenza locale[15].
In specie sulla creazione di banche dati di merito occorre soffermarsi, quale obiettivo previsto dal PNRR, rispetto al quale l’Università del Salento, proprio in seno al Progetto Modelli sistemi e competenze per l’implementazione dell’Ufficio per il Processo – Star UPP, ha avuto un ruolo, come anticipato, decisivo. Più nello specifico, rilevante ai fini della catalogazione dei provvedimenti di merito si è mostrata l’attività di formazione predisposta per i Fupp afferenti agli Uffici costituiti presso il Distretto della Corte di Appello di Lecce, volta all’acquisizione di tecniche di redazione di buoni abstract di sentenze.
Il cantiere, pertanto, ha rappresentato un importante volano per la realizzazione degli obiettivi di cui al d.lgs. 151, nonché l’occasione per comprendere tramite il controllo esterno le debolezze della macchina operativa. La struttura e la funzione dell’attuale UPP, per come modellate dal legislatore nelle logiche dell’attuazione del principio della ragionevole durata del processo, hanno infatti reso necessario ed indispensabile un confronto tra Accademia e Magistratura per le soluzioni operative da adottare a fronte degli imput che la riforma pone. Per quanto il d.lgs. 151 ambisce ad elevarsi a disciplina primaria organica e completa della struttura in oggetto, esso si mostra carente in punto, ad esempio, di partizione dei compiti previsti dall’art. 5 del medesimo, caricando così il giudice referente di poteri di coordinamento e di supervisione che anziché accelerare immancabilmente rallentano l’attività giudiziaria[16]. A monte, si è potuto riscontrare poi che il personale precettato talvolta manca, suo malgrado, di competenze tecniche e di adeguata preparazione alle attività multiple che la legislazione vigente ad esso destina[17]. Nel lungo periodo, pertanto, per il buon funzionamento dell’UPP, il dialogo tra il Ministero e l’Università deve necessariamente intensificarsi affinché l’offerta formativa cui è chiamata la seconda sia in grado di conformarsi alle nuove esigenze che l’impatto riformista fa affiorare, rendendo efficiente il sistema per come congeniato. Ci si deve spingere anche oltre, come condiviso da taluna dottrina che costruisce la giurisdizione come bene comune[18], allargando l’interlocuzione e la partecipazione al raggiungimento degli obiettivi del PNRR ad altri utenti e protagonisti della vita giudiziaria: avvocatura, mondo produttivo e forze sociali. [19]
Fatte le dovute puntualizzazioni, si tratta di chiarire le finalità e le opportunità di una nuova banca dati di giurisprudenza di merito, non meno di interrogarsi sulle possibili ragioni del fallimento dei sistemi di archivio dei quali sono già dotati gli operatori giuridici.
3.Funzione ordinante delle nuove banche dati di giurisprudenza di merito tra intelligenza artificiale e capitale umano
Il convincimento è che la catalogazione e il recupero del cartaceo, trattati attraverso raffinati strumenti di digitalizzazione dei sistemi, si mostrano possibili soluzioni per deflazionare il contenzioso e accelerare la macchina della giustizia nei Tribunali e nelle Corti di merito. Niente di nuovo verrebbe da dire, eppure l’ambizione è che le nuove banche dati di giurisprudenza di merito affidate all’Upp si connotino di tratti distintivi del tutto peculiari rispetto a quelli propri delle equivalenti raccolte giuridiche in uso.
L’originalità della scelta di ‘ordinare’ le decisioni dei giudici di merito è ravvisabile nella volontà di introdurre esattamente un sistema di pubblicità ufficiale degli elaborati prodotti a livello locale che garantisca la circolazione interna ed esterna delle informazioni: tanto, in funzione da una parte della prevedibilità della decisione, in grado di orientare gli attori del processo nella consapevole attivazione dello strumento giudiziario, dall’altra della trasparenza dei pronunciamenti, che aiuta a determinare il giudice, a conoscenza degli esiti dell’impugnazione, circa l’opportunità o meno di perseguire soluzioni non condivise[20]. La prospettiva auspicabile è che si arrivi all’adozione di determinazioni omogenee e tempestive, senza che ciò comporti l’erosione del robusto confine tra automatismo decisionale e umanità del diritto. Lo schema, pertanto, sembrerebbe poter funzionare per la pronta e la spedita soluzione di fattispecie che, in quanto affini e ripetute nel tempo, possono costituire filoni casistici seriali.
La premessa è abbastanza chiara e, tutto sommato, condivisibile. Antecedenti alle osservazioni che precedono sono taluni postulati, alquanto banali, dai quali tuttavia occorre necessariamente prendere le mosse.
Il primo è che la sorpresa, il cambio di passo repentino della giurisprudenza di merito, delude l’affidamento incolpevole e illude il soccombente che ricerca un esito a lui benevolo in una sequenza di iniziative giudiziali compulsa e talvolta irrazionale[21]. Se tanto è, per usare un ossimoro, l’abuso del processo sarebbe valido esercizio di un diritto in quanto indotto dalla lusinghiera disomogeneità decisionale dei giudici di merito. Ne deriva che il colpevole delle disfunzioni interne al sistema giustizia è da ricercare altrove.
Secondo postulato, antecedente al primo, è che colpevole non può certamente essere il giudicante, il quale non dispone di un concetto astratto di giustizia da applicare per risolvere i conflitti; eppure egli dovrebbe quantomeno poter disporre di un parametro di riferimento certo per predicare legittimamente cosa sia giusto e cosa sbagliato. Manca il parametro.
Si potrebbe allora con una certa tranquillità affermare, come terzo e conseguente postulato, che la causa di tutti i mali sia in origine rinvenibile nella crisi della legge; detto meglio, nella frammentazione più che del diritto, oggettivamente disaggregato per la pluralità e la disorganicità delle fonti e dei poteri giusdicenti, del suo sapere[22]. Per quanto vi sia nel nostro diritto nazionale una robusta «ragione di unità nella Costituzione repubblicana, esso è inequivocabilmente penetrato dalle correnti del diritto europeo e spesso è surclassato dalla disciplina internazionale di fenomeni che non è in grado di regolare all’interno dei propri confini […]»[23]. È quindi ravvisabile una falda tra il sapere del diritto e le società civili[24]: il diritto nazionale perde la sua capacità regolatrice, in quanto esso «[…] non può dare misura a ciò che sta oltre le sue proprie frontiere»[25]. Le ragioni sono di facile intuizione: si indebolisce il collegamento tra normativa interna e tessuto sociale di afferenza, così il diritto diventa altro, ovvero diritto giurisprudenziale «del presente e al presente»[26], il quale più che affermare la prescrittività della legge si fa traduttore delle relative mutevolezza e precarietà[27].
Scoperto il colpevole, alle banche dati di giurisprudenza di merito è affidato il compito di ricostruire l’unità giuridica e di conferire stabilità all’interpretazione della fonte cui sono chiamate le istituzioni giudiziarie, così da consegnare alla norma gli originari caratteri suoi propri di affidamento e fissità regolativa per il futuro.
Giustizia predittiva, quindi, non certo quale sinonimo di giustizia robotica, ma di prevedibilità della decisione, baluardo della democraticità e della tutela dei diritti[28]. Beninteso, «non può essere confusa la prevedibilità delle decisioni, con la loro predizione: la prima, “vede” un futuro esito giudiziario della lite la cui realizzazione è tutta da costruire; la seconda – nella sua forma propria e più estrema – si sostituisce ad esso immediatamente, con ciò cancellandolo e negando i valori che gli sono sottesi»[29]. Per quanto sia più che legittimo chiedersi, a fronte dell’arbitrio e del personalismo decisionale, se «quello del giudice-automa sia un buon paradigma idealtipico da opporre»[30], almeno due ordini di ragioni depongono nel senso della insostituibilità. Innanzitutto, non è possibile replicare su calcolatore i meccanismi intellettuali propri della mente umana: l’algoritmo non si fonda su argomenti, ragionamenti e retorica, i quali invece inducono il giudice a scelte che sono il portato delle metamorfosi sociali e di costume di ogni società civile. In un sistema di automatismo decisionale il precedente, pertanto, perderebbe la sua funzione regolativa per diventare meccanico e ripetitivo, in quanto al di fuori del tempo e dello spazio della sua produzione[31]. Inoltre, affidarsi ai dati elaborati da una macchina per anelare all’economicità e alla rapidità del processo a discapito delle contrapposte e compresenti esigenze di garantismo ed efficienza di sistema attenderebbe inesorabilmente alla tenuta del nostro impianto costituzionale[32].
Ciò precisato per definire il campo di indagine, occorre dare risposta ai quesiti iniziali, ovvero cosa non funzioni negli archivi digitali di giurisprudenza in uso e quale sia il metodo sul quale dovrebbero poggiare le nuove banche dati di giurisprudenza di merito.
Con riguardo al primo interrogativo, rinviando al proseguo più dettagliate indicazioni tecniche, verrebbe di istinto da dire che i fallimenti delle catalogazioni in essere sono in parte ascrivibili all’eccesso di innovazione tecnologica: la produzione giurisprudenziale è oggi supportata ai fini conoscitivi da sistemi automatici che analizzano un insieme massivo di dati restituendo contenuti disponibili, raccolti attraverso formule statistico-matematiche, la rilevanza dei quali è graduata secondo la chiave di ricerca che si è inteso selezionare[33]. Più esattamente, la decisione archiviata si presenta disaggregata dalle altre e per l’effetto vive isolata nel sistema digitale in un tempo che si potrebbe definire zero: ciò, esattamente per l’estemporaneità del suo rinvenimento e per l’assenza di una sua adeguata contestualizzazione. In simili fattori è ravvisabile proprio il disorientamento di ciascun operatore giuridico che agisce e decide senza poter riporre affidamento nel precedente.
Le osservazioni che precedono hanno già in parte fornito risposta alla seconda domanda: la novità dei nuovi archivi risiede nel valorizzare esattamente il precedente, ovvero nel conferirgli autorevolezza, richiamandolo espressamente nel documento informatico per far emergere le continuità o le fratture decisionali[34]. I dati acquisiti al sistema si connotano così per un significato semantico aggregante, consegnando al decisum stabilità regolativa per il futuro. La sfida è la ricomposizione ontologica della produzione massiva delle informazioni giudiziarie attraverso nuove banche dati di giurisprudenza di merito che perdono il loro primigenio carattere meramente trasmissivo per assolvere a pieno ad una funzione cognitiva[35]. Il che, fuori dai denti, si mostra utile anche a monitorare il contenzioso ciclico che insiste nei ruoli del singolo giudice, posto che non è affatto peregrina l’ipotesi che nel medesimo spazio fisico e temporale sezioni diverse assumano decisioni contrastanti per fattispecie omogenee; ancora, lo strumento è un valido supporto all’analisi del panorama nazionale diviso per settori, così da tracciare anche geograficamente le valenze sociali ed economiche dei conflitti territoriali.
Il rovescio della medaglia, come anticipato, è costituito dalla possibilità di riconsegnare unitarietà alla legge, ciò per la auspicabile sovrapposizione tra ‘oggetto sociale’ e ‘oggetto normativo’ assicurata dalle funzioni associative del modello di banca dati di nuova generazione.
Una sfida, quella disegnata, tutta da vincere. Sicuramente la crisi pandemica, oltre ad aver fatto affiorare le debolezze di un sistema giudiziario saturo, ha nel contempo sollecitato l’adozione di strumenti evolutivi di conoscenza e imposto la rideterminazione degli spazi e delle funzioni all’interno degli Uffici[36]. Il tutto, con una accelerazione considerevole che coglie, forse, impreparati. Gli scenari sulle potenzialità espansive degli aggiustamenti operati non possono che essere pertanto probabilistici, tuttavia l’impressione è che lo strumentario del quale è stata dotata la giustizia, se maneggiato con prudenza e consapevolezza, possa costituire un valido supporto al miglioramento dell’efficienza di sistema.
Maneggiare con prudenza, già si è detto, l’intelligenza artificiale. Scartata la deriva più rischiosa che vede il robot sostituire la decisione giudiziale, anche per le nuove banche dati si rende necessario, stanti le descritte finalità, circoscrivere l’utilizzo della logica predefinita. D’altronde, se inadeguati alla sistemazione della letteratura giudiziaria si mostrano i noti processi di digitalizzazione che danno evidenza all’informazione giuridica in senso statico[37], il riordino al quale mira la attuale era delle catalogazioni impegna sicuramente il capitale umano, in specie il personale afferente all’UPP asservito alle attività di massimazione della produzione giurisprudenziale di merito. Ancora una volta, quindi, l’intelligenza artificiale deve porsi esclusivamente al servizio dell’uomo, cui soltanto appartiene la capacità di cogliere il contesto economico e sociale nel quale si esprime l’azione giudiziaria, dando a ciascuna decisione una collocazione semantica che assicuri una pubblicità ragionata dell’informazione giuridica ai fini della sua conoscibilità, quest’ultima soltanto rimessa, a valle, alla innovazione tecnologica quale mero strumento di diffusione[38].
Finisce qui l’automatismo decisionale del nuovo strumento di conoscenza per lasciar spazio all’umanità del diritto, con buona pace per il comune sentire. Diritto, quindi, da intendere come relazione sociale, con una «rivincita della prassi» sull’artificiosità propria di un complesso sistema di regole improntato al rigido rigore formale[39].
4.Disfunzioni dei sistemi di archiviazione tradizionale
Nel delineato scenario si inserisce l’attività del Cantiere massimazione, avviata, si diceva, dall’Università del Salento in seno al Progetto Modelli sistemi e competenze per l’implementazione dell’ufficio per il processo – StartUpp[40].
In particolare, si è pensato alla realizzazione di una banca dati di merito al servizio del Distretto della Corte di Appello di Lecce in grado di dare pubblicità ai filoni casistici seriali locali, valorizzando esattamente il precedente giudiziale. A tal fine è stata costituita la Task force Unisalento, all’interno della quale assegnisti e borsisti di ricerca afferenti al settore giuridico, ingegneristico-informatico ed economico hanno operato, ciascuno in ragione delle proprie specialità, attraverso un sinergico scambio di competenze e di esperienze[41].
L’intuizione di costruire una nuova banca dati di merito – senz’altro suggerita dalla normativa vigente che incoraggia le attività di catalogazione e raccolta – origina dall’analisi dei punti deboli delle banche dati in essere. In parte sul punto già si è detto. Si tratta ora di approfondire più accuratamente gli aspetti tecnico-applicativi dei servizi di diffusione dei provvedimenti giudiziari attualmente ad appannaggio dell’operatore giuridico.
Come osservato da attenta dottrina che approfondisce la rilevanza del precedente nel nostro sistema giuridico[42], la qualità e la quantità dei pronunciamenti resi noti sul sito della Corte di Cassazione difettano rispetto alla qualità e alla quantità di quelli reperibili sui siti della Corte Costituzionale, della giustizia amministrativa e di quella contabile, per non travalicare poi i confini nazionali[43]. Eppure, proprio al fine di preservare la funzione nomofilattica, la Corte dovrebbe rendere note tutte le su decisioni e non solo quelle selezionate per importanza tematica; queste ultime, infatti, rappresentano un numero ristretto rispetto al mare magnum delle questioni alla stessa rimesse[44]. Non è chiara, peraltro, la scelta di diffondere i provvedimenti successivi al 2019 o quella di oscurarne alcuni dandone evidenza soltanto nelle sezioni private. Per di più, l’Ufficio del Massimario da qualche tempo redige delle Relazioni sulle novità normative aventi «carattere scientifico» con l’obiettivo di «incrementare la nomofilachia e segnalare le criticità»[45]. La piattaforma di cui si discute non divulga, quindi, soltanto pronunciamenti, ma altresì commenti di natura giuridica: infatti, «non sono mancati casi nei quali le valutazioni sono cadute non solo su aspetti tecnici, bensì su punti da considerare sensibili, ovvero su questioni nelle quali la interpretazione della legge si fonde con l’ideologia»[46]. Chiaro è che se l’Ufficio del Massimario redige pareri sulle novità normative si rischia di disattendere la sua funzione propria di strumento di pubblicità delle decisioni e di invadere il campo di azione proprio della dottrina. Il vero problema è quale valore acquistano le suddette relazioni per l’operatore del diritto. Per quanto nessun giudice di merito e nessun giudice della Cassazione «[…] è tenuto ad adeguarsi alle indicazioni contenute nelle relazioni predisposte dall’Ufficio del Massimario […] è evidente che per alcuni porsi in contrasto con dette indicazioni potrebbe apparire difficile, per altri sconveniente, e per altri ancora, colti da pigrizia, scomodo»[47]. Una riflessione sul tema si rende necessaria, per quanto essa non può trovare in questa sede opportuna collocazione.
Anche Italjureweb, piattaforma certamente raffinata, mostra delle problematiche[48]: oltre ad essere un sistema ad accesso limitato, esso presenta una serie di disfunzioni. In specie, la banca dati in commento non è stata implementata per più di un ventennio; il servizio poi è stato per lungo tempo sospeso per attività di verifica sui processi di anonimizzazione dei provvedimenti pubblicati provocando un grave disservizio agli operatori del diritto. Oggi esso cataloga un elevato numero di documenti senza assicurare ai medesimi ordine sistemico, con la conseguenza che la ricerca risulta difficoltosa[49]. In particolare, il motore di ricerca consente l’immissione di uno o più ‘dati esca’ nei canali all’uopo predisposti e l’esecuzione del comando di ricerca in base ai dati impostati. Tuttavia, ogni archivio presente in Italgiureweb ha una serie di schede contenenti i canali di ricerca. Ciò comporta che l’utente deve conoscere in maniera approfondita le logiche tecnico-informatiche sottese al funzionamento della banca dati per ottenere il prodotto corrispondente alla domanda formulata.
Non cambia il panorama per le esperienze di raccolta di giurisprudenza di merito diffuse sul territorio nostrano. Difetta, ad esempio, nei termini di accessibilità all’archivio il programma Sirfind, il quale raccoglie le pronunce del Tribunale di Roma: esso, dapprima aperto al pubblico per il tramite del sito internet del Tribunale, attualmente rimane appannaggio dei soli Magistrati[50].
Un problema di conoscibilità si pone invece laddove il sistema restringe il campo di massimazione a materie specifiche: così è per le esperienze del Tribunale di Roma, di cui già si è detto, della Corte di Appello di Bari che ha realizzato una ‘Banca dati digitale conciliativa/185 bis c.p.c.[51], nonché del ‘Sistema di giustizia predittiva della Corte d’Appello di Brescia e del Tribunale di Brescia’[52].
Né la Consolle del magistrato si mostra un applicativo efficiente, nonostante le elevate aspettative nutrite al tempo del suo avvio: essa si presenta come un contenitore di pronunciamenti di difficile reperimento per la basicità dei motori di ricerca di cui la piattaforma è dotata, rivelandosi «evidentemente obsoleto e non più adeguato a far fronte alle necessità processuali»[53].
Tanto premesso senza pretesa di completezza, dalle rilevate disfunzioni proprie dei sistemi di raccolta noti è maturato il convincimento della necessità di una catalogazione della giurisprudenza di merito che nel collocare semanticamente i relativi pronunciamenti, fissi nel tempo la decisione o, meglio, ne fotografi formazione, sviluppo ed eventuali cambi di passo[54].
5. Linee guida per la redazione di abstract di provvedimenti di merito
Prendendo a prestito esperienze di raccolte già avviate, lo sforzo del Cantiere massimazione è stato innanzitutto quello di immedesimarsi nell’operatore giuridico al fine di comprendere cosa gli fosse utile per lo svolgimento della sua professione.
In specie, ci si è interrogati sul format da utilizzare per una circolazione delle informazioni tempestiva, chiara e trasparente, anche in funzione della necessità di creare collegamenti tra i provvedimenti. La scelta è ricaduta sull’abstract in ragione della natura dei provvedimenti da catalogare, cioè di merito, per i quali la comprensione delle determinazioni assunte dal giudicante non può prescindere dalla individuazione della fattispecie sul piano fattuale ancor prima che giuridico. La massima di sentenza infatti non si presta a tale scopo.
L’abstract è un riassunto, privo di interpretazioni, critiche o valutazioni soggettive del redattore, in grado di consentire la comprensione, in pochi sintetici punti, delle principali questioni in fatto e in diritto trattate nel provvedimento che esso sintetizza per consentire all’utente di valutare l’opportunità o meno di accedere al testo integrale del documento. Posto che l’abstract rappresenta lo strumento di comunicazione della sentenza è di fondamentale importanza che esso sia chiaro, ben scritto e che contenga tutte le informazioni necessarie. Soltanto così è possibile garantire visibilità, reperibilità e diffusione del contenuto del provvedimento cui l’abstract si riferisce.
Per tutto ciò, il redattore di abstract deve possedere spiccate qualità di sintesi e una buona formazione di comunicazione linguistica. Dal confronto con i Fupp del Distretto della Corte di Appello di Lecce coinvolti nella redazione di abstract di sentenze è emersa proprio la loro esigenza di apprendere tecniche e metodi di sintesi e redazionali. Si sono avviati così, di intesa con i Magistrati Referenti del Progetto, i corsi di formazione all’interno del Cantiere massimazione. Per agevolare il lavoro dei Fupp, poi, sono state redatte anche delle linee guida per la redazione di abstract di provvedimenti di merito, di seguito brevemente illustrate.
Preliminari alla redazione di un abstract di sentenza sono l’attività di spoglio del provvedimento e quella di individuazione degli elementi essenziali del provvedimento in fatto e in diritto.
Come selezionare il provvedimento è un’attività di rilevante importanza considerata la funzione delle nuove banche dati di giurisprudenza di merito. Infatti, oltre a garantire la trasparenza del diritto, simile monitoraggio continuo costituisce il principale strumento per assicurare fedeltà al precedente, anche come proiezione del principio di eguaglianza: «la proclamazione della legge come eguale per tutti implica che la sua interpretazione sia tendenzialmente uniforme e che il regime delle impugnazioni converga verso questo risultato»[55]. Ovviamente gli abstract non possono sostituire i provvedimenti giudiziari, sentenze o ordinanze, però essi rappresentano lo strumento di ricognizione sistematica della sequenza del principio di diritto ivi elaborato.
Per lo spoglio del provvedimento vengono in rilievo criteri sostanziali, che tengono conto del contenuto delle singole affermazioni della giurisprudenza di merito, e criteri temporali, i quali misurano la tenuta nel tempo del principio di diritto ovvero del decisum, trattandosi di giurisprudenza di merito.
Con riguardo ai primi, si reputa essenziale la selezione nei casi di: intervento della pronuncia su un contrasto di giurisprudenza o su una questione di particolare importanza; novità della soluzione o difformità rispetto ai precedenti; utilità del principio per la sua applicabilità in casi analoghi e reiterati, anche per il particolare interesse che riveste la materia nel Distretto di afferenza o per l’impatto sociale della questione in generale. Ne deriva che un provvedimento può non essere selezionato se esso si limita a definire una nozione giuridica (massima accademica e/o ultronea) o a ripetere una norma, la applicazione della quale si mostri priva di contraddizioni, nonché in tutti i casi nei quali l’atto divaghi rispetto alla ratio decidendi (obiter dictum).
Venendo ai criteri temporali, essi afferiscono, si diceva, al ‘tempo’ del provvedimento. Ben si può ipotizzare che il principio già sintetizzato in abstract da oltre cinque anni – o comunque da un tempo che si reputi congruo e considerevole –, il quale conservi rilevanza in linea generale o per la diversità o la analogia della fattispecie di riferimento, può essere nuovamente riproposto con un ‘abstract conforme’. Negli altri casi, se ricorrano pronunce successive che tengono luogo della precedente, non c’è necessità di redigere un abstract, ma soltanto di aggiornare le difformità e le conformità in calce ai precedenti così da realizzare la casistica seriale di cui si è detto. Anzi, l’attività di catalogazione si propone essenzialmente di ordinare la realtà giuridica per filoni che semplifichino la fase decisionale propria della funzione giudiziaria.
Conclusa la fase di spoglio con l’individuazione dei provvedimenti rilevanti, di essi occorre cogliere gli elementi essenziali in fatto e in diritto: il redattore deve rimanere quanto più aderente alla decisione, sintetizzando il fatto oggetto del conflitto sul quale si esprime il giudicante e l’enunciazione di diritto ivi contenuta con il minor numero di parole, ma dando al contempo il massimo delle informazioni utili. Tramite l’abstract si intende rappresentare la costruzione giuridica offerta dal giudicante e non il riassunto del relativo provvedimento. Attività quest’ultima che ben può prestarsi a manomissioni attraverso la mera riproduzione di passaggi argomentativi della sentenza.
6.Struttura dell’abstract
Prima di approfondire in ordine alla struttura di un sintetico e chiaro abstract di sentenza di merito si mostra necessario riferire della tassonomia della quale deve dotarsi una banca dati pensata per indicizzare ontologicamente la produzione giurisprudenziale locale.
La costruzione di un elenco di dati utili alla ricerca presuppone un dialogo interdisciplinare tra la linguistica, il diritto e l’informatica volto a organizzare e a diffondere le informazioni in maniera immediata. L’obiettivo ultimo è la creazione di un codice di comunicazione convenzionale, o per meglio dire standardizzato, che uniformi significati e concetti. Attraverso la tassonomia non si intende costituire un glossario o stilare una lista sterile di termini rispondenti esclusivamente alla normativa vigente: a partire dalla selezione delle voci di soggetto note si intende alle medesime ascrivere tutti i significanti che di esse propone la fenomenologia della realtà. A tal fine è determinante individuare più ‘liste di parole’ in relazione a ciascun settore giuridico di riferimento e successivamente assemblarle armonicamente in un unico corpus. L’aggiornamento dell’elenco deve essere continuo e operato dal redattore di abstract esattamente perché la tassonomia deve rispecchiare il contenzioso di riferimento locale.
La costruzione di una tassonomia funzionale rileva per facilitare la ricerca per parole chiave da parte dell’utente. Esse sono di solito costituite dal “titolo fisso” e dal “titolo mobile”: le prime sono volte ad individuare il settore giuridico di riferimento (ad esempio, impiego pubblico), le seconde rappresentano una specificazione del titolo fisso (con riferimento all’esempio riportato, lavoro agile o smart working).
L’utente, quindi, tramite le parole chiave rinviene un documento informatico, ovvero l’abstract di sentenza di merito, il quale deve, tendenzialmente, avere una dimensione che va dai 1500 caratteri ad un massimo di 2500 (spazi esclusi). Ad ogni buon conto, l’estensione della sintesi deve essere tale da garantire l’immediatezza dell’informazione, in uno alla completezza comunicativa.
Per tali finalità anche la struttura dell’abstract deve comporsi di specifici elementi che garantiscono una panoramica dell’argomento trattato dal provvedimento cui esso si riferisce, così da poter determinare l’utente circa l’opportunità o meno di proseguire l’approfondimento e leggere tramite il link di rinvio la fonte nella sua interezza. Si è perciò pensato di proporre un modello di abstract composto da sommario, incipit, enunciazione del principio di diritto, svolgimento e rinvii.
Il sommario precede la stesura della sintesi del provvedimento. Esso è costituito da un breve elenco puntato ove sono riportate le tematiche principali che il provvedimento sintetizzato propone. Si tratta di una specificazione delle parole chiave in una forma più ampia e discorsiva, nonché di brevi frasi (titoletti) che ripercorrono lo sviluppo argomentativo della sentenza, anche di non particolare rilevanza ed anche se non oggetto di specifica trattazione nell’abstract. Lo scopo è quello di facilitare la ricerca dell’utente che, ancor prima di leggere l’abstract, tramite il sommario può ben comprendere l’utilità o meno di procedere nella analisi.
La sintesi del provvedimento inizia con l’incipit, o premessa, che ha la funzione di presentare la materia esaminata e l’istituto giuridico che fa da cornice al thema decidendum. Trattandosi di giurisprudenza di merito si mostra essenziale rappresentare gli elementi in fatto e in diritto che hanno occasionato il contenzioso sul quale è intervenuto il pronunciamento catalogato.
Ulteriore elemento che deve comporre l’abstract, come anticipato, è l’enunciazione del principio di diritto. Tale espressione non si attaglia perfettamente alla sintesi di un provvedimento di merito, ma, come noto, alla giurisprudenza di legittimità. Per quanto qui di interesse, con l’espressione ‘enunciazione del principio di diritto’ deve farsi riferimento al cuore del provvedimento di merito, ossia alla decisione che l’organo giudicante ha emesso rispetto ad una data questione giuridica. Quindi l’abstract attraverso l’enunciazione del principio consente l’immediata comprensione della soluzione giuridica fornita dal giudicante, meglio poi eventualmente esplicata nella sezione della sintesi dedicata allo svolgimento. Quest’ultimo, ulteriore elemento strutturale dell’abstract, tiene conto dell’iter motivazionale adottato e completa la presentazione delle questioni giuridiche affrontate, nonché dei fatti di causa.
Elementi rafforzativi dell’enunciazione del principio sono i contenuti accessori. In particolare, con tale espressione si intende far riferimento alle fonti normative pertinenti al decisum e ai cd. nodi, ossia i precedenti giurisprudenziali conformi, difformi o ai quali è utile fare riferimento (segnalati nella schermata a video in calce all’abstract con l’abbreviazione “conf.” e “diff.”). Nei casi di difformità rilevanti o reiterate si è pensato che l’Ufficio possa separatamente redigere una segnalazione di contrasto contenente una sintesi dei diversi orientamenti e delle ragioni sulle quali essi si fondano; tali segnalazioni possono essere pubblicate nella banca dati sotto la sezione “Relciv.” per il civile, “Relpen.” per il penale al fine di dare immediata evidenza ai contrasti.
Tanto riferito circa la struttura, chiaro è che la qualità di un abstract è data da uno stile di scrittura semplice, conciso e diretto. Per l’immediatezza della trasmissione delle informazioni si è ritenuto altresì utile mettere in evidenza nel testo dell’abstract e nel sommario le parole chiave, utilizzando ad esempio il carattere ‘grassetto’, nonché ripetere le keyword in modo coerente per aumentare la visibilità dell’abstract nei motori di ricerca.
Sul piano operativo, poi, gli obiettivi di circolazione, conoscibilità e trasparenza delle informazioni giuridiche devono fare i conti con il diritto alla privacy di tutti i protagonisti delle vicende giudiziali rese note. Grazie ad appositi accorgimenti tecnici adottati fin dalla progettazione del prototipo di banca dati in argomento è stato previsto un sistema di “anonimizzazione”, ossia oscuramento dei dati sensibili che, nel trasmettere quelli necessari, assicuri una certa completezza nella divulgazione.
Per concludere, si mostra efficace un sistema di News Letters che diffonda concise ‘notizie di decisione’ (o news) per i provvedimenti di maggior rilievo e importanza, da pubblicare sul sito web della banca dati. Tale servizio si mostrerebbe estremamente utile laddove si prevedesse un collegamento immediato ai siti del Tribunale e dei COA per la segnalazione e la più ampia diffusione della pronuncia rilevante.
L’esperienza descritta, che consegna un programma sperimentale, ha cercato di cogliere le esigenze manifestate in ambito sovranazionale per un potenziamento degli assetti giudiziari interni.
7.Banca dati di merito del Ministero della Giustizia
Come già più volte ribadito, nel periodo storico post-pandemico, connotato da una forte spinta all’uso delle tecnologie anche attraverso numerosi finanziamenti previsti nel PNRR, si registra un forte incremento della costituzione di banche dati[56].
Con la nota di presentazione n. 6457 prot. del 13/11/2023 il Dipartimento per la transizione digitale, l’analisi statistica e le politiche di coesione, tramite la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA), ha avviato un progetto volto alla creazione di una banca dati idonea ad assicurare una consultazione pubblica dei provvedimenti emessi dai Tribunali e dalle Corti di Appello in materia civile, nonché delle relative massime, coerentemente con gli obiettivi PNRR, riforma digitalizzazione M1C1- R1.8, per “la creazione di una banca dati gratuita, pienamente accessibile e consultabile delle decisioni civili, conformemente alla legislazione”[57]. La scelta effettuata dall’Italia, con riferimento alla BDP, di mettere a disposizione della cittadinanza tanto le decisioni della Corte di vertice, quanto la quasi totalità delle decisioni di primo e secondo grado, è stata condivisa solo da un altro Paese, la Francia[58].
La Banca Dati ministeriale è stata realizzata con il finanziamento ottenuto nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) governance 2014-2020, REACT EU (assistenza alla ripresa per la coesione ed i territori d’Europa). Più precisamente, sono state previste due distinte tipologie di banca dati: una banca dati riservata (BDR), fruibile già dal 20 novembre 2023, ad appannaggio esclusivo degli uffici giudiziari; una banca dati pubblica (BDP) destinata a tutti i cittadini[59].
La prima banca dati prevede un accesso limitato agli utenti tramite la Rete Unica Giustizia (RUG). Essa, secondo quanto chiarito nella nota precedentemente citata, “include non solo i provvedimenti e le massime civili, ma anche i provvedimenti adottati nei procedimenti penali”. Tuttavia, per il settore penale ad oggi risultano inseriti solo i provvedimenti della Corte d’Appello di Perugia, Ufficio giudiziario partner del Ministero nella attuale fase sperimentale.
I provvedimenti immagazzinati nella BDR – circa 3 milioni e mezzo –provengono dalla Consolle del magistrato: si tratta della produzione giurisprudenziale di merito nazionale degli ultimi sette anni, immagazzinata in blocco. Allo stato quindi la BDR, ancora in fase di sperimentazione, si presenta come un raccoglitore di pronunciamenti.
Con la citata nota il Ministero ha poi anticipato che «[…] all’interno della BDR, in un’apposita area, sarà predisposta una sezione dedicata agli uffici giudiziari, utile alla generazione di una sintesi dei provvedimenti ad uso degli utenti interni. Questa funzione mira a supportare l’utente nella creazione della sintesi, consentendogli di convalidare o integrare quanto è stato generato automaticamente da algoritmi di intelligenza artificiale […]». Sembrerebbe, quindi, che l’elaborazione della sintesi dei provvedimenti di merito, attraverso algoritmi che estraggono e ricongiungono pezzi di sentenza, viene affidata all’Intelligenza Artificiale, sotto il controllo dell’uomo che sarebbe postumo. Sul punto si sono già espresse talune riserve: un’attività di tale portata richiederebbe omogeneità dei criteri di elaborazione, ampia conoscenza della materia da trattare e specifica professionalità che solo un addetto ai lavori può avere. Non a caso, come ricordato, in Cassazione l’Ufficio del Massimario sintetizza una quota limitata di provvedimenti anche in ragione della scarsità di risorse umane qualificate impiegate nelle catalogazioni. Pertanto, allo stato non si può che attendere di verificare l’operatività del congegno per come progettato.
Passando alla banca dati di merito pubblica (BDP), alla luce di quanto diffuso dalla nota ministeriale, essa si presenta come un archivio all’interno del quale sono disponibili per la ricerca e la consultazione gli abstract – piuttosto che la massima, propria di altri sistemi di archivio – e i provvedimenti civili (sentenze, decreti e ordinanze) provenienti dal Sistema Informatico del Settore Civile (SICI) dal 01/01/2016 ad oggi, ad esclusione di quelli relativi a famiglia, minori e stato persona.
La BDP nasce per la fruizione dei dati giuridici da parte di tutti i cittadini. Essa è stata progettata per trattare i dati contenuti nei provvedimenti nel pieno rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali, attraverso un sistema di pseudoanonimizzazione. Si parla di pseudoanonimizzazione e non di anonimizzazione in quanto i nomi delle parti e di altri soggetti coinvolti vengono sostituiti con sinonimi ripetuti. L’applicativo mette a disposizione del cittadino anche una funzione che consente di segnalare eventuali errori riguardanti la pseudoanonimizzazione all’Amministrazione, la quale provvede ad oscurare temporaneamente il documento interessato. Vero è che si tratta di un sistema automatizzato e come tale non può assicurare la certezza del risultato, tanto più considerando che, in caso di errori nella pseudoanonimizzazione l’eventuale segnalazione da parte dell’operatore avviene dopo la pubblicazione del provvedimento, quando cioè si è già consumata la dispersione dei dati sensibili.
Sul piano dell’accessibilità al servizio, il collegamento alla BDP è possibile attraverso il portale dei servizi telematici (PST) – che ha sostituito il portale Archivio Giurisprudenza nazionale[60] – previa autenticazione tramite SPID, CIE, CNS[61].
Dopo aver effettuato l’autenticazione viene visualizzata l’home page del sistema a partire dalla quale può iniziare la ricerca dell’utente. Ogni abstract restituito come risultato della ricerca viene mostrato attraverso una card, che costituisce una visualizzazione sintetica dei dati essenziali dell’abstract stesso, del provvedimento di riferimento e di ulteriori informazioni associate quali parole chiave, riferimenti normativi, precedenti conformi e difformi.
Da quanto descritto il sistema è stato ideato per avere ottime funzionalità, tuttavia, anche esso abbisogna di perfezionamento. Ad esempio, inserendo nel campo ‘Aggiungi un criterio di ricerca’ il testo ‘violenza sessuale’ il sistema registra 49.598 risultati di cui 10.000 visualizzabili. Cliccando poi sul primo prodotto di ricerca si apre la card ad esso collegata che però non rende disponibili i “riferimenti normativi” e lo “stato”, tant’è che essi risultano “non specificati”; né scorrendo la schermata si mostra l’abstract.
Anche in questo caso si deve aspettare di verificare lo strumento una volta chiusa la fase sperimentale e apportati i correttivi necessari.
Viene da dire, per concludere, che la nascita della banca dati ministeriale di merito e l’attenzione che essa raccoglie depongono nel senso che si stia andando nella giusta direzione. Per gli aggiustamenti di cui essa necessita sarebbe auspicabile un confronto con l’Università la quale, proprio presentando il prototipo di banca dati concepito in seno al Progetto StartUpp, ha cercato di cogliere lo spirito di rinnovamento che invade il nostro Paese sotto la spinta europeista, bilanciandolo tuttavia con le concrete esigenze di riordino della massiccia produzione giurisprudenziale di merito interna.
* La ricerca della quale questa pubblicazione coglie il risultato si è svolta in seno al Progetto Modelli sistemi e competenze per l’implementazione dell’Ufficio per il Processo – Start Upp, all’interno del quale l’Università del Salento ha avviato il Cantiere Massimazione a supporto delle attività di catalogazione in essere presso gli Uffici del Distretto della Corte di Appello di Lecce. Il lavoro nasce all’esito della condivisione di osservazioni e riflessioni tra le autrici, partecipanti al citato Progetto a diverso titolo ed è così suddiviso: a Carmela Perago è ascrivibile il § 1; a Manila Orlando sono ascrivibili i §§ 2 e 3; ad Alessia Albanese sono ascrivibili i §§4,5 e 6.
[1] M. Cugno, S. Giacomelli, L. Malgieri, S. Mocetti e G. Palumbo, La giustizia civile in Italia: durata dei processi, produttività degli uffici e stabilità delle decisioni, in Questioni di economia e finanza, Banca d’Italia, 2022, 5.
[2] La Macroarea 5 comprende i distretti di Corte d’Appello di Bari, Lecce, Salerno, Catanzaro e Reggio Calabria.
[3] Per una corretta ricostruzione storica si vedano le osservazioni di B. FABBRINI, Convenzioni e collaborazioni tra enti locali – l’Ufficio per il Processo, in M. SCIACCA, L. VERZELLONI e G. MICCOLI (a cura di), Giustizia in bilico. I percorsi di innovazione giudiziaria: attori, risorse, governance, Roma, 2013, spec. 326, ove l’A. precisa che l’ufficio per il processo non nasce da scelte organizzative dell’amministrazioni centrale o da indicazioni del Consiglio Superiore della Magistratura ai capi degli uffici, «[…] ma semplicemente da scelte, che possiamo definire a pieno titolo come coraggiose di alcuni uffici giudiziari […]»: realtà locali che, sensibili al tema dell’efficienza della giustizia per il cittadino, attraverso il modulo delle convenzioni con gli enti e istituzioni del territorio hanno iniziato a tratteggiare i caratteri dei primi modelli organizzativi dell’ufficio per il processo.
[4] Cfr. A. PROTO PISANI, I modelli di fase preparatoria dei processi a cognizione piena in Italia dal 1940 al 2006, in Foro it., 2006, V, 374 ss., spec. 384; sul binomio innovazione tecnologica-qualità della giustizia v. M. G. CIVININI, Il nuovo ufficio per il processo tra riforma della giustizia e PNRR. Che sia la volta buona!, in Questione Giustizia, 3, 2021, 173-185; per ulteriori approfondimenti si rinvia a D. Dalfino, A. Nisio, b. Carapella, G. Vita, L’ufficio del processo nel prisma della giustizia civile sostenibile: organizzazione, economia, digitalizzazione, Bari, 2023.
[5] Parla di «cavaliere solitario» S. BOCCAGNA, Il nuovo ufficio del processo e l’efficienza della giustizia, tra buone intenzioni e nodi irrisolti, in Dir. proc. civ. it. comp., 3, 2021, 261-264; nei termini di «monadismo giudiziario» si esprime M. L. GUARNIERI, La morfologia dell’Ufficio per il processo e il ruolo dell’addetto Upp nelle dinamiche del giudizio di cognizione riformato, in www.judicium.it, 2023; cfr. anche A. DI FLORIO, Il nuovo ufficio per il processo: proposte per la Corte di Cassazione, in www.questionegiustizia.it, 2021; R. CAPONI, Un orizzonte aperto su una nuova forma di vita giudiziaria: l’ufficio per il processo, in www.questionegiustizia.it, 2021; ma già L. MONTESANO, Le tutele giurisdizionali dei diritti, Bari, 1981, 16, il quale costruisce la giurisdizione sul concetto di ‘oggettivo concretarsi dell’ordinamento’.
[6] Per i profili comparatistici, J. BILYEU OAKLEY-R.S. Thompson, Law Clerks and the Judicial Process: Perceptions of the Qualities and Functions of Law Clerks in American Courts, University of California Press, 1980, 10 ss.; A. SANDERS, Judicial Assistants in Europe – A Comparative Analysis, in www.iacajournal.org, § 2 e 3, ove si distingue il Rechtspfleger tedesco per le sue competenze afferenti alla funzione giurisdizionale nei casi minori dalle altre figure di sudicia assistant; C. IGLESIAS CANLE, La disciplina legale della nuova “oficina judicial” spagnola, in www.judicium.it; sulla costruzione dell’assistant-lawyer’sscheme F. DE SANTIS DI NICOLA, Addetti al nuovo “ufficio del processo” (artt. 11 ss. D.L. n. 80 del 2021) vs assistant-lawyerpresso la Cancelleria della Corte europea dei diritti dell’uomo: due modelli a confronto, in Dir. proc. civ. it. comp., 2021, 3, 265 ss. Per ulteriori riferimenti bibliografici si rinvia a G. PARISI, L’«Ufficio per il processo civile» e l’«ufficio del processo di esecuzione forzata» dopo il d.lgs. n. 151/2022, in Riv. esec. forzata, n. 3, 2023, 681 ss.; F. AULETTA, L’ufficio del processo, in Dir. proc. civ. it. comp., 2021, 3, 243; F. BARBIERI, Il “nuovo” ufficio per il processo: un modello organizzativo aperto all’intelligenza artificiale, in www.giustiziainsieme.it, 2022, ove in specie si distingue tra l’ufficio del giudice e l’ufficio del processo.
[7] L’art. 16 octies stabiliva che potessero afferire all’ufficio per il processo il personale di cancelleria, i tirocinanti di cui all’art. 74, d.l. 21 giugno 2013, n. 69 o i laureati impegnati nella formazione professionale a norma dell’art. 37, comma 5, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, nonché presso le Corti d’Appello i giudici ausiliari di cui agli artt. 62 e seguenti del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, e presso i Tribunali ordinari i giudici onorari di Tribunale di cui agli artt. 42 ter e seguenti del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12. Di seguito, con il d.l. 31 agosto 2016, n. 168, l’Upp è stato esteso anche alla giustizia amministrativa.
[8] Cfr. R. BRACCIALINI, L’Ufficio per il processo tra storia, illusioni, delusioni e prospettive, in www.questionegiustizia.it, 2020; S. L. GENTILE, Assunzione, inquadramento e mansioni degli addetti all’ufficio per il processo, in Foro it., 2022, V, 229.
[9] Circa l’attribuzione al giudice onorario di poteri decisori, criticamente, già G. SCARSELLI, Note critiche sul disegno di legge per la riforma organica della magistratura onoraria, in Foro it., 2015, V, 369 ss.; F. RUSSO, Breve storia degli extranei nella magistratura italiana. Giudici onorari, avvocati e professori universitari immessi nella magistratura dall’Unità d’Italia al d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, Roma, 2019, 157 ss. Sui dubbi di costituzionalità v. anche I. PAGNI, Brevi note sulla riforma della magistratura onoraria, in Questione Giustizia, 3, 2016, 119-127. Sulla riforma del 2017 cfr. A. PROTO PISANI, La magistratura onoraria tra commissione europea e (tentata) furbizia italiana, in Foro it., 2018, V, 42 ss.; D. DALFINO, L’ultima riforma della magistratura onoraria, tra aspirazioni insoddisfatte e velleità di sistema, ivi, 3 ss.
[10] Si tratta del pacchetto di investimenti e riforme richiesto per accedere alle risorse del programma Next Generation EU (NGEU), predisposto dall’Unione Europea per affrontare l’emergenza economica in conseguenza della crisi pandemica, approvato il 31 luglio 2021 con decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione europea (10160/21). La decisione contiene un allegato che, per quanto attiene al sistema giustizia, si prefigge i seguenti obiettivi: a) entro la fine del 2024, l’abbattimentodell’arretrato civile del 65% in primo grado e del 55% in appello; b) entro la metà del 2026, l’abbattimento dell’arretrato della giustizia civile del 90% in tutti i gradi di giudizio, l’abbattimento dell’arretrato della giustizia amministrativa del 70% in tutti i gradi di giudizio, la riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili e la riduzione del 25% della durata dei procedimenti penali.
[11] La previsione del reclutamento di 16.500 assistenti del giudice, seppur a tempo determinato, ha fatto ben sperare di andare nella giusta direzione, come ammette R. BRACCIALINI, Gli uffici per i processi: quattro nodi politici, un’incognita, in Questione Giustizia, 3, 2021, 166: «dopo quasi due decenni in cui si parlava, a voler essere generosi, di “gusci vuoti” e di una “macchina senza benzina”, all’alba della maggiore età c’è una novità: è arrivata la benzina». Sulla novità legislativa ampiamente L.R. LUONGO, Le funzioni degli «addetti» all’ufficio per il processo nel sistema della giustizia ordinaria, in www.judicum.it, 2022. Nel momento in cui si scrive è stato bandito il secondo concorso pubblico , per il reclutamento di 3.946 unità di personale con il profilo di Addetto all’Ufficio per il processo da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia.
[12] Sulla istituzione dell’UPP presso la Corte di Cassazione si vedano le considerazioni di A. DI FLORIO, Il nuovo ufficio per il processo, cit., ove, nel commentare l’approvazione del d.d.l. n. 1662/2020, pur guardando con entusiasmo alla istituzione della struttura in argomento quale «[…] vera rivoluzione del lavoro dei consiglieri di cassazione […]», si nutrono tuttavia delle perplessità in ordine alla collocazione logistica delle risorse aggiuntive e alla realizzazione degli scopi istitutivi dell’ufficio stante la specialità del giudizio di legittimità, nonché alla riduzione dei tempi di scrittura per l’impossibilità di delegare simili mansione se non con assunzione di responsabilità in capo al consigliere.
[13] Rispettivamente, artt. 10 e 30, comma 1, l a) d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116 e artt. 62 ss., d.l. n. 69 del 2013.
[14] Per una lettura comparativa tra la legge delega n. 206 del 2021 ed il d.l. 80 del 2021 in punto di funzioni attribuite all’UPP si vedano le osservazioni di L.R. LUONGO, Le funzioni degli «addetti» all’ufficio per il processo nel sistema della giustizia ordinaria, cit., spec. § 4, secondo il quale il legislatore delegato ha talvolta limitato o ristretto, talaltra allargato, i compiti affidati dalla previgente normativa alle strutture in argomento.
[15] Il cambio di passo verso una riorganizzazione sistemica votata allo svecchiamento dei modelli operativi si è avuta con l’avvento del processo telematico che invero già faceva affiorare le debolezze di una struttura giudiziaria impreparata ad abbandonare il fascicolo cartaceo. Si occupano specificatamente della tematica delle questioni organizzative, tra i tanti, S. ZAN, Fascicoli e Tribunali: il processo civile in una prospettiva organizzativa, Bologna, 2003, passim, che propone linee di intervento che toccano questioni manageriali, professionali e tecnologiche, oltre che normativa; anche in ID. (cura di), Tecnologia, organizzazione e giustizia. L’evoluzione del processo telematico, Bologna, 2004, passim; G. ARATA, Un sasso nello stagno. Considerazioni organizzative sull’introduzione del Processo Civile Telematico nelle corti civili italiane, in Studi Organizzativi, 1, 2005, 83-112; M. DI FONZO, Un’occasione per i tribunali: ripensare la loro organizzazione, in Dir. e giust., supplemento al n.21, 2004, 22.
[16] Si vedano anche le osservazioni di G. PARISI, L’«Ufficio per il processo civile» e l’«ufficio del processo di esecuzione forzata» dopo il d.lgs. n. 151/2022, cit., 681 ss., il quale, commentando gli artt. 5 e 7 del d.lgs. 151 in ordine alla mancata suddivisione dei compiti al personale dell’UPP in base alle relative specialità, si sofferma sulla possibilità che il riparto possa essere in ultima analisi affidato al giudice togato: l’A. ammette che simile eventualità si rileverebbe inopportuna, da una parte perché incompatibile con la riserva di legge in materia ai sensi dell’art. 108 Cost., dall’altra perché l’operato di coordinamento sarebbe esercizio di un potere discrezionale non controllabile dall’esterno, in spregio al criterio di trasparenza chiamato ad operare in simile fattispecie.
[17] Si pone un problema quindi organizzativo. Come sostenuto da Virgilio Andrioli, non esiste una disciplina del processo talmente buona da impedire che nella pratica il processo funzioni male, o all’inverso una disciplina così cattiva da impedire che nella pratica il processo funzioni bene; e il buono o il cattivo funzionamento del processo dipende essenzialmente da fattori organizzativi. Richiamano il pensiero riferito A. PROTO PISANI, Interventi necessari per cominciare a uscire dal tunnel della crisi della giustizia civile in Italia, in www.giustiziacivile.com, 2021; S. BOCCAGNA, Il nuovo ufficio del processo, cit., 261; M. L. GUARNIERI, La morfologia dell’Ufficio per il processo, cit., 19, secondo la quale i nuovi modelli organizzativi restituiscono il valore alle figure che ivi sono inquadrate.« Profili professionali che se adeguatamente formati all’esercizio di funzioni co-giurisdizionali potrebbero rendere concreta la chimera di una giustizia più efficiente». In senso critico, sulla temporalità degli impieghi e sulla conseguente dispersione del personale formato che non può mettere a frutto nella struttura organizzativa le competenze acquisite v. D. CAVALLINI, L’Ufficio per il processo, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 4, 2021, 981 ss.
[18] Criticamente, R. BRACCIALINI, Gli uffici per i processi, cit, 170: « Perché tutti avvertano la giurisdizione come un bene comune, e non come la riserva indiana dei magistrati…».
[19] Prendendo a prestito esperienze di raccolte già avviate, qual è quella di cui al Vademecum elaborato ai fini della banca dati di giurisprudenza dell’8° Sezione civile del Tribunale di Torino, la Task force Unisalento ha avviato un dialogo tra il Distretto della Corte d’Appello di Lecce, l’Università del Salento, la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL) e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA).
[20] Sulla circolazione delle informazioni si vedano le lungimiranti osservazioni di G. GORLA, La giurisprudenza, Diritto comparato e diritto comune, Milano, 1981, 297, secondo il quale «i mezzi di informazione sono una condizione essenziale del valore della giurisprudenza come fattore del diritto, cosi come di ogni altro fattore del diritto stesso»; anche G. COSTANTINO, Perché ancora riforme della giustizia?, in www.questionegiustizia.it, 2021, ove si afferma che «[…] tutti i provvedimenti pubblici dovrebbero essere accessibili al pubblico, al pari delle disposizioni legali». Sulla predittività, tra i tanti, cfr. C. CASTELLI e D. PIANA, Giustizia predittiva. La qualità della giustizia in due tempi, in www.questionegiustizia.it, 2018; v. ampiamente A. CARLEO (a cura di), Calcolabilità giuridica, Bologna, 2017, passim; per un approccio sociologico alla tematica M. WEBER, Economia e società [1922], trad. a cura di P. ROSSI, Milano, 1974, laddove si osserva che «[q]uanto più l’apparato del potere dei principi e dei capi religiosi era un potere razionale mediato dai funzionari, tanto più la sua influenza si manifestava nel senso di conferire all’amministrazione della giustizia, un carattere razionale dal punto di vista del contenuto e della forma – naturalmente razionale in modo diverso – e inoltre nel senso di escludere i mezzi processuali irrazionali e di sistematizzare il diritto materiale, il che si traduceva sempre in qualche modo in una razionalizzazione».
[21] «Calcolabilità e affidamento si tengono insieme: il diritto calcolabile è un diritto su cui fare affidamento, su cui riporre aspettative: la fiducia nella legge è attesa di rigorosa applicazione, di stabilità nel tempo, di continuità interpretativa. Soltanto ciò che dura merita affidamento»: N. IRTI, Per un dialogo sulla calcolabilità giuridica, in (a cura di) A. CARLEO, Calcolabilità giuridica, cit., 22.
[22] Cfr. R. DI RAIMO, Unità e frammentazione del diritto e del suo sapere, in Frantumi di autonomia. Temi di diritto patrimoniale, Napoli, 2018, 7-13, ove le ragioni di unità e frammentazione del diritto moderno sono viste come «la medaglia e il suo rovescio» in quanto «caratteri essenziali del fenomeno giuridico».
[23] R. DI RAIMO, Frantumi di autonomia, cit., 7-13. L’A., guardando ai segni simbolici dialogici quali consumatore, professionista, abuso, informazione, etc., afferma che essi non aiutano a ricomporre un’idea di società civile, ma «esprimono la sintesi di modelli economici a loro volta selezionati dal sistema economico», con la conseguenza che l’uso di detti simboli è soltanto «il frutto dell’idea che una unità transazionale o anche globale del sapere si può realizzare sulla base soltanto dei simboli propri di una scienza che sia insensibile ai contesti sociali e culturali della sua applicazione. È il frutto dell’idea che tale carattere, tra le scienze sociali, lo possegga soltanto l’economia […]». Non è mancato chi ha attribuito all’ordine comunitario «[…] la separazione tra scelte economiche e responsabilità politica nel mercato unico, con erosione macroscopica della sovranità degli Stati nazionali e sottrazione agli stessi della capacità di assolvere a compiti anche essenziali, di utilità sociale»: G. OPPO, Principi, in Tratt. di dir. Comm, Buonocore, I, 1, 80. Sull’autogoverno dell’economia v. G. ROSSI, Il conflitto epidemico, Milano, 2003, 99 ss.
[24] Sulla difficoltà di armonizzazione attraverso le fonti comunitarie v. P. PERLINGIERI, Regole del mercato e tutela dell’investitore: riflessioni a margine della Mifid, in S. ADAMO, E. CAPOBIANCO e P.A. CACURACHI (a cura di), Regolamentazione del mercato finanziario e contratti con gli investitori, Napoli, 2010, 308, il quale afferma che «la scelta della direttiva dettagliata, quale strumento di regolamentazione, il più delle volte non si mostra efficace nella prospettiva dell’uniformità delle normative nazionali»; ID., Diritto comunitario e legalità costituzionale. Per un sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 1992, 91 ss.; G. ALPA e G. CONTE, Dal progetto generale di Common Frame alla revisione dell’Acquis communautaire, in E. NAVARRETTA (a cura di), Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, Atti del Convegno di Pisa, 25-26 maggio 2007, Milano, 2008, 652.
[25] N. IRTI e E. SEVERINO, Dialogo su diritto e tecnica, Roma- Bari, 2001, 10; cfr. P. PERLINGIERI, Mercato, solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995, 84 ss.
[26] P. LICCARDO, Il nuovo tempo della decisione giudiziaria: la nomometrica della banche dati, in Questione Giustizia, 3, 2021, 215 ss., il quale, in una lucida descrizione dei fenomeni giuridici della post-modernità, afferma che le dinamiche regolative sono esauste: mentre secondo l’art 15 delle preleggi, «[…] la norma dispone per il futuro guardando comunque al passato come al tempo della misurazione della sua stessa azione performativa sul presente, in una relazione di rimandi coercitivi sempre più evidenti nell’azione esplicata dalla giurisdizione […]», oggi essa ha una nuova vocazione perché «[…] nella rincorsa al futuro realizza un dominio precario del concreto che si arresta al presente senza alcuna aspirazione alla stabilità».
[27] Sulla possibile crisi del principio di legalità si vedano le osservazioni di M. CECCHI, La motivazione rafforzata del provvedimento. Un nuovo modello logico-argomentativo di Stilus curiae, Milano, 2021, 211.
[28] Cfr. Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, adottata dalla CEPEJ nel corso della sua 31ͣ Riunione plenaria (Strasburgo, 3 e 4 dicembre 2018), 47: «per giustizia predittiva si intende l’analisi di una grande quantità di decisioni giudiziarie mediante tecnologie di intelligenza artificiale al fine di formulare previsioni sull’esito di alcune tipologie di controversie specialistiche (per esempio, quelle relative alle indennità di licenziamento o agli assegni di mantenimento). Il termine “predittivo” utilizzato dalle società di legal tech è tratto dalle branche della scienza (principalmente la statistica) che consentono di predire risultati futuri grazie all’analisi induttiva. Le decisioni giudiziarie sono trattate al fine di scoprire correlazioni tra i dati in ingresso (criteri previsti dalla legge, fatti oggetto della causa, motivazione) e i dati in uscita (decisione formale relativa, per esempio, all’importo del risarcimento). Le correlazioni che sono giudicate pertinenti consentono di creare modelli che, qualora siano utilizzati con nuovi dati in ingresso (nuovi fatti o precisazioni introdotti sotto forma di parametri, quali la durata del rapporto contrattuale), producono secondo i loro sviluppatori una previsione della decisione (per esempio, della forbice risarcitoria)». Degne di nota le esperienze di giustizia predittiva elaborate sulla base di algoritmi in Usa e in Francia. Si leggano le osservazioni di D. ONORI, Intelligenza artificiale ed emulazione della decisione del giudice, in www.centrostudilivatino.it, 2022; in Italia, per l’esperienza della Corte di Appello di Brescia v. ID., I.A. e giustizia: l’esperimento della Corte di Appello di Brescia, in www.opinione.it, 2022.
Sul tema dell’intelligenza artificiale applicata al diritto il dibattito è ampio. Cfr., tra i molti, L. VIOLA, Interpretazione della legge con modelli matematici. Processo, Adr, giustizia predittiva, 1, Diritto avanzato, 2018, II ed., 171 ss.; L. BREGGIA, Giustizia diffusa e condivisa: la collaborazione nella gestione dei conflitti, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1, 2018, 391; E. QUARTA, Giustizia e predizione: l’algoritmo che legge il futuro, in www.giustiziainsieme.it, 2019, la quale ricostruisce la vocazione del diritto alla prevedibilità del futuro dalla sua nascita sotto il mito greco sino alla creazione del suo legame con la logica; S. CRISCI, Intelligenza artificiale ed etica dell’algoritmo, in Foro Amm., 10, 2018, 1787.
[29] C. CASTELLI, Giusto processo ed efficienza, in C. CASTELLI e D. PIANA, Giusto processo ed intelligenza artificiale, Santarcangelo di Romagna, 2019, p. 41. Più aperta, seppur prudenziale quantomeno nelle premesse del pensiero, è la veduta di L. VIOLA, Interpretazione della legge con modelli matematici, cit., 55 ss., il quale muove innanzitutto da un approccio di superamento della centralità dell’art. 12 delle Preleggi e perviene alla elaborazione di una formula matematica, che poi ha avuto nel tempo ulteriori fasi di sperimentazione avanzata, da applicare alle vicende processuali, volta alla previsione degli esiti del giudizio (cfr. ID., Equazione dell’interpretazione perfetta versione 1.2, 8 gennaio 2017, scuola diritto avanzato, consultabile al seguente indirizzo url https://www.scuoladirittoavanzato.com/wpcontent/uploads/2016/11/Equazione_interpretazione4PERFETTA.pdf). Spingendosi oltre, il Prof. Viola nei suoi studi sperimenta l’elaborazione di un modello matematico dell’intero processo con equazioni in sperimentazione.
[30] M. LUCIANI, Ladecisione giudiziale robotica, in A. CARLEO (a cura di), Decisione robotica, Bologna, 2019, 75, il quale nel suo approfondimento rappresenta altresì le ragioni contrarie alla concreta applicazione della decisione robotica: «i] veri dubbi (sulla possibilità di rimpiazzare il giudice con un robot) sono sollecitati, semmai, da ostacoli politici, giuridici e tecnici, fra i quali spiccano l’incompletezza e l’opinabilità dell’operazione di selezione dei fatti rilevanti per il giudizio; la difficoltà di decidere con quale ‘dottrina del diritto’ istruire il robot; le contraddizioni logiche insite nella scelta di istruire il robot a seguire i precedenti, etc.». Cfr anche A. DI PORTO, Avvocato-robot nel «nostro stare decisis», in A. CARLEO (a cura di), Decisione robotica, cit., 239.
[31] Si leggano le considerazioni critiche di C. CASTELLI, Giustizia predittiva, in www.questionegiustizia.it, 2022.
[32] Cfr. N. PICARDI, Manuale del processo civile, Milano, 2013, 236.
[33] V. P. LICCARDO, Il nuovo tempo della decisione giudiziaria, cit., spec. 221, il quale, trattando del passaggio dalle banche dati alla nomo-metrica, assume che «[l]a decettività delle decisioni assunte per il tramite di algoritmi è stata evidenziata in più campi sensibili per le istituzioni democratiche come per settori più propriamente legati a logiche di mercato, quali ad esempio la selezione del personale, le ricerche di mercato, in cui la soluzione proposta dipende fortemente dalla qualità, dall’estensione e dalla ricorrenza selettiva dei dati e dalla neutralità computazionale dell’algoritmo di base, spesso forgiato sulla base delle esigenze del committente più che su quelle del consumatore».
[34] G. COSTANTINO, Perché ancora riforme della giustizia?, cit., muovendo dall’analisi del ruolo del precedente nella giurisprudenza di Cassazione, assume che «[ad] analoghi rilievi si presta la ricognizione della giurisprudenza di merito, in base all’ossimoro “nomofilachie di settore”».
[35] «[L]a scrittura digitale non è solo segno scritto significante ma si rappresenta e sempre più si propone come un corpo animato, come luogo di produzione ed azione di sistemi software interni alla stessa sua semantica. L’omogeneizzazione tra dati e programmi propone un’azione costante di interazione tra digitale e digitale»: P. LICCARDO, Gli algoritmi del processo penale telematico: logica e grammatica del post-moderno tecnologico, in www.giustiziainsieme.it, 2020.
[37] Guarda positivamente all’utilizzo della intelligenza artificiale per la catalogazione dei provvedimenti e la classificazione delle decisioni giudiziali in base ai consueti riferimenti normativi e giurisprudenziali F. BARBIERI, Il “nuovo” ufficio per il processo, cit.;
[38] Sui profili evolutivi di sistema cfr. P. LICCARDO, Il nuovo tempo della decisione giudiziaria, cit., 221, il quale, pur affermando l’esigenza attuale di «[…] strutturazione di un campo di informazioni estremamente ampio, non rigidamente preordinato, in cui le informazioni ivi prodotte si propongano come universo informativo» non preclude che «solo una volta definito l’universo informativo, sarà possibile demandare agli algoritmi l’elaborazione di strati decisionali coerenti con il valore delle scelte».
[39] L’espressione virgolettata nel testo è di P. GROSSI, La formazione del giurista e l’esigenza di un odierno ripensamento metodologico, in Quaderni fiorentini, 32, 2023, 35 ss., che già proponeva la valorizzazione del precedente quale rimedio all’artificiosità del diritto potestativo: «il diritto appartiene invece alla storia; suoi contrassegni sono l’umanità, la socialità, la politicità intesa lato sensu, la storicità […]». Quando però il diritto diventa artificioso, perché un castello di precetti tecnici espressione della volontà del legislatore fissata in un processo la cui produzione si arresta alla sua formazione, esso «[…] rischia di smentire la sua umanità, società, politicità e storicità; rischia cioè di essere artificioso in questo senso specifico, non già nel senso di realtà non fenomenica. Ed è immediato un altro rischio: l’estraniazione dalle forze vitali circolanti nell’esperienza, forze in continuo divenire e pertanto insofferenti a qualsivoglia immobilizzazione». La produzione giuridica pertanto non può essere separata dal flusso continuo della società. Si leggano le sempre attuali pagine di R. ORESTANO, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in ID., Azione diritti soggettivi persone giuridiche, Bologna, 1978, 188: «nelle correnti più attuali della scienza del diritto si vengono manifestando una sempre maggiore insofferenza per le forme chiuse dell’antico dommatismo e una sempre più spiccata tendenza verso costruzioni aperte, nelle quali il diritto entra come storia», nonché quelle di S. RODOTÀ, Il terribile diritto, Milano, 1990, 60 ss.
[40] Il Cantiere massimazione è costituito dai Magistrati responsabili degli UPP, addetti vecchi e nuovi dell’UPP, assegnisti e borsisti di ricerca, personale dipendente dell’Università.
[41] La Task force professionale è costituita dal Responsabile dei Research Team all’interno dei quali operano assegnisti e borsisti di ricerca che hanno la responsabilità di realizzare le attività loro assegnate in coerenza con l’Avviso, con il Progetto e con il Piano di Lavoro Esecutivo.
[43] Con riferimento all’Ufficio del Massimario, si rammenta che le sue origini sono risalenti al 1924. Segnatamente, con R.D.L. n. 268 si disponeva che presso la prima Presidenza dovessero collocarsi tre magistrati dediti a monitorare i precedenti, a registrare la continuità e a segnalare le difformità di indirizzi. Oggi, l’Ufficio del Massimario – disciplinato dall’art. 68 Ord. Giud. – «[…] è istituito presso la Corte di Cassazione e rappresenta un’articolazione di grande rilievo della giurisdizione di legittimità, essendo preposto, essenzialmente (anche se non esclusivamente), al compito di “far emergere il principio di diritto”, ossia, in prima approssimazione, la massima»: M. CASSANO, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2023, Roma, 25 gennaio 2024, 122, disponibile al seguente link: https://www.cortedicassazione.it/resources/cms/documents/Relazione_Cassazione_2024.pdf. Per approfondire si guardi in dottrina la ricostruzione di C. DI IASI, La fata ignorante (a proposito di Ufficio del Massimario e funzione di nomofilachia), in www.questionegiustizia.it, 2017.
[44] Sul punto, E. VINCENTI, Massimazione e conoscenza della giurisprudenza nell’era digitale, in Questione Giustizia, n. 4, 2018, 147 ss., nonché V. DI CERBO, Banche dati di giurisprudenza, nomofilachia e trasparenza dell’attività giurisdizionale. L’esperienza del Ced della Corte di cassazione, in Questione Giustizia, n. 3, 2017, 93 ss. ID.,Gli strumenti di supporto informatico. Il Centro elettronico di documentazione della Corte suprema di cassazione, in G. GRASSO e L. TRIA (a cura di), Introduzione alla Corte di Cassazione, Roma, 2017, passim.
[46] G. SCARSELLI, Sulle relazioni dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, in www.judicium.it, 2023.
[47] G. SCARSELLI, Sulle relazioni dell’Ufficio del Massimario, cit.
[48] Italgiureweb si presenta come un contenitore della giurisprudenza di merito diffusa sull’intero territorio nazionale. Le categorie di utenti attualmente abilitate ad accedere al servizio gratuitamente sono: Giudici ordinari, amministrativi, contabili, militari, Avvocati e Procuratori dello Stato; Giudici costituzionali non togati, Giudici tributari, Giudici di pace, Giudici onorari; Pubblica Amministrazione. Ai sensi dell’art. 15 comma 2, DPR n. 322 del 1981, hanno diritto all’accesso gratuito i “dipendenti delle amministrazioni dello stato sia centrali che periferiche di livello almeno provinciale, purché su richiesta della amministrazione di appartenenza fatta per ragioni d’ufficio”. Le pubbliche amministrazioni ed i privati che non rientrano fra gli utenti ad accesso gratuito sono suddivisi per categorie di appartenenza, con costi diversi secondo il tipo di concessione scelta (in abbonamento o con fatturazione). Per approfondire v. Italgiure-Manuale utente, §1. Sulle problematiche cfr. G. COSTANTINO, Perché ancora riforme della giustizia?, cit
[49] Cfr. G. AMOROSO, Il progetto Certanet nel sistema Italgiure della Corte di Cassazione, in D. DALFINO (a cura di), Scritti dedicati a Maurizio Converso, Roma, 2016, 25.
[50] Precisamente, il sistema Sirfind è riservato ai soli magistrati del Distretto del Lazio per la consultazione delle sentenze in materia civile e di lavoro della Corte d’Appello di Roma e del Tribunale di Roma. I magistrati interessati al collegamento devono far pervenire apposita richiesta. Sul punto, si rinvia al sito internet del Tribunale di Roma: https://www.tribunale.roma.it/sirfind.aspx. Sulle problematiche cfr. G. COSTANTINO, Perché ancora riforme della giustizia?, cit.
[51] Attraverso la consultazione (accessibile a chiunque) della Banca dati digitale conciliativa/185 bis c.p.c. il magistrato verifica dal sistema se ci sono possibilità conciliative dandone conto alle parti. Si parla a tal proposito predittività mite. Per l’accesso si rinvia al seguente link: https://ca-bari.giustizia.it/it/banca_dati_digitale_conci_185.page.
[52] Il sito presenta decisioni del Tribunale Ordinario e della Corte di Appello di Brescia selezionate per aree tematiche. Individuata l’area tematica, l’approfondimento è un percorso guidato volto ad individuare la vicenda giudiziaria di interesse per identità o similitudine, a quella oggetto di attenzione, rinvenendo così, alla fine dell’itinerario, la soluzione ricercata. Lo studio e la “mappatura” delle vicende giudiziarie si svolgono con la collaborazione del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Brescia; la relativa resa informatica e la realizzazione dei sito è stata effettuata con la collaborazione del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione della medesima Università. Si rinvia per la consultazione al seguente link: https://giustiziapredittiva.unibs.it/.
[54] «Il termine conservare, di per sé, indica l’azione di tenere una cosa nel tempo, di custodirla, per evitare che si disperda, proprio come accade quando si imprime un contenuto all’interno di un documento […] conservare un documento significava sottoporlo ad una serie di processi e trattamenti per la sua raccolta, custodia e consultazione nel tempo»: M. FARINA, Il piano di transizione nella Giustizia digitale, in www.judicium.it.
[55] G. AMOROSO, Nomifiliachia e Massimario della Corte di Cassazione, in G. GRASSO e L. TRIA (a cura di), Introduzione alla Corte di cassazione, Roma, 2017, 143.
[56] V.M. FARINA, Il Piano di transizione della Giustizia Digitale, cit.
[57] «La ragione per cui la creazione di una “Banca Dati di Merito” delle decisioni civili costitutiva uno degli obiettivi del P.N.R.R. appare evidente non appena si ponga mente al fatto che la capacità di uno Stato di rendere disponibili gratuitamente online le proprie decisioni giurisdizionali (anche) in materia civile (oltre che commerciale e amministrativa) è uno degli indicatori dello EU Justice Scoreboard, ossia il documento europeo che misura e compara l’efficienza dei sistemi di tutela giurisdizionale dei 27 Stati membri». In questi termini E. D’Alessandro, Ricerca, informazione e dissemination in diritto processuale civile: la Banca Dati di Merito
Pubblica (Obiettivo PNRR M1-C1 Riforma 1.8), in Il diritto processuale civile italiano e comparato, fasc. 1/2024, p. 333.
[58] La banca dati francese presenta un numero di decisioni notevolmente inferiore rispetto alla BDP italiano, ma si presenta più efficiente sotto il profilo della dissemination, non prevedendo vincoli di accesso legati alla titolarità di uno SPID o CIE e consentendo il download dei provvedimenti di legittimità e di merito, tutti accessibili attraverso il sito web della Cour de cassation (motore di ricerca Judilibre). Sul punto cfr. Sul punto v. S. Zientara-Logeay, Open data des décisions des tribunaux judiciaires: une nouvelle étape novatrice, in Dalloz Actualité, 12 gennaio 2024, disponibile al seguente link https://www.dalloz-actualite.fr/interview/open-data-des-decisions-des-tribunaux-judiciaires-une-nouvelle-etape-novatrice
[60] La costruzione dell’Archivio Giurisprudenziale Nazionale aveva preso avvio con l’art. 7 del decreto del Ministero della Giustizia 1° ottobre 2015 recante misure organizzative necessarie per il funzionamento dell’ufficio per il processo. Per approfondire v. E. D’Alessandro, Ricerca, informazione e dissemination in diritto processuale civile: la Banca Dati di Merito Pubblica (Obiettivo PNRR M1-C1 Riforma 1.8), cit., p. 337 e ss.
[61] Si tratta di sistemi previsti dal d.lgs. 7 marzo 2005, n.82.